Il Concetto di Mente e Gestione della Mente
Intervento di Paramahansa Niranjanananda al meeting di Aix-les-Bains del 24 – 27 aprile 1997.
La mente e la gestione della mente sono un qualcosa che non ho intenzione di provare a spiegare, perché la mente è un argomento che si deve analizzare in relazione alla nostra attività giorno per giorno, e tutto quello che si può dire della mente, in teoria, risulta semplicemente un concetto teorico e filosofico.
Lo yoga ha fornito alcune idee e ragionamenti per capire come funziona la mente. Definisce la mente come manas, il processo della riflessione, come buddhi, il processo dell’intelletto, come chitta, la memoria, e ahamkara, il principio dell’ego. Su tutti questi quattro argomenti sono stati scritti molti libri, ma nessuno di essi è abbastanza chiaro su come la mente interagisca nella vita, e noi abbiamo solo le nostre esperienze personali per andare avanti.
Senza cercare di definire cosa sia la mente, il mio proposito di oggi è quello di osservarne i vari aspetti e come questi si manifestano. Nella vita di ciascuno vediamo un processo molto bello, qualcosa di sottile sotto forma di idea, sotto forma di desiderio e sotto forma di pensiero che si manifesta e si realizza a livello grossolano. Vi è un legame intimo tra la nostra natura sottile, la mente, l’altra natura che è molto più sottile della mente, la coscienza, e la nostra vita, il mondo visibile degli oggetti e dei sensi. C’è un flusso di informazioni che va dalla coscienza alla mente e al corpo; il corpo è semplicemente il mezzo attraverso cui la mente si esprime.
Dunque, penso che sia importante non differenziare tra la natura pensante e lo strumento che agisce che è il corpo. Dobbiamo vedere ciò come un flusso di un’unica corrente di un’idea che proviene dal sottile, dall’invisibile, per manifestarsi nel visibile. In questo contesto, mi piacerebbe fornirvi un esempio: un’idea si evolve dai livelli più profondi della nostra natura; quest’idea, più tardi, diventa un desiderio; il desiderio, poi, crea un piano di azione, e questo piano di azione, più tardi, viene realizzato dai sensi, dal corpo.
Così abbiamo un concetto, che è relativo all’aspetto di ahamkara, il principio dell’ego o l’identità dell’io. Ogni concetto nella vita si genera da questa dimensione dell’identità dell’io, la natura dell’individualità. Più tardi questo concetto, che si evolve a livello di identità dell’io, filtra verso i livelli inferiori della mente: l’intelletto, la memoria, il processo riflessivo, ed è identificato come desiderio, bisogno. Questo bisogno o desiderio, è poi legato alle nostre aspirazioni, alle nostre forze, alle nostre debolezze, e prende una forma definitiva per l’appagamento del vuoto che percepiamo quando riflettiamo su noi stessi.
Cos’è un desiderio? Desiderio semplicemente significa voglia di ottenere qualche cosa che, al presente, troviamo che manchi nella nostra vita. Come identifichiamo ciò che manca nella nostra vita? Avviene un processo intricato di analisi a livello inconscio, dove la mente sottile, il principio dell’ego, osserva e analizza i bisogni e l’assenza di qualche cosa che noi cerchiamo di soddisfare poi nel corso della vita. Il concetto si converte in desiderio, il desiderio si converte in bisogno, il bisogno si converte in azione, l’azione si converte in un risultato, e in questo processo la coscienza, la mente, i sensi, e il corpo, lavorano assieme come un’unità integrata. Al momento non c’è una direzione verso questo flusso di energia mentale, e al momento non c’è controllo sopra la canalizzazione di forze mentali che si manifestano nel corpo. C’è confusione interna. C’è confusione psicologica. C’è confusione inconscia. Io soffro di questo. So di soffrirne, e se io soffro di questo, sono sicuro che anche voi ne soffrite. Ma non abbiamo consapevolezza di questa confusione interna finché non affiora al cospetto della nostra mente conscia manifesta.
La moderna psicologia sostiene che c’è la mente conscia, subconscia ed inconscia. Lo yoga afferma che c’è la mente attiva, passiva e dormiente. La mente attiva è legata alla mente conscia; la mente passiva è legata alla mente subconscia, la mente dormiente è legata alla mente inconscia. Ma oltre a queste c’è un altro stato, quello della supermente, o mente risvegliata, dove non vi è differenza o distinzione tra i differenti aspetti della mente, cioè manas, buddhi, chitta e ahamkara. Indipendentemente dagli stati mentali di cui stiamo parlando, dobbiamo conoscere lo stato conscio, subconscio ed inconscio.
Vi sono certi principi che in realtà guidano i desideri, le aspirazioni e le motivazioni, e questi sono conosciuti nello yoga come il principio SWAN. SWAN è un acronimo: S sta per strenght (forza), W sta per weakness (debolezza), A sta per ambition (ambizione) e N sta per need (bisogno). Questi sono i quattro principi che formano la nostra personalità. In certe persone è predominante la forza interiore o la forza mentale o la forza della volontà o la forza del sé. In certe persone è predominante la debolezza che può essere una mancanza di forza di volontà o mancanza di chiarezza mentale. Certe persone si identificano più profondamente con le ambizioni e le aspirazioni e cercano di soddisfarle e di realizzarle; e certe persone si identificano più profondamente con i loro bisogni che possono essere fisici o sociali, relativi alla famiglia, al rendimento nel lavoro e alla società.
È l’espressione della forza, della debolezza, dell’ambizione o del bisogno che definisce la nostra personalità e ci rende ciò che siamo oggi. Quando siamo in grado di proiettare la forza del sé, intendo il sé che è contenuto in questa personalità che combina la nostra conoscenza, la nostra mente, i nostri sensi, la nostra capacità di divenire parte di un quadro d’assieme, quando il sé si manifesta a livello di forza, allora si definisce una particolare natura nell’individuo. Noi diciamo che questa persona è una grande persona, molto creativa, dinamica, estroversa, compassionevole, ha la mente chiara, è di aiuto, una guida per molte persone. Le persone traggono ispirazione quando vengono a contatto con una personalità simile.
Quando il sé si manifesta attraverso l’area della debolezza, noi identifichiamo quella persona come confusa, debole, senza impeto, energia, forza o dinamismo, incerta e ansiosa.
Quando il sé si manifesta a livello delle ambizioni e delle aspirazioni, noi identifichiamo una persona come dura, arrogante, sempre volta al suo interesse a dispetto degli altri, insensibile.
E quando il sé si manifesta nella dimensione del bisogno, allora noi identifichiamo quella persona come egocentrica, che pensa solo a se stessa, insensibile.
In questo modo si riconosce e si definisce la personalità. Sto parlando dal punto di vista dello yoga, non della psicologia. Anche se analizziamo la prospettiva psicologica, troviamo molte somiglianze tra la concezione moderna della psicologia e la concezione yoga della psicologia. Le somiglianze esistono, ma ora io sto usando il modello dello yoga perché voi già conoscete l’esistenza dei modelli psicologici.
Il modello yoga dice che ci sono due dimensioni del sé: una è la dimensione che si manifesta come il principio SWAN, e l’altra è la dimensione immanifesta, dormiente e sottile. Ora, tutti gli sforzi che facciamo per gestire in qualche modo il nostro squilibrio interiore e psicologico, in realtà, sono nell’area manifesta. Cerchiamo di migliorare il comportamento rinforzando un’idea o un concetto.
Qualcuno ha detto una volta che quando cerchiamo di dare forza a un concetto, o quando cerchiamo di viverlo o di portarlo nella nostra vita, esso diventa una filosofia o un’idea con cui ci identifichiamo. Ma quando il concetto diventa filosofia non si traduce in azione. C’è un divario tra la nostra filosofia personale e il nostro modo di agire nel mondo. Perché? Mancanza di disciplina, mancanza di consapevolezza. Lo yoga è molto chiaro nel dire che l’inizio dello yoga passa attraverso la disciplina, disciplina che non è imposta, ma che proviene dalla consapevolezza che aggioga tutte le diverse dimensioni della personalità umana.
Se avete presente cosa ha detto Patanjali negli Yoga Sutra, saprete che nel primo sutra usa una parola particolare in sanscrito, anushasanam. Yoga è anushasanam. Questa parola è stata tradotta in italiano come “disciplina”, ma non è disciplina, significa consapevolezza della nostra personalità interiore che si manifesta nel mondo esterno. Anu significa sottile, shasanam significa regolare, governare, avere il controllo. Perciò, secondo Patanjali, yoga è una forma o un metodo per governare la nostra natura interiore. È un metodo per dirigere la nostra natura interiore armoniosamente così che possa manifestarsi esternamente. Questo è l’inizio dello yoga. In questo processo come diventiamo consapevoli della nostra natura interiore? Non dando forza a certi concetti o idee presenti in noi, perché se cercassimo di dare forza a qualcosa nella nostra mente, avverrebbe una reazione. La rigetteremmo, perché è un qualcosa che viene dall’esterno e non qualcosa di naturale e spontaneo che viene dall’interno.
Malgrado questa consapevolezza, e malgrado questa comprensione, ho visto molti praticanti di yoga commettere l’errore di forzare certe idee, concetti e discipline nella loro vita allo scopo di cambiare, e hanno fallito. Bisogna procedere gradualmente. Vi darò due esempi.
