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Conferenze di Swami Niranjanananda Saraswati
Satsang con Swamiji – 2
Rimini, Ottobre 1994

Satsang con Swamiji – 2
Rimini, Ottobre 1994
Non considero la spiritualità solo interiore e la vita pratica solo esteriore. La spiritualità è una parte della vita pratica e la vita pratica è una parte della spiritualità.
Perché è pericoloso risvegliare kundalini senza un maestro?
Penso che adesso dovreste sapere perché è pericoloso giacché vi sto dando un quadro completo dello yoga. È come cercare di nuotare senza sapere come si nuota e saltare in mezzo alla piscina. Per favore ricordate, e dovete capire questo molto attentamente: senza un allenamento appropriato non c’è alcun progresso nella vita yogica o spirituale.
Trovo che sia difficile capire la logica di cercare di controllare la kundalini senza conoscere anche che cosa sta succedendo nella vostra mente. Normalmente noi non siamo capaci di gestire i nostri cambiamenti emotivi né lo stress quotidiano, così come possiamo gestire qualcosa che sta succedendo ai livelli più profondi della coscienza o di cui non abbiamo assolutamente nozione? Kundalini è un’esperienza dei livelli di coscienza più profondi. Spero che sia chiaro.
Che cosa vuol dire gestire e sublimare gli istinti?
Questo è dove l’allenamento effettivo di pratyahara e dharana entra in vigore. Dovete ricordare che ciò che sperimentiamo fisicamente ha un punto di partenza nella mente. Per fare un esempio: un desiderio è generato all’interno della mente e allo scopo di esaudire quel desiderio buddhi fa un progetto che viene realizzato dagli indriya, i sensi, e il risultato che otteniamo dal coinvolgimento dei sensi è di nuovo sperimentato all’interno della mente in forma di soddisfazione e appagamento.
Questo succede con cose con cui abbiamo a che fare nella vita normale, desideri, aspirazioni e visioni, che sono considerati nostri bisogni e che hanno inizio nella mente, si manifestano nel corpo e di nuovo esaudiscono il bisogno della mente. Le cose che noi consideriamo come nostri bisogni sono regolate dal fattore ego, la consapevolezza autocentrata, l’essenza dell’individualità.
Oltre a queste attività della natura manifesta, ce ne sono altre della natura immanifesta, che alterano la complessiva espressione ed esperienza della personalità umana, della mente, del comportamento e dell’attitudine. Gli istinti appartengono alla dimensione immanifesta.
Uso le parole dimensione immanifesta per una ragione specifica, per significare qualcosa su cui non abbiamo un controllo razionale né una comprensione razionale. Gli istinti, secondo lo yoga sono quadruplici e sono stati menzionati brevemente nelle discussioni precedenti. Il primo istinto è quello della procreazione, l’urgenza, il desiderio di diventare molti dall’essere uno, e fisicamente nella dimensione manifesta, questo istinto si palesa come stimolo sessuale. Ci sono livelli diversi di istinto che si manifestano nella personalità umana, nel piano sottile gli istinti rappresentano una sensazione di o il bisogno di una sicurezza e nel piano fisico prendono varie forme secondo l’interazione con i sensi o indriya.

La spinta alla procreazione che è il primo istinto, è il bisogno di avere la sicurezza della continuazione della stirpe, lasciare le impronte sulle sabbie del tempo, e fisicamente si manifesta come il bisogno sessuale dovuto all’interazione di quella spinta con i sensi. In effetti l’intera dimensione manifesta è innestata per la procreazione ed è qualcosa che succede naturalmente in ogni animale, in ogni uccello, in ogni pesce nell’acqua e in ogni essere umano. I sensi quando entrano in relazione con i suoni, i colori, le forme, le fattezze, sono innestati per compiere questo bisogno di procreazione. Non vi è né un controllo logico e neanche razionale su questa spinta naturale. Esternamente posso scegliere il celibato o essere un brahmachari, in accordo con le diverse tradizioni spirituali che esistono nel mondo, e si può essere capaci di controllare il bisogno sensoriale, ma che dire del bisogno psichico? Esternamente e socialmente si può rimanere non sposati, si può non vedere mai nessuna persona dell’altro sesso, esternamente si può condurre la cosiddetta vita celibe, ma ciò non vuol dire che si sia vinta l’urgenza che è un istinto psichico profondo e ad un certo punto può esplodere e farci dire “basta col celibato” e farci tornare al piacere.
