“YOGA” 2000 – Vol. 4

“YOGA” 2000 – Vol. 4

Karma Yoga

Tratto da: Paramahansa Niranjanananda, “Yoga Darshan”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

Il karma yoga è la prima forma di yoga descritta nelle Upanishad in quanto necessaria al fine di capire lo stato di perfezione nello yoga, ed è uno dei principali aspetti o anga della disciplina yogica, come descritto nella tradizione vedica. Karma si traduce letteralmente con azione, che ciascuno compie in questo mondo, consapevolmente o no. Quando la parola yoga è aggiunta alla parola karma, allora significa che ogni azione compiuta con consapevolezza meditativa diventa karma yoga. Così, karma yoga è, in effetti, lo yoga della meditazione dinamica.
Karma può significare molte cose. Tutti gli aspetti della creazione sono governati dalla legge del karma. Il karma è la caratteristica di base dell’individualità di ciascuno e della conoscenza di cui si fa esperienza nella vita. È anche un’azione compiuta dall’intelletto, dal pensiero e dai sensi per godere i frutti della vita materiale. Analogamente, l’anima può essere paragonata ad un bimbo che gioca nel cortile del mondo. I giocattoli con cui gioca sono i karma – i pensieri, i desideri, le ambizioni, le circostanze, i ruoli e cose simili. Questo bimbo gioca con tutto ciò nel parco giochi del mondo e il karma tende a diventare parte integrante della sua natura, poiché il karma è anche un’azione della dimensione immanifesta della vita.
In termini filosofici, il karma è il seme originale del desiderio. Il concetto di karma è che questo seme ancestrale del desiderio guida il destino, il pensiero, l’azione e il comportamento d’ogni individuo. Essere in grado di comprendere questo primitivo seme del desiderio nel contesto del karma astratto è molto difficile, perché deve essere compreso in relazione alla natura immanifesta, il principio dell’ego e dell’antahkarana. Comunque, prima di tentare di capire il concetto di karma in quella dimensione, bisogna capirlo a livello fisico. Dobbiamo identificare le differenti aree della dimensione fisica in cui facciamo esperienza del karma.
Un’area d’azione del karma è quella dei sensi. Il concetto di sensi include gli organi di percezione, gyanendriya, e gli organi d’azione, karmendriya. Le gambe, le mani e la testa si muovono. Il movimento di queste parti del corpo è azione compiuta attraverso i karmendriya. Gli input degli organi di senso – gli occhi vedono, le orecchie sentono, la lingua sente i gusti – che ci danno così una comprensione dell’ambiente esterno, sono pure azioni compiute attraverso i gyanendriya. Questi sono esempi di karma di natura fisica.
I sensi sono anche di natura mentale. Questi sensi sono stati descritti come le differenti attività della mente, che ci rendono consapevoli del corpo e della sua relazione con il mondo degli oggetti e dei sensi. Questi diversi aspetti dell’azione sono ricordati come karma dato che vengono eseguiti attraverso i sensi, che sono sia fisici sia mentali, attraverso la mente, che è un processo analitico, attraverso l’intelletto, che è un processo comparativo, attraverso il samskara, che è un insieme d’impressioni derivanti da esperienze passate profondamente radicate nella coscienza, e attraverso i karma, che sono i semi innati e primordiali dei desideri che influenzano il nostro pensiero e il nostro comporta mento.
Processo di trasformazione
Noi funzioniamo contemporaneamente su tutti questi diversi livelli senza nessuna consapevolezza, conoscenza o comprensione di ciò. Quando c’è consapevolezza delle azioni che stanno avvenendo interiormente e all’esterno, allora la consapevolezza diventa consapevolezza meditativa. Karma yoga può essere definito come il vero aspetto psicologico dello yoga, poiché in questo processo di meditazione dinamica dobbiamo diventare consapevoli delle aree sottili della nostra personalità. Quest’aspetto dinamico della meditazione comprende il risveglio delle facoltà mentali latenti così come di nuove dimensioni di consapevolezza.
Per esempio, un bruco vive sulla terra e non può volare. Quando il bruco diventa una farfalla, lascia la terra e comincia a volare. Gli uomini sono bruchi che vivono sempre a livello della terra. Il corpo da bruco rappresenta un legame. Quando viene il tempo della metamorfosi, il bruco costruisce un bozzolo intorno a se stesso. Dopo di che vive un periodo di trasformazione da cui emerge come una bella farfalla. Questo è il principio del karma yoga.
Questo bruco rappresenta l’identità individuale, nota come jiva. L’identità individuale è soggetta alle limitazioni e al legame del karma. Per liberarsi dal karma, per esaurire il proprio karma, per diventare una farfalla, bisogna ritirarsi in se stessi, entro la propria personalità. Questo ritiro può essere paragonato alla condizione del bruco che si costruisce intorno il bozzolo. Dentro il bozzolo cambia se stesso, il suo corpo e le sue capacità così, quando lo lascerà, invece di strisciare volerà.
Lo stato in cui ci troviamo ora è la condizione di legame che è rappresentata dal bruco prima di diventare una farfalla. Attraverso la pratica del karma yoga ci trasformiamo. Attraverso la perseveranza e la comprensione del nostro stato attuale, alla fine rompiamo il vecchio corpo e ne adottiamo uno nuovo che diventa il mezzo per raggiungere la libertà e la capacità di volare. Dunque, questo è lo scopo del karma yoga: armonizzare le azioni del sé e raggiungere l’unione con il Sé più elevato. Quando il karma yoga è visto come meditazione, allora questo yoga diviene un processo di consapevolezza, azione concentrata e mente focalizzata. La dissipazione delle energie e la coscienza sono controllate nella pratica di karma yoga che alla fine porta ad uno stato di purezza e trascendenza.