Quando all’inizio mi unii all’ashram ero una brava persona che si identificava col dormire. Mi si poteva prendere e portare da Munger a Timbuktu senza che mi svegliassi. Potevano rivoltarmi su e giù e io avrei continuato a dormire profondamente. Avrebbero potuto mettermi una bomba sotto il letto e non mi sarei svegliato. In definitiva era un vero problema e io volevo trovare una soluzione. Così, qual era la soluzione? La soluzione era la sveglia? Mettevo la sveglia alle quattro o alle cinque, ma la suoneria non era mai efficace. Rimanevo profondamente addormentato e mi arrabbiavo con la sveglia.
Ho provato persino con un orologio svizzero, ma il problema persisteva. Era un grosso problema per me. Chiesi al mio maestro ed egli mi disse: “Svegliati all’ora che è naturale per te. Non cercare di cambiarla, svegliati all’ora che ti è naturale e assicurati di essere sempre alzato a quell’ora, che siano le sette, le otto, le nove, le dieci, e mantieni ogni giorno la stessa ora. Cerca di capire il ritmo naturale del tuo corpo.” Provai ciò e nel tempo di cinque o sei anni fui in grado di superare le abitudini del mio sonno, e ora il non dormire non è più un problema. Mi sono abituato a non dormire. Una volta che ho gli occhi aperti, in nessun modo posso rimanere a letto. Non ho alcuna esigenza di siesta. Devo solo andare avanti per tutto il giorno finché non crollo per assoluto esaurimento o indisposizione. Ma a me questo fa piacere.
In ogni caso, quello che sto cercando di dire è che quando forziamo un’abitudine o una disciplina, cerchiamo di fare troppe cose con questo. Molte volte le persone sono venute da me a dirmi: “Vorrei svegliarmi presto” Io rispondo: “Bene, metti la sveglia alle cinque”. Dopo una settimana mi dicono: “Dopo essermi alzato alle cinque, vado in bagno, faccio la doccia, faccio le mie abluzioni giornaliere, esco dal bagno, faccio le asana, il pranayama, la meditazione, faccio colazione e mi sento stanco” Io rispondo: “Sì, ti sentirai stanco perché non è nella tua natura iniziare a svegliarti alle cinque e procedere con la tua routine di yoga. Devi adattarti gradualmente a questo. Svegliati alle cinque, non uscire dal letto, spegni la sveglia, e ritorna a dormire. Volevi svegliarti presto. Ti sei svegliato alle cinque quando è suonata la sveglia. Sii contento di esserti svegliato alle cinque, torna a dormire cinque minuti dopo le cinque. Gradualmente ti adatterai a svegliarti in una volta sola. Gradualmente aumenterai la durata del tuo stato di veglia. Per una settimana apri gli occhi, guarda attorno per la stanza, spegni la sveglia e torna a dormire. La seconda settimana, quando suona la sveglia, alzati, fa un giro per la stanza, torna a letto e dormi. La terza settimana, quando suona la sveglia, alzati, fa un giro per la stanza, va in bagno, torna a letto, dormi, e così via. Così è come dovete allenarvi.
Il Risveglio dei Chakra
Swami Satyananda Paramahansa, Ginevra, marzo 1983.
Il risveglio dei chakra è un avvenimento importantissimo per l’evoluzione dell’uomo. Non deve, però, essere confuso con il misticismo o con l’occultismo.
Infatti, con il risveglio dei chakra la nostra coscienza e la nostra mente subiscono dei cambiamenti. E il cambiamento che ha luogo nella nostra mente ha rilevanza e relazione con la nostra vita di tutti i giorni. Lo stato attuale della nostra mente non è nemmeno in grado di trattare gli affari comuni della vita. I nostri sentimenti e relazioni sono la conseguenza delle nostra mente attuale. E sembra che le nostre sofferenze, la nostra agonia e le nostre frustrazioni siano non tanto dovute alle circostanze della vita, quanto piuttosto alle risposte della nostra mente. Perciò lo scopo del risveglio dei chakra, della kundalini e di sushumna devono essere messi in relazione con la nostra vita di tutti i giorni. Nell’umanità, migliaia di persone sono nate con i chakra e con la kundalini risvegliati; questi individui, virtualmente, governano il mondo intero, e non sono superiori solo per il fatto di governare, ma in ogni aspetto della vita. I grandi musicisti, pittori, costruttori, scienziati, ricercatori, poeti, statisti, sono gli individui che hanno la kundalini risvegliata.
Talvolta nascono dei bambini con i chakra e la kundalini risvegliati. Quando crescono esternano diverse manifestazioni che nella nostra società materialistica sono considerate anormali, ed essi vengono sottoposti a psicoanalisi e ad esami psicologici. Se vi è uno stato di conflitto sottostante alla vostra mente, non siete una persona ordinaria. Se la vostra mente è afflitta o diventa sensibile a certi avvenimenti nella famiglia, non siete anormali. Mano a mano che la mente e la coscienza crescono, diventate molto circospetti. Ed allora anche quello che succede nella vostra mente, nella vostra famiglia e nel vostro paese vi riguarda. Con la mente desta, con i chakra e la kundalini desti, non potete ignorare nemmeno le cose estemporanee della vita. Pertanto migliaia di bambini in tutto il mondo, quando crescono, mostrano una serie di segni che li fanno considerare anormali. La loro coscienza diviene molto ricettiva poiché con il risveglio dei chakra la frequenza delle vibrazioni mentali cambia. Ogni forma ha la sua frequenza, ogni colore ha la sua frequenza e ogni colore ha una diversa frequenza, ogni suono non ha la stessa frequenza e allo stesso modo ogni pensiero ha una propria frequenza. Per ricevere le frequenze superiori il vostro cervello deve essere regolato opportunamente.
Farò un esempio di ricezioni ad alta frequenza. Il grande scienziato Isaac Newton era seduto in giardino, quando una mela cadde giù per terra. Molte volte delle mele sono cadute davanti a noi, ma non abbiamo potuto ricevere le vibrazioni ad alta frequenza perché per noi tutto cade giù e non vi è niente di strano in questo. Ma Isaac Newton aveva quella che si chiama un’attenzione filosofica, e questa attenzione filosofica era una qualità della sua personalità e della sua mente. Il risultato di questa attenzione fu la scoperta della teoria della gravitazione.
Perché non dovremmo dire menzogne se ciò ci permette di fare denaro, se ci permette di governare una nazione, se ci consente di soggiogare la gente? Tutto questo dipende dalla frequenza della nostra coscienza. In una certa frequenza della nostra coscienza si trova naturale dire bugie. Ma quando la frequenza è più elevata e la mente opera su quel livello, non accetta più questo.
Perché non uccidere? Dopo tutto si uccide solamente un corpo. Può darsi che se uccidiamo un animale, lo liberiamo. Avrà un’altra rinascita. Ma questo ragionamento è il risultato della qualità della nostra mente che sta funzionando su di una particolare frequenza.
Una volta il Signore Buddha Gautama stava andando a caccia con suo cugino, il cui nome era Devadatta. Devadatta tirò una freccia ad un piccione e questo cadde giù, ferito dalla freccia. Buddha immediatamente andò dal piccione e gli tolse la freccia. Sentì moltissimo dolore. Devadatta, che non sentiva quel dolore, era contentissimo perché aveva preso bene la mira e non aveva mancato l’uccello. Buddha, invece, sentiva moltissimo la sofferenza, perché la sua coscienza aveva raggiunto una vibrazione ad altissima frequenza. Il risultato era la compassione che manifestava. L’amore, la compassione, la carità, la pietà, sono espressioni della mente che è influenzata dal risveglio dei chakra. Questa è precisamente la ragione per cui si attribuisce una grande importanza al risveglio di anahata chakra.
Certo, ogni chakra è molto importante, e il risveglio degli altri chakra comporta, parimenti, certe possibilità per la nostra mente, ma troverete che nei libri è attribuita grande importanza soprattutto ad anahata, agya e muladhara chakra.
Lo yogi dà molta importanza ad agya chakra, ma tutta l’umanità attribuisce grande importanza ad anahata chakra. Questo significa che il risveglio di anahata chakra è necessario per le nostre relazioni con tutta la gente, con i vicini e anche con Dio. Anahata chakra risveglia le emozioni più sottili della mente. Vi sono molte persone che sono gentili, ma sono egoiste. Molte persone praticano la carità in tutto il mondo, ma questa carità non è l’espressione di anahata chakra. Questa carità e questa compassione sono compassione umana, e non spirituale. Quando avete della compassione umana aprite degli ospedali, dei centri in cui si donano alimenti, date abiti e medicinali in carità, ma questa è la carità umana. Come si fa a sapere se è carità umana o carità spirituale? Nell’espressione umana vi è sempre un elemento di egoismo. Se posso fare di voi un indù dandovi la carità, questa è una manifestazione di carità umana. E se riesco a fare di voi dei miei seguaci, dandovi qualcosa, questo è umano. Perciò è molto importante per ciascun essere umano sviluppare le qualità di anahata chakra poiché con il suo risveglio tutte le vostre azioni sono controllate e guidate senza egoismo e potete capire come l’amore non può essere un mercanteggiamento. L’amore deve essere praticato senza aspettarsi nulla. Se io amo e voi amate, deve essere solo per l’amore in sé, e non per qualche cosa che ci aspettiamo. Abbiamo visto che ogni forma di amore nel mondo è contaminata dall’egoismo. Persino l’amore che avete per Dio è contaminato dall’egoismo, perché vi aspettate qualcosa da Lui. Forse la cosa meno egoistica che ho potuto costatare in questo mondo è l’amore materno. Non potrei dire che sia totalmente senza egoismo, ma contiene il minimo di egoismo, perché il sacrificio della madre è molto grande.
