“YOGA” 1999 – Vol. 4

“YOGA” 1999 – Vol. 4

Lo Yoga come Terapia nelle Principali Malattie da “Civilizzazione”

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Yoga and Cardiovascolar Managment”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

Più di mille pazienti con infiammazioni al miocardio e pressione arteriosa alta sono stati curati in India, nell’ashram di Swami Satyananda Saraswati, con le sole tecniche yoga ed una dieta vegetariana appropriata.
In Francia il dott. Doussy, primario del reparto “Rilassamento e Yoga” dell’ospedale Thenon di Parigi, e in Spagna il dott. De Vicente, direttore dell’Istituto di Tecnica del Rilassamento e Terapia Psicosomatica dell’Università di Siviglia, hanno iniziato ad utilizzare alcune tecniche yoga nel trattamento clinico delle malattie coronariche e cardiovascolari. Ciò ha segnato un decisivo e storico momento di convergenza tra medicina tradizionale e yoga. Il risultato promette lo sviluppo di una più completa, umana ed illuminante scienza terapeutica negli anni a venire.
La “malattia cardiaca” è di gran lunga la causa principale di decessi nell’odierna società tecnologica industrializzata.
Nel 1969 il 70% di tutti i decessi fu causato da malattie cardiovascolari e l’organizzazione Mondiale della Sanità considerò la “malattia cardiaca” come la più grande epidemia affrontata nei secoli dall’umanità.
Più recentemente, tuttavia, alcune statistiche incoraggianti hanno mostrato un segno di alleggerimento di tale situazione e ciò può essere attribuito principalmente a due fattori:

  1. ad un mutamento del tipo di vita sedentaria, che si conduceva in quegli anni; ad un’alimentazione meno ricca di grassi animali; alla riduzione del fumo, ecc..
  2. a migliori e più veloci interventi medici, soprattutto nei casi di attacchi coronarici acuti.

Da un’importante ricerca condotta dal Prof. Cloarec, uno dei più eminenti patologi d’Europa, è emersa la correlazione tra malattie cardiovascolari e “da civilizzazione” e gli stati di tensione. Da ciò si è intravista la possibilità di inserire lo yoga nell’ambito del trattamento medico, sia come miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche generali, sia come cura specifica di alcune malattie.
Non bisogna però dimenticare che lo yoga riguarda fondamentalmente la salute e non la malattia, e che è una “scienza spirituale” e non materiale.
La scienza medica moderna focalizza la sua attenzione solo sui sintomi patologici, lo yoga invece esercita un’azione molto più in profondità. Lo yoga ha molto da offrire e la medicina tanto più da guadagnare.

Messaggio ai Medici di Swami Satyananda Saraswati

In quanto medici avete un grande fardello che pesa su di voi: siete le guide tradizionali della comunità per quanto riguarda la salute.
Le persone si rivolgono a voi in cerca di aiuto, per risolvere non solo i loro problemi fisici, ma anche i loro problemi mentali, emozionali e spirituali.
Questo è il ruolo in cui scienziati e medici sono collocati nella nostra società.
Avete un’enorme responsabilità nella formazione delle attitudini della comunità, degli ideali e delle aspettative.
Le vostre parole sono rispettate da ogni classe sociale ed è perciò di vitale importanza che familiarizziate personalmente con lo yoga come modo di vita e come metodo di cura delle malattie.
Dovete incorporarlo con le vostre altre pratiche diagnostiche, curative, educative e di prescrizione.
Lo yoga è prima di tutto una medicina preventiva e in secondo luogo un metodo di cura. Moltissimi dei vostri pazienti sono alla ricerca di un modo per migliorare non solo la loro salute fisica, ma anche quella mentale.
Essi non vogliono solamente una pastiglietta che elimini i loro disturbi, ma vogliono trovare un modo scientifico che migliori la loro vita, un modo che garantisca loro la salute fisica, la pace mentale, l’illuminazione spirituale. Vogliono una soluzione realistica per poter convivere positivamente con i loro problemi mentali ed emozionali e con le difficoltà di ogni giorno. Tranquillanti, sedativi e sonniferi non sono più sufficienti.
Perché così tante persone si stanno interessando agli swami e alla loro cultura per trovare un metodo pieno di significato nel loro modo di vivere? Il nostro dovere di sannyasin è quello di servire e insegnare a coloro che si avvicinano seriamente allo yoga.
Ognuno vuole conoscere le pratiche, il sadhana adeguato per superare i propri specifici problemi fisici e mentali e anche per accelerare la propria evoluzione personale. Così spesso ci sono problemi fisici che non si risolvono con le cure mediche o chirurgiche. Esistono molti disturbi mentali quali ansia, nevrosi, depressione, fobie, repressioni emozionali, frustrazioni, sintomi psicosomatici ai quali la scienza medica non ha saputo offrire altro che tranquillanti e sedativi che non costituiscono una reale soluzione.
Molto spesso abbiamo riscontrato, invece, che lo yoga è riuscito a offrire la soluzione a questi problemi. Posso assicurarvi di questo con la mia esperienza personale.
Lo yoga è una scienza che deve essere prescritta praticamente e scientificamente così come una medicina. Lo yoga è una scienza terapeutica che può essere prescritta correttamente solo dopo aver conosciuto la diagnosi, l’anamnesi del paziente, gli appositi esami, i test, i raggi X, ecc..
Lo yoga può curare sinusiti, eosinofilia, allergie, asma, tonsilliti, ulcere, indigestione, emicranie, mal di testa, angina, coliti, artriti, malattie della pelle.
L’elenco è infinito, la terapia yoga non è però da considerarsi miracolosa; è, prima di tutto, una scienza.
Richiede una completa conoscenza dell’anatomia, della fisiologia e della psicologia, se deve essere praticata con scopi terapeutici.
Chi, quindi, meglio di un medico può essere qualificato a prescrivere e utilizzare lo yoga?
Ma prima di tutto dovete fare esperienza su voi stessi; dovete conoscerlo, praticarlo, poi potrete cominciare ad insegnarlo e prescriverlo sulla base della vostra esperienza personale.
Non dovete accettare lo yoga solamente sulla base della fiducia. Anche se volete farlo, io non lo accetto. Voi siete scienziati, formati con un’analisi logica e sperimentale. Dovete condurre le vostre sperimentazioni, prima con voi stessi, quindi con l’aiuto dei vostri pazienti. Dovete sottoporre lo yoga ad un profondo e attento esame e accettarlo solamente se vi convincerà.
Lo yoga non è una pseudoscienza: lo yoga è definitivamente una scienza come la farmacologia, la fisiologia o la patologia.
Incominciate a effettuare delle prove cliniche. Usate lo yoga sia da solo sia in congiunzione alle vostre abituali terapie. Dovete controllare, confrontare le vostre prove.
Prescrivete ai vostri pazienti neti per curare la sinusite poi, dopo un mese, controllate lo stato di salute di questi pazienti e confrontatelo con quello di pazienti curati con gli antistaminici.
Prescrivete yoga nidra ai vostri pazienti affetti da angina coronarica e controllate il loro stato clinico dopo sei settimane, confrontatelo con quello dei pazienti curati con trinitrato glicerico sotto la lingua quando si manifesta una crisi.
Osservate i vostri risultati, traete le vostre conclusioni.
Poi, quando le vostre prove avranno raggiunto una quantità sufficiente, pubblicatele sulle riviste mediche.
Solo in questo modo lo yoga sarà riconosciuto per ciò che è: una scienza pura, che ha come base prove cliniche e valutazioni.
Se il potere curativo delle tecniche yoga sarà riconosciuto da parte vostra e da parte dell’umanità sofferente, dovrà entrare a far parte delle terapie mediche. Dovete eseguire le prove cliniche e le valutazioni che convalideranno lo yoga. Questo è il primo passo.

Il Mantra

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Il Mantra”, ed. Satyananda Ashram Italia.

