Struttura dello Yoga
Intervento di Paramahansa Niranjanananda al meeting di Aix-les-Bains del 24 – 27 aprile 1997.
Se siamo impegnati nei principi e nella visione dello yoga, allora dovremmo anche essere coscienti che ci sono tre cose che riguardano lo yoga: una è la scienza yogica, una è la filosofia yogica, e una è lo stile di vita yogico. Queste tre cose combinate formano la struttura dello yoga. La pratica dello yoga, da sola, è incompleta se non viene capita come sistema di pensiero, e la filosofia yoga è incompleta se non viene capita come sistema di vita. Così dobbiamo guardare allo yoga da queste tre differenti prospettive, e cercare di applicare i concetti, le tecniche e i principi attinti da queste tre differenti aree dello yoga, nella nostra vita.
Ho sempre pensato che non sia importante conoscere moltissime cose, se non siamo capaci di metterle in pratica nel modo adeguato. Penso che sia meglio conoscere poche cose e metterle in pratica nella maniera giusta nella nostra vita.
Quando parliamo di yoga, parliamo di pratica dello yoga. Affronterò quest’argomento per primo; poi affronterò l’argomento della filosofia yogica ed infine, affronterò l’argomento dello stile di vita yogico.
La pratica dello yoga per le persone che sono coinvolte nel mondo e hanno obblighi e responsabilità verso la loro famiglia e verso la società dovrebbe essere limitata a tecniche che possono essere eseguite e praticate nel più breve tempo possibile iniziando dalle posizioni per liberare il corpo da contrazioni e tensioni e per muovere l’energia nel corpo. Posso suggerire alcune posizioni come la pratica di tadasana, la posizione dell’albero. Questa è una pratica nella quale esercitate una trazione su tutte le differenti giunture del corpo e l’estensione/espansione dei muscoli. Di mattina questa è un’ottima pratica da fare perché aiuta a liberare le giunture da blocchi e tensioni che si sono accumulati e che danno un senso di indolenzimento e rigidità.
La seconda pratica è tiryaka tadasana, la posizione dell’albero che oscilla. Negli effetti della pratica c’è l’estensione di un lato e la contrazione dell’altro e viceversa. Questo aiuta a migliorare i movimenti e la circolazione delle parti laterali del corpo e aiuta anche ad utilizzare i muscoli poco usati dei fianchi.
La terza è kati chakrasana, o la posizione della stoffa strizzata. Sapete che quando la stoffa è bagnata, la prendete e la strizzate, allo stesso modo anche il corpo viene strizzato. Immaginate il corpo come se fosse una spugna, e voi avete molto da strizzare fuori. In questa posizione dovete assicurarvi che la colonna vertebrale sia ruotata nel modo giusto. Anch’essa libera i blocchi dai differenti plessi del corpo rendendolo mobile.
La quarta pratica è quella di Surya Namaskara, o saluto al sole. Questa è una pratica di dodici posizioni nelle quali il corpo viene principalmente piegato avanti e indietro. Questi due movimenti, avanti e indietro, sono i movimenti principali di questa pratica. Quindi segue la posizione sul capo (sirshasana).
Raccomando la pratica di queste posizioni come quelle ideali per mantenersi in salute; esse possono essere eseguite ogni mattina per liberare i blocchi, rilassare le tensioni e le rigidità e migliorare il flusso di energia. Non prenderanno molto tempo. Dopo segue la pratica di pranayama.
Il programma che sto esponendo è per quelle persone che si affrettano dal lavoro a casa e non hanno tempo di tirare il respiro per riposare e rilassarsi. Tuttavia ciò non significa che tirare il respiro non sia necessario. Invece sì, è molto necessario. Si deve tirare il respiro, si deve imparare a sedersi e osservare. Sedetevi in silenzio. Cosa è il silenzio per voi? La vostra testa sta ancora facendo tic tac, i vostri pensieri scorrono ancora, non siete in silenzio. L’orologio nella testa sta ancora andando, vi manca la capacità di stare in silenzio, di stare quieti. Imparare a stare in silenzio o quieti è una condizione che si acquisisce con lo yoga.
Quando siamo di corsa, allora vi sono delle altre pratiche di respirazione che si possono eseguire e che sono molto semplici. Una di queste è conosciuta come bhramari pranayama o la tecnica di respirazione del ronzio dell’ape. Dovete chiudere le orecchie con il dito indice in modo che i rumori esterni non vi giungano. Una parola di avvertimento: se avete le unghie lunghe non mettetele dentro le orecchie, ma chiudete queste ultime con i polpastrelli. Quindi fate una profonda respirazione ed espirando producete il suono “mmm”, come l’ultima parte del mantra Om, ad una velocità e frequenza costante.
Muovete il suono ad una velocità uniforme, e mentre praticate questo pranayama con gli occhi chiusi, concentrate l’attenzione al centro della testa tracciando una linea immaginaria che attraversa la testa nel centro, o pensando al centro come al posto dove le due dita potrebbero normalmente incontrarsi se la testa fosse vuota. Non cercate di vedere se la testa è vuota o no, non vi consiglierei ciò. Solamente trovate la fonte, il centro. Dopo che avete espirato completamente producendo il suono del ronzio, ancora inspirate profondamente e lentamente – non un respiro forzato, ma lento, gentile e profondo – e nuovamente espirate producendo il ronzio. Praticate per cinque cicli.
Questa pratica di respirazione del ronzio dell’ape, bhramari pranayama, ha un effetto molto calmante sui nervi, specialmente per quelle persone che sono in uno stato di eccitazione fisica e mentale. Abbiamo anche osservato che questa pratica stimola le onde cerebrali alfa. Avvertirete questo ancora più intensamente quando tornate a casa dal lavoro. Dopo tre o quattro cicli di questa pratica, sentirete uno stato di profondo rilassamento, consapevolezza e attenzione poiché le vibrazioni del suono che producete in questa pratica, e la concentrazione nel centro della testa, dove il suono viene avvertito, aiutano a tranquillizzare e a rilassare gli stati di agitazione del cervello inducendo le onde cerebrali alfa e rilassando l’agitazione nervosa. Abbiamo anche visto che questa è una tecnica molto efficace per abbassare l’ipertensione.
Questa pratica, combinata con la respirazione psichica a narici alternate, completa in poco tempo la pratica del pranayama, così potete ricevere il pieno beneficio delle posizioni yoga e delle tecniche di respirazione praticando cinque posizioni e queste due tecniche di respirazione.
Cos’è la respirazione psichica a narici alternate? Sedetevi semplicemente in modo tranquillo e chiudete gli occhi. Immaginate di inspirare attraverso una narice e di espirare attraverso l’altra. Immaginate di inspirare attraverso la narice sinistra, di espirare attraverso la narice destra, quindi sempre attraverso la destra inspirate e poi attraverso la sinistra espirate. Mentre praticate questo divenite anche consapevoli della temperatura dell’aria mentre passa attraverso le narici. Quando inspirate c’è una sensazione di fresco all’interno delle narici e quando espirate c’è una sensazione di calore all’interno della narici. Divenite consapevoli del cambiamento di temperatura mentre inspirate ed espirate Continuate con la pratica di immaginare il flusso del respiro che attraversa una narice ed esce dall’altra narice. Questo è conosciuto come la respirazione psichica a narici alternate. Potete eseguirla per due minuti, tre minuti, quattro minuti, cinque minuti, dieci minuti; per tutto il tempo che vi è comodo e confortevole. Troverete che anche questa pratica induce uno stato di profondo rilassamento fisiologico e psicologico. E se potete fare queste posizioni e queste tecniche di respirazione di mattina appena alzati, avrete una gran quantità di energia, vitalità e dinamismo per tutto il giorno.
Alla sera, quando tornate a casa, invece di andare subito al bar o al frigorifero a prendere un bicchiere e versarvi del vino, praticate semplicemente un breve yoga nidra – il rilassamento yogico o sonno psichico per dieci o quindici minuti, mezz’ora, secondo il tempo che avete a disposizione, e nella pratica di yoga nidra iniziate ad osservare i pensieri che fluiscono naturalmente nella mente. Combinate la pratica di yoga nidra con antar mouna (il silenzio interiore) osservando il flusso dei pensieri naturali che entrano nella mente. Non identificatevi con i pensieri, non cercate di pensare o di produrre dei pensieri; semplicemente divenite consapevoli di ciò che arriva naturalmente, senza sforzo. Questi pensieri possono riguardare il lavoro, la famiglia, la festa a cui dovete andare in serata, possono riguardare certi problemi o difficoltà che potete incontrare nella vita. Osservateli e in mezz’ora completate la pratica. Così abbiamo integrato asana, pranayama e pratyahara nella routine giornaliera.
Un’altra cosa che può essere integrata è il concetto di karma yoga nell’attività di ogni giorno, di ogni momento. Qualsiasi cosa facciate, fatela con consapevolezza; qualsiasi sia il lavoro in cui siete impegnati, non lasciate che sia un’attività inconscia, al contrario trasformatela in un’attività consapevole. Se state scrivendo, siate consapevoli del processo della scrittura, la mano che scrive, che cosa è stato scritto. Se state guidando estendete l’attenzione e la consapevolezza alla guida: divenite la macchina, divenite la strada, divenite il semaforo, e divenite voi stessi – il corpo. Non lasciate che le cose accadano come attività meccaniche; ma portate il concetto di consapevolezza in ogni attività. Questo è il primo gradino del karma yoga – l’estensione della consapevolezza ad ogni attività con cui avete a che fare – e questa è la forma più semplice di karma yoga.
Col passare del tempo, man mano che progredite nelle vostre pratiche yogiche, potete integrare molte altre tecniche di yoga. Potete riservare del tempo per kundalini yoga, potete riservare del tempo per la meditazione, potete partecipare a seminari e corsi, e imparare queste tecniche in modo approfondito. Questa è una vostra scelta. In questo modo, gradualmente, aggiungete una pratica alla volta nella vostra routine giornaliera. Troverete che lo yoga diventa un procedimento che non richiede sforzo man mano che diviene parte della vostra routine quotidiana. Non è necessario andare a un seminario per risvegliare la vostra kundalini, per risvegliare i chakra, per risvegliare il prana, perché sarete capaci di farlo solamente mentre siete lì. Una volta tornati a casa ricadrete nei vecchi schemi. Così, secondo me, è necessario aggiungere un po’ di yoga e consapevolezza negli schemi normali della nostra vita quotidiana, in casa, nella società. Questo è il modo in cui dobbiamo intendere il concetto di pratica yoga.
Quindi veniamo al prossimo argomento che è la filosofia yoga. Cosa è la filosofia yoga? La parola filosofia significa amore della conoscenza; ma in sanscrito la parola filosofia si dice “darshan”. Darshan significa realizzare, vedere; in italiano usiamo la parola filosofia yoga, in sanscrito usiamo la parola yoga darshan che significa realizzare lo yoga. Come realizziamo lo yoga? Non voglio entrare in dettagli complicati, vi darò semplicemente un’indicazione. Paramahansaji una volta ha affermato che l’essere umano è la combinazione delle qualità della testa, del cuore e delle mani – intelletto, emozione e azione. Queste sono tre cose importanti. Se rimuovete l’azione dalla vostra vita, la vostra vita non ha più senso; se rimuovete il sentimento dalla vostra vita, la vostra vita non ha più significato; se rimuovete l’intelligenza o l’intelletto dalla vostra vita, allora la vostra vita non ha più significato.
Così se l’individuo è la combinazione delle qualità della testa, del cuore e delle mani, è necessario che queste tre aree siano bilanciate ed armonizzate. Questo è l’inizio della filosofia yoga.
La filosofia yoga non inizia con idee altisonanti di manifestazione della coscienza divina nel corpo umano. No! La filosofia yoga inizia con l’identificazione di quelle qualità che sono inerenti alla nostra vita, che possono essere unificate e che possono essere armonizzate: le qualità della testa, del cuore e delle mani. Nel momento in cui siamo capaci, attraverso il processo di osservazione, di conoscere le qualità della mente, le reazioni, le azioni e le espressioni della mente – ovvero la natura mentale; quando siamo capaci, attraverso l’osservazione, di conoscere le espressioni della natura emozionale; quando siamo capaci, attraverso l’osservazione, di conoscere come interagiamo con le altre persone e con il nostro ambiente; quando siamo capaci di mettere assieme queste tre differenti aree, allora la filosofia yoga è vissuta nella vita.
