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Conferenze di Swami Niranjanananda Saraswati
Kosha, i Cinque Aspetti della Personalità Umana – 1
Rimini, Ottobre 1994

Kosha, i Cinque Aspetti della Personalità Umana – 1
Rimini, Ottobre 1994
Imparare a restare immobili è la prima lezione di pratyahara, non significa soltanto fermare i movimenti del corpo, ma anche estendere la consapevolezza ad ogni parte del corpo e a ogni esperienza della mente.
Nel nostro corpo vi sono differenti manifestazioni del prana alle quali sono state assegnate differenti funzioni. Queste differenti manifestazioni del prana sono anche in relazione con la funzione dei chakra. Per avere una comprensione generale del prana, possiamo dire che secondo il sistema di Hatha Yoga, esso è suddiviso in due gruppi. Il primo aspetto del prana in Hatha Yoga, è l’aspetto solare, l’aspetto dinamico. Il secondo aspetto del prana è l’aspetto lunare, la forza passiva. Questi due aspetti sono stati descritti come: la forza di pingala e la forza di ida, che rappresentano anche i canali del flusso dell’energia vitale nel nostro corpo. Per attivare questi due flussi nel corpo vengono utilizzati i mantra oltre alle pratiche di pranayama. Perciò ora vedremo brevemente quelle che sono le tecniche che risvegliano nel nostro corpo la forza solare e la forza lunare.
La forza solare rappresenta l’aspetto vitale del prana, l’aspetto dinamico del prana. La forza lunare rappresenta l’aspetto passivo. La forza dinamica controlla e regola le funzioni del corpo fisico. La forza passiva controlla le funzioni della mente. Nelle pratiche di pranayama, inizialmente, cerchiamo di regolare il flusso del respiro e tramite il respiro alteriamo eventualmente, il flusso dell’energia pranica nel nostro sistema. Vi sono differenti tipi di pranayama, ma possiamo suddividerli in tre differenti gruppi: i pranayama vitalizzanti, i pranayama tranquillizzanti e i pranayama armonizzanti. I pranayama vitalizzanti generano intenso calore nell’attività pranica del corpo. Alcune ricerche hanno mostrato che quelle persone che si sentono fisicamente inattivi, possono divenire attivi con la pratica di pranayama vitalizzanti. Ho avuto l’opportunità di insegnare pranayama vitalizzanti in un ospedale psichiatrico a persone catatoniche. Sapete che le persone catatoniche se messe in una posizione vi rimangono per un lungo periodo di tempo. Se il loro braccio è in alto, rimarrà su finché non gli viene abbassato forzatamente. E’ uno stato nervoso depressivo nel quale non vi è assolutamente alcun controllo sulle funzioni del sistema nervoso e nessun controllo sul sistema muscolare e non vi è alcuna interazione tra il cervello e i vari sistemi del corpo. Il corpo non riconosce i comandi inviati dal cervello e il corpo non invia alcuna stimolazione al cervello. Perciò, quando ho insegnato loro la pratica di pranayama dovevo effettivamente chiudere loro le narici per fargli eseguire la pratica.
Una delle prime pratiche che abbiamo fatto è stata l’attivazione di pingala nadi, inspirare ed espirare solo con la narice destra per un lungo periodo di tempo, chiudendo la narice sinistra con del cotone o cera. Abbiamo visto che dopo alcuni giorni di pratica quelle persone iniziarono a rispondere alle istruzioni che gli venivano date e divenivano sempre più dinamici e attivi. Una volta che avevano iniziato a rispondere abbiamo incorporato molti altri pranayama per vitalizzare il loro sistema. Lo scopo finale della pratica era quello di renderli eventualmente capaci di badare a se stessi, di capire le istruzioni che gli venivano date e anche di riconoscere le situazioni a l’ambiente del mondo esterno.

Così abbiamo scoperto che le pratiche che vitalizzano il sistema pranico nel corpo sono benefiche per esteriorizzare l’attività mentale, la mente.
Un effetto simile si vede quando pratichiamo i pranayama tranquillizzanti. Le persone che sono iperattive, le persone che sono inclini a stress e tensioni cronici, quando praticano le tecniche tranquillizzanti del pranayama, si calmano e rilassano la loro agitazione nervosa. Secondo lo yoga queste differenti influenze sul corpo e sul cervello hanno luogo con l’attivazione dell’aspetto solare e dell’aspetto lunare del prana. Per potere essere efficienti nella vita è necessario armonizzare le attività e le interazioni tra il cervello ed il corpo con la pratica di pranayama tranquillizzanti. Certo, per sentire i loro effetti si deve raggiungere un certo livello di perfezione. Quindi possiamo dire che la pratica di pranayama aiuta ad attivare il livello di energia fisica e anche il livello mentale della vitalità.