Abbiamo tre tipi di ripetizione del mantra con il mala, il quarto tipo di ripetizione è col respiro, il quinto sul diario.

Il mantra è un simbolo personale e diventa l’oggetto cristallizzato della vostra consapevolezza. Sapete cos’è la cristallizzazione?
Mettete un cristallo di zucchero o di sale in soluzione d’acqua e tutto lo zucchero o il sale andrà gradualmente a riunirsi e cristallizzarsi.
Il mantra è l’oggetto, il mantra è il simbolo per la cristallizzazione del processo mentale nella sua totalità.

Quando siete consapevoli degli oggetti dei vostri sensi, voi siete nello stesso modo consapevoli del mantra.
Ma quando trascendete la coscienza sensoriale ed entrate nel piano subconscio, anche il mantra si sposta con voi.

Attraverso la pratica costante del mantra potete sentire che lo praticate persino nel sonno, che lo praticate persino nel sonno profondo.

Yoga Sutra di Patanjali

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Four Chapters on Freedom – Commentary on Yoga Sutras of Patanjali”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

Viyoga conduce allo Yoga

La maggior parte delle persone sa che il termine yoga significa unione, ma negli Yoga Sutra, Patanjali si riferisce allo yoga come ad un processo di separazione. Questa contraddizione si può spiegare nei termini della filosofia Sankhya che è la base degli Yoga Sutra.
Il Sankhya divide l’esistenza e l’essere individuale in due aspetti: purusha (la coscienza) e prakriti (la natura, l’energia, l’essere manifesto). Ricordate, è solo una filosofia e, come tutte le altre filosofie, per quanto sublimi, non può dare un’immagine veritiera della realtà. L’esistenza, così come l’individuo, sorge quando purusha e prakriti si uniscono. Purusha implica il concetto di drashta (colui che vede) e prakriti di drishya (colui che è visto). Purusha indica l’essere soggettivo e prakriti l’esistenza oggettiva esterna.
Il processo e le pratiche di yoga sono in relazione a viyoga separando purusha da prakriti, colui che vede da colui che è visto, la consapevolezza dall’identificazione col veicolo corpo-mente. Questa separazione e differenza tra la consapevolezza e il complesso corpo-mente può essere compresa solo con l’esperienza personale.
Non saranno né letture né discorsi a convincere qualcuno della verità e della realtà di questa differenza, solo una straordinaria e irresistibile esperienza personale.
Questa esperienza personale trasformerà la vita dell’individuo e gli fornirà una base su cui poter riassestare e comprendere la propria vita ed il proprio essere. L’individuo vedrà una nuova dimensione nella propria esistenza che non avrebbe mai supposto prima.
Il processo dello yoga ha lo scopo di portare a viyoga – separazione tra colui che vede e colui che è visto; come culmine questo conduce allo yoga – ossia all’unione. Come prima cosa bisogna che purusha e prakriti siano separati, quindi, quando questo viene conseguito, sono visti come essere la stessa cosa. Così viyoga (la pratica dello yoga) porta allo yoga ad un livello superiore.

In altri termini, la pura coscienza (purusha) è legata a certi livelli di consapevolezza attraverso un’errata identificazione con il complesso corpo-mente (prakriti). Lo scopo dello yoga è di liberare purusha da prakriti. Swamiji così definisce lo yoga: “Lo Yoga è un metodo grazie al quale la coscienza si disconnette dalla sua associazione con la mente e il mondo manifesto. Il risultato è lo Yoga o unione”.
L’esperienza della differenza e la separazione della pura coscienza dalla mente e dal corpo conduce alla realizzazione dell’unità di tutte le cose. Tutte le vie e le tecniche di yoga utilizzano questo processo di rimozione dei limiti di corpo e mente così che gyana (la conoscenza trascendentale) possa brillare in tutto il suo splendore. La perfezione della mente conduce all’illuminazione spontanea della pura coscienza.

La natura della mente

La psicologia moderna tende a considerare la mente come la sorgente della consapevolezza e della coscienza. Patanjali indica chiaramente il punto di vista yogico quando afferma che la mente non può essere la sorgente della coscienza dato che anch’essa può essere percepita come oggetto (verso 4:19). La mente non è in grado di illuminarsi da sola.
La scienza moderna tende a considerare sia la mente sia la coscienza come un’espressione e manifestazione della materia. Lo yoga d’altro canto, afferma che la materia non è che una forma grossolana e una manifestazione della mente. La materia è controllata dalla mente e non viceversa. Il mondo materiale che vediamo tutt’intorno a noi, non è che la proiezione degli aspetti mentali più sottili dell’esistenza.
A parte queste due distinzioni fondamentali, lo yoga e il pensiero contemporaneo si accordano su molti punti che riguardano la mente. Secondo la psicologia di Jung, la mente può essere classificata in tre differenti dimensioni: conscio, subconscio e inconscio. Ecco come si possono rapportare alla terminologia yogica:

mente conscia : sthula (dimensione grossolana)
jagrit (stato di veglia)
pensiero di superficie e percezione del
mondo esterno
mente subconscia: sukshma (dimensione sottile)
swapna (stato di sogno)
memoria individuale
samskara (tendenze mentali)
mente inconscia: karana (dimensione causale)
sushupti (stato di sonno profondo)
samskara e memoria cosmica e collettiva

Queste dimensioni contengono gli aspetti istintivi, intellettuali, psichici e intuitivi dell’essere umano. Lo scopo dello Yoga di Patanjali è di esplorare queste differenti sfere mentali per conoscerle. L’obiettivo è di passare dal conscio al subconscio e dal subconscio all’inconscio.
Poche persone comprendono o anche apprezzano minimamente l’incredibile profondità della mente. Non vi sono sistemi psicologici moderni che non abbiano tentato di definire il suo contenuto; anche Vyasa, uno dei più penetranti commentatori degli Yoga Sutra, vissuto circa duemila anni fa, aveva diviso e classificato la mente subconscia ed inconscia in sette aspetti che sono:

  1. I samskara inibiti (le impressioni mentali causate da una repressione individuale).
  2. I samskara che ci costringono ad agire in un certo modo. Queste memorie possono risalire a prima della nascita e determinare azioni, malattie, qualità e altro. Questo riguarda l’ereditarietà.
  3. Elementi e ricordi latenti inespressi di eventi passati. Sono nascosti e immagazzinati nell’inconscio collettivo oltre le normali limitazioni della consapevolezza ordinaria.
  4. I riflessi istintivi che governano le funzioni vegetative del corpo fisico e pranico. Non si impara a digerire, questa capacità è già programmata nella mente individuale.
  5. Il prana (o energia bioplasmica). La mente stessa, non importa se sottile o grossolana, è composta di prana. Il prana è anche il mezzo per la mente per esprimere le azioni in accordo coi pensieri.
  6. Le fluttuazioni innate della mente. La mente, per sua propria natura, cambia con i ritmi cosmici.
  7. I poteri psichici. I poteri paranormali tendono a situarsi nel regno dell’inconscio collettivo o mente cosmica.

Questa è una classificazione molto ampia e sicuramente ci risveglia molti pensieri e ci offre un’indicazione sulla vastità e sulla natura della mente. Questi differenti aspetti si manifestano progressivamente lungo il cammino dello yoga.
La mente racchiude tutti i segreti dell’universo, tutta la conoscenza passata, presente e futura, ha livelli d’espressione che vanno dal più sottile al più grossolano. Lo scopo dello Yoga di Patanjali è di rimuovere progressivamente i limiti e i veli presenti nella mente individuale, di esplorare e sviluppare il suo potenziale inerente, di plasmarla gradualmente per farne uno strumento perfetto capace di riflettere la mente cosmica di cui fa parte. Lo scopo dello Yoga di Patanjali, come di tutte le altre forme di yoga, è di andare più lontano, di trascendere la mente per raggiungere la coscienza superiore.

