Home » Insegnamenti » Insegnamenti dei Maestri » Swami Niranjanananda Saraswati in Italia nel 1994 » Kosha, i Cinque Aspetti della Personalità Umana – 2
Conferenze di Swami Niranjanananda Saraswati
Kosha, i Cinque Aspetti della Personalità Umana – 2
Rimini, Ottobre 1994

Kosha, i Cinque Aspetti della Personalità Umana – 2
Rimini, Ottobre 1994
Il sistema di educazione yogico è la consapevolezza del sé.
La consapevolezza del sé non è un atteggiamento egoistico verso se stessi ma è piuttosto conoscere le qualità che abbiamo e il loro utilizzo nella vita.
Yoga dice che la personalità umana ha cinque aspetti che sono stati definiti come kosha, o dimensioni. Kosha è la dimensione in cui un essere umano agisce e interagisce nella vita quotidiana. Di questi il primo è annamaya kosha. Noi agiamo ed interagiamo con i sensi, con il mondo esterno, con i concetti di nome, forma e idea. Questa interazione esteriore con il mondo è la dimensione di annamaya kosha. Il corpo è il mezzo, il corpo è lo strumento tramite il quale siamo in grado di funzionare ottimamente nella dimensione esteriore. Annamaya kosha è stato tradotto anche come “dimensione della materia”, di cui il corpo ne è una parte, i sistemi interni del corpo ne sono una parte, il cervello ne è una parte. Ed è questo che inizialmente deve essere armonizzato: annamaya kosha.
Se osserviamo il nostro corpo dal punto di vista dell’anatomia e della fisiologia umana, troviamo che esso contiene molti sistemi, che eseguono azioni precise in modo da sostenere la vita. Il sistema respiratorio esegue le proprie funzioni senza le quali o in assenza delle quali non potremmo sopravvivere. Il sistema cardiovascolare ha le proprie funzioni in assenza delle quali non vivremmo. In questo modo, quando osserviamo tutti i differenti sistemi del corpo, troviamo che ognuno ha una funzione specifica necessaria per la vita e per la sopravvivenza. Secondo la fisiologia e l’anatomia yogica, tutti questi differenti sistemi sono parte di annamaya kosha. In annamaya kosha abbiamo anche le esperienze dei sensi e le funzioni delle attività del cervello. Gli organi sensoriali, che sono in relazione con annamaya kosha, sono conosciuti come karmendriya.
Perciò, quando iniziamo con le nostre pratiche di yoga, è questo annamaya kosha che cerchiamo di armonizzare. E per favore, ricordate che è l’armonia fisica che porta ad uno stato meditativo completo. Negli Yoga Sutra di Patanjali è stato descritto lo stato fisico ottimale in relazione all’esecuzione delle asana. Nella definizione delle asana è stato detto che la posizione del corpo dovrebbe essere comoda, immobile e in totale agio. Quando il corpo è in una condizione perfetta e comoda allora vi è una sensazione di piacere che emana dal corpo che ha effetto sul cervello. Secondo quanto affermato dai sutra, il corpo dovrebbe essere immobile, sthiram, e dalla posizione del corpo si dovrebbe raggiungere un’esperienza piacevole, sukham; in questo modo è stato descritto lo stato fisico.

Presupponendo che questo sia lo stato ottimale del corpo, di annamaya kosha, confrontiamolo con lo stato abituale della nostra struttura fisica: dolori alle giunture, dolori nella parte inferiore della schiena, rigidità delle spalle e del collo, mancanza di circolazione in varie parti del corpo; di sicuro questi stati non rappresentano gli stati equilibrati di annamaya kosha, dove vi è comodità e dove il corpo fa esperienza di una sensazione di piacevolezza. Quindi, come possiamo arrivare a quello stato ottimale di armonia nel corpo fisico?
Per il momento sto parlando solo di annamaya kosha e non degli altri kosha di cui ci occuperemo più tardi. Alcune persone dicono che la pratica delle posizioni fisiche porta a questo stato di armonia ottimale nel corpo fisico. Ma in effetti, questa idea, questa teoria, questa opinione è in un certo modo sbagliata. Non dico che è assolutamente sbagliata, ma in un certo modo abbiamo saltato un punto molto basilare . Pratichiamo asana con l’idea che possano creare armonia fisica, con l’idea che possano rimuovere gli squilibri della struttura fisica. Ma in effetti questo procedimento inizia con la pratica di una serie molto semplice di movimenti, che è conosciuta come pawanmuktasana. La serie di pawanmuktasana è una combinazione di movimenti fisici molto semplici. Se devo insegnare yoga a qualcuno, gli faccio praticare pawanmuktasana per un periodo minimo di un anno, prima di passare alle altre asana. Per questo non ho molti allievi di yoga e le persone mi chiamano per tenere conferenze e non per insegnare. Però sento che da un punto di vista pratico del sistema dello yoga, queste tecniche di pawanmuktasana sono di grande importanza, perché con questa pratica effettivamente meditiamo su ogni singola giuntura ed ogni singola parte del corpo, purché la loro pratica venga eseguita con consapevolezza, non per mero piacere del corpo stesso.