E’ vero che può succedere così, e che questo si può applicare agli altri istinti come la paura, la brama di realizzazione. Quindi gestire questi differenti istinti che sono quattro: maithuna (spinta sessuale), paya (paura), ahara (bisogno di sostenere e nutrire l’identità’ individuale) e nidra (bisogno di non sovraccaricare il cervello e la mente con le impressioni ricevute dal mondo dei sensi), allo scopo di sottometterli, allo scopo di gestirli occorre passare attraverso un processo sistematico di perfezionamento degli stati di pratyahara e dharana.
Abbiamo menzionato che pratyahara è un modo per ritirare gradualmente i sensi dalla loro connessione con l’esperienza dell’oggetto e i piaceri derivati dall’esperienza, e questo stato di pratyahara rappresenta questo controllo sensoriale degli istinti. Questo è chiaro? Quando ci muoviamo nello stato di dharana allora cominciamo a lavorare con le zone in ombra della mente, possiamo anche dire con la natura subconscia. In dharana le impressioni degli istinti che raggiungono la mente subconscia sono canalizzate e poste sotto controllo; per questo si può andare in fondo alla personalità al livello del manomaya kosha e di pranayama kosha ed equilibrare le energie che danno origine a un istinto. Quindi, in dhyana la dimensione attuale dell’istinto è trasformata e sublimata e ciò ha luogo canalizzando la forza pranica. Quando la forza pranica è canalizzata la coscienza è obbligata a passare attraverso un processo di cambiamento e ricettività. Così in una frase si può dire che è la purificazione della coscienza e la trasformazione della coscienza che guidano la sublimazione degli istinti. Questo è possibile attraverso la pratica di pratyahara, dharana e dhyana.
Qual è la differenza tra guida spirituale e spirito guida? Io ho seguito gli insegnamenti di Swami Satyananda ma da alcuni mesi seguo anche uno spirito che mi guida e con cui ho avuto esperienze forti. I due modi possono coesistere?
Guida spirituale e spirito guida, questa è ardua. Per quanto posso capire ho le seguenti idee. Vi dico il mio punto di vista, non vi sto chiedendo di accettarlo. Per me una guida spirituale è una persona che può guidarci attraverso un processo di sublimazione dell’energia e della coscienza in modo che possiamo sviluppare alcune qualità che sono universali in natura. Queste qualità sono qualità cosmiche che si manifestano in un essere individuale. Così la guida spirituale usa l’esperienza cosmica e la applica su noi nella vita quotidiana, mentre lo spirito guida può informarci o insegnarci metodi di comunicazione con altre forme sottili di vita. Anche queste forme di vita possono insegnarci qualcosa, ma non necessariamente i metodi per sublimare l’energia, espandere la coscienza e sviluppare qualità universali umane. Poiché dopo tutto anche gli spiriti hanno il loro livello di evoluzione.
Se voi morite, diventerete uno spirito, se io muoio diventerò uno spirito e se qualcuno mi contatta dopo la mia morte, io dirò di praticare yoga. Quello sarà il mio livello di insegnamento e di evoluzione. Ora ciò che sto cercando di dire è che tutti noi funzioniamo in accordo con la nostra evoluzione e in questo processo della nostra evoluzione noi siamo vincolati dai karma che guidano il destino di ogni spirito finché raggiungiamo l’illuminazione ultima, mentre la guida spirituale può renderci consapevoli delle qualità divine che governano karma, destino, vita e individualità. Quella è la differenza che io vedo tra i due. Se voi siete coinvolti con la guida spirituale e anche con lo spirito guida, allora io penso che ciò non creerà confusione nella vostra mente fintanto che voi manterrete chiaro lo scopo di queste differenti guide.