I Capitolo: Samadhi Pada

Sutra 3: Il culmine dello yoga

Tada drastuh swarupeavasthanam

Tada: allora; drastuh: il veggente; swarupe: la sua propria natura essenziale; avasthanam: stabilità

Allora il veggente dimora nella sua propria natura essenziale

La realizzazione del sé può avere luogo solo quando tutte le chitta vritti sospendono la loro attività, quando la mente, o chitta, non è più influenzata dal gioco dei tre guna e dalle variazioni di umore e non vi è più una sensazione d’identificazione con il mondo oggettivo. A causa della nostra comprensione molto limitata, non siamo in grado di conoscere o comprendere lo stato di kaivalya, la realizzazione del sé, o addirittura di capire gli stati più elevati di coscienza che si raggiungono nel samadhi. La realizzazione viene dall’interno e non può essere compresa dal nostro attuale livello di consapevolezza mentale, influenzato e condizionato da attrazione e repulsione, pregiudizi, concetti errati, falsi convincimenti e così via, che sono i nostri usuali schemi di pensiero e che sono tutti in rapporto ad asmita, l’ego o principio dell’ “Io”.
La purezza della mente, il completo controllo sensoriale, l’assenza di desideri e così via, sono tutti necessari prima di diventare capaci di raggiungere lo scopo dello yoga che è kaivalya o realizzazione del sé. Il termine avasthanam indica il ritorno allo stato originario; questo sarà discusso nel quarto capitolo.

Sutra 4: Cosa accade altrimenti a Purusha?

Vritti sarupyamitaratra

Vritti: fluttuazione, modificazione; sarupyam: identificazione; itaratra: in un altro stato

Oppure vi è identificazione con le modificazioni di chitta.

In questo sutra si parla di quello che accade a purusha, il sé o l’anima quando non dimora nella sua natura essenziale Quando le modificazioni di chitta non sono nello stato di nirodha, allora le modificazioni o gli schemi di chitta vengono sovrimposti a purusha.
Questo tipo di falsa identificazione è familiare a tutti. Quando guardiamo un film o una commedia tendiamo ad identificarci con lo spettacolo e facciamo esperienza delle corrispondenti emozioni di dolore, gioia, paura, attrazione e repulsione. Anche se gli attori interpretano una parte, tendiamo ad identificarci con loro e a dimenticare che non siamo che gli spettatori di quello che sta avendo luogo. Allo stesso modo purusha è una coscienza testimone, ma ha dimenticato la sua vera natura e si identifica con chitta e le sue fluttuazioni e i suoi schemi a tal punto che gli è molto difficile staccarsene. La scienza dello yoga, come Patanjali la propone, raccomanda varie tecniche per fornire al diverso temperamento degli individui il modo di portare la sostanza mentale, o chitta, allo stato di nirodha. In questo stato purusha diviene consapevole della sua vera natura.

Terapia Yogica delle Malattie Comuni: Sinusite e Febbre da Fieno

Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of Common Diseases”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

La sinusite e la febbre da fieno sono condizioni fastidiose che tendono a ripetersi ogni primavera o stagione dei monsoni negli individui predisposti. I medici considerano questi disturbi del tratto respiratorio superiore come causati da virus o deficienze del nostro sistema immunitario. La causa di base è riconosciuta dalla scienza yogica in un eccesso dell’elemento muco nell’organismo.
Sinusite

La sinusite è uno stato infiammatorio della cavità dei seni nelle ossa frontali e nelle guance. Queste cavità, che sono rivestite da membrana mucosa, si aprono nei passaggi nasali. Durante un attacco di raffreddore, le sottili entrate dei seni si bloccano e si fa esperienza di mal di testa e intasamento insieme a gonfiore e sensibilità delle ossa frontali e delle guance. Talvolta il dolore ai seni può diventare molto forte ed essere accompagnato da fitte agli occhi. Tuttavia, con le adeguate attenzioni e se ci si riposa, tutti questi sintomi dovrebbero scomparire insieme al raffreddore nel giro di una settimana.

Sinusite cronica

La sinusite può diventare una condizione cronica durando per due settimane, un mese o persino di più. Ciò di solito si verifica quando un raffreddore acuto viene trascurato, si continuano abitudini alimentari sbagliate e si sviluppa un’auto-intossicazione a causa della costipazione. Come risultato si genera infiammazione batterica, produzione di sputo mucopurulento e discesa dei sintomi nel tratto respiratorio inferiore (bronchite).
Il gonfiore al viso e la sensibilità delle ossa solitamente scompaiono, ma una persistente emissione mucopurulenta dal naso, sia verso l’esterno che internamente, proveniente dai seni infetti e congestionati, accompagnata da un’ostruzione nasale e mal di testa ricorrenti, diventano i sintomi preminenti.
Nella sinusite cronica si è instaurata una sede d’infezione che si dimostra estremamente difficile e complicata da eliminare con le terapie mediche convenzionali. Oltre ai problemi di ricaduta, la sinusite cronica diviene una fonte costante per altri disturbi respiratori.
Anche lo stress nervoso e il turbamento emotivo hanno un ruolo preminente nelle sinusiti persistenti, nel raffreddore cronico e nei mal di testa ricorrenti. I medici notano che gli attacchi di starnuti e l’irritazione nasale accompagnano spesso un periodo di turbamento emotivo. I problemi di sinusite di questo tipo rispondono rapidamente alla terapia yogica.

Febbre da fieno (rinite allergica)

La febbre da fieno è strettamente collegata alla sinusite. Di solito viene improvvisamente e per molte persone ogni anno all’incirca nello stesso periodo. C’è prurito al naso, starnuti e irritazione nei bronchi. I sintomi sono come quelli di un raffreddore ma più gravi. Gli occhi si riempiono di lacrime e si ha un notevole gonfiore ed irritazione della membrana mucosa nasale e dei seni, abbondante emissione di muco e mal di testa.
I medici classificano la febbre da fieno come un’allergia che può svilupparsi a seguito dell’esposizione a qualche irritante inalato, come polline o polvere domestica, o può essere scatenata da un allergene assunto nella dieta, per esempio cioccolata, latte, banane, fragole e arance sono solo alcune delle sostanze note per scatenare la febbre da fieno negli individui sensibili. Tuttavia, secondo il giudizio yogico, quando gli organi digestivi e le membrane nasali sono in buona salute, tali irritanti non possono influenzarci.
La febbre da fieno si presenta per l’ipersensibilità del sistema immunitario di controllo dell’individuo, forse a causa di sensibilizzazione all’allergene offensivo nel passato. Quando l’individuo viene a contatto con l’allergene, si mette in moto una violenta reazione infiammatoria, mediata dal rilascio di istamina chimica nel sangue.
Spesso l’ipersensibilità può essere rintracciata in eventi ed esperienze traumatiche che nell’infanzia e nei primi anni di vita generarono profonde influenze ed associazioni negative inconsce. Poiché l’innesco del sistema immunitario e l’assestamento delle impressioni subconsce avvengono simultaneamente per tutta la vita, specialmente durante l’infanzia, è spesso estremamente difficile separare le componenti allergiche da quelle psicologiche nella sinusite, nella febbre da fieno e nell’asma. Programmazione psicologica e sensibilizzazione immunitaria sono come le due facce di un’unica medaglia, ed il sistema immunitario di un adulto sembra essere una specie di memoria cellulare delle nostre precedenti esperienze.
La scienza yogica spiega le reazioni ipersensibili come il risveglio di samskara mentali, o impressioni, precedentemente sviluppati, che avevano lasciato una traccia e una memoria profondamente radicate sia nella nostra psiche sia nella nostra memoria cellulare (sistema di sorveglianza). La persona che improvvisamente inizia a starnutire quando è in una situazione di tensione psicologica o quando è esposta alla polvere domestica, sta manifestando essenzialmente la stessa reazione. È una risposta immunitaria psicologica ad un’impressione mentale subconscia che sta affiorando.