Perché normalmente cosa succede nella normale pratica di posture? Tendiamo a coinvolgerci nei piaceri generati dalla postura. Tendiamo ad identificarci con il movimento che viene eseguito al momento della pratica di asana. Il movimento è una attività superficiale delle asana. Il vero scopo delle asana è creare uno stato meditativo del corpo. Quindi, personalmente sento che la serie di pawanmuktasana è il gruppo più importante di posture dello yoga, perché in questa pratica ci identifichiamo con ogni singola giuntura, con ogni singola parte e con tutti i muscoli della struttura fisica. E, insieme a quella identificazione viene il rilassamento, viene la consapevolezza e viene il risveglio delle facoltà di quel particolare organo o muscolo del corpo. Sapete, si stanno facendo molte ricerche, specialmente con le piante per vedere come crescono se si danno loro adeguate cure ed attenzioni. Perché non possiamo applicare lo stesso sistema con il nostro alluce? Perché non possiamo dare una giusta cura e attenzione al nostro alluce in modo che il flusso pranico nell’alluce divenga attivo? E quando ciò avviene l’intera struttura cellulare dell’alluce si trasformerà. Potete provare con il vostro alluce destro e confrontarlo con il sinistro. Dopo tre mesi. Vedrete che l’alluce destro sarà più grande e più grosso del sinistro.
Consapevolezza, rilassamento e attivazione dell’energia nel corpo è ciò che cerchiamo di ottenere con la pratica delle posture. E quando la mente si unisce al corpo, e si fondono uno nell’altro come un’unica entità, questo è conosciuto come illuminazione del corpo. Questo che vi sto dicendo rappresenta una progressione nel sistema dello yoga, non è necessario che lo facciate da oggi o da domani.
Sto cercando di rendere chiaro che nelle pratiche di yoga non si può isolare il corpo dalla mente o la mente dal corpo. E che si deve sviluppare non solo la consapevolezza degli organi esterni ma che si deve sviluppare anche la consapevolezza dei sistemi interiori, sotto stress o in tensione a causa di un uso errato o eccessivo. Anche questa attività interiore deve essere regolata.
Prima di questa sessione avete praticato yoga nidra, e in una parte della pratica, vi è stato chiesto di fare ruotare la mente da una parte all’altra del corpo. Questo è solo un esempio di come dobbiamo allenare la nostra mente ad interagire con il corpo. Perciò, quando cerchiamo di equilibrare annamaya kosha, stiamo effettivamente educando la mente, stiamo allenando la mente a realizzare i potenziali del corpo fisico.
Dopo annamaya kosha viene manomaya kosha. Certamente, tradizionalmente viene prima pranamaya kosha, ma non ne parlerò per il momento; parlerò di manomaya kosha, la dimensione dell’esperienza mentale e dell’interazione del sé con l’ambiente esteriore. Manomaya kosha è un aspetto molto importante e misterioso della personalità umana. Come possiamo sapere che cosa è la mente? Come possiamo sapere su come interagisce ? Quale è il comportamento della nostra mente e quale è la qualità dei guna? Guna sono qualità naturali con le quali siamo entrati nella vita. Più tardi vi darò delle spiegazioni che riguardano i guna. Yoga dice che la mente manifesta ha quattro aspetti specifici, che sono conosciuti come: manas, buddhi, chitta e ahamkara.
Così interagisce la mente.
Manas è l’aspetto della mente coinvolto nella contemplazione delle esperienze e delle percezioni sensoriali. C’è della musica: potremmo accettarla o no. Vi sono percezioni sensoriali come il caldo o il freddo: potremmo trarne piacere oppure no. Questo è il coinvolgimento della mente con le percezioni sensoriali, con gli organi sensoriali e con l’ambiente esterno; è l’attributo di manas.
L’aspetto successivo è buddhi: l’intelletto. Buddhi è la comprensione razionale della natura umana. Quando cerchiamo di sviluppare il concetto di corretto, il concetto di sbagliato, il concetto di giusto ed ingiusto, questi sono aspetti di buddhi. Razionalità, comprensione, accettazione e rifiuto, sono i quattro attributi di buddhi.