Le qualità di anahata chakra possono essere migliorate in molti modi. Il simbolo di anahata chakra è costituito da due triangoli che si intersecano; nel centro vi è un loto blu che rappresenta l’aprirsi del cuore degli uomini. La musica, l’arte, la pittura, la scultura, la letteratura, la poesia sono tutti importanti aiuti per lo sviluppo di anahata chakra. Gli eserciti, le armi, le grandi organizzazioni, questi sono degli ostacoli allo sviluppo di anahata chakra. Quando anahata chakra si risveglia, allora la vostra comprensione degli altri cambia molto. Vi è una storia in merito. Una volta un santo viaggiava verso un certo luogo trasportando un contenitore pieno di acqua del Gange. In India vi è la tradizione di andare alle fonti del Gange, mettere l’acqua in un contenitore, camminare attraverso tutto il continente fino al sud dell’India, e con quell’acqua bagnare uno Shiva Lingam. La distanza tra i due posti è quasi cinquemila chilometri. Quando egli stava per entrare nel luogo del tempio dove era situato lo Shiva Lingam, vi trovò un asino che stava cercando dell’acqua da bere. Allora aprì il recipiente e diede da bere all’asino. Il suo compagno di viaggio gli disse: “Cosa stai facendo? Hai portato quell’acqua da tanto lontano per bagnare il Signore Shiva e ora la dai ad un asino che è solo un animale ordinario?” Ma il santo non riuscì a capire. Perché vi era questa maniera tanto diversa di intendere le cose tra il santo e l’uomo ordinario? Significa che la nostra mente lavora a frequenze diverse, e questi diversi livelli della nostra mente rappresentano le nostre azioni quotidiane.
Ogni chakra è in relazione anche con certe capacità psichiche. Sahasrara chakra è in relazione con il samadhi e l’illuminazione. Bindu visargha è in relazione con il flusso di nettare. Agya chakra è in relazione con l’intuizione. Vishuddhi chakra è in relazione con la purificazione dei veleni nel corpo. Anahata chakra è in relazione con le emozioni sottili, arte, pittura, poesia, ecc., manipura chakra è in relazione con i poteri psichici come la chiaroveggenza, la chiaroudienza, ecc.. Swadhisthana chakra è in relazione al risveglio dell’inconscio. Con il risveglio di muladhara chakra cominciate ad avere delle esperienze soprasensoriali. In breve questi sono gli effetti del risveglio.
Non è difficile comprendere quale chakra è stato risvegliato. Se avete una mente grossolana, naturalmente è difficile. Comunque potete sentirne la pressione, potete sentire una sensazione di calore. Il risveglio di anahata chakra è sempre riconoscibile. Il risveglio di agya chakra è molto evidente.
Il Mantra
Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Il Mantra”, ed. Satyananda Ashram Italia.
Ci sono più approcci al mantra: perché sono necessari gli approcci?
Ci sono persone che non sono in grado di concentrarsi, realmente. E più tentano di concentrarsi più si distraggono; oppure se tentano di concentrarsi, sviluppano nella mente ogni tipo di sintomi particolari. Sì, c’è al mondo questo tipo di persone: non possono concentrarsi. Allora non c’è nessuna via per loro?
Poi ci sono persone che non hanno alcuna devozione, nessuna fede, nessun credo, mettono tutto in discussione, non credono in nulla, sono troppo intellettuali, troppo aridi, troppo logici. C’è una via per loro o nessuna?
Per queste persone il mantra è la via.
Perché col mantra non è necessario concentrare la mente.
Quando avete tempo, che sia di mattina, di sera o di giorno, allora praticate il vostro mantra, e mentre ripetete il mantra, forse la vostra mente sta vagando, forse fate castelli in aria, forse la vostra mente corre qua e là come un cane impazzito o come una scimmia. La scimmia è irrequieta per natura, ma se voi le date una bottiglia di whisky, potete immaginare quanto più irrequieta diventerà, e se in quel momento la punge uno scorpione, Dio mio!
Noi abbiamo questo genere di mente nella nostra società. Per questo il mantra dovrebbe essere praticato a voce alta, nello stesso modo in cui la sera passata abbiamo recitato il mantra Om.
Yoga Sutra di Patanjali
Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Four Chapters on Freedom – Commentary on Yoga Sutras of Patanjali”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Gli otto gradini sono riservati agli studenti avanzati
Gli Yoga Sutra sono molto ben conosciuti, tuttavia gli otto gradini sono tecniche veramente avanzate, per quelle persone che hanno già risolto la maggior parte dei loro problemi e conflitti mentali e non per l’uomo medio. All’inizio Patanjali scrive: “E ora, dunque, delle istruzioni complete riguardo allo Yoga. Le parole “ora, dunque” significano che si sarà in grado di praticare gli otto gradini dopo un’approfondita preparazione. Gli Yoga Sutra rappresentano la continuazione di precedenti e più basilari testi ed insegnamenti. Nell’Hatha Yoga Pradipika si dice:
“Onore a Shiva che ha insegnato l’hatha yoga come una scala per raggiungere la sommità del raja yoga. A causa di confusione e giudizi erronei, la maggior parte delle persone è incapace di praticare raja yoga. Per compassione Svatmarama (l’autore), descrive l’hatha yoga come una fiaccola per rimuovere l’ignoranza.”
cap. I: 1,2,3
“L’hatha yoga, sotto forma di asana, pranayama e altre pratiche, dovrebbe essere perfezionato finché non si è pronti per il raja yoga.”
cap. I: 68,69
Senza questa preparazione non si faranno progressi con lo Yoga di Patanjali.
Perché gli otto stadi sono detti avanzati? Una delle ragioni è che richiedono al praticante di trattenere i pensieri. Per la maggior parte delle persone che hanno una mente disturbata, questo farebbe più male che bene. Solo quando le fluttuazioni della mente sono ridotte è possibile trattenere i pensieri. È facile eliminare i piccoli scarafaggi che possono minacciare la pulizia del cortile di casa, ma è molto più arduo domare un elefante selvaggio. È certamente sconsigliabile tentare di sopprimere i pensieri e i desideri che spingono con forza, ancora presenti nella mente di una persona normale.
Le regole di base degli yama e niyama non sono meno difficili da osservare. Queste regole riguardano piuttosto le persone che hanno esaurito la quasi totalità dei loro samskara e del loro karma (le perturbazioni mentali e i desideri). Per esempio, se la maggior parte delle persone cercasse di praticare brahmacharya (continenza), diventerebbe nevrotica; essa può essere osservata solo da coloro che hanno sradicato la maggior parte dei loro desideri ed hanno già purificato la mente.
Gli otto stadi dello yoga di Patanjali sono destinati ad aspiranti avanzati e non ai principianti. Prima di tutto bisogna fare il possibile per purificare la mente attraverso l’hatha yoga, il karma yoga, il bhakti yoga e le tecniche meditative generali che implicano la consapevolezza piuttosto che la concentrazione. Si possono anche praticare alcune delle tecniche associate che Patanjali suggerisce nel testo. Questi metodi prepareranno l’individuo alle pratiche degli otto gradini e all’incontro con un guru che gli darà un insegnamento personalizzato.
I Capitolo: Samadhi Pada
Sutra 2: Che cos’è lo Yoga? (prima parte)
Yogaschitta vritti nirodhah
Yoga: yoga; chitta: coscienza; vritti: fluttuazioni o schemi circolari; nirodhah: bloccare, fermare.
Bloccare le fluttuazioni della coscienza è yoga
Questo sutra è composto da quattro parole: yoga, chitta, vritti, nirodhah. Non spieghiamo ora la parola Yoga in quanto, dopo aver studiato gli altri 195 sutra, saremo in grado di comprenderla meglio.
Chitta deriva dal concetto di base di chit, che significa vedere, essere cosciente di, essere consapevole. Chitta di conseguenza significa coscienza individuale che include lo stato conscio, subconscio e inconscio della mente. La totalità di questi tre stati della mente individuale è simboleggiata dall’espressione chitta. Chitta è stata spiegata in un modo diverso dal Vedanta, ma qui chitta rappresenta la totalità della coscienza individuale che comprende tre stati: lo stato di coscienza sensoriale o oggettiva, lo stato di coscienza soggettiva o astrale e lo stato di incoscienza o stato mentale sede delle potenzialità latenti. In questo sutra ci si riferisce a chitta come nella forma di questi tre stati di pura coscienza.
Nella “Mandukya Upanishad”, i quattro stati, o dimensioni della coscienza, sono trattati in modo estremamente chiaro. Se leggete questa Upanishad o un suo commento, avrete una visione molto chiara della vostra coscienza personale. In questo sutra, chitta infatti rappresenta le quattro dimensioni della coscienza ma in quanto simbolo delle tre dimensioni della coscienza. Tre dimensioni della coscienza sono chiamate chitta, la quarta è chiamata atman. In breve possiamo dire che atman più chitta è jivatman, la consapevolezza individuale; jivatman meno chitta è la coscienza suprema (la quarta dimensione); jivatman meno chitta è atman. Questa non è che una spiegazione indiretta della parola.
Che cosa vogliamo dire con bloccare? Significa che blocchiamo i pensieri, le visioni, la respirazione, i desideri e i complessi della personalità fermandoli? Se è così, allora Patanjali propone delle soppressioni. Questo è vero solo se chitta è intesa come mente, lo strumento di conoscenza generale, ma quando equivale alla coscienza totale nell’individuo, che permette le diverse manifestazioni sul piano mentale o astrale, allora il dubbio che riguarda l’atto della soppressione svanisce totalmente.