Terapia medica della sinusite e della febbre da fieno

La terapia medica per la sinusite e la febbre da fieno è in gran parte sintomatica, non offrendo alcuna prospettiva di eliminare la causa e curare il disturbo. Il trattamento usuale è un regime di analgesici per alleviare il dolore, antistaminici per eliminare la reazione allergica, antibiotici come precauzione contro infezioni batteriche secondarie. Tuttavia, gli antistaminici asciugano le secrezioni nasali solo temporaneamente ed hanno effetti collaterali, come per esempio indurre sonnolenza tale da proibire la guida o eseguire molti dei nostri doveri.
Ancora fino a poco tempo fa, cicli di iniezioni desensibilizzanti per intorpidire l’aumentata sensibilità del corpo ad irritanti ed allergeni specifici, erano una terapia comune per le allergie nei bambini.
Tuttavia, molti medici si sono dimostrati sfavorevoli a questo trattamento poiché è costoso, richiede molte iniezioni dolorose e solo raramente conferisce l’immunità, originariamente attribuita agli allergeni. C’è anche una crescente consapevolezza dei pericoli di far scatenare disturbi immunitari più gravi, stati d’ipersensibilità e persino il cancro, iniettando materiali estranei nel sangue.
Talvolta, nelle sinusiti croniche gravi si pratica il lavaggio antrale chirurgico. Perforando la parte ossea di un seno bloccato e dolorante, può essere introdotta acqua salata nella sede dell’infiammazione cronica nel seno e si può praticare una pulizia con lavaggio totale. Tutto ciò è doloroso, ed è un procedimento chirurgico che richiede tempo e dà solo un sollievo temporaneo. La pratica yogica di neti è molto migliore dal punto di vista sia del medico sia del paziente, poiché è economica, semplice e piacevole e dà, a lungo termine, risultati migliori.
Terapia yogica della sinusite e della febbre da fieno

La cura di sinusite e febbre da fieno si può ottenere in due modi: bilanciando il sistema energetico del corpo, o delle nadi, ed eliminando le impressioni e i blocchi mentali più profondi che sorgono simultaneamente con i sintomi. Meditazione, yoga nidra e autoanalisi oggettiva spesso fanno si che il meccanismo inconscio di tali condizioni sia compreso e trasceso.
In generale le yogasana sono controindicate negli stati febbrili ma possono essere adottate quando la febbre e gli altri sintomi debilitanti diminuiscono.

  1. Surya namaskara: Questa pratica dinamica innalza in modo sensazionale il livello di energia pranica nel corpo, contrasta il freddo eccessivo e supera molte deficienze immunitarie, psicologiche e stati di ipersensibilità. Aiuta a superare infezioni respiratorie resistenti.
  2. Asana: Pawanmuktasana è la serie migliore con cui cominciare durante la convalescenza. Proseguite con surya namaskara e shavasana quando aumenta la forza, quindi, secondo le possibilità, possono essere praticate da una a tre volte paschimottanasana, bhujangasana, halasana, dhanurasana e ardha matsyendrasana. Si dovrebbe praticare anche Simhasana.
    Quando ci sono sintomi di raffreddore, sirshasana e sarvangasana sono controindicate poiché possono far aggravare o complicare un caso esistente di sinusite.
  3. Pranayama: Bhastrika, sino a cinque cicli di 50 respiri.
  4. Shatkriya: Jala neti è molto benefico purché non ci sia febbre. Rimuove il muco nasale, drena e aerea i seni. Praticate una o due volte al giorno, o quando è necessario un sollievo all’intasamento e all’accumulo di muco. Immediatamente dopo jala neti, praticate kapalbhati per pulire e asciugare i passaggi nasali ed attivare l’area frontale del cervello. Se tutta l’acqua in eccesso non è eliminata dal naso, neti può avere effetti dannosi, incluso il dare l’avvio ad ulteriori raffreddori.
    Sutra neti è una pratica efficace per desensibilizzare la membrana mucosa nasale. Nei primi giorni la pratica può provocare starnuti ed irritazione, ma dopo aver passato il catetere per alcune mattine, il successo è assicurato.
    Kunjal kriya è estremamente benefico sia nella prevenzione sia nella cura e può essere praticato giornalmente. Shanka-prakshalana dovrebbe essere praticato al cambio di stagione per rimuovere le scorie di muco in decomposizione dal sistema digestivo e risistemare il termostato corporeo.
  5. Rilassamento: Yoga nidra dovrebbe essere praticato quotidianamente poiché è profondamente rilassante e altamente terapeutico. Esso pone la persona che soffre di febbre da fieno o sinusite in grado di essere testimone dei complessi personali di fondo e delle percezioni che sorgono dai condizionamenti passati e dalle esperienze della prima infanzia, che così frequentemente danno origine a questi disturbi.
  6. Dieta: Dovrebbe essere seguita una dieta vegetariana leggera che non crei muco. Evitate di mangiare molto, specialmente cibi pesanti, unti e dolci, astenetevi dal sale, dal riso e dai prodotti di farina raffinata. Mangiate grandi quantità di frutta e verdura cruda. È molto raccomandata una dieta di succhi di frutta di tre o quattro giorni. Bevete molti succhi di agrumi e di uva, ma non mischiateli. Dopo di che, includete abbondanti vegetali nella dieta e continuate a mangiare molta frutta, specialmente papaia. Evitate le bevande fredde o ghiacciate, latte, gelati ed altri latticini. Prendete dell’aglio fresco ogni giorno.
  7. Digiuno: Digiunate quando sembra che i sintomi aumentino. Questo è uno dei mezzi più efficaci per evitare gli attacchi. In alternativa, sostituite ogni giorno il pasto serale con un te preparato con sostanze come zenzero, pepe, cannella e cardamomo, che scaldano il corpo e stimolano l’eliminazione del muco.

Ulteriori raccomandazioni

  1. Mantenete il corpo caldo in inverno e nelle stagioni dei monsoni. Controllate con attenzione che il collo e il torace siano protetti dal freddo.
  2. State a riposo totale non appena compaiono i sintomi della febbre da fieno o della sinusite, evitate i bagni e non bevete troppa acqua.
  3. Per neti si può utilizzare una preparazione particolare. Fate una soluzione usando un cucchiaino da te pieno di curcuma, un po’ di sale ed un cucchiaino abbondante di borace in una pinta d’acqua bollente. Agitate bene e lasciate riposare per una o due ore agitando di tanto in tanto. Quindi usatela nella neti lota. Ripetete finché il naso sarà completamente pulito. Ciò è molto salutare e calmante per la membrana mucosa e dovrebbe essere fatto tre volte al giorno. Spesso fa bene utilizzare l’urina per fare neti.
  4. Daranno sollievo applicazioni fredde sui seni o anche applicazioni alternate calde e fredde.
  5. Inalazioni serali di vapore danno grande sollievo.
  6. Il fumo dovrebbe essere interrotto.

Antarakasha Dharana

Tratto da: Paramahamsa Niranjanananda, “Dharana Darshan”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

In sanscrito il termine antar significa “interno”. Perciò antarakasha è lo spazio interno che forma il substrato della nostra creazione individuale. Secondo lo Yoga e anche secondo il pensiero scientifico moderno, l’universo materiale, del quale noi tutti siamo parte integrante, ha due aspetti principali, quello macrocosmico e quello microcosmico. Tutto ciò che esiste in bahyakasha, entro la dimensione di tempo, spazio e oggetto, fa parte del macrocosmo. Questo è il mondo nel quale viviamo. Però tutto quanto esiste al di fuori, si può trovare anche dentro, nella sua forma mini, e quello è il microcosmo.
Come il macrocosmo esiste all’esterno del nostro essere individuale, nello spazio di bahyakasha, così il microcosmo esiste all’interno, in antarakasha, lo spazio interno. Quindi, per fare esperienza del microcosmo, l’universo interiore, occorre dapprima sviluppare la nostra percezione di antarakasha, lo spazio interiore, tramite il quale questo mondo interiore prende la sua forma sottile. Lo spazio interiore è l’elemento base o il substrato di tutte le manifestazioni della coscienza rappresentate da Shiva, o Purusha, mentre lo spazio esterno è il substrato di tutte le manifestazioni dell’energia o della materia rappresentate da Shakti, o Prakriti. Per conoscere noi stessi, per espandere la nostra coscienza, dobbiamo per prima cosa penetrare lo spazio interiore; solo allora potremo incominciare a sperimentare cosa c’è nelle dimensioni più profonde del nostro essere.