Poi viene chitta. Chitta è l’aspetto che riceve le impressioni dell’esperienza presente e la conserva per un uso futuro, in forma di memoria, in forma di comprensione subconscia, in forma di conoscenza.
Ahamkara è il fattore ego. L’identità del sé nell’ambiente in cui viviamo. E, nei quattro aspetti degli attributi di manomaya kosha abbiamo anche le sensazioni e le emozioni.
Per allenare e rilassare la mente, le facoltà e le attività di manomaya kosha devono essere canalizzate. Normalmente vi sono troppe distrazioni che non ci permettono di focalizzare la nostra attenzione su un punto per molto tempo. Questo non è colpa di nessuno; la natura della mente è quella di saltare da una cosa all’altra senza lasciarci il tempo di assimilare. E quando la mente salta, quando l’attenzione salta da una cosa all’altra, si sta creando dello stress subconscio, inconscio e psicologico. Si può gestire lo stress esterno, ma è molto difficile gestire lo stress subconscio ed inconscio. Yoga cerca di gestire questo aspetto della personalità umana creando inizialmente uno stato di rilassamento entro la mente. Ma prima che il rilassamento possa aver luogo, vi deve essere la consapevolezza di ciò che succede attorno a noi. Se devo chiudere le porte e le finestre di una stanza, serve che in effetti muova le gambe e le mani per arrivarci e per fare lo sforzo fisico di chiudere le porte e le finestre. Nello stesso modo, in relazione alla nostra mente dobbiamo prima passare attraverso il procedimento di divenire consapevoli di ciò che ci succede attorno ed identificare ciò che è necessario e ciò che è inutile. Poi isolare le nostre reazioni negative dalle esperienze normali in modo che vi siano meno distrazioni nella mente. E poi imparare come focalizzare la mente su un’esperienza, su uno stato.

Questo procedimento è conosciuto come pratyahara. Pratyahara è l’inizio dell’allenamento a gestire la mente umana. Per prima cosa, nella pratica di pratyahara ci viene insegnato a estendere all’esterno la nostra consapevolezza, proprio come nelle pratiche di pawanmuktasana, impariamo ad estendere la nostra consapevolezza alle differenti parti del corpo e a sapere che esistono. Potete fare un esperimento; fate questa domanda a qualcuno che non pratica yoga: quante volte durante il giorno divieni consapevole dei tuoi piedi e delle dita dei piedi? Se vi è dolore, se vi è sofferenza, certamente sarà consapevole di avere quel dolore ai piedi o alle dita. Ma normalmente troverete poche persone che lo sono. Io ho fatto questa domanda a molte persone e ho poche persone che dicono: oh, so che i piedi e le dita esistono. Una volta ho incontrato una persona molto grassa che dopo aver praticato yoga per molti anni è dimagrita e, la gioia più grande della sua vita era che dopo molti anni era effettivamente in grado di vedere i propri piedi. Proprio come in pawanmuktasana diveniamo consapevoli delle estensioni del corpo, in pratyahara diveniamo consapevoli delle estensioni della mente nel mondo esterno. Una volta che siete in grado di estendere pienamente i sensi e la consapevolezza esteriormente, allora può iniziare gradatamente il procedimento di ritirarli e focalizzarli dentro.
Perciò, lo yoga è stato molto chiaro nel dire che la meditazione non è solo fermare le influenze esteriori che hanno effetto sulla mente, la meditazione non è solo un procedimento in cui si diviene consapevoli della mente, ma è un procedimento in cui aggiungiamo la qualità della consapevolezza ad ogni processo ed attività della mente.