Nel libro sui chakra Swamiji dice che la mente può perdersi se non è concentrata e se non medita su un simbolo psichico. Io mi concentro sl mantra personale, ma allo stesso tempo sono un Cristiano, credo in Cristo e medito su di un simbolo Cristiano. Questo mi crea confusione e conflitto.
Non capisco perché ciò sia fonte di confusione e conflitto. In meditazione quando usate un mantra si usa anche un simbolo psichico. E per simbolo psichico potete usare qualsiasi simbolo, di qualsiasi religione purchè siate capaci di focalizzare la vostra mente su quel simbolo senza alcuna distrazione. I mantra in se stessi non significano nulla, non sono preghiere della religione indù o cose di questo genere, piuttosto sono vibrazioni sonore che risvegliano aree addormentate del nostro cervello e della personalità. Nel processo della ripetizione del mantra se vi identificate con un simbolo religioso differente è perfettamente giusto. Vorrei suggerirvi di mantenere le vostre pratiche yoga e le vostre pratiche religiose e considerarle come due sistemi integrati allo scopo di evolvere spiritualmente, non vedo alcun motivo di confusione in questo.
Se un chakra si apre può poi chiudersi e può un’altra persona aprire i tuoi chakra?
Nel processo del risveglio dei chakra vi sono tre stadi. Nel primo stadio i prana si attivano nei diversi chakra questo è conosciuto come pranotthana. Quando i prana si risvegliano nei diversi chakra, può sembrare che i chakra si siano aperti, ma in accordo con il sistema di kundalini yoga, il prana in ogni chakra deve essere prima risvegliato e purificato. La stagnazione nell’attività del prana deve essere rimossa dopodiché lo stato di coscienza collegata al chakra potrà aprirsi. Il risveglio della coscienza relativo ad un chakra è conosciuto come l’attuale risveglio dei chakra. Se nel processo del risveglio dei chakra inizialmente i prana non sono pienamente attivati, è possibile che successivamente ritornino allo stato dormiente.
Dunque l’energia del chakra può essere attivata e può di nuovo tornare allo stato dormiente. Così da questo punto di vista sì, i chakra, l’aspetto energetico dei chakra può essere risvegliato e successivamente può chiudersi di nuovo. Ma quando l’aspetto della coscienza in ogni chakra si risveglia allora non c’è possibilità che torni allo stato dormiente. In questo stadio non c’è regressione, solo movimento in progressione verso il terzo stadio del risveglio della kundalini. Nella tradizione è stato stabilito che kundalini può tornare a questo stadio di addormentamento. Nel libro Kundalini Tantra Paramahansaji ha descritto che una volta che la kundalini passa in manipura non può tornare a muladhara. Ma se non passa attraverso manipura esiste la tendenza di kundalini a tornare allo stato dormiente. Questa è la visione dello yoga e anche del Buddismo in relazione a Kundalini. Circa i chakra, penso che dovrebbe essere chiaro che l’energia può fermarne le funzioni, e dall’esterno ciò potrà sembrare che il chakra si sia chiuso. L’energia ha la tendenza ad accumularsi, ad essere utilizzata e necessita poi di accumularsi nuovamente. La coscienza però è uno stato in cui gli stati mentali vengono attivati ed una volta attivati continuano con l’esperienza del risveglio.
Per ciò che riguarda un’altra persona che risveglia i chakra altrui, è possibile ma non è una pratica comune. Nella storia vi sono stati alcuni casi in cui guru capaci hanno risvegliato i chakra di discepoli capaci. Un esempio è quello di Ramakrishna Paramahansa che toccando la fronte di Vivekananda gli diede la visione di Dio. Ma non tutti sono capaci come Vivekananda, e non tutti sono capaci come Ramakrishna Paramahansa, così quando trovate un guru capace con un discepolo capace non c’è dubbio che possa risvegliare i chakra del proprio discepolo. Ma se venite da me per risvegliare i vostri chakra, allora avrete uno shock!

Se ogni simbolo vive in noi come una realtà inconscia ed è un archetipo comune a tutta l’umanità, perché il serpente nel tantra e nello yoga è un simbolo positivo di kundalini e di assenso spirituale mentre nella religione cattolica è una bestia colpevole che deve essere scacciata per accedere alla spiritualità?