L’espressione nirodhah nel sutra solo apparentemente significa un processo di blocco, ma non ha niente a che vedere con un atto che blocca la qualità fondamentale della consapevolezza. Infatti è chiaro in questo sutra che nirodhah consiste nel bloccare gli schemi della consapevolezza, non la consapevolezza stessa. In quanto praticanti di yoga sarete senz’altro d’accordo sulla precisione di questo termine che appare nel sutra, sapendo che nello stato yogico di meditazione si bloccano gli schemi della consapevolezza. Un po’ più avanti in questo capitolo imparerete di più sulla struttura fondamentale e sulla natura di chitta, sulla sua azione e reazione, ma in questo sutra si espone il fatto che si può raggiungere uno stato di coscienza diverso e fondamentale bloccando il flusso della consapevolezza.
Cosa succede alla vostra consapevolezza sensoriale, al vostro corpo e al cervello quando vi addormentate la sera ed entrate nello stato inconscio della consapevolezza? Essi muoiono o c’è piuttosto un processo di blocco della consapevolezza sensoriale e mentale? Certamente c’è uno stato dove le funzioni psicologiche sono escluse dalla consapevolezza individuale. Il flusso delle vritti si modifica e di conseguenza fate l’esperienza di un piano diverso, di differenti oggetti, avvenimenti, persone, luoghi e processi. Tutto questo ci conduce all’insieme delle vritti e si riferisce ad uno stato differente di consapevolezza dovuto al blocco delle vritti abituali.
Se analizzate questi stati, dove la consapevolezza individuale si manifesta in modi, forme e dimensioni diverse, allora vi rendete conto che il processo delle vritti è diverso dalla consapevolezza e che si può bloccare il flusso delle vritti e trascendere le limitazioni della consapevolezza o piuttosto mettere fine a questo flusso incessante di vritti.
Questo ci riconduce al fatto che c’è un processo definito, libero e differente da tutto ciò che ha a che vedere col corpo, la mente, i sensi ed il prana, ed è quella consapevolezza che continua a cambiare da uno stato all’altro. Questo processo è la coscienza, uno stato di costante ed ininterrotta consapevolezza.
L’esistenza della coscienza in noi è a prescindere dal corpo, è legata al corpo e nello stesso tempo può esistere senza il corpo o anche al di fuori di esso. È questo che deve essere bloccato. Non sono i pensieri ordinari che devono essere soppressi. Questi pensieri non sono che frammenti di percezione. Sembra che ci sia un’area fantastica della coscienza, inimmaginabile, oltre questo corpo, con questo corpo, e qualche volta senza il corpo, ed è infinita. Noi la chiamiamo ananta: infinita, senza fine. Così, attraverso alcune pratiche che impareremo nel capitolo successivo, può avere e avrà luogo un evento in cui il processo invisibile della coscienza può essere bloccato.
Cerchiamo di capire meglio. Il flusso della coscienza di cui si parla qui non è il flusso della nostra mente né dei nostri pensieri, non è la corrente dei nostri sentimenti, delle nostre passioni e dei nostri desideri, non è il serbatoio delle nostre emozioni e delle nostre esperienze; la parola chitta significa coscienza come un tutto, dentro e fuori dal corpo, con e senza il corpo. In breve, la coscienza è come un filo che collega numerose vite e incarnazioni. Di conseguenza la parola nirodhah non significa bloccare i pensieri. i desideri, le passioni, le ambizioni e tutto il resto, ma significa l’atto o gli atti con i quali si blocca il processo di coscienza responsabile della reincarnazione.
Vritta significa cerchio e vritti vuol dire circolare. Quando gettare un sasso in uno stagno, i movimenti dell’acqua si propagano verso l’esterno sotto forma di cerchi concentrici. Nello stesso modo la coscienza ha degli schemi circolari: non sono né orizzontali, né perpendicolari, ma circolari e quindi si muovono secondo uno schema circolare. Di conseguenza le forme di chitta, le modalità della mente sono chiamate chitta vritti.
Nirodhah deriva dalla radice rodha che indica un atto di bloccare. Abbiamo dei termini che derivano da questa radice: rodha, avarodha, nirodha, virodha. Avarodha significa ostruzione, nirodha significa blocco, virodha opposizione. Così viene chiarita l’idea di blocco.
Per concludere: che cos’è lo yoga? Il sutra risponde che lo yoga consiste nel bloccare le fluttuazioni che sorgono in tutte le dimensioni della coscienza. Questo non vuol dire solo cercare di troncare le esperienze esterne che vi assalgono ogni giorno, mattino e sera, ma anche lasciare da parte le visioni che vengono nella meditazione profonda e nel samadhi più elevato. Quando le espressioni della consapevolezza individuale che sorgono in differenti livelli sono trascese, si manifesta lo stato di yoga. (La seconda parte continua nel prossimo numero del periodico).
Terapia Yogica delle Malattie Comuni: Bronchite ed Eosinofilia
Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of Common Diseases”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Bronchite è l’infezione ed infiammazione del muco che fodera la trachea e i bronchi. Esiste in forma acuta e in forma cronica e, di solito, si sviluppa come conseguenza delle infezioni delle vie respiratorie superiori come raffreddore e influenza. Altri fattori che predispongono alla bronchite comprendono il freddo, vita in situazioni di umidità, atmosfera nebbiosa e polverosa, fumo e abitudine cronica a respirare con la bocca, che permette all’aria non filtrata e non riscaldata di entrare nei bronchi. Questa condizione si verifica più frequentemente tra anziani, bambini e fumatori di qualsiasi età. Le bronchiti sarebbero rare se le persone mangiassero i cibi giusti e i loro sistemi non fossero riempiti di muco e prodotti tossici di rifiuto e indossassero l’abbigliamento adatto. Ove c’è bronchite c’è di solito qualche disturbo allo stomaco o costipazione. È causata da tempo variabile, esposizione a raffreddori contagiosi, piedi bagnati e raffreddamenti. La bronchite diventa cronica quando la bronchite acuta non è adeguatamente trattata e alleviata. Quando ad un raffreddore viene permesso di durare, scende lungo i tubi bronchiali e i polmoni e diventa cronico. Talvolta, se non è sconfitto alla fine si trasforma in polmonite, consunzione o tubercolosi polmonare.
Aspetti clinici della bronchite
Il sintomo iniziale è una tosse irritante e improduttiva, accompagnata da dolori alla parte alta del torace. Man mano che i bronchi vengono maggiormente coinvolti, si sviluppa una sensazione di tensione al torace, e si possono anche avere respirazione sibilante e mancanza di respiro. Questo gruppo di sintomi talvolta viene indicato col termine “eosinofilia” o “bronchite sibilante”. Bisogno di respirare e mancanza di respiro possono essere particolarmente gravi quando una bronchite acuta complica una preesistente bronchite cronica o un enfisema. Lo sputo all’inizio è limitato, mucoide e difficile da portare su. Occasionalmente può essere venato di sangue. Uno o due giorni più tardi diventa denso e micropurulento. Come l’infiammazione scende giù per l’albero bronchiale, di solito si sviluppa una febbre moderata. La grande maggioranza dei casi si risolve nei successivi quattro o otto giorni, senza che il paziente sia mai seriamente malato. Occasionalmente, la condizione non riesce a risolversi da sola, la mancanza di respiro e altri sintomi peggiorano e la febbre continua a salire. Questo rispecchia che la resistenza vitale del corpo è abbassata così che l’infiammazione ha continuato verso gli alveoli e i polmoni stessi. Tale paziente soffre allora di polmonite e dovrebbe assumere alte dosi di antibiotico sotto controllo medico.
Eosinofilia
L’eosinofilia è un disturbo respiratorio con sintomi comuni sia all’asma che alla bronchite ed è spesso difficile decidere quale etichetta diagnostica assegnare a ciascun paziente. Il disturbo è di solito considerato come uno stato transitorio nei disturbi respiratori, quando il malato di raffreddore o bronchite cronica la sta gradualmente evolvendo in uno stato completamente conclamato di asma. L’eosinofilia è diagnosticata quando la percentuale di eosinofili nel sangue del malato diviene elevata. Gli eosinofili sono le cellule dei globuli bianchi che mediano le reazioni allergiche e di ipersensibilità, ed un livello elevato suggerisce che i sintomi della malattia simili all’asma sono una reazione immunitaria dei polmoni.
La causa dell’eosinofilia
Si pensa che il disturbo sia una risposta allergica a varie proteine e medicine estranee, e nei paesi tropicali sembra apparire come una complicazione allergica di filaria o infezioni da vermi. Il disturbo è comune nelle aree industriali dove si ritiene che l’inquinamento atmosferico sia il fattore scatenante principale. Essa è frequentemente diagnosticata facendo indagini su bambini con tosse e sintomi influenzali persistenti o ricorrenti.
Terapia medica
Il trattamento medico dell’eosinofilia è ben lungi dall’essere efficace. Quando si sospetta un’infezione da filaria viene prescritta dietilcarbamazina, ma alla lunga questo farmaco è minimamente efficace. Quando i farmaci o le medicine sono probabilmente i fattori scatenanti devono essere sospesi. Frequentemente la patologia non è distinguibile da una leggera asma.
Terapia yogica delle bronchiti croniche e dell’eosinofilia
La terapia yogica fornisce un sollievo efficace in caso di bronchite cronica ed eosinofilia e offre anche le tecniche per rinforzare il sistema respiratorio debole e ipersensibile. Tuttavia, durante tosse, influenza o bronchite acuta, non dovrebbe essere praticata alcuna asana ed è necessario il riposo assoluto. Adottate il programma di pratica gradualmente dopo che è stata superata la fase acuta.