TECNICA

Primo stadio – rilassamento del corpo

Sedete in una comoda posizione meditativa. Sistemate la posizione in modo da non dover muovere nessuna parte del corpo. Osservate tutto il corpo e accertatevi che non vi siano rigidità o tensioni dalla sommità del capo alla punta dei piedi. Muovete la mente attraverso le differenti aree del corpo. Controllate ogni parte, ogni giuntura, ogni muscolo. Accertatevi di essere completamente a vostro agio dal punto di vista fisico. Osservate e rilassate tutto il corpo internamente. Divenite consapevoli del massimo agio che potete sperimentare nel corpo.

Secondo stadio – stabilità del corpo

Mantenendo la sensazione di rilassamento, di totale rilassamento fisico, divenite consapevoli della posizione del vostro corpo. Concentratevi sulla posizione del corpo. Sentite il vostro corpo che diventa stabile e immobile. Sviluppate la sensazione di stabilità e immobilità. Divenite contemporaneamente consapevoli del respiro naturale. Continuate così finché il corpo è assolutamente stabile e immobile. Mantenete la consapevolezza del corpo che è assolutamente immobile e calmo. Concentratevi sull’immobilità del corpo, sull’assoluto silenzio. Non vi è movimento fisico.

Terzo stadio – entrare nello spazio interiore

Mantenete la totale consapevolezza dell’immobilità che potete avvertire all’interno del corpo. Nell’immobilità del corpo incominciate a sperimentare lo spazio interiore. Lasciate il concetto del corpo materiale fatto di ossa, carne, sangue e muco. Sviluppate il concetto di corpo come spazio, nient’altro che spazio. Fate esperienza del corpo come una conchiglia vuota, fatta di pelle, con niente dentro.
Nell’immobilità fate esperienza dello spazio interno che pervade tutto il corpo dalla testa ai piedi, spazio vuoto. Sentite l’espansività interiore, la leggerezza, la sensazione di vuoto, di spazio. Dovete dirigere la vostra coscienza su questo spazio. Il corpo contiene l’esperienza microcosmica. Sviluppate la consapevolezza microcosmica all’interno del corpo. Fate esperienza dello spazio infinito entro la struttura fisica.
Non dovete fare alcuno sforzo per fare esperienza dello spazio interno. L’esperienza vi si presenterà spontaneamente quando sintonizzerete la consapevolezza con la dimensione sottile della coscienza. Questo spazio non è separato dalla coscienza, esso è il mezzo attraverso il quale la coscienza funziona. Dove c’è coscienza vi è spazio. Mettetevi in sintonia con l’esperienza dello spazio interiore. Al di là del corpo, al di là della mente vi è la dimensione dello spazio. Sviluppate questa esperienza.

Quarto stadio – lo spazio interno del corpo

Mantenete la totale consapevolezza dello spazio all’interno del corpo. Osservate la vacuità di tutto il corpo dalla testa ai piedi. Spostate la consapevolezza verso l’alto, dai piedi alla sommità del capo osservando lo spazio contenuto all’interno del corpo. Portate la consapevolezza su ogni parte del corpo e divenite consapevoli del sottile spazio interiore che la pervade.
Portate la consapevolezza sulla testa. Fate esperienza dello spazio nell’area della testa. Divenite consapevoli del collo e lì sperimentate lo spazio. Siate consapevoli dello spazio all’interno della spalla destra, del braccio destro, della mano destra. Fate esperienza dello spazio dalla spalla destra giù fino alla punta delle dita della mano. Siate consapevoli dello spazio nella spalla sinistra, nel braccio sinistro, nella mano sinistra. Sperimentate lo spazio fra la spalla sinistra e la punta delle dita della mano sinistra.
Fate esperienza dello spazio che pervade la regione del torace, dentro la gabbia toracica. Siate consapevoli di tutto lo spazio del torace da davanti a dietro. Sperimentate lo spazio dentro l’addome, l’addome superiore, quello inferiore, da davanti a dietro. Sperimentate lo spazio nelle natiche, nella natica destra, nella sinistra, in entrambe. Sperimentate tutto lo spazio fra le spalle e il perineo. Siate consapevoli di tutto il tronco e dello spazio interiore che lo pervade.
Siate consapevoli dello spazio dentro la coscia destra, il ginocchio destro, il polpaccio destro, il piede destro. Sperimentate lo spazio interiore fra l’anca e la punta delle dita del piede. Siate consapevoli dello spazio che pervade la coscia sinistra, il ginocchio sinistro, il polpaccio sinistro, il piede sinistro. Sperimentate lo spazio interiore fra l’anca sinistra e la punta delle dita del piede sinistro.
Siate consapevoli dello spazio in entrambi i piedi contemporaneamente, in entrambe le gambe contemporaneamente. Siate consapevoli dello spazio in entrambe le mani contemporaneamente, in entrambe le braccia contemporaneamente. Siate consapevoli dello spazio dentro il torace, dentro l’addome, in tutto il tronco. Siate consapevoli dello spazio nel collo e nella testa. Sviluppate una consapevolezza omogenea dello spazio contenuto in tutto il corpo, in tutto il corpo. Lo spazio di tutto il corpo.

Quinto stadio – espansione e contrazione

Dirigete la consapevolezza verso il respiro naturale. Osservate ogni respiro che entra e che esce. Non modificate assolutamente il flusso del respiro. Osservate semplicemente il respiro naturale. Contemporaneamente vi è consapevolezza dello spazio interno. Mentre inspirate sentite che lo spazio si espande e mentre espirate che lo spazio si contrae. Intensificate la consapevolezza dello spazio che si espande e si contrae con ogni respiro.
Sesto stadio – conclusione della pratica

Ora preparatevi a concludere la pratica. Ritirate la consapevolezza dell’esperienza dello spazio. Esteriorizzate gradualmente la percezione. Sentite il corpo fisico seduto nella posizione meditativa. Sentite il peso del vostro corpo sul pavimento. Sentite le mani appoggiate sulle ginocchia. Siate consapevoli dei suoni esterni. Siate consapevoli della stanza in cui siete seduti. Inspirate profondamente e cantate Om per tre volte.

Metodi Basilari di Respirazione

Tratto da: Swami Niranjanananda Saraswati, “Prana, Pranayama, Prana Vidya”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

“La vita è il periodo tra un respiro e l’altro; una persona che respira solamente a metà, vive a metà. Colui che respira correttamente, acquisisce il controllo di tutto il proprio essere.”
Hatha Yoga Pradipika

L’abilità di respirare correttamente può essere spesso influenzata negativamente da vari disturbi fisici e mentali. Molte persone non respirano in modo adeguato e ne sono inconsapevoli. Una respirazione appropriata è una benedizione poiché i suoi benefici migliorano profondamente tutto il nostro essere fisico e mentale. Il respiro è intimamente connesso col nostro stato di salute e una respirazione inadeguata spesso riflette disturbi del corpo e della mente. Lo scopo di questo capitolo è di introdurre corrette abitudini di respirazione nella vita quotidiana e migliori tecniche per la pratica del pranayama.

A. Consapevolezza del Respiro Naturale

Il primo passo consiste semplicemente nel divenire consapevoli del processo respiratorio. Senza consapevolezza, niente può essere ottenuto. Anche se il respiro continua spontaneamente per ventiquattro ore al giorno, spesso non siamo consapevoli di questo processo vitale, né abbiamo alcun controllo su di esso. Le seguenti tecniche possono essere usate per sviluppare una crescente consapevolezza del processo respiratorio.