Il serpente è davvero un simbolo negativo nella cristianità? Sfortunatamente non condivido la vostra stessa visione, ho studiato anche la cristianità e non condivido la stessa vostra visione. E lasciatemi dire il mio punto di vista prima di decidere se lo conosco o no. E lasciate che cominciamo dall’inizio. Quando Dio creò il mondo nel giardino dell’eden ci mise Adamo ed Eva. (sembra che ci sia qualcosa che non si capiva) Una cosa che non potrei mai capire è perché Dio ha specificatamente indicato a un albero, dicendo loro di non magiare i frutti di quell’albero. Voi sapete che la natura umana è tale per cui se gli dite di non fare una cosa, allora sarà spinto a farla. Così in effetti Dio vuole che Adamo ed Eva mangino da quell’albero ma ha usato la psicologia umana. (And after that, no, you are angry with this or not?) E dopo di ciò entra il serpente nella figura, e il serpente è un’entità bravissima. Il serpente ha spesso rappresentato la conoscenza, sia nella tradizione cristiana che in quella yogica. Ed è l’apparizione del serpente e la sue seduzione che spinge Eva a portare la mela a Adamo. E finché c’è conoscenza non può esserci alcun concetto di giusto e sbagliato. Così il serpente quale simbolo di conoscenza è stato mandato in definitiva dal Signore Onnipotente stesso per portare la conoscenza del giusto e dello sbagliato, del bene e del male a Adamo e Eva.
Dipende dall’applicazione di quella conoscenza se cadiamo o ci innalziamo, è stabilito nelle Upanishad che la conoscenza può portare l’essere umano alla rovina quando applicata nel modo sbagliato. E ci sono ampie dimostrazioni di ciò nel mondo. Se originariamente Adamo ed Eva dopo aver mangiato la mela ed aver ottenuto la conoscenza avessero applicato la loro comprensione per esperire la semplicità del sé, Dio non li avrebbe cacciati dall’eden. Ma hanno usato quella conoscenza allo scopo di esprimere le loro paure ed inibizioni e il loro difetto: la caduta. Così chi è in colpa qui, il serpente o la natura umana? Secondo me è la natura umana, ma poiché è stato il serpente a portare il frutto o che ha istigato Adamo ed Eva a mangiarlo, è stato visto in senso negativo. E io penso che questo sia un difetto della nostra comprensione, perché in ogni tradizione del mondo fin dagli albori della civilizzazione umana il serpente ha rappresentato potere e sapienza. Le tradizioni yogiche e le altre tradizioni mistiche orientali hanno usato il simbolo del serpente per indicare la sapienza mentre in altre tradizioni che hanno guardato al serpente negativamente lo hanno relazionato con il potere dimenticando che la simbologia del serpente è di potere e conoscenza insieme. E questa è la mia opinione sul soggetto.
Swamiji molti santi hanno avuto esperienze di estasi senza particolari pratiche. Come lo spieghi?
Questo è stato spiegato in molti modi differenti durante le nostre discussioni. Ogni essere umano ha il suo livello di evoluzione, e ogni essere umano è controllato dalla legge del karma. Ed è la teoria del karma che gioca un importantissimo ruolo nel processo di evoluzione della coscienza umana. Secondo la visione yogica ciò che sperimentiamo oggi, il karma che sperimentiamo oggi è stato il seme di quei karma che abbiamo piantato molti anni fa, e i semi del karma che piantiamo oggi saranno raccolti fra dieci anni. Quando si mette un seme nella terra la pianta non cresce immediatamente diventando un albero fiorito. Analogamente qualunque cosa noi accumuliamo in forma di karma si manifesterà in futuro.