- Asana: cominciate la serie di pawanmuktasana. I pazienti anziani e deboli dovrebbero praticare soltanto questa serie e makarasana. Agli altri si raccomanda di scegliere un programma di pratica adatto tra le seguenti asana di questa serie: la serie degli shakti bandha, surya namaskara, la serie di vajrasana (shashankasana, shashankbhujangasana, ushtrasana, marjarasana, suptavajrasana), padahastasana, bhujangasana, dhanurasana, kandharasana, chakrasana, paschimottanasana, ardha matsyendrasana, baddha padmasana, sarvangasana, halasana, matsyasana. Simhasana è particolarmente consigliata. Le posizioni in piedi e di piegamento, incluse trikonasana, hasta uttanasana, dwi konasana, lolasana, ecc., rinforzeranno il torace.
- Pranayama: Tutti i pranayama accresceranno e svilupperanno la capacità respiratoria e la resistenza. Specialmente consigliati ujjayi, kapalbhati, bhastrika e nadi shodhana (fino al terzo stadio).
- Mudra e bandha: yoga mudra, prana mudra e maha bandha.
- Shatkriya: neti dovrebbe essere praticato giornalmente e kunjal kriya giornalmente per una settimana.
- Rilassamento: yoga nidra dà un rilassamento profondo e sviluppa consapevolezza. Spesso la tosse cronica diventa un’abitudine caratteristica e parte della personalità del paziente con bronchite cronica. All’inizio, quando si pratica yoga nidra la tosse può peggiorare. Questa è di solito una reazione psicologica. Chi si è abituato alla consuetudine di tossire lo fa inconsciamente come mezzo per allentare la tensione. Quando nello yoga nidra tali attività e movimenti cessano, la tosse psicologica di solito si fa valere e l’impulso a tossire diviene notevole. Il paziente può imparare a superare rapidamente questo disturbo se riesce a riconoscere questo meccanismo nascosto nel suo stile di vita e imparare a resistergli e a superarlo.
- Meditazione: Anche ajapa japa, con kechari mudra e ujjayi pranayama, e la rotazione della consapevolezza dall’ombelico alla gola e dalla gola all’ombelico nel passaggio psichico frontale, sono molto importanti nell’aiutare a riconoscere e alleviare gradualmente tosse cronica e debolezza respiratoria.
- Dieta: Durante un attacco è bene mangiare solo succhi di frutta e di verdura. Quindi l’acqua d’orzo e khichari acquoso o brodo vegetale. Evitate bibite e cibi freddi. Mangiate in abbondanza verdure crude, cotte a vapore o sbollentate. Gli agrumi aiutano a sciogliere e ridurre il muco, così come le cipolle, i ravanelli e l’aglio. Anche il latte caldo con un po’ di zenzero e pepe nero scioglierà il muco e faciliterà la sua eliminazione, esso può essere preso la sera al posto della cena.
- Digiuno: È altamente raccomandato. Se non si può intraprendere un digiuno completo è consigliabile saltare ogni giorno il pasto serale.
Ulteriori raccomandazioni
- Evitate le stanze senza aria, surriscaldate e non ventilate. Tenete il torace e la gola al caldo, assicurate un’adeguata ventilazione, specialmente quando dormite. Evitate correnti d’aria e non sedetevi su pavimenti freddi.
- Chi soffre di bronchite non dovrebbe fare la doccia fredda la mattina e, durante la fase acuta, si dovrebbero fare bagni di vapore caldo.
- La tosse non dovrebbe essere soppressa, poiché è il modo che ha la natura per ripulire dal muco e dal materiale infettivo l’albero bronchiale. L’eliminazione del muco può essere stimolata con impacchi caldi alla schiena e al torace, finendo quindi con impacchi freddi.
- Il fumo dovrebbe essere abbandonato poiché irrita immediatamente la mucosa bronchiale. Senza smettere di fumare nessun sistema potrà essere molto efficace per superare bronchiti croniche o eosinofilia.
- Sono benefiche le passeggiate quotidiane e respirazioni profonde dovrebbero essere praticate ad intervalli durante tutta la giornata.
- La sera sono molto benefiche inalazioni di vapore e pediluvi in acqua calda dove sia stato sciolto un cucchiaio di senape.
- Se una persona fa sforzi per respirare, massaggiatele con forza le braccia o i piedi in direzione del cuore.
Shitali e Shitkari Pranayama
Tratto da: Swami Niranjanananda Saraswati, “Prana, Pranayama, Prana Vidya”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Introduzione Ci sono determinate pratiche di pranayama studiate specificamente per calmare il corpo e la mente, aumentando simultaneamente la capacità pranica e il controllo cosciente dell’interazione mente/corpo/prana. Queste forme particolari di pranayama stimolano prevalentemente il sistema nervoso parasimpatico, e perciò essenzialmente rilassano e/o portano la consapevolezza verso l’interno. Alcuni determinano una maggiore sensibilità psichica mentre altri hanno un maggior effetto rinfrescante sul sistema.
Di solito queste tecniche sono praticate dopo aver determinato un equilibrio tra il sistema nervoso simpatico e parasimpatico ed il flusso di aria tra le due narici. Perciò la maggior parte delle pratiche calmanti di pranayama vengono fatte attraverso entrambe le narici contemporaneamente o attraverso la bocca.
Nota: Alle persone ipersensibili o introverse è consigliato di non praticare queste tecniche, poiché potrebbero trovare difficoltà nel controllare l’aumento di manas shakti o energia mentale.
Shitali e Shitkari Pranayama
Ci sono due pratiche fondamentali di pranayama che riducono il calore del corpo. Esse sono conosciute come shitali e shitkari pranayama, e derivano dalla radice shit che significa freddo. Shital significa ciò che è calmo, senza passione, non emotivo. Allo stesso modo, queste pratiche non solo rinfrescano il corpo fisico, ma anche la mente.
Shitali e shitkari sono tecniche di pranayama uniche perché, anziché respirare attraverso il naso, l’inspirazione avviene attraverso la bocca. Questo è il motivo dell’effetto rinfrescante. Respirare attraverso il naso regola l’aria che entra alla temperatura corporea, tuttavia, in queste due pratiche, questo processo viene evitato.
Quando l’aria dell’inspirazione passa attraverso la bocca, l’evaporazione dell’umidità della lingua e del resto della bocca ne causa il raffreddamento. Anche l’effetto riscaldante dei sinusoidi sanguigni nella membrana mucosa del naso viene aggirato. Quest’aria rinfresca quindi i vasi sanguigni nei polmoni e questo, con il raffreddamento della bocca e della gola, elimina gradualmente il calore eccessivo del corpo. Queste tecniche sono molto efficaci nei periodi caldi.
Poiché il sistema fisico naturale di filtro del naso viene aggirato, è consigliabile praticare questo pranayama solo dove l’aria è fresca e pulita così da non ‘inquinare’ i polmoni. Lo sviluppo della tecnica e gli effetti di shitali e shitkari sono i medesimi, varia solo il metodo di inspirazione.
Shitali mudra
Per praticare shitali, la lingua viene allungata fuori dalla bocca ed i suoi lati arrotolati verso l’alto così da formare un tubo. Il respiro viene quindi aspirato attraverso questo tubo. L’espirazione avviene attraverso le narici, con la lingua dentro la bocca.
Tuttavia, circa un terzo della popolazione ha un’incapacità genetica ad arrotolare a tubo i lati della lingua. Queste persone possono praticare shitkari ottenendo gli stessi benefici.
Shitkari mudra
Con shitkari le labbra sono separate, i denti si devono vedere e sono uniti tra di loro. La lingua può essere tenuta piatta o essere piegata verso l’alto contro il palato molle. L’inspirazione è praticata aspirando l’aria attraverso i denti. L’espirazione avviene attraverso le narici mantenendo le labbra chiuse.
Tecnica 1: Metodo di base
Sedete comodamente in una qualsiasi asana meditativa e preparatevi per pranayama – tenete gli occhi chiusi – praticate shitali o shitkari mudra – inspirate lentamente e profondamente attraverso la bocca – al termine dell’inspirazione chiudete la bocca ed espirate lentamente in modo controllato attraverso il naso – all’inizio praticate nove cicli – gradualmente aumentate il tempo della pratica e la durata di ciascuna inspirazione ed espirazione – quando la temperatura esterna è molto alta si possono praticare sino a sessanta cicli.
Tecnica 2: Con ritmo e bandha
Inspirate nel modo spiegato precedentemente – al termine dell’inspirazione trattenete il respiro – praticate jalandhara bandha, tenendo entrambe le mani sulle ginocchia, la testa china e le spalle sollevate – mantenete per quanto vi è comodo – si può inserire anche mula bandha – lentamente lasciate il bandha e sollevate la testa – espirate solo quando la testa è in posizione eretta.
Respirate con un rapporto inspirazione/ritenzione/espirazione di 1 : 1 : 1. Col tempo e con la pratica, aumentate questo rapporto a 1: 2 : 2, quindi successivamente a 1: 4 : 2. Lentamente aumentate anche la durata del respiro.
Benefici: Può essere utilizzato come calmante prima di dormire. Induce rilassamento muscolare e tranquillità mentale. Abbassa la pressione sanguigna. Aiuta a ridurre bile e acidità. Utile per eliminare ulcere peptiche o della bocca. I testi di Hatha Yoga affermano che è efficace per annientare disturbi dell’addome e della milza, febbre, problemi di bile, fame, sete e tossine nel sistema.
Limiti: Le persone che soffrono di disturbi polmonari come asma, bronchite ed eccesso di muco, non dovrebbero praticare questo pranayama. In caso di disturbi cardiaci, praticate senza la ritenzione del respiro.