Tecnica 1: Conto dei respiri

Sedete in una confortevole posizione o sdraiatevi in shavasana e per alcuni minuti praticate kaya sthairyam, completa immobilità del corpo – ora divenite consapevoli del respiro naturale – non cercate di modificare il vostro modo di respirare – qualunque esso sia, divenitene semplicemente consapevoli – consapevolezza totale della vostra inspirazione ed espirazione naturale – osservate questo processo naturale che avviene durante la vostra vita, e che è sempre stato dato per scontato – voi respirate giorno e notte, e tuttavia normalmente non siete consapevoli neanche di un solo respiro – siate consapevoli ora di ogni respiro che fate – non interferite col ritmo naturale del vostro respiro – semplicemente siate consapevoli, come un testimone, di ogni respiro.
Divenite sempre più coscienti del respiro – rilassatevi nel suo continuo ed omogeneo fluire e rifluire – entrate sempre più in contatto col vostro respiro – osservate come il respiro fluisce – è veloce o lento, superficiale o profondo, irregolare o uniforme? – talvolta vi manca il fiato? – non modificate né cercate di controllare il vostro respiro – semplicemente prendete nota come un osservatore silenzioso di come state respirando – mantenete la vostra consapevolezza su ogni inspirazione ed espirazione, senza perdere un singolo respiro – dite mentalmente “io sono consapevole che sto inspirando, io sono consapevole che sto espirando” – continuate in questo modo per alcuni momenti ancora.
Ora iniziate a contare i vostri respiri da ventisette a zero – continuate ripetendo mentalmente “io sono consapevole che sto inspirando, io sono consapevole che sto espirando, ventisette. Io sono consapevole che sto inspirando, io sono consapevole che sto espirando, ventisei” – continuate in questo modo fino a zero, ma se perdete un respiro, ricominciate da ventisette – l’obiettivo non è di raggiungere lo zero ma di mantenere la vostra consapevolezza stabilmente fissa su ogni respiro – quando raggiungete lo zero, divenite consapevoli del vostro corpo seduto o sdraiato sul pavimento – gradualmente esteriorizzate la vostra consapevolezza – quindi lentamente aprite gli occhi.

Tecnica 2: Meccanica della respirazione

Sedete in una posizione confortevole o sdraiatevi in shavasana e praticate kaya sthairyam per alcuni minuti – quindi divenite consapevoli del procedimento naturale del respiro senza alterarlo in alcun modo – siate totalmente consapevoli del flusso spontaneo e ritmico del vostro respiro – ora focalizzate la consapevolezza sul respiro nelle narici – semplicemente siate consapevoli che state inspirando ed espirando attraverso le narici – sentite il respiro che entra nei passaggi nasali fluendo verso l’alto – il respiro è fresco quando entra nelle narici inspirando, caldo quando esce dalle narici espirando – continuate a osservare questo processo come un testimone distaccato.
Ora sentite il passaggio dell’aria nella faringe, dietro le narici – siate consapevoli della sensazione creata da questo movimento del respiro – sentite il respiro nel retro della bocca ed anche sopra la gola – portate la vostra consapevolezza giù nella regione della gola – sentite il respiro fluire su e giù nel passaggio della gola – sentite l’aria passare nella gola quando inspirate e fluire fuori quando espirate.
Successivamente portate la vostra consapevolezza al torace e ai polmoni – mentre inspirate ed espirate siate consapevoli dell’espansione e della contrazione dei polmoni – quando inspirate sentite l’ossigeno fluire verso i polmoni dove viene assorbito – quando espirate sentite tutti i prodotti di rifiuto, l’anidride carbonica, che si raccoglie verso l’alto e viene espulsa dai polmoni – siate consapevoli dell’espansione e della contrazione della gabbia toracica col respiro – non forzate alcun movimento – lasciate che ogni cosa sia spontanea.
Portate la vostra consapevolezza nell’area del diaframma, che è una membrana muscolare che separa i polmoni dagli organi addominali – cercate di divenire consapevoli del movimento del diaframma – sentirete che si muove verso il basso quando inspirate e verso l’alto quando espirate – assorbite la vostra consapevolezza in questo movimento.
Noterete che il movimento del diaframma produce un movimento ritmico anche nella regione addominale – divenite consapevoli dell’intero processo della respirazione, dalle narici al diaframma – siate consapevoli di ogni componente dell’azione del respiro – continuate in questo modo per qualche momento – quindi portate la vostra consapevolezza a tutto il corpo, all’ambiente esterno, ed aprite gli occhi.

B. Respirazione Diaframmatica o Addominale

Ci sono tre fondamentali meccanismi respiratori: respirazione addominale o diaframmatica, respirazione toracica e respirazione clavicolare. La respirazione normale di una persona media è una combinazione di respirazione toracica e addominale. La combinazione di tutte e tre è conosciuta come respirazione yogica completa. La respirazione addominale si ha quando l’azione del diaframma fa aumentare e diminuire la dimensione della cavità addominale, mentre la respirazione toracica e clavicolare sono prodotte tramite l’espansione e la contrazione della gabbia toracica.
Il diaframma separa i polmoni dalla cavità addominale e quando funziona correttamente stimola il tipo di respirazione più efficiente. Si impiega uno sforzo minore per ottenere la stessa quantità di aria.
Si dovrebbe praticare questo tipo di respirazione nella vita quotidiana, è il metodo più naturale ed efficiente. A causa di tensioni, abitudini poco sane, una postura scorretta e abiti stretti, abbiamo perduto la capacità di praticare questo tipo di respirazione ed ora ne subiamo le conseguenze. Con la padronanza di questa tecnica potremo ottenere una completa rivoluzione nel nostro stato di benessere fisico e mentale. Essa dovrebbe essere praticata finché non diviene spontanea nella vita di tutti i giorni e la nostra naturale abitudine respiratoria viene ripristinata.
Il modo più semplice per rilassare qualsiasi tensione mentale è tramite la respirazione addominale. Naturalmente, in certe situazioni come effettuare un lavoro fisico pesante, è richiesta una maggiore capacità polmonare per assorbire più ossigeno, e in queste situazioni è richiesta una respirazione più completa. Tuttavia, nella maggior parte delle situazioni quotidiane, è sufficiente il semplice respiro addominale.
Nella respirazione addominale c’è un leggero movimento della parte inferiore della gabbia toracica, causato dall’espansione addominale, ma non dovrebbe essere forzato dai muscoli della gabbia toracica. Il movimento del diaframma massaggia gli organi addominali, migliorando così la funzione digestiva, metabolica ed escretoria, e tonifica i muscoli della parete addominale. Il cuore esercita uno sforzo minore. Nella posizione eretta l’effetto della gravità sugli organi addominali aiuta il movimento verso il basso del diaframma. Poiché questo metodo di respirazione esercita la sua trazione dalla base dei polmoni, piuttosto che dai lati, come nella respirazione toracica, l’aria fresca viene distribuita più uniformemente in tutta l’area dei polmoni. Con tipi di respirazione meno efficienti, rimangono delle sacche d’aria stagnante in porzioni dei lobi polmonari.
Il primo passo per reimparare un’adeguata respirazione è padroneggiare la respirazione addominale. Inizialmente, alcuni possono trovarla difficile, ma con la perseveranza, diventerà automatica e naturale. I suoi benefici non sono mai sufficientemente sottolineati. Dovrebbe diventare un processo spontaneo nella vostra vita quotidiana. Praticate prima in shavasana, poi in una posizione seduta o eretta.