E allo stesso modo se moriamo a un particolare punto di evoluzione il karma continua nella prossima vita. Non è necessario che cominciamo con la prima classe ogni volta che rinasciamo. E quei santi o yogi che hanno avuto quella inclinazione spirituale dall’inizio stanno raccogliendo il risultato del loro karma da prima. E questo è stato anche spiegato in yoga come uno stato della mente che è ricettivo al processo di evoluzione. Così naturalmente diventa possibile per molte persone esperire estasi, o esperienze spirituali simili, senza alcuno sforzo esterno perché hanno già raggiunto quel livello di conoscenza, realizzazione e consapevolezza. E come praticanti di yoga noi cerchiamo di migliorare il nostro attuale stile di vita cosicché le impressioni di questo stile di vita siano sperimentate più tardi. Sapete, gli esseri umani hanno una mentalità bizzarra ed ho potuto osservare che agire in accordo con quella mentalità nella vita presente crea disarmonia. Tendiamo a vivere nel passato e a preoccuparci del futuro perdendo l’esistenza presente completamente e totalmente . Viviamo nelle esperienze di ieri e nelle preoccupazioni del domani e l’oggi non esiste per molte persone. L’insegnamento che riceviamo dallo yoga ci rende consapevoli dell’oggi, e forse avrete incontrato nello yoga l’affermazione che dice: sii nel presente.
La comprensione derivata dalle esperienze del passato migliora te stesso, le tue prestazioni, le tue impressioni e azioni nel presente, e questo miglioramento mentale ti dà la capacità di servirti di ciò che accade domani. In questo vediamo l’applicazione dei principi yogici in accordo con i nostri bisogni e il nostro ambiente. In effetti possiamo dire che l’intero allenamento yoga è studiato per creare questo stato di percezione. Ciò di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi è stata una comprensione molto semplice dei principi yogici. E in questo processo di yoga non è importante praticare, praticare , praticare, praticare molte, molte, molte, molte nuove cose tutto il tempo, ma è l’applicazione della comprensione, la conoscenza e la pratica che è importante nello yoga. Conoscere di più non ha significato in yoga. Invece applicare quel poco che conoscete, questo ha un grande significato per voi nello yoga. Ed è in questo spirito che voi dovete capire voi stessi e non preoccuparvi per ciò che vorreste, per ciò a cui noi aspiriamo, o ciò che noi vogliamo raggiungere in futuro. Sto parlando da una prospettiva personale e non sociale, perché nella natura umana ci sono quattro aspetti che sono importanti: l’aspetto di forza, l’aspetto di debolezza, l’aspetto di ambizione e l’aspetto di bisogno. E questi quattro aspetti devono essere gestiti appropriatamente allo scopo di realizzare la nostra natura.
Noi abbiamo certe qualità, certe forze, ma non ne siamo consapevoli, e se abbiamo comprensione di esse, comincia un processo di ego. Quella comprensione dà luogo ad una ego-comprensione: io sono come questo, sono migliore, sono superiore. Se diventiamo consapevoli della nostra debolezza allora subentra uno stato di depressione. Percepiamo insicurezza, complessi di inferiorità e incapacità di far fronte agli eventi e alle esperienze della vita. Così le pratiche dello yoga, qualunque esse siano, asanas, pranayama, pratyaharas, dharana, kriya o kundalini, mirano ad insegnare una cosa: canalizzando la consapevolezza nella giusta direzione, non si crea alcun tipo di squilibrio mentale od emozionale o difficoltà di risvegliare le facoltà del sé. Nel momento in cui sarete capaci di usare le vostre forze creativamente raggiungerete più alti stati di coscienza. E in quello stato di coscienza potete sperimentare estasi, e molte altre cose. Ma come praticanti non dovreste mirare all’estasi o qualcosa oltre le praticità della vita. Ma darvi modo di capire l’attualità della vita.
Ho cominciato le mie lezioni a Torino con una storia e concludendo questa sessione mi piacerebbe finire con la stessa storia.