Il Mantra

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Il Mantra”, ed. Satyananda Ashram Italia.

Il mantra è importantissimo per l’evoluzione della kundalini. Vi prego di ricordare una cosa, siamo dei semplicissimi esseri umani e non ci è possibile accettare una via difficile, non ci è possibile vivere una vita da perfetti puritani; siamo esseri umani con una mente irrequieta, siamo esseri umani orgogliosi e pieni di preconcetti, siamo persone portate per natura ad amare, odiare e abbiamo desideri, passioni, aspirazioni, frustrazioni, paure e insicurezze.
Questa è la realtà che dobbiamo accettare di noi stessi, non siamo persone speciali; vi dico con sicurezza che non siamo persone speciali, siamo gente che vive con la mente, con i sensi, con il corpo e perciò il metodo che dobbiamo scegliere per risvegliare in noi la kundalini dovrebbe essere proporzionato alle nostre possibilità.
Non potete dare la vostra macchina ad un bimbetto, provocherebbe un incidente; così posso assicurarvi che non potete concentrare la vostra mente, è impossibile!
E non possono chiedervi di diventare puritani, so che non potete, avete il vostro personale modo di vivere, il vostro modo particolare di nutrirvi e un modo personale di pensare. Non posso fare di voi dei preti, e anche io non posso pensare come un prete, non sono di sicuro un prete!
Io credo che sveglierò la kundalini secondo le mie possibilità. Allora è chiaro adesso il punto? Un mantra, un mala, un centro, è tutto.
Ancora una cosa, qualcuno che vi dica qual è il vostro mantra. Questa è la prima cosa, qualcuno che vi dica qual è il vostro mantra. Tale persona è detta guru.
Il guru non è un ipnotizzatore, non è un coccodrillo che deve solo privarvi della mente. Il guru è colui che vi inizia al mantra. Quindi il guru per prima cosa, poi il mantra, il mala e il centro.
Queste sono le quattro cose che ognuno dovrebbe avere. Voi avete un’automobile o una moto o una bicicletta che guidate, un lavoro, degli interessi, una moglie o un marito; avete un padre e una madre, figli o figlie; avete tutto questo; avete bisogno di tutto questo. Sì. Abbiamo bisogno di questo.
Ma oltre a tutto questo, abbiate un guru, perché ora sentite di averne bisogno, poi un mala, un mantra e la quarta cosa? Un chakra, un centro, e con queste quattro cose andrete molto velocemente, senza disturbare i modelli della vostra vita.
Per risvegliare la kundalini non dovete cambiare il vostro modo di vivere, il vostro credo religioso, il vostro nome, la vostra fede, vostra moglie o vostro marito. Non dovete cambiare nulla. Alle vostre abitudini di vita aggiungetene un’altra: se potete praticarla di mattina, molto bene, altrimenti la sera.
Altro punto importante: praticare il mantra non è limitante, da nessun punto di vista. Alcuni credono che per praticare il mantra si debba essere puri negli atti, negli scopi, nella vita. Dovete essere quello che siete. E potete praticare il mantra nella posizione del loto, in siddhasana o in qualsiasi posizione vi piaccia. Se siete malati, potete praticarlo perfino a letto. Potete praticarlo prima di mangiare e dopo mangiato, sia l’una sia l’altra cosa. Nessuna restrizione, poi, nei riguardi della dieta.
Penso che per questa volta sia sufficiente sul mantra come sistema per risvegliare la kundalini.