Tecnica 1: Respirazione addominale naturale

Sdraiatevi in shavasana e rilassate tutto il corpo – lasciate che il vostro respiro diventi spontaneo, regolare e uniforme – lasciate che sia naturale, non forzato o controllato in alcun modo – portate la vostra attenzione al diaframma e visualizzatelo come una lamina di muscoli sotto i polmoni – il punto migliore per focalizzare la vostra consapevolezza è nell’estremità inferiore dello sterno – quando inspirate, visualizzate questa membrana muscolare a forma di cupola che si appiattisce, spingendo verso il basso gli organi addominali sottostanti, allo stesso tempo l’aria viene diretta nei polmoni – poi, quando espirate, il diaframma si rilassa – sentite che ritorna verso l’alto per riprendere la sua posizione a forma di cupola sotto lo sterno, spingendo l’aria fuori dai polmoni e allentando la pressione sugli organi addominali.
Aumentate la consapevolezza del movimento di quest’area di collegamento tra il torace e l’addome, e di come il suo movimento ritmico produce la respirazione addominale spontanea – ricordate, non forzate il respiro in alcun modo – non ci dovrebbe essere alcuna tensione nei muscoli addominali o del torace – se c’è, cercate di rilassarla – la respirazione diaframmatica non è prodotta dai muscoli addominali – il movimento del diaframma dovrebbe essere naturale e agevole – non dovreste sentire alcuna resistenza – continuate con la respirazione naturale per un po’ di tempo.
Ora ponete la mano destra sull’addome, proprio sopra l’ombelico, e la sinistra al centro del torace – con la respirazione addominale sentirete la mano destra che inspirando si muove verso l’alto ed espirando verso il basso – questa è una conseguenza naturale del movimento del diaframma, che comprime e rilascia gli organi addominali – non ci dovrebbe essere alcuna tensione nell’addome – cercate di non forzare in nessun modo il movimento dell’addome – lasciate che il movimento sia creato dal diaframma – la vostra mano sinistra non dovrebbe muoversi col respiro, ma cercate di percepire, attraverso il suo contatto, la contrazione e l’espansione dei polmoni – continuate per alcuni minuti, finché sarete sicuri che solo il diaframma sta svolgendo tutto il lavoro del processo respiratorio.

Tecnica 2: Respirazione addominale controllata

Sdraiatevi in shavasana e rilassate tutto il corpo – se desiderate, potete mettere una mano sull’addome, sopra l’ombelico – con la respirazione addominale, sentite l’addome che si muove su e giù – allo stesso tempo, i muscoli addominali e del torace dovrebbero rimanere totalmente rilassati – espirate lentamente e completamente, utilizzando il diaframma – ricordate che è il movimento del diaframma ad essere responsabile della respirazione addominale.
Quando espirate sentite l’addome che si muove verso il basso e l’ombelico verso la colonna vertebrale – alla fine dell’espirazione il diaframma sarà totalmente rilassato, arcuato verso l’alto nella cavità toracica, senza alcuna contrazione dei muscoli addominali – trattenete il respiro senza forzare per uno o due secondi, poi inspirate lentamente e profondamente dal diaframma, cercate di non espandere il torace o muovere le spalle – sentite l’addome che si espande e l’ombelico che sale – continuate ad inspirare lentamente e profondamente, riempiendo i polmoni il più possibile senza espandere la gabbia toracica. Al termine dell’inspirazione il diaframma comprimerà l’addome; il vostro ombelico avrà raggiunto la sua posizione più elevata – trattenete il respiro senza forzare per uno o due secondi – poi, mantenendo il controllo, espirate nuovamente, lentamente e completamente, spingendo tutta l’aria fuori dai polmoni – di nuovo cercate di sentire il vostro ombelico che si muove verso la colonna – al termine dell’espirazione il vostro addome sarà contratto, l’ombelico premuto verso la colonna – trattenete il respiro fuori per qualche attimo, inspirate e ripetete l’intero procedimento – questa è la respirazione addominale controllata e completa – continuate questa pratica per venticinque respirazioni o fino a dieci minuti se avete tempo.

C. Respirazione Toracica e Clavicolare

La respirazione toracica e clavicolare sono dei metodi che creano espansione e contrazione della gabbia toracica. Nella respirazione toracica questo si ottiene grazie ad un insieme di muscoli attaccati alle costole e ad altre parti strutturali del corpo, e agli intercostali. Per inspirare, determinati gruppi di questi muscoli agiscono per espandere la gabbia toracica verso l’alto, in avanti e verso l’esterno, espandendo la cavità toracica ed attirando l’aria nei polmoni. L’espirazione è il ritorno passivo della gabbia toracica nel momento in cui i muscoli si rilassano. Un altro gruppo di muscoli comprime ulteriormente la gabbia toracica rispetto alla posizione di partenza, se è necessaria una completa espulsione di aria dai polmoni.
Questo è un tipo di respirazione meno efficiente di quella addominale, ma è abitualmente utilizzata da molte persone. Tuttavia è necessaria, insieme a quella diaframmatica, in situazioni in cui si deve attirare nei polmoni una maggiore quantità di aria per un aumentato sforzo fisico. In confronto alla respirazione addominale, nella respirazione toracica è necessario uno sforzo muscolare maggiore per inspirare la stessa quantità di aria.
La respirazione toracica è spesso associata a situazioni di tensione e stress mentale, poiché la sua funzione è essenzialmente quella di aiutare il diaframma ad introdurre più ossigeno in una situazione stressante. Tuttavia, la tendenza a continuare questa respirazione spesso permane molto più a lungo della situazione che l’ha generata, creando cattive abitudini respiratorie.
La respirazione clavicolare è lo stadio finale dell’espansione totale della gabbia toracica. Questo avviene dopo che è stata completata l’inspirazione toracica. Per assorbire un po’ più di aria nei polmoni, le costole superiori e le clavicole vengono tirate verso l’alto dai muscoli ai lati del collo e della gola, e da quelli che tirano lo sterno verso l’alto.
Ciò richiede il massimo sforzo nell’inspirazione, e solo i lobi superiori dei polmoni vengono ventilati. Nella vita quotidiana, la respirazione clavicolare è usata solo in caso di estremo sforzo fisico, situazioni estreme di stress e quando si singhiozza o si ha un attacco di asma. In questa respirazione vengono usati tutti e tre i componenti della respirazione: addominale, toracica e clavicolare.
Per un controllo completo dell’intera estensione della capacità respiratoria, per praticare la respirazione yogica completa e alcuni pranayama specifici, è necessario, a questo livello, essere in grado di controllare la respirazione toracica e clavicolare. Le seguenti tecniche intendono essere una guida per il loro perfezionamento.

Respirazione toracica con espirazione passiva

Sdraiatevi in shavasana, rendendo la posizione assolutamente comoda – rilassate tutto il corpo, lasciate che il respiro trovi il suo ritmo naturale – mantenete un’ininterrotta consapevolezza del respiro – concentratevi sui lati del torace – interrompete qualsiasi ulteriore uso del diaframma, ed iniziate ad inspirare espandendo lentamente la gabbia toracica – sentite il movimento di ogni costola verso l’esterno e verso l’alto, e come questa espansione attira aria nei polmoni – espandete il torace il più possibile – poi espirate rilassando i muscoli del torace, e sentite la gabbia toracica che si contrae nella sua posizione di partenza, spingendo l’aria fuori dai polmoni – respirate lentamente e profondamente con totale consapevolezza – ricordate, non usate il diaframma per aiutare l’inspirazione o l’espirazione – continuate con la respirazione toracica, fermandovi per appena uno o due secondi dopo ciascuna inspirazione e ciascuna espirazione, per altri venti respiri.

Respirazione toracica con espirazione forzata

Sdraiatevi in shavasana e rilassate completamente il corpo – cominciate la respirazione toracica con l’espirazione passiva come avete già imparato – continuate per alcuni minuti – completate la prossima espirazione, poi contraete la gabbia toracica oltre la posizione passiva – noterete che, dopo l’ultima espirazione, nei polmoni c’era ancora dell’aria, che è stata appena spinta fuori – è richiesta anche una certa tensione addominale – ora percepite i polmoni completamente vuoti – cominciate la prossima inspirazione espandendo le costole sino alla loro posizione naturale di partenza, poi espandetele ulteriormente in una completa inspirazione toracica – con la prossima espirazione, comprimete ancora le costole oltre la loro posizione naturale di riposo, spingendo tutta l’aria fuori dai polmoni – quindi continuate, con inspirazioni ed espirazioni forzate, mantenendo un ritmo lento e regolare del respiro – cercate di apprezzare appieno la differenza tra espirazione passiva e forzata mentre praticate la respirazione toracica – continuate ancora per venti respiri, facendo una pausa di uno o due secondi dopo ogni inspirazione ed ogni espirazione.