C’era una casa in cui vivevano soli una madre e suo figlio. La madre era un’amante della natura e nella casa aveva molte piante, fiori e nel giardino aveva meravigliosi alberi e cespugli, e usava amarli e averne cura. Un giorno ricevette una telefonata da sua sorella che viveva in un’altra città. La sorella era ammalata e aveva chiamato la sorella perché trascorresse qualche giorno a prendersi cura di lei. Così la donna progettando il viaggio si preoccupò anche dei fiori e degli alberi. Chiamò suo figlio, gli disse della sua preoccupazione e chiese “Chi si prenderà cura delle mie piante mentre sarò via?” E il figlio disse: “Non ti preoccupare mamma, vai con la mente libera, baderò io alle tue piante”. Così la madre dopo aver riposto fiducia in suo figlio andò a trovare sua sorella ammalata. Quando ritornò dopo una settimana guardò tutte le sue piante e le trovò molto ammalate, appassite e senza alcuna vita in loro. Era molto triste e chiamò suo figlio per domandargli: “Non hai badato alle piante?” e li figlio rispose: “Si, ho badato a loro, al meglio delle mie abilità”. E la madre chiese: “Come ti sei preso cura di loro, sono appassite e senza forza vitale”. Il figlio disse: “Bene, ogni mattina prima di ogni altra cosa andavo da ogni pianta individualmente e pulivo le foglie con uno straccetto, se vedevo insetti li toglievo, pulivo ogni petalo del fiore e pulivo ogni frutto appropriatamente e io stesso non posso capire perché sono così ammalate”. La madre disse: “Hai bagnato le piante?” e il figlio rispose: “Dovevo bagnarle?”. Così ora conoscete la morale della storia.
Nella nostra vita ci prendiamo cura della pianta che è sulla terra, ma non abbiamo mai bagnato le radici che non possono essere viste e sono le basi per la crescita e la forza di quella pianta. L’acqua è la forza vitale che sostiene e si incorpora nella pianta. Analogamente la spiritualità è la forza che sostiene e si incorpora nella nostra vita. Quest’acqua di spiritualità deve essere messa sul terreno della mente cosicché le radici psichiche possono derivarne forza e sostenere la vita esteriore. Nel momento in cui questo è possibile nella nostra vita la realizzazione non è così lontana, l’estasi non è così lontana e Dio non è così lontano. Questa è la lunga risposta a una corta domanda.
Swamiji, com’è possibile che perfino Gopi Krishna dopo dieci anni di meditazione, di meditazione quotidiana ha avuto l’esperienza di risveglio di kundalini in tale terribile e pericoloso modo, fino a rischiare la vita? Pressappoco morì.
Swamiji: Credo che Giorge sia più indicato per rispondere a questa domanda.
Gopi Krishna era un uomo che si era fatto da sé, ed ebbe alcuni samskara fondamentali che alla fine lo hanno sollevato dal risveglio negativo di kundalini. I samskara procurano comprensioni intuitive del processo e del metodo che occorre seguire allo scopo di armonizzare tali risvegli. Normalmente non possediamo simili samskara che possono darci chiare indicazioni della direzione in cui dobbiamo andare. E in assenza di simili samskara abbiamo bisogno della guida e dell’aiuto di un guru. Ma se i samskara sono in comunicazione con il processo di prova ed errore, si può trovare spesso il giusto equilibrio, e i samskara sono anche influenzati dal retroterra culturale di una persona. Se qualcuno risveglia kundalini in India, la gente cercherebbe di capire che cosa è successo prima di decidere se debba andare in un ospedale psichiatrico o in un ashram. Perché culturalmente c’è una consapevolezza anche di una dimensione spirituale, e le teorie o i concetti di yoga, anche se possono non praticarlo, è conosciuto da loro. E in assenza di quella comprensione e di samskara è possibile che finiamo in un ospedale psichiatrico sotto un trattamento psichiatrico. Dunque dovrebbe essere chiaramente compreso che per gli stadi più alti di esperienza e comprensione spirituale è necessaria una guida, un guru. Specialmente per coloro i quali non hanno alcun retroterra culturale che supportino la crescita e la comprensione spirituale e psichica. Questo è ciò che penso: che lui era un uomo fatto da sé e che si è gestito molto bene .
Swamiji, come mantenere sotto controllo il forte desiderio di innamorarsi e come è possibile non essere portati via da queste forti onde d’amore se sono parte di te, e come combinarle con la pratica yoga?