In hatha yoga usiamo anche i mantra per stimolare il prana, il metodo è simile a quello del kundalini yoga. Gli yogi hanno realizzato che ogni flusso di energia o canale pranico è governato da una specifica forza vibrazionale. Nelle pratiche di hatha yoga la forza di pingala, la forza solare, e ida, la forza lunare, sono governate da due mantra. I mantra sono: ham che governa la forza solare e tam che governa quella lunare. In effetti, la parola hatha è la combinazione di questi due mantra, ham e tam. Perciò, dal nome stesso si può vedere chiaramente che lo scopo di hatha yoga è quello di equilibrare i prana che si manifestano nel corpo e nella mente.
Ora, quando iniziamo ad andare più in profondità nella regolazione della forza pranica nel nostro corpo, dobbiamo considerare anche le pratiche di kundalini yoga. In kundalini yoga si afferma che entro il corpo vi siano sei centri psichici. Cinque centri, da muladhara a vishuddhi, sono in relazione con i sensi e gli elementi individuali. Muladhara come elemento terra, swadhisthana come elemento acqua, manipura come fuoco, anahata come aria e vishuddhi come elemento etere. Questi cinque chakra sono in relazione con i differenti organi sensoriali e con le percezioni sensoriali, il tatto, l’olfatto, la vista, l’udito ed il gusto. Il sesto chakra che è ajna chakra, è in relazione con la mente individuale, la forza cognitiva della dimensione manifesta. Certamente, anche sahasrara è incluso nel sistema dei chakra, ma sahasrara non è un chakra che viene risvegliato o trasformato ma è piuttosto lo stato perenne di un essere risvegliato, dove un individuo controlla tutte le funzioni della mente individuale e fa anche esperienza dello stato di coscienza paranormale. Sto usando la parola paranormale perché lo stato di sahasrara non può essere descritto con le parole. E’ lo stato di luminosità o di illuminazione interiore. Perciò, questi sei chakra sono i più importanti e possono essere attivati con i bija mantra. In kundalini yoga vi è un gruppo di pratiche conosciute come chakra shuddhi yoga, lo yoga per purificare i centri psichici e l’energia pranica che contengono. In questa forma di yoga usiamo i bija mantra di ogni chakra per attivarne il prana.
In pranamaya kosha vi è un altro aspetto ed è quello della co-scienza. Ogni aspetto del prana è collegato ad un definito stato di co-scienza e ad un istinto. Per potere risvegliare i propri potenziali latenti, kundalini yoga afferma che è necessario controllare questi istinti. Muladhara, che è il primo centro psichico, controlla l’aspetto di maithuna, l’istinto sessuale. La sublimazione di questo istinto porta alla trasformazione dell’energia di muladhara. Swadhisthana ha l’istinto della paura. Qui la sublimazione dell’istinto della paura porta al risveglio dell’energia di swadhisthana. Manipura è governato dall’istinto della bramosia per la soddisfazione e per la completezza. Gli aspetti della soddisfazione e della completezza sono conosciuti come ahara, che sono necessari per mantenere la personalità individuale. Proprio come il cibo mantiene il corpo fisico, le sensazioni mantengono il corpo mentale. Dal buon cibo ricaviamo piacere, dalle buone sensazioni ricaviamo piacere e ci nutriamo. Il quarto istinto, il sonno, governa anahata chakra. Il sonno in questo caso, non deve essere inteso nello stesso contesto del sonno normale. Il sonno o nidra, in questo caso significa: assenza di una base solida che porta alla disconnessione dei sensi dall’ambiente esterno.
Tramite gli occhi siamo consapevoli della qualità della visione. Quando chiudiamo gli occhi, la vista, la vista esteriore non è attiva, il visivo è disconnesso dal mondo dei sensi e degli oggetti. Udiamo tramite le orecchie, se però chiudiamo le orecchie e non udiamo più i suoni esterni, questo è conosciuto come disconnessione, disconnessione dal mondo dei suoni. Queste differenti disconnessioni portano all’isolamento della mente dal mondo dei sensi e degli oggetti, questo isolamento è conosciuto come nidra. Esso è stato definito anche come istinto perché quando la mente è sovraccaricata dalle stimolazioni sensoriali, vi è una tendenza naturale ed istintiva a ritirarci dal mondo esterno e questo ritiro è assieme sottoforma di profonda introversione. Questa profonda introversione si manifesta fisicamente come sonno. Quindi, sono questi gli istinti che cerchiamo di superare nel procedimento del risveglio di pranamaya kosha. L’istinto di vishuddhi è la consapevolezza centrata sull’ego, ego che relaziona, identità di io che relaziona con il mondo esterno. L’identificazione con il mondo di: nome, forma e idea è conosciuta come identificazione dell’ego.