L’osservazione della mente avviene attraverso la meditazione, e della meditazione si fa esperienza in tre differenti forme. Nel primo stadio della meditazione – che è l’inizio di pratyahara – dobbiamo divenire consapevoli di tre cose. Quando vi ho chiesto di chiudere gli occhi e di meditare, su cosa vi siete concentrati? Vi siete concentrati sulle impressioni e le immagini che vi è stato detto di osservare. Lasciatemi definire ciò in dettaglio perché è importante. La meditazione riflette i differenti stati della mente. Nello stato di pratyahara – il quinto stadio del raja yoga – tre cose sono coinvolte nel processo di meditazione: l’osservatore, che sono io; l’oggetto dell’osservazione, della meditazione; il processo di meditazione. Sono seduto; sono concentrato sul mio simbolo; dirigo la mia attenzione a concentrarmi, a rimanere fermo e stabile sul simbolo. Così ci sono io come corpo, il flusso della coscienza verso l’oggetto o il simbolo, e il simbolo, queste sono le tre cose: l’osservatore, il processo dell’osservazione e ciò che è osservato. Così deve iniziare la meditazione.
Se la meditazione non è così, c’è il pericolo di cadere nell’inerzia. L’inerzia non è il sonno, l’inerzia è la perdita di direzione, di chiarezza, di consapevolezza, di concentrazione. Immaginate una persona che cammina come uno zombie, non sa cosa succede, non sa dov’è. Questo è quello che intendiamo per inerzia. Nel pratyahara s’insegna, prima di tutto, che dovete divenire consapevoli del corpo, della posizione, di come siete seduti; e che dovete divenire consapevoli di disagi e tensioni. Dovete anche analizzare e osservare se c’è qualche rigidità nel corpo, quindi sciogliere queste rigidità ed essere totalmente comodi; divenire consapevoli del corpo dalla sommità del capo alle punte degli alluci, e cercare di avere la visione di tutto il corpo in un unico sguardo, in un unico pensiero.
Quindi la pratica prosegue oltre: dopo essere divenuti consapevoli dell’osservatore – di colui che medita – c’è la consapevolezza del processo della meditazione. Iniziamo ad osservare qual è il movimento del respiro, l’attività spontanea che procede nel corpo, che diviene lo strumento – il mezzo – attraverso cui raggiungiamo il punto di concentrazione. Poi si aggiunge l’oggetto della meditazione, che può essere un simbolo, un mantra, un’immagine o un’idea; e bisogna cercare di identificarsi con quell’immagine, con quell’idea, con quel simbolo.
Oltre lo stadio di pratyahara, la forma della meditazione cambia, e in dharana – che è il gradino successivo della meditazione – ci spostiamo entro la coscienza dell’oggetto della meditazione, e il processo della meditazione e colui che medita si dissolvono. Può essere spiegato nella seguente maniera: avete lì il bersaglio e una pistola o un arco e una freccia in mano; puntate e prendete la mira, e il bersaglio è l’oggetto a cui dovete prestare attenzione; il vostro corpo è colui che medita, che osserva l’oggetto; ma per raggiungere l’oggetto, per colpire il centro del bersaglio, dovete premere il grilletto della pistola o scoccare la freccia. Così la pistola, o l’arco e la freccia, diventano il processo attraverso cui raggiungete e colpite il centro del bersaglio. Dal momento in cui premete il grilletto o scoccate la freccia, è la freccia o il proiettile che deve trovare il segno, non voi.; la cosa importante è la freccia o il proiettile e il bersaglio. Dopo il lancio potete persino voler dare un’occhiata da un’altra parte, non vi preoccupate più di osservare il bersaglio. È la freccia, o il proiettile che avete diretto, che deve trovare il segno. Così il processo di meditazione e l’oggetto della meditazione divengono importanti nello stato di dharana o concentrazione profonda. Quando questa concentrazione profonda o dharana si trasforma in meditazione, vuol dire che la freccia o il proiettile ha colpito il centro del bersaglio e il processo è divenuto una cosa sola con l’oggetto della meditazione. Così ci siete voi, la freccia o il proiettile, il bersaglio. Questo è il primo gradino. In questo primo gradino dovete allinearvi con il bersaglio, dovete essere consapevoli e attenti e scoccare. Dopo che abbiamo scoccato la freccia o esploso il proiettile, il gradino successivo è dharana. Potete andare a fare una passeggiata e lasciare che la freccia o il proiettile colpisca il bersaglio. Una volta che la freccia o il proiettile ha colpito il bersaglio, quello è dhyana o il conseguimento dell’oggetto della meditazione.
La meditazione permette al praticante di comprendere le facoltà della testa – l’intelletto. Così la meditazione è il processo attraverso il quale diveniamo consapevoli dell’aspetto della testa. Le qualità del cuore vengono risvegliate combinando i risultati della meditazione con il karma yoga. Ciò di cui fate esperienza dentro lo esprimerete esteriormente, e il sentimento associato a quest’espressione deve essere un sentimento incondizionato, non per qualche ragione personale, egoistica o per guadagno, ma come parte del vostro dare aiuto e appoggio alle persone che vi stanno attorno. I sentimenti e le emozioni fluiranno, si farà esperienza di unicità, le qualità del cuore si risveglieranno, e questo alla fine diverrà un’azione di cui voi sarete parte integrante.
Così, in breve, quest’unione tra le facoltà della testa, del cuore e delle mani è il fine della filosofia yoga. Io non so a cosa sia simile la coscienza divina e non voglio saperlo. Sono molto sincero e franco. Non aspiro mai a conoscere Dio o la natura divina, e sono abbastanza certo che se vedessi Dio in qualche forma non mi piacerebbe perché per me l’espressione della divinità è nella vita. La freschezza dell’aria, il tepore del sole, il profumo di un fiore, il sapore dell’acqua sono Dio o la natura divina. È il sentimento che esprime espansione, felicità, contentezza, unità, perfezione, che è la manifestazione della coscienza suprema o coscienza superiore nella vita; questo è ciò che lo yoga chiama Sé Superiore. Così dobbiamo comprendere la filosofia yoga a partire da questa prospettiva pratica, e non come un soggetto mistico.
La terza cosa è lo stile di vita dello yoga. Lo stile di vita dello yoga è basato sulle fondamenta della consapevolezza. Cosa facciamo quando ci alziamo al mattino? Guardiamo le notizie, leggiamo i giornali, e immediatamente iniziamo a partecipare attivamente a qualunque cosa stia accadendo intorno a noi. Pensate quando dormite di notte, e mentre dormite la vostra mente diviene tranquilla, passiva, e diviene come un lago immobile dove non c’è agitazione o movimento sulla superficie dell’acqua. Ma non appena vi svegliate al mattino, che genere di impressioni date a quella natura immobile in voi stessi? Le impressioni che leggete, che vedete o che ascoltate. Si crea una raffigurazione e un’immagine distorta della realtà nella vostra mente. Dunque, come parte dello stile di vita yogico, lo yoga dice di dare a voi stessi e alla vostra mente il tempo per divenire di nuovo pienamente attenti e consapevoli, e per spostarvi gradualmente dallo stato di sonno allo stato di veglia. Ci vogliono circa due ore.
In India dico alle persone di non ascoltare le notizie, di non leggere i giornali per almeno due ore. Non pensate a nessuno scandalo e a nessun problema; non pensate a nessuna difficoltà, perché sono queste impressioni che creano immagini o impronte sulla mente immobile e, per il resto del giorno, la vostra mente viene disturbata e agitata. Così, al mattino, gli yogi hanno detto di usare almeno due ore per praticare qualche cosa che sia utile a voi stessi, che vi permetta di crescere, che vi permetta di trovare il vostro equilibrio. Sia che pratichiate yoga o semplicemente sediate vicino alla finestra e osserviate la natura e il paesaggio; divenite una cosa sola con il paesaggio e andate a passeggiare, non parlate con nessuno, state in silenzio, e parlate solo quando necessario. Gradualmente la vostra mente inizierà ad adattarsi a ciò che succede all’esterno e allora avrete una maggiore partecipazione nel mondo.
La sera, quando andate a letto, guardate gli eventi della giornata come un film che vi mostra come avete interagito, quali sono state le vostre risposte, cosa avete detto e cosa avete fatto, e divenite consapevoli di ogni momento che avete passato, da quando vi siete svegliati fino al momento in cui siete andati a letto. Guardate l’intero trascorrere della giornata in forma di scene, come una pellicola o un film, e cercate di trovare e scoprire dove avete sbagliato e come potete migliorare nella comunicazione, nel rapporto e nel comportamento con la gente. Guardate se avete reagito in qualche maniera e se quell’azione era giustificata. Se vi eravate trovati precedentemente in una situazione simile, come avete risposto? Nella stessa maniera di prima o avete acquisito il controllo delle vostre reazioni? In questo modo iniziate a vivere uno stile di vita yogico. Perciò dico che le fondamenta di uno stile di vita yogico sono basate sulla consapevolezza.
Così, queste tre cose – la filosofia yoga, lo stile di vita yogico e la pratica yoga – devono essere combinate se volete vedere un voi stesso nuovo emergere dalle ceneri di quello vecchio. E c’è un segreto che mi piacerebbe dirvi: se combinate queste tre cose, la vostra kundalini si sveglierà senza praticare kundalini yoga; e i vostri chakra si risveglieranno senza praticare kriya yoga. È il concetto della mente sopra la materia e il concetto dell’energia sopra la mente e la materia. Se siete capaci di gestire le energie che si manifestano in modo naturale e spontaneo, quell’armonia influenzerà e cambierà la mente e il corpo, imparando a vivere con semplicità e apertura mentale. Queste sono le due gambe dello yoga e io sono sicuro che nel vostro procedimento personale, sarete capaci di integrare questi principi e ottenere il massimo dei benefici.
Hari Om Tat Sat
Disabilità Mentale
Tratto da: “Yoga”, Munger, India, agosto,1982, Autori: M.P. Pathar, Ph. D. & K. L. Bajapai, Kundalini Yoga Research Institute, Luknow.
“Yoga Sadhana”, cioè la pratica dello yoga, è importante per liberare la mente da varie malattie psicogene e mentali. Essa può anche favorire la riabilitazione delle persone mentalmente handicappate, che sono un problema scottante per la società moderna. I bambini mentalmente handicappati possono essere curati ottenendo buoni risultati con l’aiuto delle tecniche yoga.
Sebbene siano state tentate le più moderne terapie mediche per curare i ritardati mentali, sono stati ottenuti scarsi successi, probabilmente perché l’azione di molte medicine fisicamente attive non è ancora del tutto chiara e perché non è ancora stato completamente compreso il ruolo degli agenti neurotrasmettitori dei disordini mentali.
Generalmente, in questi casi, vengono dati ai bambini dei tranquillanti più o meno forti, antidepressivi e anticonvulsivi. È stato osservato che molti di questi farmaci hanno un numero considerevole di effetti collaterali, alcuni dei quali molto dannosi.
In confronto a tali cure, le pratiche yoga sono risultate più benefiche. Per esempio asana specifiche, alcuni shatkarma (pratiche di purificazione) e yoga nidra possono essere utilizzati per migliorare lo sviluppo di persone mentalmente handicappate e non hanno alcun effetto collaterale.
Esse agiscono immediatamente e possono sostituire efficacemente i tranquillanti. Le stesse pratiche possono anche essere un valido aiuto per i membri della famiglia del soggetto mentalmente handicappato.
In certi casi le pratiche di yoga possono essere iniziate già a cinque anni sebbene, di solito, sia sufficiente iniziare intorno agli otto anni.
Ai bambini di otto, dieci anni si possono insegnare facilmente delle asana dinamiche come Surya Namaskara, mentre dai dodici ai venti anni possono essere insegnate pratiche yoga a cominciare dalle più facili per arrivare gradualmente a quelle più difficili, sotto la guida di un esperto.
I famosi psicologi indiani, il dott. S. S. Nathawath, il dott. Singen, il dott. D. N. Roy ed alcuni altri, hanno studiato gli effetti dello yoga sui pazienti mentalmente ritardati.
In un’indagine fatta nel 1983 fu scoperto che bambini moderatamente ritardati erano migliorati praticando regolarmente per tre mesi sarvangasana e che le pratiche di kunjal (lavaggio dello stomaco) e di neti (lavaggio delle cavità nasali) eseguite per quaranta giorni avevano portato notevoli benefici.
Quando viene eseguita qualsiasi tipo di asana, il corpo diviene flessibile e gli organi vitali funzionano in modo più corretto. Attraverso le asana la memoria, la concentrazione, l’applicazione allo studio, il desiderio di imparare e il modo di pensare vengono migliorati.
Ogni tipo di asana meditativa provvede a una maggiore circolazione del sangue nelle parti al di sopra della vita; il cervello riceve un apporto maggiore di sangue che, nel soggetto subnormale, migliora il quoziente d’intelligenza e l’adattabilità sociale.