Gli stati del mentale e lo Yoga della Kundalini
Questo si riferisce all’ordine, alla sequenza dell’evoluzione della nostra consapevolezza. L’evoluzione della coscienza nell’uomo si classifica secondo cinque livelli. La coscienza umana si svilupperà alla fine quando si libererà dalle grinfie della prakriti o dei tre guna, che saranno descritti accuratamente nel secondo capitolo. Discutendo della parola chitta vritti, abbiamo fatto allusione ai cinque stati del mentale. Quando paragoniamo questi cinque stati con il risveglio della Kundalini possiamo sicuramente concludere che lo stato di mudha appartiene a muladhara dove la coscienza individuale è addormentata, latente. In Sanskrito si dice che la Kundalini è addormentata, la “potenza del serpente” è assopita. Dopo aver completato certe pratiche è talmente stimolata e agitata che quest’agitazione sale fino a manipura chakra. Lo stato mentale associato a questo stadio viene chiamato kshipta.
Fino a manipura, al centro dell’ombelico, un aspirante spirituale rischia di essere rimandato indietro a muladhara. La coscienza si sveglia, sale a swadhisthana, poi a manipura, ma ridiscende a muladhara, perché questa è la sua natura. Tuttavia, quando la coscienza raggiunge manipura e vi rimane per qualche tempo, poi l’ha attraversato o trasceso, si stabilizza, e lo stato di vikshipta continua fino ad agya chakra. Si slancia ancora più in alto e compare lo stato di concentrazione. Sahasrara, il chakra superiore, è la sede di nirodhah. Egli si trova al di là dei tre guna.
Tutte le funzioni di corpo, mente e universo dipendono dall’interazione dei tre guna. Molto è stato scritto sui guna e non esiste una migliore interpretazione dei guna se non quella della filosofia Samkhya. La natura cosmica ha queste tre caratteristiche, in questo senso ogni azione, pensiero ed evento vengono creati attraverso l’interazione dei tre guna. Anche la mente viene fortemente influenzata dalla loro interazione. Quando sattva guna predomina, la mente rimane quieta, le vritti rimangono concentrate e niente causa disturbo. Quando tamas predomina, allora niente nell’universo può mantenerti attivo, spirituale o felice; troverai sempre la tua mente depressa, tesa e apatica. Questo è l’effetto di tamas sulla coscienza.
Un guna da solo non influenza la personalità. C’è sempre un’influenza combinata di tutti i guna. Quando tamas predomina, sopprimendo gli altri due guna, il mentale entra in uno stato di letargia. Il risultato è un processo di pensiero lento; a volte il pensiero smette anche di manifestarsi. Quando questo stato si approfondisce, la letargia mentale diventa acuta e si esprime sotto forma di nevrosi avanzata Questo stato di abbattimento del mentale è conosciuto sotto il nome di condizione mudha della chitta..
Quando rajas predomina e sattva e tamas sono soppressi, la condizione del mentale è dispersa, dissipata, scoppiata, si hanno idee di suicidio, di morte. Si soffre nell’avere una personalità divisa. Kshipta è il nome di questo stato del mentale.
Lo stato di vikshipta del mentale è uno stato oscillante della mente. In questo stato particolare del mentale la coscienza si manifesta tra la stabilità e la dispersione. È la condizione abituale di tutti gli aspiranti spirituali quando si siedono per la puja, la meditazione, la concentrazione o antar mouna. È lo stato mentale di un buono studente che avendo fatto studi avanzati e profondi, sta cadendo preda di un’instabilità temporanea, dovuta all’interazione dei guna. Quando il flusso, la corrente continua di concentrazione, nata da sattva, è interrotta dall’instabilità nata da rajas, si giunge allo stato di vikshipta della coscienza.
In questo stato di coscienza si hanno delle visioni profonde. Lo studente è sensibile e di umore variabile. Lo si vedrà meditare a lungo e poi lasciare tutto per giorno. Questo è uno stato molto importante, infatti lo Yoga comincia a questo stadio quando i guna si esprimono liberamente uno dopo l’altro.
Quando sattva è libero di esprimersi allora nasce l’idea della fissità del mentale. Quando rajas è troppo potente il mentale è dissipato. Quando interviene tamas non c’è né questa fissità né questa dispersione, non c’è che disinteresse e inattività.
È molto importante per un aspirante spirituale analizzare la predominanza dei tre guna e di trovare quale guna predomina in quel momento. È un momento raro quello in cui i tre guna sono in equilibrio. C’è sempre un guna che predomina sugli altri anche se gli altri guna hanno uguali possibilità di intervento. Per esempio, quando rajas predomina c’è sempre una reazione degli altri, cosa che conduce ad un’alternanza di concentrazione e di dissipazione. Di conseguenza bisogna riconoscere quale particolare guna ha il potere assoluto in quel dato momento e come le reazioni si manifestano. Si riconosceranno così le reazioni che hanno luogo. Se c’è più dissipazione e meno concentrazione è rajas, se ci sono più sbadigli e sonno prevale tamas. Se c’è concentrazione, meno dissipazione e meno sonno, prevale sattva.
Dopo aver analizzato l’influenza dei tre guna sulla coscienza, si dovrà trovare il mezzo per eliminare l’influenza negativa di un particolare guna e permettere lo sviluppo dell’influenza di un guna positivo. Per esempio, se dopo aver osservato i pensieri, avete scoperto l’influenza di tamas nella meditazione, dovrete cercare i mezzi per ridurre l’influenza tamasica e sviluppare il guna opposto con un metodo appropriato. La tecnica per sviluppare l’influenza positiva è più importante di quella che cerca di sopprimere l’influenza negativa dei guna. In questo contesto si dovranno praticare asana, pranayama e alcune pratiche di Hatha Yoga. Poco importa che tamas faccia parte del carattere, del mentale o che sia abituale, o una manifestazione fisica episodica, le asana e l’Hatha Yoga eliminano sicuramente il prevalere di tamas. Anche il lavoro fisico è molto importante per eliminare l’essenza stessa di tamas, non solo durante la meditazione ma dal contesto della vita. Se siete sommersi dalla forza di rajas durante la meditazione in particolare e nella vostra vita quotidiana in generale a tal punto che non arrivate più a concentrarvi su niente a causa delle perturbazioni mentali, dei samskara, dei desideri, dei problemi e della depressione, fate così: smettetela di lottare con voi stessi e usate tutte le pratiche che eliminano la sostanza di rajas dalla radice stessa della vita. Rivolgetevi per esempio al Bhakti e al Japa Yoga.
Anche Karma Yoga è una pratica essenziale che include il lavoro fisico, non tanto perché se ne abbia bisogno, ma perché è una necessità della vita spirituale. Supponiamo che vi rendiate conto del prevalere di rajas durante la meditazione e di conseguenza non riuscite a concentrarvi un solo istante, oppure vi appisolate e la mente si mette a divagare, i pensieri si affollano e non riuscite a controllarli. Che cosa dovete fare? È il momento di ricorrere a delle pratiche con le quali venire a capo dello stato di raja e ricordate bene, vi prego, che si supera raja grazie alle pratiche di Bhakti e alla ripetizione di japa. Qualche volta vi accorgete che sattva predomina sebbene gli altri guna operino uno dopo l’altro. Beninteso, non dovete eliminare sattva, al contrario, dovete fortificare questo guna perché sattva è augurabile. Quando tamas guna predomina lo dovete ridurre, quando raja guna predomina lo dovete ridurre, ma quando predomina sattva in presenza di tamas e di raja convenientemente ridotti, bisogna intensificare il suo potere con svariati metodi che sono correttamente definiti nei testi yogici. Vi ricordate bene i metodi che servono a rinforzare il vostro sattva guna: può essere grazie a dharana, può essere grazie al satsang, può essere grazie allo studio dei testi o può essere grazie ad un regime alimentare adeguato.
Tutti i ricercatori spirituali devono dedicare non ventiquattrore su ventiquattro, ma molto del loro tempo all’analisi dell’influenza dei tre guna. Allora, quando vi accorgete che durante un mese il mentale è rimasto completamente concentrato ma che all’interno manifesta una certa instabilità. Riconoscerete lo stato oscillante di vikshipta. Ora, per esempio, il vostro stato è instabile, voi non l’avete stabilizzato, ma l’avete controllato. Quale dei guna è più potente? Se è tamas, dovete scendere, il vostro sadhana deve essere alleggerito, se predomina sattva sarete concentrati, dovete entrare in meditazione. Così, in generale, dovete decifrare il vostro stato interiore durante la meditazione e in relazione alle vostre conclusioni, scegliete un metodo piuttosto che un altro. Si dice che lo Yoga comincia quando si arriva allo stato vikshipta del mentale. Kshipta e mudha, i due stati precedenti, non sono yogici. Essi sono quelli che chiamiamo: gli stati “mondani” del mentale. udha è molto lontano da tutti i concetti yogici.
Ora passiamo ad ekagrata. Ekagrata significa fissità del mentale e in questa fissità rajas guna e tamas guna sono assenti, non c’è che sattva. Quando il mentale giunge ad uno stato di fissità, in questo momento raja e tamas sono totalmente assenti, sattva solo prevale. Quando questo stato è raggiunto, allora non resta che mirare a nirodhah, l’arresto totale. A questo livello né rajas, né tamas, né sattva esistono. È uno stato del mentale chiamato trigunatita, al di là dei tre guna, là dove la coscienza si è completamente liberata dalle grinfie dei tre guna. Quando la vostra coscienza individuale è vergine dall’impatto dei tre guna e quando dimora solo questa coscienza senza desideri né inclinazioni verso i tre guna, lo stato di coscienza così ottenuto si chiama nirodhah. Ecco dunque completato il paragone tra il risveglio della Kundalini e la terminologia yogica spiegata qui.