Swamiji: Mi dispiace, non ho esperienza. Sfortunatamente non mi sono innamorato di nessuno e fortunatamente nessuno si è innamorato di me. Così qualunque cosa io dica, mi manca l’esperienza. Attualmente non capisco la domanda, ma lasciatemi provare a rispondere da quel poco che capisco.
L’amore che sperimentiamo nella vita è l’amore condizionato, che ha in sé grandi quantità di attaccamento e anche possessività, e questo amore è usato per soddisfare bisogni personali del corpo, delle emozioni e della sicurezza. Lo yoga non parla dell’amore condizionato ma di quello incondizionato. E nello yoga l’amore è un aspetto del bhakti yoga, generalmente tradotto come yoga della devozione. Ma l’attuale processo di bhakti yoga sta cambiando il condizionamento dell’amore, affezione e possessività in uno stato universale incondizionato. E la forza dell’amore è allora diretta all’esperienza di unità del sè. Quando la forza dell’amore è diretta a sperimentare questa unità del sé , non è solo un’esperienza di unità con Dio ma con ogni essere individuale nel pianeta. E questo sentimento di unità, che procura la stessa emozione e affezione per ognuno, è conosciuto come amore trascendentale. E nel processo di yoga giunge a questo punto di affezione e amore trascendentale che sostiene e incorpora positivamente ogni essere coinvolto. Questo è il punto di vista yogico.
Swamiji, leggo di bhakti yoga e mi piacerebbe conoscere che cosa si dovrebbe fare, oltre le pratiche, quando si sente questa spinta nel cuore verso il divino e il guru?
Swamiji: Bene, questa sarà l’ultima domanda della giornata e la conclusione verrà con bhakti yoga. Non voglio rispondere a questa domanda direttamente, sarà risposto nel corso della nostra discussione. Immaginate di dovervi sedere su una piastra calda dove venga cotta una pizza al minuto. Quel minuto potrà sembrare un’ora o in qualche caso un’eternità. Perché in quello stato di esperienza qualunque cosa stia succedendo al corpo e alla mente non c’è unità né equilibrio. Non c’è fusione di idee, mente, concetti e interazione. Ma se voi incontrate un amico e cominciate a parlare con lui non importa quanto inutile sia l’argomento, un’ora sarà un tempo molto breve. Perché in quel momento c’è un’identificazione di concetti, idee, interazioni, parole, comportamento con l’altra persona. Così la connessione è importante in bhakti yoga.
Se la connessione non esiste, allora potreste totalmente disinteressarvi a ciò che succede. E questo potrebbe persino accadere qui. Qualcuno di voi può persino sentire che queste sono sciocchezze e può avere il desiderio di alzarsi, lasciare la stanza e prendersi una tazza di tè o di caffè. Qualcuno può reagire in altro modo, ritenendo interessanti gli argomenti che ascoltano, degni di essere ascoltati e così restano seduti e possono prendere il caffè dopo un’ora. Questa è la connessione che può essere creata fra un individuo e un altro. E’ la connessione che può essere creata tra un individuo e un concetto o un’idea o un credo. Questa connessione o la creazione di questa connessione è una parte, un aspetto del bhakti yoga. Ed è stato stabilito da Paramahamsaji che eventualmente è il bhakti yoga che diventa importante nella nostra scoperta del sé. Nella vita normale noi compiamo azioni, e quell’azione dà inizio a una comprensione, quella comprensione è conoscenza o saggezza. E quando noi abbiamo quella comprensione in forma di conoscenza o saggezza, là c’è produzione di intima fiducia, di fede e di convinzione.
La comprensione che sorge dall’azione genera convinzione, fiducia e fede. Dunque ci sono tre stadi dell’interazione umana : il processo di azione, comprensione o conoscenza, convinzione o fede.

Nella terminologia yogica è karma yoga che si converte in ghyana yoga che a sua volta si cambia in bhakti yoga. Karma è la parte dell’azione, ghyana è la parte della conoscenza e bhakti è la parte di quella natura che crede in se stessa. Quando aggiungete la parola yoga a questi tre nomi di karma, ghyana e bhakti il concetto e la loro qualità cambiano. Karma che sia compiuto naturalmente e spontaneamente insieme con lo yoga diviene azione colma di armonia.
