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Conferenze di Swami Niranjanananda Saraswati
Il Procedimento della Meditazione
Rimini, Ottobre 1994

Il Procedimento della Meditazione
Rimini, Ottobre 1994
Si deve cominciare con qualcosa di molto semplice e basilare in modo tale che queste pratiche diventino un processo di autoscoperta. Cominciate con il corpo.
Cominciate con la comprensione e la scoperta dei diversi stati dei sensi, le differenti esperienze sensioriali.
Nel sistema yogico la meditazione non si raggiunge istantaneamente, ma vi è un procedimento nel quale si ritira la mente gradatamente. Questo procedimento è stato spiegato, nel sistema di Raja Yoga, con i tre stadi della meditazione. Il primo stadio della meditazione è conosciuto come pratyahara, che significa “nutrire i sensi interiori” ed è anche stato tradotto come “ritirare i sensi”. Il secondo stadio è conosciuto come dharana, “fissare l’attenzione mentale su di un punto”. Il terzo stadio è conosciuto come dhyana, che è stato tradotto come “lo stato meditativo” ma letteralmente significa “fusione della mente con l’oggetto della contemplazione” ed è in questo contesto che dobbiamo capire il procedimento meditativo.
Occorre comprendere che non si può andare oltre la mente, cosa che non potremmo fare perché non abbiamo la formazione basilare e la disciplina mentale. All’inizio dobbiamo praticare pratyahara per allenare gradatamente la nostra mente a riconoscere se stessa, le proprie attività e le proprie manifestazioni. Una descrizione molto chiara di pratyahara viene data dall’immagine di “una tartaruga che ritira le proprie membra entro il suo guscio”. Quante sono le membra che la tartaruga ritira entro il guscio? Due zampe anteriori, due zampe posteriori, la coda e la testa.
Le quattro zampe e la coda rappresentano i cinque sensi e la testa rappresenta la mente, le attività mentali. I sensi, per natura, sono attratti dagli oggetti dai quali deriva piacere, e la mente fluttua da un oggetto all’altro. Vi sono due aspetti della mente, quello dell’attrazione e quello della repulsione. Quando vi è attrazione vi è la sensazione del piacere e quando vi è repulsione vi è la sensazione di dolore e di disconnessione. Per acquisire l’abilità di ritirare i nostri sensi dagli oggetti esterni deve esservi prima la comprensione degli oggetti verso i quali i sensi sono attratti.
Perciò, prima che vi sia il ritiro dei sensi deve esserci un’estensione delle facoltà mentali e sensoriali, e tale estensione corrisponde al primo stadio di pratyahara, che pratichiamo brevemente divenendo consapevoli delle percezioni sensoriali, estendendo la mente per riconoscere i suoni, le sensazioni della pelle, gli odori, i sapori. In questo modo vi sarà estensione della consapevolezza entro i sensi ed i loro oggetti di attrazione e quando c’è la consapevolezza dell’ambiente circostante verso cui siamo normalmente attratti in un momento particolare, allora iniziamo gradatamente ad isolarci da quelle percezioni e a focalizzarci interiormente su di un punto. La focalizzazione dell’attenzione su di un punto può aver luogo a tre livelli differenti: nello spazio della testa, nello spazio del cuore e nello spazio della regione di muladhara. Per prima cosa ci concentriamo sullo spazio della testa: normalmente le facoltà della testa sono predominanti ed è quella l’area di cui dovremmo essere consapevoli e che dovremmo controllare all’inizio.