Yoga Sutra di Patanjali

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Four Chapters on Freedom – Commentary on Yoga Sutras of Patanjali”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

Necessità del commentario

Patanjali, o chiunque altro abbia scritto gli Yoga Sutra, fu una mente superiore. Fu più scientifico della maggior parte degli scienziati e più logico della maggior parte dei logici. Risparmiò in maniera vigorosa e accurata le parole. Evitò ripetizioni. Talvolta la struttura della frase è incompleta, ma ogni singola parola è ricca di contenuto e significato, a volte evidente, ma a volte celato. È molto facile non cogliere o fraintendere le implicazioni che stanno dietro ai versetti. I significati nascosti possono essere chiariti solo da un maestro vivente; inoltre i versetti devono essere commentati con termini comprensibili all’uomo moderno. È per questa ragione che è stato fatto questo commentario, basato sulla pratica e sull’esperienza personale di un maestro moderno, il nostro Guru, Swami Satyananda Saraswati

I Capitolo: Samadhi Pada

Sutra 7: (I) Pramana – le fonti della giusta conoscenza

Pratyakshanumanagamah pramanani
Pratyaksha: sapere diretto, evidenza sensoriale; anumana: deduzione; agama: testimonianza, rivelazione; pramanani: le fonti della giusta conoscenza.
Sapere diretto, deduzione e testimonianza, sono le fonti della conoscenza.
In questo sutra il rishi cerca di spiegare la giusta conoscenza, pramana. Essa è già stata citata nel sutra precedente come una manifestazione della mente. La mente non sempre assume la forma solamente della giusta conoscenza; talvolta esprime anche l’errata conoscenza. Questo sutra spiega cosa s’intende per giusta conoscenza. La giusta conoscenza può essere ottenuta da tre fonti: evidenza sensoriale, deduzione e testimonianza. L’evidenza sensoriale è la conoscenza prodotta dal contatto di uno dei nostri organi sensoriali con un oggetto di conoscenza. Per esempio, vediamo un fiore, ne percepiamo l’odore, sentiamo qualcuno che piange, ecc..
Se i sensi, indriya, sono sani, se nessun senso è danneggiato, l’evidenza sensoriale è una fonte di giusta conoscenza. Bisogna ricordare che questa non è l’unica fonte di giusta conoscenza perché a volte i nostri sensi c’ingannano; ad esempio il miraggio prodotto in un deserto a causa dell’aria calda. In questo caso in realtà non c’è acqua, ma i nostri occhi ci fanno credere che l’immagine dell’acqua sia una cosa reale. L’evidenza sensoriale, in questo caso, non costituisce giusta conoscenza, e infatti possiamo renderci conto che si tratta di un’illusione se cerchiamo di andare sul luogo a prendere l’acqua.
Anumana, la deduzione, diventa una fonte di giusta conoscenza quando è basata su un ragionamento corretto. Vediamo del fumo su un monte lontano e subito deduciamo che sul monte deve esserci del fuoco. Questa deduzione è basata su di un’esperienza che non ci ha mai ingannati, in altre parole sul fatto che ogni volta che ci siamo imbattuti in del fumo abbiamo sempre trovato anche la presenza del fuoco. Questo fatto è chiamato concomitanza invariabile. Quando due cose o due eventi si trovano costantemente abbinati, possiamo dedurre la presenza di uno dei due ogniqualvolta vediamo l’altro.
Agama vuol dire testimonianza. È d’aiuto in quelle circostanze in cui l’evidenza sensoriale non è alla nostra portata e non ci sono fondamenti sufficienti di deduzione. In questo caso dobbiamo dipendere semplicemente da quello che dicono gli altri, ma c’è una riserva importante: l’altra persona, la cui autorevolezza può essere considerata una fonte sufficiente di giusta conoscenza, che viene considerata un apta, deve soddisfare due condizioni. Primo, deve avere essa stessa una giusta conoscenza, secondo, deve essere capace di comunicare questa conoscenza senza alcun errore. Quando queste due condizioni sono soddisfatte, possiamo considerare agama come giusta conoscenza. Nello yoga la persona autorevole si chiama guru e quello che trasmette ai discepoli è accettato semplicemente sulla fiducia, tuttavia si tratta di giusta conoscenza, poiché un guru è una persona che conosce le cose in modo corretto. Le scritture sono conosciute come agama perché sono le rivelazioni dei rishi che hanno fatto esperienza diretta della materia di cui trattano. Inoltre le asserzioni delle scritture non possono essere ricondotte né all’evidenza sensoriale né alla deduzione.