Con semplici esercizi di respirazione si può aumentare l’efficienza del sistema nervoso, riportare la calma mentale e attenuare un comportamento aggressivo.
Kirtan e Canto
Canto
Per praticare kirtan bisogna cantare. Certamente qualche volta possiamo godere di un kirtan particolarmente bello in silenzio o possiamo trovarci assorbiti in un momento di sottile introspezione come conseguenza del canto di un kirtan; ma per conoscere il kirtan bisogna partecipare.
Il canto in comune abbatte le barriere. Per centinaia di anni in tutte le culture il canto ha unito gruppi di persone in una comune comprensione sentita come un profondo livello di consapevolezza. Dai nativi delle Americhe agli aborigeni australiani, dal Tibet a Timbuktu, il canto è stato parte integrante della società e dell’identità di gruppo.
È interessante notare che solo nella società moderna il canto in comune è stato emarginato e non si può sapere quanto una mancanza di identificazione con il bene comune della società può essere collegato a questo solo fatto.
Per l’espressione individuale non c’è niente che eguagli il levarsi della voce nel canto. Vengono superate le restrizioni della personalità e l’espressione individuale che può avere difficoltà a emergere in maniera profonda attraverso ogni altro canale, può trovare liberazione nel canto.
Quando c’è armonia nella musica e nel mantra, ciò riequilibra l’intero flusso pranico. Quando il flusso pranico è organizzato secondo una via differente da quella normale, il corpo e la mente iniziano a muoversi con il ritmo della musica e del mantra. Quando ogni azione ed emozione sono fuse in una cosa sola, il corpo diviene uno strumento per l’espressione di un’emozione, e la mente diviene uno strumento per l’espressione di un’azione. È a questo punto che si diventa uno strumento di musica celestiale. Ciò è possibile solo quando si persegue l’essenza del kirtan nel senso più vero.
Destinazione India: Esperienze ed Impressioni
Di Amrita
Partenza: 5 dicembre 1997, destinazione: India, motivo: conclusione corso istruttori per certificato.
Questo era tutto ciò che sapevo di quel viaggio prima di partire, quando ho incontrato gli altri compagni di viaggio, mentre ero in volo. Non mi serviva sapere nient’altro, quando sarei arrivata avrei pensato a tutto il resto. Sono partita molto determinata e, anche se lasciavo un po’ il cuore a casa, per nulla avrei rinunciato a quella piccola avventura. Parlo di avventura perché veramente non sapevo cosa sarebbe accaduto quando sarei stata la’ e per il tempo che ci sarei rimasta. Programmare un viaggio per vacanza o turismo è diverso: fai un itinerario, conosci molto bene con chi ti muoverai, leggi delle guide. Questa volta invece ho deliberatamente evitato di farmi influenzare. Qualcuno aveva già organizzato il volo, i trasferimenti, la permanenza in ashram. Il 90 % del periodo che avrei trascorso in India era già stato programmato e per il restante 10% non c’era nulla di cui preoccuparsi visto che viaggiavamo in gruppo. La cosa che mi faceva più pensare perciò non era cosa avrei fatto ma come l’avrei vissuta io. Vivere in ashram per 15 giorni, sostenere un esame per diventare istruttore, e poi l’India e tutto ciò che rappresenta. Con il presupposto che tutto ciò che sarebbe avvenuto sarebbe stato comunque una cosa buona, sono quindi partita.
Ora, se dovessi usare solo un termine per quella che è stata la mia esperienza in ashram direi “dinamica”. I ritmi infatti sono molto intensi, dalla mattina quando ti svegli, prestissimo, a quando la sera si spengono le luci e ti metti a dormire, in entrambi i casi prestissimo rispetto alle abitudini in Italia. Andare a dormire così presto però è una necessità visto che per tutto il giorno ti muovi da un posto all’altro per le lezioni, pasti, satsang, karma yoga. È un luogo che, se frequentato per lunghi periodi t’insegna ad amministrare il tuo tempo in modo razionale, senza sprechi, per farti ottenere il massimo del risultato ogni volta che ti devi muovere per qualcosa. Vi sono numerose regole da rispettare, un certo comportamento da mantenere per un fondamentale rispetto del luogo, ma c’è anche una gran libertà: vi sono grandi spazi dove potersi muovere e volendo ritirarsi per restare un po’ da soli, e vi sono molti momenti di socializzazione e allegria. Credo che nessuno che sia stato in ashram per un po’ possa dire di non aver fatto nuove conoscenze; persone di mezzo mondo sono concentrate in un perimetro di qualche centinaio di metri e incontrare, parlare, confrontarsi è davvero qualcosa che accade spontaneamente.
I brevi colloqui avuti con gli insegnanti, con le persone incontrate in cucina durante il karma yoga o durante i kirtan sono stati perciò momenti per me importanti e significativi, dai quali ho compreso qualcosa in più sullo yoga e sul perché lo si pratica. Penso che ognuno abbia i suoi motivi per cui inizia, per i quali si è avvicinato e dal quale ha ottenuto benefici a diversi livelli. In quei momenti di discussione mi sono resa conto che in molte di quelle persone c’erano qualità che avrei desiderato avere anch’io ed ho capito che le avevano ottenute con costanza e dedizione. Ho compreso l’importanza della pratica regolare e del mettere realmente in atto ciò avevo imparato seguendo il corso per istruttori. Queste cose le avevo comprese anche prima del viaggio, frequentando i seminari, studiando, ma c’era qualcosa che m’impediva di cogliere il vero senso di ciò che stato facendo. Rimanere invece per un periodo di tempo, anche se limitato, in un luogo dove ero costantemente immersa e calata nella realtà, nell’atmosfera e nello spirito che lo Yoga genera, mi ha perciò permesso di capire quel senso, quello scopo che mi era sempre sfuggito.
Le persone che ho incontrato, con cui ho parlato, anche solo guardato ed ascoltato, le piccole esperienze che ho fatto, mi hanno reso consapevole che effettivamente la pura conoscenza razionale, intellettuale, è solo l’involucro di qualcosa di talmente profondo e sconosciuto che mi sono quasi arrabbiata con me stessa per aver perso tanto tempo per capirlo. Ho compreso di avere a mia disposizione uno strumento straordinario con il quale conoscermi e migliorarmi, e di non averlo mai realmente messo in pratica. Prima l’atteggiamento non era quello di voler veramente ottenere un reale cambiamento personale: praticavo per il mio benessere, per poter insegnare, per poterne anche parlare ma non per progredire. Vedere gli effetti su tante persone diverse, tutte insieme, ed ammirarle per questo, è stato come annullare anni di pratiche non finalizzate, eseguite senza la reale consapevolezza del loro effetto più sottile ed interiore. Ora, a distanza di qualche mese, riesco a capire che la permanenza nell’ashram e tutto ciò che ha innescato, è stato un fondamentale passo in avanti per comprendere e riconoscere l’importanza degli insegnamenti che mi erano stati impartiti con tanta cura, e mi ha dato nuove opportunità per crescere e desiderare di saperne di più.
Un importante contributo a questa mia nuova apertura è avvenuto inoltre seguendo un programma di lezioni il cui scopo era proprio completare la formazione di noi istruttori prima dell’esame finale. Personalmente ritengo che sia le parti pratiche che teoriche siano state molto interessanti ed allo stesso tempo piacevoli. Swami Dharmananda, che curava la parte di asana e pranayama, è stata estremamente utile per cogliere come un insegnante, nel pieno rispetto della tecnica, sia in grado di dare una sua personale impostazione e stile alle pratiche. Swami Mukti Murti, l’insegnate di nada yoga, ha fatto comprendere cosa significa cantare con straordinaria grazia e dolcezza, mentre jigyasu Surya Prem, proponendo diversi temi, ha permesso di fissare e approfondire diversi argomenti legati alla filosofia.
Queste lezioni erano state elaborate dai nostri insegnanti affinché, con questo nuovo bagaglio di conoscenze, potessimo affrontare più serenamente l’esame. La prova consisteva nel pianificare un’ora di lezione per principianti che comprendesse preparazione, asana, tecniche di pranayama e yoga nidra, dando al tutto un tema o comunque una finalità. L’esame veniva seguito da due insegnanti che al termine esponevano le loro opinioni sullo svolgimento di quell’ora di lezione. Nonostante quest’ultima parte fosse motivo di un po’ di preoccupazione per alcuni di noi, me inclusa, alla fine tutti si sono scoperti contenti e arricchiti di nuovi idee per migliorare e rivedere il proprio modo di insegnare.
La parte di “critica” degli esaminatori è stata davvero utile. Personalmente è stata una lezione molto importante in quanto ho dovuto domare quell’aspetto dell’orgoglio che vorrebbe che ciò che fai sia sempre apprezzato ed elogiato. Gli elogi infatti erano solo un breve momento del feedback, mentre per la maggior parte del tempo la mia lezione è stata analizzata attentamente mettendo in luce tutto ciò che doveva essere perfezionato. A distanza di mesi ricordo ancora i diversi passaggi di quella discussione e, avendo già la possibilità di insegnare, scopro che mettendo in pratica i loro consigli, le lezioni sono più scorrevoli e sicure.
A tutto questo devo ancora aggiungere alcune parole sul breve viaggio a Rikhya. Infatti, grazie a Swami Anandananda, abbiamo potuto trascorrere due giorni presso l’Akhara di Swami Satyananda nonostante il suo programma fosse terminato già dieci giorni prima. Il nostro gruppo è stato ricevuto per alcuni minuti, dopodiché abbiamo fatto un po’ di karma yoga per Sivananda Math. Se Munger è dinamico, dove risiede Paramahansaji è invece un luogo dove credo si possa dire che si respira pace. C’è la sensazione reale di essere immersi in un angolo di serenità, dove le persone che vi risiedono lavorano intensamente ma le cose scorrono in modo fluido e naturale, senza la minima tensione. Questa breve pausa è perciò stata determinante affinché ci fosse possibile affrontare con maggiore tranquillità il momento dell’esame.
Posso quindi definire la mia breve parentesi in India, e tutto ciò che è successo, solo in termini entusiastici. L’Ashram, l’Akhara, e l’India stessa mi sono rimaste nel cuore e davvero spero che in un futuro non troppo lontano vi sia per me una nuova opportunità.
Desidero concludere dicendo che ritornare in Italia e riprendere le normali attività e abitudini non hanno scalfito o alleviato l’intensità della scoperta del “senso” che ho trovato in seguito a questo viaggio. Le cose che quotidianamente devo fare sono le stesse, ma ora, durante la mia giornata, sono centrata ad amministrare al meglio il mio tempo cosicché mi rimanga sempre più spazio da poter dedicare alla pratica e non dimenticare ciò che in India ho trovato. Sono tornata estremamente determinata a capire cosa accade se si pratica con costanza, e desidero poter verificare in prima persona gli straordinari effetti delle tecniche e cosa cambia in relazione a me stessa e a ciò che mi circonda. Chissà che scoprirlo non mi riporti in India.
Terapia Yogica delle Malattie Comuni: il Sistema Cardiovascolare
Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of Common Diseases”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Il cuore ed il sistema circolatorio
Le malattie cardiache (del cuore) ed anche l’arteriosclerosi (degenerazione dei vasi sanguigni) sono i principali killer nella parte opulenta della società mondiale attuale. Ogni anno diversi milioni di persone muoiono per complicazioni di degenerazioni cardiovascolari – includendo ipertensione, insufficienza cardiaca cronica, colpo apoplettico (incidente cerebro-vascolare) e disturbi renali. Inoltre, molte più persone ancora sperimentano lo spasimo dei dolori al petto conosciuti come angina pectoris, che indicano sforzo cardiaco nelle attività della vita quotidiana.
Le cause e gli effetti delle tensioni cardiache sono molte e complesse, coinvolgendo sia il sistema nervoso, attraverso il quale i processi mentali ed emozionali influenzano la funzione cardiaca, che anche i sistemi metabolico, digestivo e riproduttivo, che spesso impegnano eccessivamente il cuore.
Il cuore e il sistema circolatorio – o il cuore del problema
Il cuore è una straordinaria pompa neuromuscolare che è al centro di tutta l’attività umana. Esso è responsabile della circolazione del sangue in tutto il corpo. Ogni parte del corpo dipende dal cuore, e se smette di lavorare, l’intero corpo cessa di funzionare in pochi minuti. Il cuore batte instancabilmente, notte e giorno, dal principio della vita all’ultimo respiro del morente. Quando il corpo si riposa, esso batte tranquillamente e lentamente. Quando si fanno degli esercizi, il cuore immediatamente accelera il suo battito per aumentare il volume di sangue che raggiunge i muscoli e le cellule più distanti.