Chakra Shuddhi
tratto da Paramahamsa Niranjanananda, “Dharana Darshan”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Chakra shuddhi significa “purificazione dei centri psichici”. In kundalini yoga vengono usati questi esercizi per localizzare i centri psichici. In japa yoga questi esercizi costituiscono una particolare ricerca che può procurare notevoli benefici a quei discepoli seri in grado di dedicare una settimana o un mese ininterrottamente alla pratica. Nel kundalini yoga si dice che prima del risveglio di kundalini bisogna purificare, aprire e risvegliare i chakra. Questi esercizi costituiscono una parte importante di questo processo. Ogni centro psichico viene trattato singolarmente in stadi separati e poi nello stadio finale tutti i centri psichici vengono trattati consecutivamente. Prima va localizzato ogni centro. Poi, con il respiro, si stabilisce un passaggio psichico fra il chakra kshetra o punto di sgancio nella parte frontale del corpo e il chakra effettivo nella spina dorsale. In fine il chakra viene purificato e aperto con il mantra. Mano a mano che gradualmente si forma la vibrazione sonora del mantra lungo il passaggio psichico, si risveglia il centro psichico. Durante la concentrazione sui chakra, sul respiro e sul mantra viene messa in circolo nel cervello un’energia ad alto voltaggio che aiuta a evitare la distrazione e favorisce la stabilità mentale, tanto che anche dopo pochi minuti di esercizio la mente diventa focalizzata e calma quasi senza sforzo.
TECNICA
Primo stadio – muladhara shuddhi
Muladhara chakra non ha uno kshetra o punto di sgancio, perciò localizzato direttamente. Per localizzarla facilmente si consiglia di sedere in siddhasana o siddha yoni asana perché questo aiuta a centrare la consapevolezza sul punto di muladhara chakra. Ponete le mani sulle ginocchia in chin (gesto della consapevolezza) o gyana (gesto della saggezza) mudra. Chiudete gli occhi e rilassate tutto il corpo. Siate consapevoli della posizione di meditazione. Verificate che non vi sia tensione percorrendo tutte le parti del corpo. Fate in modo che il respiro divenga lento e ritmico. Spostate la consapevolezza nel punto di contatto dove il tallone più in basso preme sul perineo o sulla vagina. Divenite intensamente consapevoli della pressione distinta in quel punto. Centrate tutta la vostra consapevolezza sul punto della pressione. Divenite consapevoli della pulsazione in questa zona quando localizzate la posizione esatta di muladhara chakra. Ora divenite consapevoli del respiro. Sentite o immaginate di inspirare ed espirare attraverso questo punto dove esercitate la pressione. Sentite il respiro che si muove attraverso il corpo perineale, o attraverso la vagina, divenendo sempre più fine in modo da perforare il punto dove è localizzato muladhara chakra. Spostate la consapevolezza con il ritmo stabile del respiro naturale. Fate esperienza di muladhara chakra che viene perforato ad ogni inspirazione ed espirazione. Spostate la consapevolezza con il respiro. Non permettete alla vostra attenzione di distrarsi. Continuate l’esercizio integrando la ripetizione mentale del mantra Om con ogni respiro. Mentre inspirate ripetete Om e sentite la vibrazione che si sposta con il respiro verso l’alto forando il punto di muladhara chakra. Ripetete nuovamente Om quando espirate e sentite che la vibrazione si sposta verso il basso con il respiro uscendo dal punto del chakra. Fate esperienza del mantra Om che si sposta dentro e fuori dal muladhara chakra. Avvertite che state purificando e aprendo il muladhara chakra con il movimento del respiro e con il mantra. Continuate questo esercizio per cinque minuti.
Secondo stadio – swadhisthana shuddhi
Sedete correttamente in siddhasana o siddha yoni asana e verificate che il corpo sia rilassato. Ora spostate la consapevolezza sul punto di contatto del tallone superiore contro l’osso pubico. Divenite ben consapevoli della chiara pressione in quel punto. Centrate la vostra consapevolezza sull’osso pubico noto come swadhistana kshetra o punto di sgancio per swadhisthana chakra. Mantenete la consapevolezza su quel punto e siate consapevoli della pulsazione lì. Ora spostate la consapevolezza lungo una linea retta sull’osso del coccige alla base della spina dorsale. Qui si localizza swadhisthana chakra. Mantenete lì la consapevolezza per alcuni momenti e divenite consapevoli della pulsazione in quel punto. Intensificate la consapevolezza di swadhisthana chakra. Divenite consapevoli del respiro. Portate in giù verso la regione pelvica la consapevolezza del respiro. Senti o immaginate di inspirare e espirare attraverso questa zona. Mentre inspirate il respiro entra in swadhisthana kshetra nell’area pubica e si sposta indietro dritto verso il coccige nella spina dorsale, in swadhisthana chakra. Quando espirate il respiro si muove in avanti dal coccige, o swadhisthana chakra verso l’osso pubico o swadhisthana kshetra. Create un percorso psichico con il movimento della vostra consapevolezza e del respiro fra swadhisthana kshetra sull’osso pubico e il punto del chakra alla base della spina dorsale. Sentite che con il respiro e con la consapevolezza state collegando questi due punti. Con ogni inspirazione sentite espandersi la zona pelvica e la consapevolezza e il respiro spostarsi indietro direttamente da swadhisthana kshetra a swadhisthana chakra. Con ogni espirazione sentite contrarsi la zona pelvica e la consapevolezza e il respiro spostarsi da swadhisthana chakra a swadhisthana kshetra. Sentite che il respiro diviene sempre più fine tanto da forare swadhisthana kshetra e il punto del chakra. Continuate con questa consapevolezza per cinque minuti. Ora aggiungete all’esercizio la ripetizione mentale del mantra Om. Ripetete mentalmente il mantra Om mentre inspirate e sentite la vibrazione spostarsi da swadhisthana kshetra a swadhisthana chakra. Mentre espirate ripetete il mantra Om e sentite la vibrazione che si sposta da swadhisthana chakra a swadhisthana kshetra. Sperimentate il mantra e il respiro che si muovono lungo questo passaggio psichico. Intensificate la consapevolezza di questo movimento lungo il passaggio psichico. Sentite che il mantra e il respiro purificano e aprono swadhisthana chakra. Continuate questo esercizio per cinque minuti.
Terzo stadio – manipura shuddhi
Lasciate la consapevolezza di swadhisthana chakra e riportatela indietro sulla posizione di meditazione. A questo punto, se volete aggiustare la posizione potete farlo. Accertatevi che il corpo sia a suo agio e rilassato. Portate la consapevolezza sull’ombelico, che è il manipura kshetra o punto di sgancio. Intensificate la consapevolezza dell’ombelico. Divenite consapevoli della pulsazione in quella zona. Ora spostate la consapevolezza indietro lungo una linea retta sulla spina dorsale. Questo è il punto di manipura chakra. Tenete per alcuni momenti la consapevolezza in questo punto. Cercate di avvertire le pulsazioni in questo punto sulla spina dorsale dietro l’ombelico. Siate consapevoli della pulsazione ritmica e costante in manipura chakra. Divenite consapevoli del respiro nella regione addominale. Avvertite la leggera contrazione ed espansione dell’addome durante il respiro. Immaginate di inspirare ed espirare attraverso questa zona. Mentre inspirate il respiro entra nell’ombelico e si dirige dritto indietro verso la spina dorsale in manipura chakra. Mentre espirate il respiro viaggia in avanti dal punto del chakra sulla spina dorsale verso l’ombelico. Continuate così spostando la consapevolezza questi due punti insieme al respiro. Quando inspirate sentite che l’addome si espande e il respiro si muove indietro lungo una linea retta dall’ombelico a manipura chakra. Quando espirate sentite che l’addome si contrae e il respiro si sposta da manipura chakra nella spina dorsale verso l’ombelico o manipura kshetra. Con il movimento del respiro create un percorso psichico fra questi due punti. Sentite che state collegando manipura kshetra con manipura chakra. Vedete chiaramente questo passaggio psichico. Siate consapevoli che il respiro si assottiglia sempre di più tanto da forare manipura kshetra e manipura chakra. Continuate per cinque minuti con questa consapevolezza. Quando questo movimento diviene spontaneo e senza sforzo incominciate ad aggiungere la ripetizione mentale del mantra Om. Mentre inspirate il mantra si sposta indietro direttamente da manipura kshetra nell’ombelico a manipura chakra nella spina dorsale. Mentre espirate il mantra si sposta in avanti da manipura chakra a manipura kshetra nell’ombelico. Cercate di sperimentare il mantra e il respiro che si muovono lungo questo passaggio psichico. Intensificate la consapevolezza della vibrazione del mantra che si sposta lungo questi due punti. Sentite che il mantra e il respiro purificano e aprono manipura chakra. Continuate l’esercizio per cinque minuti.