Sutra 8: (II) Viparyaya – errata conoscenza

Viparyayo mithyajnanamatadrupaprathistham
Viparyayah: concetto erroneo; mithya: falso, illusorio; jnanam: conoscenza; atat: che non gli appartiene; rupa: forma; prathistham: basato
Un concetto errato è una falsa conoscenza che non è basata sulla propria forma.
Qui Patanjali tratta del secondo tipo di chitta vritti che dobbiamo bloccare. Definisce viparyaya come una falsa conoscenza che non corrisponde o non è basata su di un oggetto reale. Questo concetto è opposto a quello della giusta conoscenza. La giusta conoscenza si basa sulla corrispondenza tra un oggetto reale e la nostra conoscenza di esso. Ad esempio, vediamo il colore di un fiore, lo annusiamo, sentiamo la delicatezza dei petali, e nella nostra mente sorge la cognizione che è un fiore. Questa è giusta conoscenza perché è tadrupaprathistham, cioè c’è un oggetto reale su cui la nostra conoscenza si basa. Nel caso di viparyaya, in realtà, non c’è alcun oggetto esistente su cui la conoscenza può basarsi, e questo è definito atadrupaprathistham. Ad esempio, se scambiamo una corda per un serpente la nostra conoscenza non è corretta, perché la cosa che in realtà esiste davanti a noi è una corda che scambiamo per un serpente. Questa errata conoscenza può essere corretta creando le condizioni adatte, come può essere una luce sufficiente, in modo che emerga la giusta conoscenza.
Viparyaya è anche chiamata avidya, in relazione al fatto che tutta la nostra conoscenza si basa su un fraintendimento della reale natura di purusha e prakriti. L’errata conoscenza, alla fine, è sostituita da viveka, che comporta la corretta comprensione della vera natura di purusha e prakriti.