L’energia del cuore dipende dalle fibre delle pareti muscolari. Un danno a queste fibre produce impressionanti cambiamenti nel modello e nell’efficienza della circolazione sanguigna. Molti fattori sono responsabili per il mantenimento del volume e della pressione del sangue. Questi includono la condizione delle valvole cardiache, l’influenza del sistema nervoso nel controllo del diametro interno dei vasi sanguigni e la quantità di fluido nel flusso sanguigno. Tuttavia, la condizione primaria del muscolo cardiaco è più importante di tutto.
Il cuore è composto da un tipo di muscolo unico conosciuto come muscolo cardiaco, che è più duraturo di qualsiasi altro tessuto muscolare del corpo. Esso permette al cuore di continuare la sua funzione ripetitiva incessantemente, senza esitazioni. Nessun altro organo lavora così a lungo e così intensamente come il cuore.
La circolazione arteriosa
Il sangue circola dal cuore nel corpo attraverso una complessa rete di condotti conosciuti come arterie, vene e capillari. Le arterie sono i vasi sanguigni più ampi e più resistenti. Esse distribuiscono sangue appena ossigenato dal cuore ai più piccoli vasi sanguigni chiamati capillari. Esse possono indurirsi così che il tessuto elastico delle loro pareti perde la sua flessibilità. Ciò può restringere le arterie, far salire la pressione sanguigna e aumentare così il lavoro del cuore. Ciò può portare anche ad un’insufficiente ossigenazione del cuore stesso e degli altri organi del corpo.
Le camere del cuore
L’interno del cuore è composto di quattro camere. Il sangue contenente un’abbondante quantità di ossigeno arriva dai polmoni per essere distribuito al corpo. Entra prima nell’atrio sinistro o camera superiore, e fluisce da questa camera nel più ampio ventricolo sinistro. Questa è la camera da cui dipende la maggior parte della circolazione sanguigna. Nell’istante in cui il ventricolo sinistro comincia a contrarsi, la valvola mitralica si chiude di scatto, chiudendo la connessione con l’atrio sinistro. Quasi nello stesso istante, si apre la valvola aortica, permettendo al sangue di scorrere veloce attraverso l’aorta alle altre diramazioni arteriose del corpo.
Le arterie coronarie
Tutte le principali arterie del corpo si diramano dall’aorta. Le prime due ramificazioni sono conosciute come arterie coronarie, che sono lunghe circa cm. 12,7 e con il diametro di circa cm. 0,3. Queste arterie sono responsabili per l’approvvigionamento del sangue ai lati destro e sinistro del muscolo cardiaco stesso. Se una di esse dovesse restringersi, l’intero sistema circolatorio potrebbe indebolirsi poiché le fibre muscolari del cuore stesso sarebbero private dell’ossigeno che le nutre. In una persona sana, in queste arterie, c’è sempre un flusso sanguigno sufficiente a rispondere alle necessità del cuore. Ma talvolta queste arterie si bloccano parzialmente o totalmente a causa dell’indurimento delle pareti dei vasi sanguigni, della coagulazione del sangue nei vasi o di spasmi nervosi che restringono tali vasi. In questi casi possono verificarsi attacchi o insufficienza cardiaca. La degenerazione delle pareti dei vasi sanguigni è denominata arteriosclerosi. Essa è collegata a una dieta con grassi animali, al fumo delle sigarette, alla mancanza di esercizio e ad un eccessivo stress mentale.
La pratica regolare di yoga può alleviare e prevenire questo disturbo eliminando la tensione inutile dalla nostra vita. Come parte di uno stile di vita yogico sono necessarie anche abitudini alimentari più sensate.
Il ritorno venoso
L’atrio e il ventricolo destro operano in modo simile all’atrio e al ventricolo sinistro. Essi pompano il sangue privo di ossigeno, e carico di anidride carbonica, verso i polmoni.
Questo sangue, che ha depositato il suo ossigeno nelle cellule del corpo, rifluisce verso il lato destro del cuore attraverso la rete di vene, e viene pompato nei polmoni. Nei polmoni esso rilascia l’anidride carbonica, presa dalle cellule periferiche, che viene espulsa dal corpo con l’espirazione. In cambio viene assorbito un certo quantitativo di ossigeno fresco, e tale sangue rifluisce nuovamente verso il lato sinistro del cuore per essere, ancora una volta, pompato verso le cellule del corpo.
La capacità di lavoro del cuore
La quantità di lavoro svolta dal cuore in un giorno è incredibile. Se la vita deve continuare, questo processo di circolazione deve andare avanti incessantemente. Il cuore deve pompare e il sangue deve circolare, 24 ore al giorno, 50-80 volte al minuto, dalla nascita alla morte. Quando il battito cardiaco si ferma, la vita autonomamente cessa.
Ciò equivale a centomila contrazioni al giorno, o 37 milioni di volte in un anno. Nella durata di una vita media di settanta anni, ciò equivale a duemila miliardi e mezzo di battiti. Nessuna macchina fatta dall’uomo ha tale affidabilità e durata.
Come qualsiasi altra pompa, il cuore è soggetto a consumarsi e lacerarsi, specialmente se è maltrattato e strapazzato. La chiave per una lunga vita sta nel preservare il cuore da un eccessivo sforzo di qualsiasi genere. Questo deve includere il mantenimento dell’equili¬brio mentale ed emotivo, il controllo alimentare, esercizio e sonno adeguato, cose ottenibili al meglio seguendo uno stile di vita yogico.
Se il cuore è stato danneggiato da una malattia, esso si guarirà mentre lavora. Se le sue valvole si ispessiscono a causa di disturbi come la febbre reumatica, le pareti muscolari del cuore si ispessiscono nel tentativo di compensare qualsiasi perdita di efficienza. Per lo stress di esercizi estremi o di febbre, esso continuerà a pompare ad un ritmo di due o tre volte la sua velocità normale per porre il corpo in condizione di superare la crisi.
Il ‘pace-maker’
Il ritmo al quale il cuore batte è regolato dal ‘pace-maker’ o ‘nodo senoatriale’, un piccolo frammento di tessuto nervoso specializzato fissato vicino al lato superiore destro del cuore. Questo nodo genera uno spontaneo impulso elettrico ritmico che viene trasmesso attraverso le camere superiori del cuore e quindi verso tutte le fibre muscolari iniziando così la contrazione cardiaca. In tal modo il battito cardiaco è controllato dalla produzione di impulsi da parte del pace-maker, che è a sua volta controllato dai bisogni e dalle richieste sempre mutevoli dell’organismo.
La sede dell’emozione umana
La funzione del cuore è intimamente connessa con il nostro metabolismo emozionale. I nostri stati emotivi influenzano direttamente il comportamento del cuore, e il disturbo cardiaco è tanto un disturbo emotivo quanto fisico. Una mente ansiosa e ipertesa, sempre afflitta da preoccupazioni o problemi, o una mente turbolenta, che prorompe in stati abituali di rabbia, passione o pena, causa un’attiva¬zione selvaggia e incontrollata del sistema nervoso simpatico e fa fluire abbondantemente nella circolazione gli ormoni dello stress, adrenalina e noradrenalina. I muscoli del cuore si sforzano ed il battito cardiaco accelera, obbligandolo a pulsare oltre le sue capacità.
Similmente, le tensioni dei rapporti interpersonali, comprendendo l’espressione dell’intero spettro delle emozioni umane, degli istinti e dei desideri che devono essere sperimentati nella nostra evoluzione, pongono una richiesta costante al cuore e alle ghiandole endocrine. Quando l’espressione delle passioni o di emozioni turbolente è incontrollata e non governabile, le secrezioni divengono squilibrate e irregolari, e il cuore lavora eccessivamente. L’attivazione simpatica è anche responsabile nell’indurre le piccole arterie in uno stato di spasmo o contrazione permanente. Di conseguenza il cuore deve pompare contro una forte pressione di ritorno del sangue nell’albero arterioso e ne consegue inevitabilmente l’ipertensione (alta pressione sanguigna).
L’ipertensione è un disturbo serio e dannoso, che accelera il danneggiamento dei vasi sanguigni, porta ad insufficienza renale e cardiaca, e pone la costante minaccia di una morte improvvisa per colpo apoplettico (scoppio di un vaso sanguigno nel cervello).
Fino a poco tempo fa i medici credevano che l’attacco cardiaco (infarto del miocardio) fosse causato da un embolo posizionato in una delle arterie coronarie. Tuttavia, è ora accettato che in molti casi di attacco cardiaco probabilmente non vi è alcun embolo di sangue, e che l’attacco è una crisi funzionale nel sistema nervoso, causata da uno spasmo delle arterie coronarie, ed è dovuto alla medesima iperattivazione del sistema nervoso simpatico. La stessa situazione si riferisce all’angina, una forma cronica in via di sviluppo di parziale occlusione coronarica dove lo spasmo delle arterie coronarie è un fattore importante.
È ora evidente che in entrambi questi comuni disturbi cardiaci, la più importante causa scatenante è lo spasmo dell’arteria coronaria, causata da alti livelli di tensione mentale che agisce attraverso le fibre nervose autonome presenti nelle arterie stesse.
La tensione emotiva è una delle cause principali di attacco cardiaco. Si è scoperto che molti pazienti coronarici hanno sofferto una profonda e significativa ferita emotiva o delusione durante il mese precedente, o persino un anno prima dell’attacco cardiaco.
Relazione tra le funzioni cardiaca e sessuale
Sia le nostre emozioni che i nostri istinti richiedono uno sfogo, e ciò normalmente avviene tramite il comportamento sessuale. Il sistema riproduttivo umano è attivato e controllato dalla pituitaria (ghiandola principale di controllo).
La ghiandola pituitaria è controllata dall’ipotalamo che rilascia ormoni dal cervello che vengono sintetizzati in risposta ai nostri diversi stati mentali ed emozionali. Questo significa che la formazione del seme nel maschio e il ciclo mestruale nella femmina derivano direttamente dal metabolismo emozionale.
Quando certi tipi di emozioni sono accelerate o incontrollate, alti livelli di ormoni sessuali – testosterone nel maschio ed estrogeno e progesterone nella femmina – vengono sintetizzati dalle gonadi (testicoli e ovaie) e secreti nel flusso sanguigno. Questi ormoni attivano gli organi riproduttivi e sessuali, che diventano gli strumenti per l’espressione e il rilascio emozionale.
Gli uomini hanno molta più probabilità di soffrire di disturbi cardiaci degenerativi e vascolari rispetto alle donne fino all’età della menopausa. I ricercatori ritengono che siano gli alti livelli di ormoni androgeni o maschili ad essere responsabili sia dell’aggressività caratteristica della ‘personalità cardiaca’ che dei danni ai vasi del cuore stesso nel disturbo coronarico.
Recenti ricerche hanno rivelato l’esistenza di specifici recettori androgenici nelle pareti delle camere del cuore e delle grandi arterie, che si pensano essere l’anello di congiunzione per il danno cardiaco. Ciò può significare che gli uomini sono più predisposti a certi tipi di disturbo cardiaco rispetto alle donne perché le donne hanno meno androgeni (ormoni maschili). L’estrogeno (ormone femminile) può persino proteggerle da problemi cardiaci e può spiegare la relativa salute del cuore femminile fino all’età della menopausa.
È stato scoperto che durante gli anni che precedono la menopausa, i sofferenti di cuore maschi superano le femmine in rapporto di due a uno, ma entro pochi anni dal completamento della menopausa l’incidenza dei disturbi cardiaci tra i due sessi è virtualmente identica. Gli yogi affermano che equilibrando le attività emotive e sessuali il livello ormonale viene ridotto ed equilibrato e un uomo può salvaguardare la salute del suo cuore. Naturalmente sono molti i fattori che contano.
Il ruolo della dieta
Ricercatori medici hanno scoperto che il grado di degenerazione cardiaca e arteriosa è strettamente collegato alla quantità di grasso e colesterolo consumato nella dieta. La maggior parte dei medici, al giorno d’oggi, ritengono che la dieta moderna contenga troppi grassi, troppe proteine e calorie in eccesso. Si ritiene che una dieta eccessivamente ricca contribuisca a molte delle malattie dell’uomo moderno che sono la conseguenza di un abituale sovraccarico degli organi digestivi.