Nelle pratiche di Kundalini yoga dobbiamo lavorare su diversi livelli simultaneamente. Risvegliare il prana nei diversi chakra è un aspetto, gestire e sublimare gli istinti è un altro aspetto, fare esperienza dello stato alterato di coscienza di ogni chakra, è il terzo aspetto. Con l’apertura dei differenti chakra, l’energia equilibrata, l’energia universale che fluisce nel nostro corpo è conosciuta come kundalini shakti. Questa kundalini è un aspetto dell’energia cosmica mahaprana, che si manifesta in un corpo individuale. Una forza illimitata in una struttura individuale limitata.
Dopo il risveglio di pranamaya kosha, passiamo a vigyanama-ya kosha, lo strato della conoscenza. Vigyanamaya significa anche conoscenza sottile, non conoscenza ma saggezza. La conoscenza può essere un procedimento intellettuale, un procedimento razionale, ma la saggezza è l’applicazione vivente di quella conoscenza. In questo modo, diveniamo consapevoli delle differenti dimensioni della coscienza. Le pratiche di gyana yoga vengono applicate per fare esperienza di vigyanamaya kosha, che con le pratiche di meditazione portano eventualmente all’esperienza di anandamaya, la beatitudine. Anandamaya non è solo beatitudine ma è anche bellezza. Beatitudine e bellezza, queste sono le due qualità di cui fa esperienza l’aspirante spirituale.
Così è come gli yoga hanno considerato l’intera struttura della personalità umana. La visione yogica della personalità umana non è limitata alle esperienze quotidiane del corpo, della mente e delle emozioni, ma vengono anche integrate le esperienze manifeste con le esperienze immanifeste; riconoscendo molto bene che l’aspetto della vita con cui ci identifichiamo è solo quello esterno e superficiale e che vi è un aspetto più profondo della nostra personalità che deve essere realizzato per poter fare l’esperienza delle 3 OM. Sapete perché cantiamo 3 volte Om? Cantando 3 volte OM noi riconosciamo le 3 qualità del Se. Nel canto della prima OM, è om-niscienza, la seconda è om-nipotenza, e la terza è om-nipresenza. Queste sono le tre qualità del Se, che noi confermiamo quando cantiamo tre volte OM.

Perciò, nel procedimento della meditazione, quando iniziamo a muoverci da pratyahara verso dharana, deve esservi una graduale espansione della consapevolezza. Questa espansione della consapevolezza deve aver luogo in modo sistematico. Circa sette anni fa, fu fatto un esperimento negli USA durante il quale un ipnotizzatore ipnotizzò una persona e chiese a quella persona di dire quante foglie vi erano in una pianta che si trovava dentro la stanza. Ora, potremmo entrare consciamente in una stanza, guardarci attorno, ma non possiamo riconoscere e contare le foglie delle piante. Non riconosciamo ne la qualità della stanza ne gli oggetti che si trovano dentro, ma la mente subconscia osserva tutto.
Nello stato d’ipnosi, quella persona ha effettivamente dato il numero esatto delle foglie di una pianta, una pianta nel vaso tenuta nella stanza. Egli non aveva contato le foglie in anticipo, poichè era entrato in quella stanza per la prima volta. Cosa significa per noi questo esperimento? La mente ha l’abilità di osservare ed essa osserva sempre, ogni momento, ma quel processo di osservazione non è effettivamente cosciente, esso è subconscio. Se potessimo rendere cosciente quel procedimento di osservazione o di consapevolezza, potete immaginare che tipo di cambiamento vi sarebbe e che tipo di trasformazione vi sarebbe nella vita. Esternamente, per una persona che non ha sviluppato quella qualità , quella qualità potrebbe sembrare una forza psichica, ma non è una forza psichica ma è l’abilità naturale del subconscio e dell’inconscio, oppure possiamo dire che è la coscienza totale che si manifesta esternamente. Io direi che non vi sono siddhi (facoltà psichiche) in questo mondo, ma che vi sono qualità naturali della coscienza umana che si manifesta dopo che vi siete educati ed allenati cosa ad una persona ignorante potrebbe sembrare qualcosa di paranormale. Però, per una persona che sta facendo l’esperienza è un procedimento naturale e spontaneo.
Così è il modo in cui ci muoviamo entro lo stato meditativo attraverso la nostra personalità. Nella meditazione non viene coinvolta solo la mente, ma ogni singolo aspetto della natura umana, della mente umana e della personalità umana. Questo è lo scopo dello yoga, risvegliare l’intera natura umana in modo che si possa fare esperienza di totale soddisfazione. Sono stato chiaro finora? Dalla prossima sessione parleremo delle pratiche individuali e specifiche dello yoga e della meditazione.
Hari Om Tat Sat