La comprensione e conoscenza combinate con yoga diventano il processo di comprensione armoniosa che non crea intimi conflitti mentali, o divisioni. E la convinzione e fiducia che noi abbiamo generalmente, quando combinati con yoga, diventano un processo di purificazione interiore e una più profonda fiducia in noi stessi. Così possiamo persino dire, armonia in azione è karma yoga, armonia nella conoscenza è ghyana yoga e armonia in esperienze profonde è bhakti yoga. E attualmente noi abbiamo bisogno di integrare questi tre aspetti nella nostra vita. Generalmente sento che le nostre azioni non fanno o non sono conformi con la nostra comprensione, con i concetti e i pensieri e forse troviamo diversi squilibri nei modelli della nostra vita. Quando, con la pratica dello yoga, diventiamo capaci di avere queste armonia interiore, allora la capacità di credere in se stessi è uno sviluppo spontaneo, e questa abilità di fiducia crea un legame tra l’individuo e l’ambiente esterno sociale e cosmico che ci guida alla chiarezza di conoscenza e della esperienza psichica . E questa chiarezza di conoscenza e di comprensione delle esperienze psichiche ci porta all’unità della mente individuale con la mente cosmica.
E forse bhakti yoga può essere considerato lo yoga finale che si evolve spontaneamente nella vita del praticante. Voi potete praticare hatha yoga, raja yoga, kriya yoga, mantra yoga e altri yoga, ma questi yoga rappresentano un processo di lavoro con voi stessi. Quando avete lavorato su voi stessi e avete preso conoscenza della vostra persona allora comincia bhakti yoga. La trasformazione della qualità umana è bhakti yoga; usare le qualità innate per il miglioramento della nostra vita e di quella degli altri è bhakti yoga. E perché è stato detto o definito yoga della devozione? C’è una fiducia totale nel potenziale di un individuo. Le ricerche moderne che si stanno conducendo nei geni umani, mostrano che c’è un legame tra la prole, i genitori, i nonni, i bisnonni e i trisavoli, e sono sicuro che se continuassero con questa ricerca andando molto indietro nel passato scoprirebbero eventualmente il gene che ci connette a Dio. Questo gene divino è in definitiva dentro al corpo.
Dobbiamo solo trovare un modo per conoscerlo e abbiamo il potenziale per usare creativamente il potere e la saggezza . Quando uno comincia a usare il potere e la saggezza creativamente, allora c’è lo stato di devozione. Questa è la definizione yogica di devozione, non la normale definizione di devozione, che è in forma di adorazione, di richiesta, in forma di sentire che c’è un’entità superiore che governa la nostra vita e a cui dobbiamo arrenderci. Ma la definizione yogica è fusione tramite il superamento dell’ego e della natura manifesta unendosi con il più alto sé. E allo scopo di seguire questa fusione occorre superare l’ego, la mente, l’attrazione e la repulsione. Attrazione e repulsione, dolore e piacere, questi sono stati della mente che trascinano o distolgono la nostra attenzione verso il mondo esterno dei sensi. Ma nello stato di perfetta armonia l’energia di Dio comincia a fluire in un essere individuale. E questo è lo stato di bhakti yoga. Dunque per favore ricordate che eventualmente arriverete allo stato di bhakti nel corso del tempo, come un processo della propria personale crescita ed evoluzione . Bhakti è l’espressione naturale dell’armonia dello spirito. E questo è ciò a cui noi aspiriamo nel processo della nostra evoluzione. Muovendo dal ridicolo al sublime. E ciò è il bhakti yoga.
Con questo giungiamo alla conclusione di questo breve soggiorno, che è stato per me occasione di gioia. Sono tornato in Europa dopo un’assenza di quattordici anni e sono contento di essere venuto per prima cosa in Italia, perché ho trovato il vostro affetto, il vostro appoggio e la vostra cura; è qualcosa che ricorderò sempre, dunque grazie a tutti voi e grazie all’Italia.