Dopo che lo spazio e le attività della testa sono stati armonizzati ed equilibrati, passiamo allo spazio del cuore. La focalizzazione dell’attenzione su un’esperienza è conosciuta come dharana, dove la mente ed i sensi sono isolati dagli oggetti e dalle attrazioni esteriori e vengono focalizzati su di un’unica esperienza. Vi sono molte pratiche che possono portare un individuo dalle tecniche di concentrazione preliminari o superficiali a livelli più profondi di concentrazione. Quando vi è una totale armonia nello spazio della testa e nello spazio del cuore, quando siamo riusciti a canalizzare le forze dell’intelletto e quelle emozionali, allora passiamo alle forze degli istinti. Sapete, vi sono quattro istinti di base che devono essere canalizzati: ahara che significa “volere soddisfazione”, maithuna, o istinto sessuale, bhaya, o paura dell’ignoto, e nidra,* l’isolamento dai sensi e dalla mente. Lo yoga riconosce questi quattro istinti come le quattro forze istintive che devono essere canalizzate nello stato di dharana per poi passare alla meditazione. La meditazione non è una pratica ma è piuttosto uno stato della mente in cui ha luogo un’unione tra chi fa l’esperienza e l’esperienza, tra l’esperienza ed il procedimento dell’esperienza, ed è in questo stadio che la meditazione diviene una comprensione viva della coscienza umana. Uso la definizione di “esperienza viva della coscienza umana” per una ragione specifica. E’ facile avere un concetto intellettuale, è facile sperimentare con alcune cose e svilupparne una certa comprensione, ma è un’arte quella di rimanere in un continuo stato di armonia, di armonia cosciente.
Generalmente dico che vi sono tre cose: una è la filosofia, una è la scienza e l’altra è lo yoga. La scienza è qualcosa con la quale si può sperimentare ed arrivare ad una comprensione, la filosofia è un’idea che vi piace ma che non potete comprendere pienamente e yoga è una combinazione di queste due. E’ questo lo yoga che dovremmo comprendere tramite la meditazione. Nello yoga comprendiamo o sperimentiamo una realizzazione superiore nella nostra vita quotidiana.
Questo è ciò che si deve raggiungere nella meditazione altrimenti la meditazione non è meditazione ma è fantasia mentale. La fantasia mentale può assumere qualsiasi forma, qualsiasi dimensione. Deve essere compreso che per fare esperienza della purezza del Sé, della purezza della coscienza, si deve passare attraverso la mente. Questo è lo sforzo che cerchiamo di fare nelle pratiche e negli stati di pratyahara e di dharana. Per quella che è la mia comprensione, so che lo yoga non mira a delle esperienze ma piuttosto allo sforzo. Per fare un esempio, pensate alla fame: avete del cibo di fronte a voi e siete a stomaco vuoto, come soddisfate la vostra fame? Nutrendovi. Quando la fame è stata soddisfatta, quella è l’esperienza, ma lo sforzo che avete fatto, il movimento che avete fatto per prendere il cibo, metterlo in bocca, masticarlo ed ingoiarlo, quello è il procedimento dello yoga. Perciò, lo sforzo che facciamo per andare in profondità in noi stessi è pratyahara e dharana, della soddisfazione ultima ne faremo esperienza nella meditazione.

Sento che è necessario che ogni individuo pratichi questi vari stadi di concentrazione e di meditazione nella vita quotidiana e per questo scopo è necessario dedicare del tempo a se stessi. Sono sicuro che tutti noi possiamo trovare dieci o quindici minuti, nelle ventiquattro ore, da dedicare al nostro sviluppo personale. Si dovrebbe iniziare con qualcosa di semplice e basilare e queste pratiche dovrebbero divenire un procedimento per scoprire se stessi. Iniziate con il corpo, iniziate con il capire e realizzare i differenti stati dei sensi, iniziate con il capire e realizzare le differenti esperienze sensoriali e ad avere una completa conoscenza dell’interazione sensoriale di corpo e cervello.
Questo porterà un maggiore grado di consapevolezza entro le vostre percezioni e nel corso del tempo, quando sentite di essere consapevoli delle differenti attività ed interazioni nel corpo, l’attenzione passerà automaticamente alle esperienze della mente. Come ci comportiamo con la mente? Prima osserviamo e riconosciamo le attività sensoriali entro la mente, quindi capiamo lo schema dei nostri pensieri, poi gli schemi emozionali, infine la mente si disconnette dai sensi e dal mondo esterno e quando questa disconnessione ha luogo cambia la qualità dell’esperienza mentale: abbiamo manifestazioni subconsce ed inconsce e poi passiamo nella dimensione psichica. Questo è il procedimento che possiamo seguire facilmente nella nostra vita quotidiana e sono sicuro che tutti voi potete riuscire se adottate questo semplice sistema. E’ inutile scavare venti buchi alla profondità di un metro, con la speranza di trovare l’acqua, è meglio scavare un buco solo, profondo venti metri e vi saranno molte più possibilità di trovare l’acqua. Scavare in un unico punto è lo scopo della meditazione.
Quando tornate a casa e andate a dormire, per tutto il prossimo mese, fate solo una pratica. Sdraiati sul vostro letto, non dovete neanche sedervi, state comodi e sdraiati, mentalmente osservate tutte le attività del giorno, iniziando dal risveglio fino a quando vi siete coricati. Vedete tutti gli eventi del giorno nella vostra mente, come un film, e seguite quelle attività momento per momento. In questo procedimento troverete molte cose che avete trascurato nella vita normale, nelle attitudini, nel comportamento, nelle interazioni, nei discorsi e nell’esecuzione dei vostri compiti. Scoprirete cose in cui siete stati eccellenti e cose in cui avete fatto degli errori. Poi dite a voi stessi “da domani cercherò di non fare questi errori”.
Vi accorgerete che entro un mese la vostra intera percezione cambierà, questo ve lo posso assicurare, e diverrete molto consapevoli e creativi. Questo sarà il primo passo nel procedimento meditativo e quando vi capiterà di venire nell’ashram potrete praticare le altre pratiche meditative che vi verranno insegnate e continuerete finché raggiungerete la perfezione in una pratica attraversando un procedimento di purificazione interiore. In questo procedimento di purificazione interiore incontrerete voi stessi, sarà un cammino di scoperta di voi stessi e quando avete trovato voi stessi allora non vi è altro da conoscere.