In uno studio americano, ampiamente diffuso, sulle condizioni del cuore e dei vasi sanguigni di soldati giovani e in forma morti per cause accidentali, i patologi riferirono che i vasi sanguigni di questi giovani uomini tra i venti e i trent’anni, mostravano già i cambiamenti degenerativi dell’arteriosclerosi. Le pareti dei loro vasi sanguigni furono trovate ricoperte di depositi bianchi di colesterolo untuoso e grasso conosciuti come placche ateromatose. Quando questo studio fu pubblicato causò un diffuso allarme nei circoli medici e portò molti medici a modificare drasticamente le proprie abitudini dietetiche. Mentre in precedenza si sapeva molto bene che i vasi sanguigni di un cinquantacinquenne o sessantenne morto per collasso cardiaco, colpo apoplettico o infarto, erano in condizioni terribilmente degenerate e ostruite, questo studio rivelava chiaramente che l’arteriosclerosi è un processo in via di sviluppo, che forse inizia persino nell’infanzia, e certamente è ben avanzato intorno ai trent’anni di vita.
Ora è ampiamente accettato che il deposito di colesterolo è una delle cause fondamentali della degenerazione cardiovascolare e della morte. Un alto livello di colesterolo nel sangue può essere abbassato adottando una dieta vegetariana priva di grassi, con poco colesterolo, basata su cereali integrali, frutta fresca e verdure. La sostituzione dei grassi animali, burro o ghi con oli vegetali insaturi ed una dieta ampiamente vegetariana sono caldamente raccomandati. Tale dieta è abitualmente prescritta ai malati di cuore, ed i medici ora accettano che essa aiuta non solo ad arrestare il deposito di colesterolo, ma persino ad invertire il terribile processo di degenerazione adiposa delle arterie rimettendo gradualmente in movimento i depositi di colesterolo dalle pareti dei vasi.
Studi più recenti hanno mostrato che anche la meditazione abbassa efficacemente il livello di colesterolo nel siero, e questo è un motivo per cui il rilassamento e la meditazione sono ritenuti così necessari, insieme ai cambiamenti nella dieta, nel programma yoga per chi ha problemi di cuore. Il siero (fluido sanguigno che rimane dopo l’estrazione dei globuli rossi) di un individuo che segue una dieta molto grassa e ricca di colesterolo, è spesso torbido e lattiginoso, mentre quello di un vegetariano è chiaro e trasparente. È facile rendersi conto del maggior carico sul cuore che deve pompare questo fluido spesso e torbido, pesantemente gravato da corpuscoli grassi, per tutto il corpo, giorno dopo giorno, per molti anni.
La personalità cardiaca
I cardiologi riconoscono un particolare tipo di ‘personalità cardiaca’ come maggiormente predisposta a disturbi di cuore.
Il paziente è generalmente un uomo di mezz’età che ha una natura aggressiva, autoritaria e competitiva. Di solito ha successo nel suo campo e ha ottenuto buoni risultati nella vita spingendosi al limite massimo. Stabilisce alti standard personali e si aspetta che gli altri si adeguino a quei medesimi standard. Egli spesso diventa ‘lavoro-dipendente’, usando il proprio lavoro come unico mezzo di ‘auto-appagamento’, mentre tende ad evitare incontri emotivamente dolorosi e responsabilità nell’ambiente familiare.
Mentre appare un carattere indipendente e con una forte volontà all’esterno, la sua natura interiore e soggettiva può essere anche l’opposto. Egli è spesso una persona molto sensibile, percettiva e persino artistica, ma ha soppresso questo lato gentile della sua personalità. Questo contrasto spesso porta ad un conflitto interiore che sta alla base della tensione e dei disturbi cardiaci.
Nella terapia yogica è spesso difficile per la personalità cardiaca rilassarsi e utilizzare lo yoga in modo non competitivo. La sua mente è così indirizzata verso ogni risultato che inizialmente il rilassamento e l’atteggiamento di lasciarsi andare, arrendersi e accettare è molto innaturale per lui. Tuttavia, se riuscirà ad apprendere questa lezione, il progresso è assicurato.
Lo yoga equilibra le emozioni
Poiché le emozioni giocano un ruolo così importante nella genesi dei disturbi cardiaci non è sufficiente che un malato di cuore adotti soltanto una dieta con pochi grassi per gestire la sua condizione. Secondo la scienza yogica, il riconoscimento dei modelli e degli effetti degli stati emotivi sul cuore e sulla mente è assolutamente fondamentale per chi soffre di tensione cardiaca o per coloro che si stanno riprendendo da una crisi cardiaca. Ciò si ottiene attraverso le pratiche di rilassamento yogico, yoga nidra e meditazione (dhyana). La padronanza di una tecnica scientifica di rilassamento come yoga nidra è il primo e più importante passo nella guarigione delle crisi cardiache attraverso lo yoga.
Ciò perché i malati di cuore sono spesso dominati dai loro stati emotivi, anche se in apparenza possono sembrare molto calmi, freddi e padroni di sé. Le emozioni represse che sono mantenute in profondità e a cui viene negata l’espressione per molti anni a causa dei sensi di vergogna, colpa o rifiuto, sono tuttavia registrate come una continua, eccessiva tensione al cuore, ed è stato scoperto che sono tra le maggiori concause in molti disturbi cardiaci.
Praticando yoga, l’individuo gradualmente si libera da questi complessi, paure ed inadeguatezze emotive profonde che sono covate nella mente subconscia. Spesso sono le impressioni di reminiscenze di esperienze spiacevoli dalla prima infanzia. Queste possono non entrare mai nella consapevolezza cosciente, ma tuttavia generano un alto livello di ansietà fluttuante nella vita quotidiana, deformando rapporti, risposte, atteggiamenti e decisioni. Questa è una delle cause di base della tensione costante nella vita quotidiana ed anche di una tensione costante sul cuore.
Le pratiche yogiche alleviano il cuore, conducendoci a recuperare le emozioni e il comportamento di un bambino nella vita: aperto, semplice e spontaneo. Ciò dà un enorme sollievo mentale e cardiaco al malato di cuore che è spesso profondamente avvinto in complessi emotivi di paura, autocommiserazione, aggressione, tradimento o rabbia. Quando arriva il rilassamento, emozioni represse vengono liberate ed il paziente gradualmente impara a vivere, pensare e sentire semplicemente e onestamente, esprimendo i sentimenti apertamente e onestamente. Il disturbo della personalità, dovuto alla repressione, è evitato, e gli scoppi di rabbia, eccitazione o passione non opprimono più la mente né sovraccaricano il cuore.
Immaginate il profondo rilassamento che il cuore sperimenterebbe se fosse liberato da ansietà celate e tensioni subconsce. Questo è ciò di cui il malato di cuore ha bisogno più di tutto e questo è ciò che la meditazione, il rilassamento e altre pratiche yogiche, determinano.
Inadeguatezza delle soluzioni mediche
La scienza medica ha sviluppato farmaci molto potenti per controllare i sintomi e gli effetti della tensione cardiaca, dell’iperten¬sione e del collasso cardiaco. Questi farmaci spesso, nei casi acuti di un attacco cardiaco o di crisi ipertensiva, salvano la vita. Essi abbas¬sano una pressione sanguigna pericolosamente alta, stabilizzano un cuore che sta rapidamente collassando o alleviano il dolore di un ec¬cessivo sforzo cardiaco (angina). Tuttavia non possono mai essere la soluzione definitiva del problema perché non arrivano alla causa fon¬damentale del disturbo cardiaco per correggerla.
Molti pazienti dipendono dai farmaci per un sollievo sintomatico per anni e persino decenni senza realizzare o venire a patti con la causa di fondo della loro condizione. Essi si stancano e muoiono prima di capire cosa è fondamentalmente sbagliato nella loro salute mentale e cardiaca, vivendo ciò che resta della loro vita in un’atmosfera di sofferenza e sconforto crescenti. Quando le emozioni sono conosciute, sperimentate ed espresse coscientemente, con una crescente capacità di consapevolezza, la tensione cardiaca può essere ridotta alla sua origine. Questo è il motivo per cui è essenziale per i malati di cuore praticare lo yoga sotto una guida attenta, insieme con la propria terapia medica. Quindi potranno gradualmente riconoscere ed evolvere oltre i limiti che stanno facendo degenerare il loro cuore e il loro sistema circolatorio e soffrire la loro mente.
Lo yoga offre la soluzione
Lo yoga offre un metodo provato e sperimentato per alleviare i conflitti emotivi che impongono un’enorme tensione sul cuore umano e portano a disturbi cardiaci e alle loro complicanze. Lo yoga offre un modo di vivere per cui il cuore può essere mantenuto in condizioni ottime sino al termine della vita, ed anche per alleviare la tensione cardiaca e la malattia.
Per alleviare il cuore dal suo fardello continuo, i conflitti emotivi, le dipendenze, i bisogni e le richieste devono prima essere conosciuti, accettati ed espressi. Quindi, alla fine, possono essere trascesi. Il metabolismo emotivo non può semplicemente essere occultato fuori della nostra esistenza, perché la repressione porta a disturbi mentali e malattie fisiche. Tuttavia, seguendo sistematicamente il percorso dello yoga, le emozioni possono essere conosciute ed espresse in un modo sano e appagante che non è dannoso per la salute e protegge il cuore da crisi o cedimenti precoci.
La meditazione è fondamentale per la vita yogica. Essa gradualmente instilla pace, stabilità e crescente consapevolezza nella vita dell’individuo che è intrappolato negli spasimi di pena, paura, insicurezza e angoscia emotiva che accompagnano il disturbo cardiaco. La meditazione induce un profondo cambiamento sia nel corpo che nella mente. La temperatura corporea, il metabolismo e i modelli di secrezione endocrina subiscono un cambiamento profondo e spontaneo, la mente si rilassa profondamente, ed il cuore diviene molto, molto tranquillo. Le emozioni non vengono fatte morire, ma la loro espressione viene modificata. Gradualmente il cuore si rallegra come sollevato da un tremendo fardello e si libra verso il cielo, esprimendo emozioni in modo gioioso e trascendentale, non più limitato dalla personalità istintiva.
Programma yogico per i disturbi circolatori e cardiaci
Un cuore stanco e sovraffaticato ha bisogno di riposo più di ogni altra cosa poiché il riposo fa si che i livelli di energia vitale, prana, si potenzino ed inizino a lavorare per la rigenerazione. Un riposo adeguato dovrebbe essere accompagnato da asana e pranayama, una breve passeggiata ogni giorno ed uno stile di vita moderato.
Le asana sono indispensabili, ma non dovrebbero mai essere praticate superando i propri limiti. Il cuore non deve mai essere sforzato e al minimo segno di tensione o dolore cardiaco dovrebbe essere attuata la pratica del rilassamento.
- Asana: iniziate con pawanmuktasana parti 1 e 2. Queste dovrebbero essere praticate ogni mattina, dopo un bagno che dovrebbe essere freddo in estate ma caldo in inverno. Se la seconda parte di pawanmuktasana fosse troppo pesante dovrà essere omessa. Shavasana deve essere praticata ogni volta che vi sia stanchezza, e non si dovrà mai avere fretta di finire le pratiche. Lo yoga deve essere fonte di riposo, sollievo e rilassamento che gradualmente si diffonderanno e trasformeranno l’intera vita. Queste asana dovrebbero essere continuate giornalmente per almeno due mesi. Successivamente possono essere introdotte, se possibile, le asana di shakti bandha, e sono raccomandate le seguenti asana principali: vajrasana, shashankasana (rilassandosi per diversi minuti), sarpasana, yoga mudra, bhunamanasana.
- Pranayama: il Pranayama è molto importante sia per la terapia iniziale del sofferente di cuore che nel successivo periodo di riabilitazione e ringiovanimento. Il pranayama non deve mai sottoporre a tensione il cuore e i polmoni. Se ciò accade allora il suo scopo è stato vanificato. Esso dovrebbe essere calmante per la mente ansiosa, rilassante per i nervi eccitati e stabilizzante per cuore e circolazione irregolari.
Le pratiche più importanti sono nadi shodhana e ujjayi pranayama. Il respiro dovrebbe essere solo lievemente più profondo del normale, senza ritenzione, né interna né esterna. Il respiro deve essere il più naturale e silenzioso possibile, e la consapevolezza deve seguire molto da vicino il flusso del respiro che entra e che esce. Osservare il respiro è osservare la mente e verrà sperimentato immediatamente un grande sollievo dalla tensione e dall’ansia. La funzionalità cardiaca e la stabilità mentale migliorano settimana dopo settimana. Il cuore trae enorme beneficio da un processo di ossigenazione più efficiente ed i tessuti danneggiati ringiovaniscono rapidamente. Si raccomandano dieci cicli di nadi shodhana e dieci minuti di ujjayi pranayama. - Yoga nidra: il rilassamento deve essere praticato ad intervalli regolari durante il programma di asana. Possono essere adottate shavasana, matsyakridasana o advasana. La pratica completa di yoga nidra dovrebbe essere eseguita una volta al giorno.