Sutra 9: (III) Vikalpa – conoscenza senza fondamento

Shabda jnananupati vastu shunyo vikalpah
Shabda: parola, suono; jnana: cognizione; anupati: che è conseguente; vastu: oggetto; shunyah: vuoto; vikalpah: fantasia, immaginazione
Ciò che è conseguente alla conoscenza attraverso le parole ma è privo di oggetto, è immaginazione.
Vikalpa è immaginazione senza le basi di un oggetto. Questo non vuol dire che non debba esserci alcun oggetto, ma che l’oggetto menzionato nell’asserzione è non esistente. Ad esempio quando leggiamo storie meravigliose di paesi fatati, come “Le Avventure di Gulliver” a Lilliput, troviamo cose e parole che possono essere usate correttamente nelle frasi, ma che effettivamente non hanno oggetti reali che vi corrispondano. Questi sono esempi di vikalpa, fantasia o immaginazione. Vikalpa è una creazione della nostra mente. Tuttavia non è completamente avulsa dall’esperienza materiale. Acquisiamo idee dalle nostre esperienze e le combiniamo per dar forma a nuove idee di cose che in realtà non esistono.
Il problema per molti di noi, anche nel caso di aspiranti spirituali, è che a volte la mente si riempie di fantasie e idealismi. Ci sono molti aspiranti spirituali in tutto il mondo che si sforzano di raggiungere una meta immaginaria. Vivono in un mondo di idee che non è altro che vikalpa.
A volte nella meditazione avviene un volo dell’immaginazione nello stato di dhyana. È un’esperienza assai piacevole e interessante, e dà gratificazione e soddisfazione alla mente che medita, ma secondo Patanjali, anche questa forma di vikalpa deve essere rifiutata. Allo stesso modo in India abbiamo una forma di meditazione immaginativa chiamata sogno cosciente. Si tratta di un sadhana vero e proprio, ma secondo Patanjali è in sostanza uno stato offuscato della mente e deve essere superato per mezzo della giusta conoscenza. Questo sadhana è molto utile per un principiante poiché può rendere un aspirante in grado di scendere in uno stadio di concentrazione sempre più profondo. Tuttavia non bisogna dimenticare che questo sadhana, anche se è utile per i principianti, deve essere in seguito abbandonato. Negli stati di dharana, antar mouna e dhyana, l’aspirante immagina certi oggetti o certe qualità. Possono essere concetti, in ultima analisi, irreali e fantasiosi, ma possono essere molto utili agli inizi e uno studente di yoga deve usarli come ausilio finché non progredisce e padroneggia gli stati più profondi. Molti grandi pensatori hanno detto che fino a nirvikalpa samadhi, le differenti esperienze che un aspirante attraversa non sono altro che i piani di un’unica coscienza mentale.
Giusta conoscenza, errata conoscenza e immaginazione sono in eguale misura processi della coscienza, ma differiscono notevolmente poiché la giusta conoscenza ha un oggetto vero, l’errata conoscenza ha un oggetto falso, mentre l’immaginazione o vikalpa è del tutto priva di oggetto. Questa differenza deve essere attentamente compresa.