Ho già detto molte volte ed in molti differenti contesti che con le pratiche di pratyahara e di dharana, noi rieduchiamo la mente a divenire consapevole di se stessa. Penso che questa sia un’educazione molto importante che non abbiamo mai ricevuto nella nostra vita. Il nostro sistema di educazione ci orienta al lavoro. Mentre il sistema yogico di educazione è la consapevolezza del sé. La consapevolezza del sé non è un atteggiamento egoistico verso se stessi ma è piuttosto conoscere le qualità che abbiamo e il loro utilizzo nella vita. Perciò, questo è l’allenamento, questa è l’educazione che lo yoga cerca di fornire. Prima l’estensione dei sensi e della consapevolezza nell’ambiente esterno, nelle attività, nei pensieri, nel comportamento, e poi con la consapevolezza delle vostre funzioni e reazioni nella vita, imparare ad armonizzarle. Spesso trovo difficile accettare che quelle persone che hanno meditato per molti anni, per molte ore e che si sono allenate intensamente non riescano a controllare o gestire le loro reazioni e le loro negatività. Perciò, non ho mai capito cosa cercavano di raggiungere quelle persone nella meditazione. Questo è contrario all’intero scopo della consapevolezza del sé. E’ contrario all’intero scopo di praticare un sistema di yoga, tramite il quale possiamo realizzare la nostra natura e le nostre qualità. Dico questo perché voglio rendere molto chiaro che deve esservi un sistema nella pratica della meditazione. E non solo nella meditazione, il sistema deve essere applicato anche nella vita. Il sistema non deve essere preso in un contesto negativo, ma in un contesto creativo, positivo e di supporto. Una volta che siamo riusciti a gestire le normali attività della mente, i pensieri, le sensazioni e le emozioni, una volta che siamo riusciti ad armonizzare la nostra razionalità, o meglio, una volta che siamo riusciti a capire la nostra razionalità, allora possiamo iniziare a trattare con pranamaya kosha.
Pranamaya kosha è la dimensione dell’energia. Il nome è pranamaya: dimensione piena di energia. Ora, sorge una domanda: cos’è Prana? Poiché generalmente viene tradottocon il termine energia , Prana è stato definito anche come la forza che governa la dimensione manifesta o il procedimento della vita. Yoga dice che questo prana ha due qualità. In un senso il prana governa le attività e le funzioni del corpo e della mente, nell’altro esso gestisce il cosmo, l’universo. Noi dovremmo comprendere il prana da una prospettiva differente in modo da metterlo in relazione con la nostra vita.
Prana è la qualità degli elementi. Quale è la qualità del fuoco? Calore. Quale è la qualità dell’acqua? Fluidità. Quale è la qualità della terra? Regge la natura. Quale è la qualità dell’aria? Mantiene la natura. Quale è la qualità dello spazio? Esso fornisce l’atmosfera adeguata alla crescita. Nei Veda vi è una bellissima affermazione che è kam brahman o la più alta coscienza dello spazio. Questo spazio è riconosciuto come Maha Prana. Ogni elemento ha una particolare qualità e quella qualità ha un particolare attributo e funzione. La combinazione di questi differenti elementi fa nascere una particolare forma di vita. Nel nostro corpo facciamo esperienza di calore, che è la qualità di agni tattwa. Il nostro corpo è per più dell’80% liquido, quella è la qualità del tattwa acqua. Una volta ho incontrato un signore inglese che non aveva mai fatto un bagno nella sua vita. Quando gli chiesi il perché mi disse: “perché sprecare acqua quando il corpo è già al 90% acqua?”

Le differenti composizioni, differenti gradi di fusione degli elementi fanno emergere una nuova forma di vita, e questi elementi mantengono quella forma di vita con le loro qualità. Questa qualità è conosciuta come prana e gli yogi sanno che esso esiste negli esseri animati e negli oggetti inanimati. Questo prana può anche assumere colori differenti.
E’ come mescolare due colori per crearne un terzo. Allo stesso modo, due elementi creano una terza forza di prana. Potete così immaginare quanti tipi di prana abbiamo con la combinazione dei cinque elementi e con la loro energia pranica. Nel sistema di kundalini yoga la manifestazione di questa forza pranica è vista nei chakra. Di questo parleremo dettagliatamente più tardi, ma in breve, questo prana è il fattore che può elevare sia la mente, sia la coscienza, sia l’energia, oppure legare un individuo allo stato di esperienza fisica, dal quale non vi è uscita . Questo si vede nell’aspetto delle diverse mentalità. Secondo lo yoga, il sistema pranico viene armonizzato con la pratica di pranayama e con le pratiche di dharana. Quando pratichiamo pranayama, stiamo purificando, stimolando e risvegliando l’energia pranica fisica. Ma quando arriviamo allo stato di dharana, dopo pratyahara, allora trattiamo con l’energia contenuta nei tattwa.
Nei paesi occidentali non è ancora stato descritto finora il modo di gestire pranamaya kosha attraverso dharana. In effetti, nel libro Dharana Darshan è stato fatto un tentativo per descrivere quelle pratiche. Si deve anche capire che questo prana è sottile e grossolano allo stresso tempo. Anche nelle pratiche di Hatha Yoga, viene fatto un tentativo per armonizzare il prana grossolano ed il prana sottile nella forma di ida e pingala.
Hari Om Tat Sat