- Meditazione: per chi soffre di cuore, la meditazione dovrebbe essere appresa non come una disciplina ma come un piacevole passatempo. Specialmente quando si è costretti a letto nella fase iniziale della guarigione, e successivamente durante la riabilitazione, è più utile come mezzo per divenire consapevoli delle tensioni fisiche, mentali ed emozionali che hanno creato tale devastazione nel sistema cardiovascolare. Le pratiche più adatte sono ajapa japa, usando il mantra So-ham, e antar mouna (silenzio interiore). Queste pratiche portano il distacco da paure, immaginazioni e processi mentali che sono la causa fondamentale dell’agitazione e delle tensioni mentali.
- Shatkriya: jala neti è una pratica eccellente per i cardiopatici. Può essere imparato e praticato persino quando si è ancora obbligati a letto, e dovrebbe essere adottato ogni mattina. Kunjal e laghu shankhaprakshalana non dovrebbero essere praticati dai malati di cuore, almeno per molti mesi, poiché impongono uno sforzo al cuore.
- Karma yoga: il concetto di servizio disinteressato dove si lavora con ogni attenzione, cura e creatività, ma senza considerazione alcuna dei guadagni, ricompense o profitti che tale lavoro può dare, può essere adottato con successo durante la guarigione dopo una malattia cardiaca.
- Cambiamento del modo di vivere: gli attacchi e le tensioni cardiache si hanno più frequentemente in persone con un temperamento molto rajasico, attivo e competitivo. Gli uomini d’affari che vengono ossessivamente coinvolti dal loro lavoro sono i principali candidati per un attacco cardiaco, poiché trascurano di trovare il tempo per il rilassamento ed il ringiovanimento cellulare. Essi trascurano di includere svaghi rilassanti nel loro modo di vivere, diventando dediti totalmente al lavoro.
Molte persone hanno perso la capacità di rilassarsi veramente e l’hanno sostituita con il concetto di rilassamento che di solito include abitudini stimolanti come fumare, bere e attività sociali che eccitano ed esauriscono il sistema cardiovascolare anziché rilassarlo. Tralasciare il sonno e mangiare eccessivamente spossano ulteriormente il cuore ed i sistemi circolatorio e nervoso.
Una parte importante del recupero è che l’individuo in terapia sia isolato completamente dalle preoccupazioni di lavoro e stia preferibilmente in un ambiente naturale e riposante. L’ambiente di un ashram si dimostra spesso ideale. Questa è spesso la prima vacanza completa che tali persone si sono permesse in molti, molti anni. Là possono essere introdotti a qualche nuovo interesse che sia creativo, rilassante e non competitivo, più in sintonia con i cicli ed i processi naturali. Per esempio, un semplice lavoro manuale come la falegnameria è spesso una rivelazione ed una grande gioia per un uomo che in precedenza ha usato le sue mani solo per firmare assegni! Analogamente, il semplice giardinaggio, dove la risposta all’investimento dipende non dalle condizioni economiche ma dalla benedizione e dall’abbondanza della terra, può spesso aiutare una persona ansiosa e ambiziosa a rilassarsi ed accettare un ritmo di vita più in armonia con la natura. - Swadhyaya: lo studio delle varie scritture e delle vite di santi che hanno dedicato la loro vita alla realizzazione e al servizio della verità suprema, piuttosto che alla realizzazione del possesso materiale ed emotivo, è spesso una rivelazione per il malato di cuore, proponendo l’esempio di una dimensione di vita completamente nuova e priva di stress.
- Bhakti yoga: l’incanalare l’energia emotiva lontano da oggetti, desideri e attaccamenti personali verso il Sé universale o Dio. Anche i kirtan, il salmodiare e il cantare sono molto rilassanti e confortanti per il malato di cuore le cui emozioni sono spesso profondamente intrappolate in una rete di attaccamenti personali. La liberazione del groviglio emotivo personale spesso offre immenso sollievo e spiana la strada ad una completa guarigione.
- Raccomandazioni dietetiche: la dieta deve essere leggera, evitando carne, eccesso di proteine, latte e latticini, olio e spezie in eccesso. Ciò dovrebbe essere sostituito da cereali integrali, frutta e verdura fresca. Questo ridurrà l’obesità che impone una tensione costante ed eccessiva sul cuore. L’orario dei pasti dovrebbe essere regolare, ed evitare di mangiare tra i pasti deve diventare una regola di vita. Si deve anche evitare di mangiare eccessivamente, poiché senza dubbio sforza il cuore. Il pasto serale dovrebbe essere consumato prima delle 19. Queste regole assicurano che gli organi digestivi non siano continuamente gravati, e si liberi energia dalla digestione verso la guarigione.
È importante che il malato di cuore eviti la costipazione, poiché essa porta ad un blocco pranico nel tratto digestivo. Anche un eccessivo sforzo nella defecazione è stressante per il cuore e per questo motivo, a seguito di una crisi cardiaca, è raccomandata solo una dieta leggera e semi liquida. La dieta può essere gradualmente normalizzata con il ripristino della funzionalità cardiaca, ma oli, grassi e latticini dovrebbero essere riassunti con cautela. Il fumo dovrebbe essere abbandonato.
Ajapa Dharana – Terza Tecnica
Tratto da Paramahamsa Niranjanananda, “Dharana Darshan”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Rotazione Attraverso il Passaggio Frontale con Ujjayi e Khechari
In questa pratica si eseguono, nella stessa sequenza, tutti gli stadi della prima tecnica di ajapa dharana, la rotazione del passaggio frontale. Qui, tuttavia, invece della respirazione profonda, si usano ujjayi pranayama e khechari mudra per un ulteriore sviluppo della consapevolezza del passaggio psichico. Ujjayi è conosciuto come il respiro psichico a causa del suo effetto d’introversione della mente e dei sensi. La combinazione di ujjayi con khechari mudra rende ulteriormente più profonda e introversa la consapevolezza. Il passaggio frontale, in questa pratica, si estende da manipura ad agya. Questa pratica dovrebbe essere continuata finché il respiro in ujjayi e il mantra Soham fluiscono insieme attraverso il passaggio frontale come un’unica forza senza sforzo cosciente.
TECNICA
Stadio uno – preparazione
Sedete in una confortevole asana meditativa. Siate sicuri che la colonna vertebrale sia eretta, le spalle siano indietro e la testa sia sollevata. Mettete le mani sulle ginocchia in chin o gyana mudra. Gli occhi e le labbra sono gentilmente, ma stabilmente chiusi. Divenite consapevoli di tutto il corpo fisico. Muovete la consapevolezza in ogni parte del corpo per assicurarvi che non vi sia rigidità o tensione in nessuna parte. Il corpo dovrebbe essere comodo e a proprio agio. Quando muovete la consapevolezza attraverso il corpo, sentite la posizione meditativa divenire stabile e ferma. Il corpo è immobile e fermo. Totale consapevolezza dell’immobilità e della fermezza di tutto il corpo.
Stadio due – consapevolezza del respiro
Ora spostate la consapevolezza dall’immobilità del corpo al respiro naturale e spontaneo. Divenite consapevoli di ogni inspirazione e di ogni espirazione. Seguite il respiro quando entra e quando lascia il corpo, senza cambiare in nessun modo il respiro, solamente lasciando che la consapevolezza si muova con il respiro spontaneo e naturale. Sentite il respiro divenire stabile e ritmico. Man mano che intensificate la consapevolezza del respiro, esso diverrà sempre più lento e profondo. Permettete al respiro di approfondirsi in ujjayi e fate scivolare la lingua indietro in khechari mudra. Lasciate fluire la consapevolezza con ogni respiro. Con ogni respiro la mente e il corpo diventano più calmi e stabili. C’è solo la consapevolezza del gentile, sottile flusso del respiro ujjayi.
Ora portate la consapevolezza all’ombelico. Quando inspirate in ujjayi sentite il respiro e la consapevolezza muoversi dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Quando espirate in ujjayi sentite il respiro e la consapevolezza muoversi dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. La consapevolezza dovrebbe muoversi con il respiro in linea retta dall’ombelico al centro tra le sopracciglia quando inspirate. La consapevolezza dovrebbe muoversi con il respiro, in linea retta, dal centro tra le sopracciglia all’ombelico quando espirate. Siate consapevoli di ogni inspirazione e di ogni espirazione. Sentite il movimento divenire spontaneo e privo di ogni sforzo. Continuate con il respiro in ujjayi e khechari mudra per il resto della pratica.
Stadio tre – visualizzazione del passaggio frontale
Iniziate a visualizzare il passaggio tra l’ombelico e il centro tra le sopracciglia. Questo passaggio corre in linea retta tra l’ombelico e il centro tra le sopracciglia. Visualizzate questo passaggio psichico come un lungo, sottile tubo trasparente vuoto all’interno. Vedete questo tubo chiaramente.
Lasciate che la consapevolezza si muova lungo l’interno del tubo vuoto. Visualizzate ogni parte di questo tubo trasparente mentre muovete la consapevolezza dall’ombelico al centro tra le sopracciglia e dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Intensificate la consapevolezza del passaggio frontale che connette l’ombelico al centro tra le sopracciglia. Continuate a ruotare la consapevolezza lungo questo passaggio finché riuscite a visualizzarlo chiaramente.
Stadio quattro – respirare all’interno del passaggio psichico
Ora divenite consapevoli del respiro in ujjayi che si muove all’interno di questo passaggio psichico frontale. Quando inspirate sentite il respiro che si muove verso l’alto, all’interno del passaggio frontale, dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Quando espirate sentite il respiro che si muove verso il basso, all’interno del passaggio frontale, dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Siate totalmente consapevoli del respiro che sale e che scende.
Fate esperienza del respiro e della coscienza che si muovono insieme all’interno del passaggio frontale. La coscienza e il respiro ascendono lungo il passaggio psichico con l’inspirazione. La coscien¬za e il respiro discendono lungo il passaggio psichico con l’espira¬zione. Il respiro si muove senza sforzo lungo questo passaggio e voi siete consapevoli di ogni movimento del respiro. Fate esperienza di queste due forze che salgono e scendono lungo il passaggio psichico frontale.
Stadio cinque – consapevolezza del prana
Intensificate la consapevolezza della coscienza e del respiro che si muovono insieme entro il passaggio psichico. Siate consapevoli del movimento fluente del respiro e della coscienza mentre salgono e scendono con l’inspirazione e l’espirazione. Fate esperienza del costante, ritmico flusso del respiro e della coscienza.
Ora estendete la consapevolezza al prana che fluisce anch’esso all’interno del passaggio psichico. Il prana fluisce con il respiro e la coscienza all’interno del passaggio psichico. Quando inspirate, il respiro, il prana e la coscienza fluiscono dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Quando espirate, il respiro, il prana e la coscienza fluiscono dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Siate consapevoli di queste tre distinte forze che si muovono all’interno del passaggio psichico frontale.
Fate esperienza del respiro che si muove in forma di aria. Visualizzate il prana come una corrente di luce bianca che ascende e discende lungo il passaggio psichico. Visualizzate il prana chiaramente. Vedete le correnti di scintillante luce bianca che si muovono con il respiro in ujjayi all’interno del passaggio psichico. Mentre inspirate, vedete la corrente di luce bianca che sale dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Mentre espirate, vedete la corrente di luce bianca che scende dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Via via che la consapevolezza diviene sempre più concentrata, focalizzata, sentite l’aumento di prana nel passaggio psichico.
Stadio sei – consapevolezza di Soham
Ora lasciate la consapevolezza del prana e divenite consapevoli solo del respiro. Ascoltate il leggero, sottile suono del respiro in ujjayi. Concentratevi completamente sul respiro e sul sottile suono del respiro. Cercate di percepire il suono del mantra Soham nel respiro quando sale e scende attraverso il passaggio frontale. Quando inspirate sentite il respiro e il mantra So – o – o – o che salgono dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Quando espirate sentite il respiro e il mantra Ham- m – m – m che scendono dal centro tra le sopracciglia all’ombelico.
La vostra totale consapevolezza è con il respiro in ujjayi e il mantra del respiro, Soham. Non c’è bisogno di ripetere il mantra, siate solo consapevoli del suono che già procede nel respiro. Seguite il respiro quando sale lungo il passaggio psichico con l’inspirazione e sentite So – o – o – o. Seguite il respiro quando scende lungo il passaggio psichico e sentite Ham – m – m – m. Portate la consapevolezza sempre più vicino al respiro e al suono del respiro. Non c’è altra consapevolezza al di fuori del respiro e del mantra Soham nel passaggio psichico.