Respirazione toracica e clavicolare

Sdraiatevi in shavasana e rilassate tutto il corpo – iniziate la respirazione toracica con l’espirazione passiva – continuate per alcuni minuti – quindi inspirate completamente, espandendo la gabbia toracica – quando sentite che le costole sono completamente dilatate, inspirate ancora un po’, fino a che sentite l’espansione nella parte superiore dei polmoni, proprio sotto le clavicole che si sollevano leggermente – ciò richiederà un considerevole sforzo, la tensione si sentirà nei muscoli ai lati del collo e nella parte inferiore della gola – a questo punto c’è la massima espansione della gabbia toracica. Espirate lentamente, rilasciando prima la parte superiore del torace – poi rilassate il resto della gabbia toracica nella normale posizione di espirazione – continuate ancora per alcuni respiri – siate consapevoli del maggiore sforzo richiesto per permettere questo minimo aumento nel volume del torace.

Non c’è alcun bisogno di praticare questo tipo di respirazione per troppo tempo. Praticatela soltanto per il tempo necessario ad eseguirla in modo controllato e osservare le sue limitazioni. Nella normale respirazione quotidiana, la respirazione clavicolare non avviene, se non ad un livello ancor meno apprezzabile. Questa pratica serve a ottenere una maggiore comprensione del suo meccanismo.

D. Respirazione Yogica Completa

Fino ad ora abbiamo analizzato le tre componenti della respirazione completa – addominale, toracica e clavicolare. In realtà, l’intero meccanismo della respirazione implica un’interazione molto complessa di muscoli, costole e supporti, e separare i tre elementi è piuttosto difficile, particolarmente quelli toracico e clavicolare. Nella vita quotidiana siamo soggetti ad un’ampia varietà di situazioni, che richiedono risposte fisiche e mentali appropriate. Questo si riflette nel cambiamento dei nostri modelli respiratori che rivelano varie combinazioni di intensità di ciascuno dei tre meccanismi di respirazione.
Tuttavia, per sperimentare la gamma completa di questi tre tipi di respirazione, utilizziamo la pratica della respirazione yogica completa. Essa aumenta la ventilazione dei polmoni, oltre a conferire gli altri numerosi benefici fisici e sottili della respirazione profonda e totalmente controllata. Più siamo capaci di esercitare il controllo sui dettagli più sottili del processo respiratorio, più diventa possibile controllare i particolari più sottili del processo mentale.
La respirazione yogica fa cominciare l’inspirazione con il diaframma che si abbassa al massimo. Questa fase è seguita dall’inspirazione toracica completa e quindi da quella clavicolare. L’espirazione è l’esatto inverso, con una combinazione di compressione diaframmatica e toracica dei polmoni per completare l’espulsione dell’aria.
I polmoni sono forzati al massimo della loro capacità sia nell’inspirazione sia nell’espirazione. L’inspirazione inizia nei lobi inferiori dei polmoni e si completa nella parte superiore. L’espirazione è all’inverso. Tutta l’aria stagnante viene espulsa con ogni espirazione e la successiva inspirazione porta aria fresca a tutte le aree dei polmoni.
Diventare esperti nella respirazione yogica significa che tutti gli aspetti del meccanismo respiratorio sono posti sotto il controllo della mente conscia, e questo meccanismo può essere controllato a piacere. Ciò non significa che la respirazione yogica deve essere praticata in ogni momento. Il suo scopo è di ottenere controllo, correggere le cattive abitudini respiratorie ed aumentare la quantità di ossigeno quando serve. Si usa anche in molte pratiche di pranayama.

Respirazione yogica

Sdraiatevi in shavasana e rilassatevi completamente – portate la consapevolezza al respiro – inspirate lentamente dal diaframma, lasciando che l’addome si espanda completamente – cercate di respirare così lentamente e profondamente che il respiro non produca alcun suono – sentite l’aria che raggiunge la parte inferiore dei polmoni – dopo la completa espansione addominale, iniziate ad espandere il torace verso l’esterno e verso l’alto – alla fine di questo movimento continuate ad inspirare, sentendo le clavicole e le spalle che vengono spinte in alto verso la testa – nei muscoli del collo sentirete una lieve tensione – sentite l’aria riempire i lobi superiori dei polmoni – questo completa una inspirazione – l’intero processo dovrebbe essere un movimento continuo, in cui ciascuna fase del respiro si fonde nella successiva, senza alcun evidente punto di demarcazione – non ci dovrebbe essere nessuna scossa o sforzo non necessario – il respiro dovrà essere come il movimento delle onde del mare – il resto del corpo dovrà essere rilassato.
Ora iniziate ad espirare – prima rilassate le clavicole e le spalle – quindi lasciate che il torace si contragga, inizialmente verso il basso, e poi verso l’interno – poi permettete al diaframma di spingersi verso l’alto nella cavità toracica – non forzate ma cercate di svuotare i polmoni il più possibile, comprimendo o tirando la parete addominale vicino alla colonna vertebrale, mentre simultaneamente la gabbia toracica si contrae ulteriormente – l’intero movimento dovrà essere fluido e armonioso – questo completa un ciclo di respirazione yogica – continuate ancora per un po’ di tempo.
Trattenete il respiro per uno o due secondi alla fine di ogni inspirazione ed ogni espirazione – quando praticate, sentite la completa espansione e contrazione dei polmoni e la meravigliosa tonificazione che questo produce – lasciate che ogni cosa accada naturalmente – completate dieci cicli di respirazione yogica completa.
Lentamente aumentate fino a dieci minuti al giorno – ricordate, non sforzate mai i polmoni in alcun modo. Una volta che avrete perfezionato questo in shavasana, praticatelo nella posizione seduta.

Componenti della respirazione yogica

Sedete in vajrasana, siddhasana o in qualunque altra comoda posizione a gambe incrociate – iniziate a praticare la respirazione yogica completa.
Per prima cosa mettete le mani delicatamente sull’addome ed inspirate – sentite l’addome espandersi verso l’esterno – espirate e rilassate – ripetete cinque volte.
Poi, appoggiate le mani sulla parte inferiore della gabbia toracica con le punte delle dita in contatto – inspirate dall’addome – quindi continuate questa inspirazione nel torace – siate consapevoli di come la distanza tra le punte delle dita cambia quando inspirate ed espirate – ripetete cinque volte.
Ora, mettete le mani nella parte posteriore della gabbia toracica ed inspirate – siate consapevoli dell’espansione della cavità toracica attraverso il contatto delle mani sull’area dorsale – espirate e rilassate – ripetete cinque volte.
Infine appoggiate le mani proprio sotto le clavicole – inspirate – mentre inspirate sentite le clavicole e la parte superiore del torace sollevarsi gentilmente – espirate e rilassate – ripetete questo procedimento cinque volte. Ora avrete percepito tutte le componenti della respirazione yogica completa.

E. Applicazione della Respirazione Yogica alla Pratica di Pranayama

Durante la maggior parte delle tecniche di pranayama è richiesta la respirazione yogica. Se no, sarà indicata un’alternativa. Tuttavia, mentre si pratica la respirazione yogica nel pranayama, non è necessario forzare l’inspirazione nella regione clavicolare. Ciò richiede troppo sforzo per un risultato troppo piccolo, e poiché il requisito per le tecniche di pranayama è una respirazione agevole e rilassata, una respirazione yogica costituita solamente dall’espansione addominale e toracica è sufficiente. Questa è ottimale e produce una piacevole onda ritmica di inspirazione ed espirazione.