Quarto stadio – anahata shuddhi
Lasciate la consapevolezza di manipura chakra. Divenite consapevoli del torace, della zona compresa entro la gabbia toracica. Centrate la consapevolezza sullo sterno di fronte al cuore. Intensificate la consapevolezza in questo punto. Sentite che esso pulsa ritmicamente con il battito del cuore. Mantenete la consapevolezza in quel punto che è anahata kshetra o il punto di sgancio di anahata chakra. Spostate la consapevolezza indietro in linea retta verso la spina dorsale su anahata chakra. Centrate l’attenzione sul chakra. Divenite consapevoli di anahata chakra che pulsa ritmicamente con il battito del cuore. Completate la consapevolezza di anahata chakra. Portate l’attenzione sul respiro naturale. Mentre respirate sentite l’espansione e la contrazione del torace. Ora immaginate di inspirare ed espirare attraverso la zona del torace. Mentre inspirate il respiro entra nel corpo attraverso anahata kshetra nel torace e si sposta indietro in linea retta verso la spina dorsale su anahata chakra. Mentre espirate il respiro si muove in avanti da anahata chakra verso lo sterno in anahata kshetra. Durante l’inspirazione il torace si espande e il respiro si sposta dallo sterno verso anahata chakra. Durante l’espirazione il torace si contrae e il respiro si sposta da anahata chakra verso lo sterno in anahata kshetra. Seguite il movimento del respiro con totale consapevolezza. Divenite consapevoli del passaggio psichico attraverso questi due punti. Sentite che state collegando anahata kshetra con anahata chakra. Intensificate la consapevolezza su questo passaggio psichico. Sentite che il respiro diviene sempre più sottile tanto da forare anahata kshetra e il punto del chakra. Portate la consapevolezza più vicina al respiro e siate consapevoli di questi due punti psichici. Continuate così per un po’. Ora aggiungete al movimento del respiro la ripetizione mentale del mantra Om. Mentre inspirate sentite il mantra Om che si sposta con il respiro da anahata kshetra nello sterno verso anahata chakra sulla spina dorsale. Mentre espirate sentite il mantra Om che si sposta da anahata chakra a anahata kshetra sullo sterno. Completate la consapevolezza della vibrazione del mantra che si sposta con il respiro nel passaggio psichico fra i due punti. Sentite che il mantra e il respiro purificano e aprono anahata chakra. Continuate l’esercizio per cinque minuti.
Quinto stadio – vishuddhi shuddhi
Lasciate la consapevolezza di anahata chakra. Portate l’attenzione nella zona della gola. Divenite consapevoli del punto nella cavità della gola. Questo è lo kshetra o punto di sgancio di vishuddhi chakra. Siate consapevoli della pulsazione nella gola. Completa consapevolezza della pulsazione in vishuddhi kshetra. Ora spostate dritto indietro la consapevolezza sulla spina dorsale. Qui si trova vishuddhi chakra. Mantenete l’attenzione in questo punto e sentite lì la pulsazione. Tutta la consapevolezza è in vishuddhi chakra. Divenite consapevoli del respiro naturale e spontaneo. Sentite che state inspirando ed espirando attraverso la gola. Sperimentate il respiro che entra nel corpo attraverso la gola o vishuddhi kshetra quando inspirate e che si sposta indietro in linea retta nel punto di vishuddhi chakra sulla spina dorsale. Sperimentate il respiro che si sposta da vishuddhi chakra a vishuddhi kshetra nella gola mentre espirate. Continuate a spostare la consapevolezza con il respiro fra questi due punti. Avvertite la leggera espansione e contrazione della zona della gola con ogni inspirazione ed espirazione. Mentre inspirate la zona della gola si espande e il respiro si sposta da vishuddhi kshetra a vishuddhi chakra. Mentre espirate la gola si contrae e il respiro si sposta da vishuddhi chakra a vishuddhi kshetra. Sperimentate il movimento del respiro in questo passaggio psichico. Sentite che state collegando vishuddhi kshetra con vishuddhi chakra. Intensificate la consapevolezza del passaggio psichico e del respiro che si sposta fra questi due punti. Siate consapevoli del respiro che perfora vishuddhi kshetra e il chakra. Consentite a tutta la vostra consapevolezza di spostarsi con il respiro lungo questo passaggio psichico. Continuate per un po’. Ora aggiungete il mantra Om. Ripetete mentalmente il mantra Om mentre inspirate. Sentite il mantra che si sposta con il respiro da vishuddhi kshetra dritto indietro a vishuddhi chakra. Mentre espirate ripetete mentalmente il mantra Om. Sentite il mantra che si sposta in avanti con il respiro da vishuddhi chakra a vishuddhi kshetra. Sperimentate la vibrazione del mantra nel passaggio psichico. Sentite il mantra e il respiro che si spostano fra vishuddhi kshetra e vishuddhi chakra. Sentite il mantra e il respiro che purificano e aprono vishuddhi chakra. Continuate così per cinque minuti con costante ininterrotta consapevolezza.
Sesto stadio – agya shuddhi
Lasciate la consapevolezza di vishuddhi chakra e portatela sul centro fra le sopracciglia. Mantenete l’attenzione in questo punto. Divenite consapevoli del centro fra le sopracciglia. Questo punto è noto come trikuti (punto di incontro dei tre canali psichici ida, pingala e sushumna) o bhrumadhya. Centrate tutta la vostra consapevolezza su questo punto. Intensificate la consapevolezza delle pulsazioni in questo punto. Ora spostate la consapevolezza dritto indietro sulla cima della spina dorsale nel centro della testa. Questo è il punto di agya chakra. Mantenete la consapevolezza in questo punto e sentite lì le pulsazioni. Intensificate la consapevolezza su questo punto di agya chakra. Divenite consapevoli del respiro naturale. Immaginate di inspirare ed espirare fra questi due punti. Sentite che, mentre inspirate, il respiro entra nel corpo attraverso il centro fra le sopracciglia, bhrumadhya, e si sposta dritto indietro verso la cima della spina dorsale in agya chakra. Mentre espirate sentite che il respiro si sposta da agya chakra in avanti verso il centro fra le sopracciglia o agya kshetra. Spostate la consapevolezza con il respiro fra questi due punti. Mentre inspirate sentite che la testa si dilata e il respiro si sposta da brumadhya ad agya chakra. Mentre espirate sentite che la testa si contrae mentre il respiro si sposta da agya chakra in avanti verso brumadhya nel centro fra le sopracciglia. Intensificate la consapevolezza di questo passaggio psichico. Sentite che con ogni respiro state collegando agya kshetra con agya chakra. Sentite il respiro che si sposta fra questi due punti. Sperimentate il respiro che perfora agya kshetra e il punto del chakra. Centrate tutta la vostra attenzione sul movimento del respiro in questo passaggio psichico. Continuate per un po’. Iniziate a integrare all’esercizio il mantra Om. Ripetete mentalmente il mantra Om mentre inspirate. Sentite che il mantra e il respiro si spostano direttamente indietro da agya kshetra a agya chakra. Ripetete mentalmente il mantra Om mentre espirate. Sentite il mantra e il respiro che si spostano in avanti da agya chakra a agya kshetra. Sperimentate la vibrazione del mantra che si sposta lungo il passaggio psichico fra agya kshetra e agya chakra. Sentite il mantra e il respiro che purificano e aprono agya chakra. Intensificate questa consapevolezza. Non allentate assolutamente nemmeno per un istante questa consapevolezza . Continuate così per cinque minuti.
Settimo stadio – chakra shuddhi
Ora portate giù la consapevolezza in muladhara chakra nel perineo. Centrate la consapevolezza su muladhara chakra. Dovete sentire lì il mantra Om pulsare profondamente e lentamente. Sentirete pulsare come se il chakra fosse colpito dall’interno. Sentite per 21 volte il mantra Om che pulsa in muladhara chakra. Portate la consapevolezza sul coccige in swadhisthana chakra. Sentite il mantra Om che pulsa in quel punto. Fate esperienza per 21 volte del mantra Om che pulsa in swadhisthana chakra. Salite su in manipura chakra dietro l’ombelico. Fate esperienza del mantra Om che pulsa in manipura e contate 21 pulsazioni. Ora spostate la consapevolezza in anahata chakra dietro il centro del cuore. Sentite il mantra Om che pulsa lentamente e profondamente in anahata chakra e anche qui contate 21 pulsazioni. Spostatevi in su lungo la spina dorsale fino a vishuddhi chakra dietro la gola. Siate consapevoli del mantra Om che pulsa e batte dall’interno in vishuddhi chakra e contate 21 pulsazioni. Andate su in agya chakra in cima alla spina dorsale, nel centro della testa. Contate 21 pulsazioni del mantra Om in agya chakra. Non dovete interrompere la consapevolezza del mantra. Spostate la consapevolezza sulla cima della parte posteriore della testa in bindu chakra. Fate esperienza del mantra Om in quel punto. Sentite Om che pulsa in bindu e contate 21 battiti. Spostatevi in su in sahasrara chakra in cima alla testa. Contate 21 pulsazioni del mantra in sahasrara chakra. Questo è un giro completo. Ora riportate indietro la consapevolezza in muladhara chakra nel perineo e iniziate il secondo giro. Continuate in su attraverso tutti i chakra da muladhara a sahasrara. Sperimentate il mantra che pulsa in ogni chakra. Contate 21 pulsazioni in ogni chakra, mantenendo continuamente la consapevolezza ininterrotta del mantra Om.
Ottavo stadio –conclusione della pratica
Ora abbandonate la consapevolezza dei chakra e del mantra. Divenite consapevoli del respiro spontaneo e naturale. Sentite il ritmo costante e lento del respiro. Divenite consapevoli del corpo fisico. Siate consapevoli della posizione di meditazione. Avvertite il contatto fra il corpo e il pavimento. Divenite consapevoli dell’ambiente intorno a voi. Siate consapevoli della stanza in cui sedete e di ogni rumore dell’ambiente. Ora inspirate profondamente e cantate Om per tre volte.