Come la consapevolezza diviene più concentrata e stabile, inizierete a percepire i livelli più sottili del respiro e del mantra. Intensificate la consapevolezza del mantra Soham. Divenite consapevoli della vibrazione che si crea quando il mantra sale con l’inspirazione e scende con l’espirazione. Non lasciate che la vostra attenzione sia distratta da alcun pensiero o esperienza che può sopraggiungere. Mettete questi pensieri o sensazioni da parte e concentrate tutta l’attenzione sul respiro e sul mantra. Stabile, continua consapevolezza del respiro e del mantra.
Stadio sette – consapevolezza di Hamso
Nel prossimo stadio della pratica la consapevolezza rimane la stessa, ma il punto d’inizio di ogni ciclo sarà il centro tra le sopracciglia. Portate la consapevolezza al centro tra le sopracciglia. Quando espirate muovete la consapevolezza con il respiro dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Ascoltate il mantra Ham – m- m – m. Quando inspirate muovete la consapevolezza con il respiro dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Ascoltate il mantra So – o – o – o. Con questo cambiamento del punto di partenza il mantra ora diviene Hamso invece di Soham.
Continuate con la pratica, intensificando la vostra consapevolezza del mantra Hamso. Sentite il respiro in ujjayi che si muove nel passaggio psichico. Sentite il mantra Ham – m – m – m con l’espirazione e il mantra So – o – o – o – con l’inspirazione. Sentite le vibrazioni di Hamso mentre fluisce attraverso il passaggio psichico frontale. L’unico punto di concentrazione, in questo esatto momento, è il mantra Hamso. Seguite ogni respiro e percepite il mantra in ogni respiro. Sentite la consapevolezza andare gradualmente più in profondità, muovendosi verso i livelli più sottili del respiro e del mantra.
Stadio otto – conclusione della pratica
Continuate con la pratica per alcuni momenti ancora. Ora preparatevi a concludere la pratica. Ritirate la consapevolezza del mantra. Lasciate khechari mudra e terminate la respirazione in ujjayi. Divenite consapevoli del respiro naturale, il lento ritmico flusso del respiro naturale e spontaneo. Divenite consapevoli del corpo fisico e della posizione meditativa in cui siete seduti. Siate consapevoli di tutto il corpo fisico. Sentite il contatto tra il corpo e il pavimento. Divenite consapevoli di ciò che vi circonda. Ascoltate i suoni intorno a voi. Gradualmente rendete la vostra mente completamente estroversa. Ora inspirate profondamente e cantate per tre volte Om. Lentamente muovete il corpo e aprite gli occhi.
Il Mantra – (parte prima)
Di Swami Anandananda
Nello yoga, preso come una scienza completa dell’uomo e per l’uomo affinché possa fare determinati tipi di esperienza della propria natura più sottile ed essenziale, – come in tutte le altre forme e tradizioni iniziatiche o che vanno indietro nel tempo diverse migliaia di anni – il suono e la vibrazione sonora sono sempre stati una componente basilare.; e nel tanta abbiamo il termine mantra.
Mantra è una parola sanscrita che significa:
Man – manas = mentale
Tra – traiati = estrazione
Dalla contemplazione o ripetizione mentale del mantra si libera, si estrae, una certa esperienza, una certa energia.
Questo vuol dire la parola mantra.
In italiano, in inglese, in francese, in tedesco, in giapponese, non esiste un termine equivalente: per questo si adopera il termine in lingua sanscrita, ovvero mantra.
La lingua sanscrita è composta da circa un migliaio di lettere dell’alfabeto; l’origine delle lettere dell’alfabeto sanscrito risale ai tempi degli Arii. Prima della venuta degli Arii nella valle dell’Indo, il sanscrito non esisteva in forma e con caratteri scritti, ma era parlato. Ogni singola lettera dell’alfabeto sanscrito corrisponde simultaneamente un suono, a un numero, ad una particolare frequenza, che può anche essere quella di un colore, e ad un’idea. Ritroviamo lo stesso principio nella lingua e nell’alfabeto ebraico.
Chi ha famigliarità con le tradizioni della cabala sa che le lettere dell’alfabeto ebraico rappresentano e sono simultaneamente un’idea, un numero e un suono. Anche nell’alfabeto arabo troviamo che alcune lettere rappresentano particolari costellazioni del cielo in alcuni periodi dell’anno e in alcune parti dell’emisfero celeste, e alcune stelle principali.
Non è una novità, per gli uomini, che il suono, il “verbo”, abbia un collegamento con l’espansione dell’individuo, con il trasferimento della coscienza o consapevolezza umana da un piano più grossolano ad un piano più sottile, dal piano materiale al piano astrale e spirituale. Non è una novità, per gli uomini, sapere che la parola è una forza e che nelle vibrazioni delle corde vocali essa è composta con un certo ritmo con delle particolari vocali – le lettere dell’alfabeto più potenti sono le vocali – A – E – I – O – U.
Tutte le lingue del nostro pianeta hanno questi suoni: senza questi suoni sarebbe impossibile comunicare. Infatti questi non sono suoni “inventati”, non fanno parte di una tecnologia, non fanno parte di un sistema accademico, ma fanno parte della natura essenziale dell’uomo. Se una persona fa improvvisamente qualche cosa di molto strano, gli astanti esprimono immediatamente la stranezza di quello che vedono con dei suoni: Ah, Oh, Uh! Se ci danno una notizia felice, facciamo un suono, se ci danno una notizia triste, emettiamo un altro suono. Se si vuole esprimere gioia, piacere, felicità, si esprime con un suono. Questi suoni sono collegati con la natura essenziale di ogni individuo, di tutti gli uomini. Sono suoni direttamente collegati con i vari livelli di coscienza.
Sappiamo di avere livelli di coscienza che possono essere grossolani, più sottili, più sottili ancora. pensiamo a queste scale:
la scala degli elementi che esiste in natura: terra, acqua, fuoco, aria, etere.
la scala delle note musicali: do, re, mi, fa, sol, la, si; e poi si ricomincia da capo
In queste due scale vi è una dimensione, un piano; immaginate una costruzione, un edificio di molti piani: primo, secondo, terzo e così via. Ad una scala simile è riconducibile la posizione del livello di coscienza, la frequenza, la vibrazione, la posizione in cui si trova l’individuo, l’energia, dove è radicata; il livello da cui parte l’azione, da cui parte il pensiero, da cui parte l’espressione e dal quale arriva la percezione, la ricettività, la vitalità degli individui.
Questi sono i piani di coscienza e questi sono i livelli di esistenza.
Bhastrika Pranayama
Tratto da: Swami Niranjanananda Saraswati, “Prana, Pranayama, Prana Vidya” ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India
Bhastrika sono i mantici usati per alimentare un fuoco. Bhastrika è il nome di un particolare pranayama in cui il movimento del diaframma imita un paio di mantici, e ventila il fuoco interno, creando calore fisico, pranico e psichico. È dunque meglio praticarlo durante le stagioni fredde.
Posizione
Padmasana e siddhasana o siddha yoni asana sono le asana migliori perché bloccano il corpo in una posizione stabile, e lasciano libero il movimento addominale. Le rapide respirazioni di bhastrika richiedono la solida base di queste posizioni. Tuttavia si possono usare altre posizioni da seduti se una di queste non è possibile.
Preparazione
Entrambe le narici devono essere aperte e far passare l’aria liberamente. Le ostruzioni di muco possono essere rimosse col shatkarma neti. Se lo swara è molto squilibrato, allora si può usare un metodo di riequilibrio.
I principianti dovrebbero essere pratici della respirazione addominale (diaframmatica) prima di iniziare. È necessaria la capacità di praticare antar e bahir kumbaka, così come jalandhara, uddyana e mula bandha prima di iniziare i diversi stadi della pratica. Il controllo delle narici si attua con nasikagra mudra; il pollice controlla la narice destra, l’anulare controlla la sinistra.
Stadi della pratica
Bhastrika è suddivisa in sei stadi. I livelli 1 e 2 sono il livello iniziale perché si stabilisce il metodo di base della pratica. Negli stadi 3 e 4, il livello intermedio, aumenta il numero di respirazioni in ogni ciclo e introducono kumbakha. Negli stadi 5 e 6, comprendenti il livello avanzato, aumenta ulteriormente il numero di cicli, e si combina kumbaka con i bandha.
È necessario un minimo di due settimane di pratica per ognuno degli stadi 1, 2 e 3 prima di andare avanti. Gli ultimi tre stadi dovrebbero essere praticati per almeno un mese ciascuno. Siate consapevoli delle vostre capacità, consolidate ogni stadio e procedete lentamente.
Intensità del respiro
Bhastrika può essere praticata a tre livelli d’intensità: leggero, medio e intenso, dipende dalla capacità di chi pratica.
Bhastrika facile si pratica con, circa, un respiro ogni due secondi, senza eccessiva forza nell’inspirazione e nell’espirazione. È come un respiro normale potenziato. Bhastrika leggero dovrebbe essere praticato dai principianti e da coloro che praticano bhastrika per ragioni terapeutiche, quantunque possa anche essere praticato in tutti gli stadi fino al livello avanzato.
In bhastrika medio si aumenta la velocità della respirazione a circa un respiro al secondo.
Bhastrika intenso comporta una velocità di respirazione di due respiri al secondo ogni ciclo. Entrambi questi sono appropriati per il livello intermedio e avanzato.
TECNICA
Stadio 1: Il metodo bhastrika
Sedete comodamente in un’asana per il pranayama, le mani sulle ginocchia, gli occhi chiusi – inspirate profondamente e lentamente attraverso il naso – espirate con forza attraverso il naso, ma non troppo intensamente o velocemente, e inspirate immediatamente dopo alla stessa maniera – continuate ad inspirare ed espirare per dieci volte con un movimento amplificato del diaframma e dell’addome – cercate di creare un ritmo perfetto d’inspirazione/espirazione parificate. Il movimento dell’addome deve corrispondere al respiro.
Praticate dapprima lentamente, e quando vi siete abituati allo stile di respirazione, aumentate la velocità e il numero delle respirazioni fino a dieci – respirate normalmente tra ogni ciclo – praticate fino a dieci cicli – quando potete comodamente condurre dici rapidi respiri alla volta, aumentateli a venti cicli – poi procedete allo stadio 2.
Nota: l’azione del diaframma in bhastrika è esattamente quella di un mantice. La cassa toracica e i muscoli addominali svolgono solo un ruolo secondario. Si usa il diaframma per creare un’uguale forza sia nell’inspirazione, sia nell’espirazione, il diaframma fornisce un’azione di spingere – tirare. Può aiutare la concentrazione proprio sotto allo sterno.
Dapprima praticate lentamente, per capire lo spingere – tirare del diaframma.. gradualmente aumentate la velocità a circa due respiri al secondo, senza che il respiro diventi superficiale. Può accadere un’ipoventilazione se l’aria non è del tutto espulsa dai polmoni ad ogni espirazione, e ciò indica che non si sta eseguendo correttamente la tecnica. Bhastrika è una completa respirazione veloce.
Quando ci si cimenta all’inizio con bhastrika, si può avvertire una perdita di potenza e coordinazione del diaframma dopo soli pochi cicli. Questo succede per un’insufficiente tonificazione e controllo del muscolo diaframmatico. È necessaria un’ulteriore preparazione e consolidamento della tecnica prima di andare avanti. praticate la respirazione addominale, prima di continuare con bhastrika. Dovreste essere capaci di eseguire lo stadio 1 con facilità prima di procedere con gli altri stadi.
Stadio 2: Bhastrika nella narice sinistra, destra e in entrambe.
Sedete comodamente nella vostra asana e preparatevi per il pranayama – praticate nasikagra mudra, chiudendo la narice destra con il pollice della mano destra – inspirate lentamente dalla narice sinistra poi iniziate delle rapide espirazioni e inspirazioni come descritto nello stadio 1 – contate le respirazioni fino a venti – l’ultima espirazione dovrebbe essere leggermente più forzata e prolungata – immediatamente chiudete la narice sinistra, aprite la destra e inspirate in profondità e lentamente – iniziate delle rapide espirazioni e inspirazioni attraverso la narice destra, continuando fino a venti – l’ultima espirazione dovrebbe essere più profonda e prolungata – dopo la respirazione dalla narice destra, sciogliete nasikagra mudra e mettete la mano sul ginocchio – ripetete lo stesso procedimento attraverso entrambe le narici assieme.
Ora avete completato un ciclo consistente in narice sinistra, destra ed entrambe – respirate normalmente per un breve tempo dopo avere completato ogni ciclo – praticate cinque cicli, e poi state tranquillamente seduti.
Stadio 3: Bhastrika con antar kumbakha
Preparatevi per il pranayama – cominciate bhastrika con la narice sinistra e continuate per trenta respiri – dopo trenta respiri, inspirate profondamente attraverso la narice sinistra, chiudete entrambe le narici, e trattenete il respiro tanto a lungo finche vi è confortevole – poi espirate completamente dalla narice sinistra.
Chiudete la narice sinistra e aprite la destra – praticate trenta rapidi respiri attraverso la narice destra – alla fine inspirate completamente dalla narice destra, chiudete entrambe le narici, e trattenete all’interno il respiro il più a lungo possibile – poi espirate dalla narice destra.
Sciogliete nasikagra mudra e praticate trenta respirazioni bhastrika con entrambe le narici – dopo l’ultima espirazione, inspirate ancora completamente da entrambe le narici – trattenete il respiro in kumbhaka tanto a lungo quanto è confortevole, poi espirate, ancora da entrambe le narici – questo costituisce un ciclo completo – praticate una respirazione normale per pochi minuti prima di andare avanti – eseguite fino a dieci cicli, a seconda della vostra capacità.
Stadio 4: Bhastrika con antar kumbhaka e jalandhara bandha.
Praticate nello stesso modo dello stadio 3, ma con in più:
a. Aumentate il numero dei respiri a quaranta.
b. Praticate jalandhara bandha durante antar kumbhaka.
c. Parificate la durata di kumbhaka. Ovvero, se si esegue kumbhaka con un conto di dieci dopo aver respirato attraverso la narice sinistra, si dovrebbe eseguire con un conto di dieci anche dopo aver respirato attraverso la narice destra e poi dopo avere respirato attraverso entrambe le narici – praticate fino ad un massimo di dieci cicli.
Stadio 5: Bhastrika con antar kumbhaka, jalandhara e mula bandha.
Praticate lo stadio 4, ma con in più:
a. Aumentate il numero di respiri a cinquanta
b. Aggiungete mula bandha a jalandhara banda
c. Aumentate la durata di kumbhaka.
Praticate fino a dieci cicli.
Stadio 6: Bhastrika con bahir kumbhaka e maha bandha
Il metodo di respirazione rapida attraverso la narice sinistra, destra ed entrambe rimane lo stesso come negli altri stadi, ma avvengono i seguenti cambiamenti:
a. Il numero delle respirazioni deve essere aumentato fino a cento.
b. Si pratica bhair kumbhaka (la ritenzione esterna) invece di antar kumbhaka (la ritenzione interna).bhair kumbhaka dovrebbe essere mantenuta il più a lungo possibile.
c. Eseguite maha bandha durante il kumbhaka, ovvero jalandhara, uddyana e mula bandha assieme.
Praticate dieci cicli.
Nota: non è assolutamente necessario aumentare il numero di respirazioni rispettivamente a trenta, quaranta, cinquanta, cento ad ogni stadio. Se lo trovate difficile, si può praticare ogni stadio solo con venti rapidi respiri.
Maha bandha può essere eseguito mantenendo le mani in nasikagra mudra, e con entrambe le narici chiuse, oppure la mano può essere abbassata sul ginocchio.
Se si avvertono difficoltà durante kumbhaka e i bandha, si può praticarli solamente alla fine di ogni ciclo, dopo avere respirato con entrambe le narici.
Durante le stagioni calde, praticate da cinque a dieci cicli di shitali o shiktari pranayama per abbassare nuovamente la temperatura del corpo dopo bhastrika
Benefici: a causa del rapido ricambio dell’aria nei polmoni, c’è un incremento del ricambio di ossigeno e diossido di carbonio dentro e fuori la circolazione sanguigna. I livelli dell’ossigeno aumentano, i livelli di diossido di carbonio diminuiscono. Questo stimola i processi metabolici del corpo fino al livello cellulare, producendo calore, ed espellendo impurità e tossine.
Il rapido e ritmico movimento del diaframma stimola anche gli organi viscerali, fornendo un massaggio su tutto il sistema, e migliorando così le funzioni digestive ed escretorie di un sistema lento.
Bhastrika previene infreddature, eccesso di muco nel naso e nei polmoni, e aiuta ad eliminare la sinusite.
Bhastrika riempie molto rapidamente la riserva pranica e stimola tutto il sistema pranico. Questo provoca un aumento della generazione di samana vayu come risultato della veloce interazione prana/apana durante la respirazione rapida.
La durata della ritenzione del respiro può essere prolungata, grazie all’aumento del livello di ossigeno e alla diminuzione del livello di diossido di carbonio, in modo da migliorare la capacità pranica, creando le condizioni ideali per kevala kumbhaka. Anche per questa ragione è una pratica eseguibile come preliminare a nadi shodhana. Si afferma che bhastrika risvegli kundalini.
Controindicazioni: Non bisognerebbe praticarla in caso di pressione alta, ulcere, ernia e malattie cardiache. La pratica non dovrebbe essere fatta in maniera da far venire le vertigini. Ciò significa che si sta praticando in modo sbagliato. Bhastrika deve essere fatta in maniera rilassata. Le persone che soffrono di malattie polmonari, come asma e bronchite cronica, o negli stadi di ripresa dalla tubercolosi, si raccomanda che pratichino bhastrika solo sotto ad una guida.
Effetti dell’Isolamento
da: Swami Satyananda Saraswati, “Satyam Speaks”.
In questi ultimi anni si parla molto di ecologia. nel passato ci hanno insegnato che gli uccellini, e le piante, e il regno vegetale hanno la nostra stessa coscienza
Le piante sono testimoni di ogni cosa e la loro esistenza è piena di spiritualità. Ma l’uomo, nella sua arroganza, si è sempre considerato l’essere superiore della creazione. Anche oggi vi sono, però, yogi che vivono fra alberi, uccelli, animali, e ritirati nelle foreste.
Vi è una completa unità essenziale nel creato.
I nomi e le forme sono diversi, ma l’essenza di tutto, incluso l’uomo, i regni minerale, vegetale e animale, è unica.
Nella Baghavad Gita c’è un passaggio che afferma che l’essenza superiore pervade ogni parte del creato. Così come il filo passa attraverso ogni grano del mala, un’unica coscienza permea ogni cosa.
Quando viviamo nel mondo dei sensi percepiamo la realtà nella molteplicità, ma quando ci ritiriamo dal mondo sensibile vediamo solo un’unità, ed è essenza. Questo è il concetto delle Upanishad.
Nelle Upanishad è detto che quando si trascendono le cose, vedete voi stessi in tutte le cose e tutte le cose in voi.
Noi viviamo in un mondo di dualità, ma gli illuminati vivono in un mondo di non dualità / unità. Noi vediamo la molteplicità, loro l’unità.
Questo non deve avverarsi con gli animali, i parenti, i connazionali o gli amici, ma in ogni campo del creato. Come uno scienziato sa che la materia è fatta di atomi, così lo yogi sa dell’unità dietro la creazione. Ed è per questo che bisogna ritirarsi dal trambusto della vita. L’agitazione non è necessaria nella nostra vita ed è frutto della nostra ignoranza. È la più gran follia dell’uomo, che per questo deve pagare lo scotto. Dietro ogni uomo dovrebbe esserci una foresta ed uno stagno. Attorno alla vostra casa dovrebbero crescere alberi e dovrebbero cantare gli uccelli, e bisognerebbe tenere il traffico e le macchine distanti, ma sembra di parlare di utopia.
Solo così si potrebbe prendere coscienza dell’unità che sta dietro alla natura di ogni cosa.
Quando andai a Kedanarth, nell’Himalaya, c’era un tempio isolato, costruito da Sankaracharya; c’era neve dappertutto e faceva molto freddo e c’era una grande quiete. La temperatura era sotto zero e penso che ci fossero vibrazioni sotto zero. la neve cominciò a gelarmi. Uso l’espressione gelare per esprimere qualcosa successo alla mia mente. Mi persi e non feci nulla, ma vi era quell’atmosfera perché lì non vi erano mai state vibrazioni sonore; solo poche centinaia di pellegrini vi andavano ogni estate ad onorare Shiva.
Prima di questa ebbi un’altra esperienza mentre ero a Rishikesh, quando visitai il monte Kailash, che allora era nel Tibet indipendente, ora in Cina. Il terreno era scosceso, ma arrivai al monte Kailash ai cui piedi vi è un grande lago chiamato mansarovar. Non vi sono segni di presenza umana lassù, né abitazioni, né templi, né preti, né preghiere, né inni, ma il silenzio totale, penso, dall’inizio dei tempi. Ero il solo pellegrino, quel giorno e, in ogni caso, pochissimi sono andati lassù. Eravamo soli, io, un amico, e la guida tibetana. feci un bagno, mentre mi chiedevo cosa fare; ma prima di prendere una decisione, la mia mente si fermò, ed una figura comparve, ed era Shiva, seduto sulla cima della montagna, in padmasana, coperto da una pelle di tigre. Alla destra del suo capo c’era una luna crescente, dei cobra erano attorcigliati alle braccia e al collo, l’intero corpo coperto dalle ceneri del cimitero, gli occhi, anche il terzo occhio, chiusi. Penso che restammo insieme ore, però fu come un fulmine.
Come mai capitò una tale esperienza?
Perché entrai in sintonia con l’unità e l’essenza del creato.
Questa unità, di cui parlo, non è un concetto intellettuale. È un’esperienza che ti capita quando ti trovi in certe circostanza favorevoli.
San Bernardo camminava solo nelle foreste e da molti era considerato un eretico folle; invece vivendo nella natura, che è sempre silenziosa, la qualità della sua consapevolezza si trasformava.
Quando cambia la qualità della mente, anche le esperienze cambiano; prima, però, bisogna cambiare l’ambiente che vi circonda. Bisogna cambiare, ad esempio, anche la camera da letto e il bagno; non è uno scherzo, perché anche questi dettagli influenzano la mente.
La mente è costantemente sotto l’influenza delle cose che sono dentro di noi, attorno a noi e tra di noi. Da qui possiamo imparare come dovremo organizzare il nostro ambiente per realizzare l’unità di un’essenza. Quando vivevo a Rishikesh con Swami Shivananda, l’ashram era in una profonda foresta, vi erano solo animali selvatici e, di quando in quando, si poteva vedere un mandriano o un contadino suonare il flauto o cantare una canzone in quel posto selvaggio, o un picchio fischiettare. Anche voi potete sentire diversi uccelli cantare ognuno a modo proprio e questa esperienza può diventare una specie di antar mouna.
Alle volte, quando un colpo di vento passava tra gli alberi, si sentiva come un fischio, e tutta la natura cominciava a cantare: allora noi facevamo una cosa strana: lasciavamo l’ashram e ci addentravamo nella foresta. Più ci addentravamo, più c’era calma; più lontano andate, più siete soli, più diventate isolati. Una volta persi la strada e, malgrado molti tentativi, non la ritrovai. Allora l’ashram era molto piccolo e non vi erano luci. Salii su un albero, ma non riuscii a vedere nulla attorno a me. Incominciai a inzupparmi di pioggia e a sentire, di tanto in tanto, suoni feroci, perché nella foresta c’erano tigri e leopardi.
Quando salii sull’albero capii come l’uomo viva in questo mondo e pensai che questo era il modo per sentirsi più sicuri quando stai vivendo vicino a questi “bambini” selvaggi; ma ci fu un grande miracolo. Potevo sentire ogni suono feroce (di quelli che c’erano). Notai la tigre, la pantera, il leopardo, la iena, il cervo e l’antilope. Era una foresta molto ricca, abitata da tutti i tipi di vita selvaggia.
Comunque, in circa un’ora, persi il contatto con ogni cosa. Ebbi l’impressione che tutto quello che mi circondava mi bloccasse il cervello e che la mente rallentasse; infine le vibrazioni cessarono e non potei più sentire alcun suono.
Era un ananda totale, dimenticai l’ashram e tutto quello che mi attorniava. Poi venne l’alba e mi accorsi che ero a non più di duecento metri dall’ashram.
Questo è stata un’importante esperienza della mia vita.
Ho fatto, poi, molti viaggi nell’Himalaya, alle sorgenti dello Yamuna, a quella del Gange, a Badrinath e a Kedarnath, e anche ad Amarnath, nel Kashmir. Ci sono molti posti simili nei luoghi da me visitati durante la mia vita di mendico. Vi posso assicurare che è un sadhana potente. Quando vivete in unità con la natura, questa vi aiuta a riordinare la mente; è una semplice esperienza di vita quotidiana.
Siete infelici o avete problemi in famiglia o di altro tipo? Andate in un bel giardino e vi sentirete meglio. e perché vi sentite meglio? Perché il posto ha cambiato la qualità della vostra mente e quando la qualità della mente cambia, anche l’esperienza cambia. provatelo qualche volta nella vostra vita.
È stato detto che è più facile per un cammello passare per una cruna di un ago che per un ricco raggiungere il cielo. Quindi si deve vivere una vita semplice, la povertà è il paradiso.