Sutra 10: (IV) Nidra – stato di sonno

Abhtava pratyayalambana vrittirnidra
Abhava: assenza; pratyaya: contenuto della mente; alambana: supporto; vritti: modificazione; nidra: sonno
Il sonno è la modificazione dell’assenza dei contenuti mentali come supporto
Questo è un sutra molto importante. Paragonata alle prime tre vritti menzionate precedentemente, questa vritti si caratterizza per l’assenza di consapevolezza, conscia o inconscia. Anche il sonno è uno degli stati della mente. È importantissimo comprendere ciò, perché se siamo in grado di analizzare la condizione di sonno della mente, possiamo facilmente comprendere lo stato di samadhi. Il sonno è una condizione della mente che nasconde o cela la conoscenza del mondo esterno. Nella Mandukya Upanishad si dice che nel sonno non si desidera niente, e non ci sono sogni o altre percezioni. Tutte le vritti della mente si concentrano assieme e il processo energetico si fonde in uno. La capacità della facoltà di percezione è introvertita. Non si vedono e non si sentono gli oggetti esterni e non vi è percezione di alcun genere. Si tratta di uno stato inconscio della mente.
Questa è proprio l’idea che Patanjali vuole mettere in evidenza in questo sutra. Egli dice che nel sonno non c’è alcun oggetto davanti alla mente – non vede, non sente, non tocca o non percepisce niente. Ogni forma di conoscenza, ogni contenuto della mente viene ridotto a uno stato silente.
Quando abbiamo un’esperienza mentale di un oggetto, questa esperienza è chiamata pratyaya, contenuto della mente. Possiamo avere pratyaya con o senza che i sensi vengano in contatto con un oggetto. Per esempio possiamo vedere una rosa nella nostra mente nella forma di una visione, di un sogno o di un’idea. Il contenuto della mente in tutti questi stati si chiama pratyaya.
Quando l’idea di un oggetto, quando il contenuto stesso della mente è rimosso attraverso un certo processo, la mente resta senza supporto. Il sonno è quella vritti in cui è assente il contenuto della mente. In questo stato i pensieri ci sono, ma non sono presenti davanti alla mente, così la mente non può vedere, toccare, pensare, udire, sentire, o avere alcuna esperienza sensoriale o mentale. Dal punto di vista psicologico, in questo stato il cervello e la mente sono scollegati e i pensieri sono temporaneamente soppressi. Allo stesso modo in dhyana qualche volta diveniamo incoscienti quando l’attività della mente si ferma.
Lo stato di sonno è paragonabile allo stato di samadhi nella misura in cui in entrambi vi è l’assenza di coscienza del mondo esterno. La sola differenza tra il sonno e lo stato di samadhi è che in quest’ultimo persiste in una certa misura la nozione dell’Io, mentre nel sonno non c’è consapevolezza di questa nozione dell’Io. Nello stato di samadhi è sospesa la consapevolezza dell’individualità specifica e delle proprie qualità, come ad esempio essere indù o il proprio nome e l’aspetto personali, tuttavia si mantiene ancora una forma di consapevolezza. Questa consapevolezza è priva di tutte le particolarità appartenenti al mondo esterno. La consapevolezza che abbiamo nello stato di veglia è uguale a quella in samadhi, ma differisce poiché in samadhi sono assenti gli oggetti, mentre rimane la consapevolezza. Su questo punto ci sono state molte incomprensioni, fraintendimenti, errati atteggiamenti e interpretazioni. Si è pensato che samadhi sia uno stato di assoluta incoscienza, mentre in realtà è proprio l’opposto.

Sutra 11: (V) Smriti – memoria

Anubhutavisayasampramosah smritih
Anubhuta: che è sperimentato; visayah: oggetti di percezione sensoriale; asampramosah: che non si lascia sfuggire; smritih: memoria
Non lasciare che gli oggetti di cui si è fatta esperienza sfuggano dalla mente è la memoria.
La memoria è la quinta vritti della mente. È di due generi: memoria conscia e memoria subconscia. La memoria conscia comporta il ricordo delle cose che si sono già sperimentate, il richiamo alle esperienze del passato. La memoria subconscia è il sogno. Nel sogno non si ricorda consciamente, ma inconsciamente. Anche questa memoria è di due generi: immaginaria e reale. Nel sogno a volte si hanno esperienze fantastiche che non sono in alcun modo attinenti alla vita reale. Così può capitare di vedersi tranciati dalle ruote di un treno, o agonizzanti. Questa è una fantasia della mente e in questo caso si chiama memoria subconscia immaginaria, ma dobbiamo tenere presente che ogni sogno ha un qualche fondamento, e non ci sono sogni senza fondamento. Nel caso della memoria subconscia reale, si ricorda nel sogno qualche cosa che è realmente accaduta nel passato senza distorsione dei fatti. Questa memoria che rivela le impressioni del preconscio e le manifesta sul piano conscio, è una delle facoltà della coscienza. È una delle modificazioni della coscienza e dunque è classificata come una vritti.
Gli oggetti dell’esperienza sono di cinque generi, cioè quelli che si possono percepire con gli occhi, le orecchie, la pelle, la lingua e il naso. Quando facciamo esperienza di questi oggetti, la mente entra in contatto con essi attraverso gli indriya. Quando successivamente avviene un contatto analogo, emerge la memoria dell’esperienza passata se non ci si è lasciati sfuggire quest’esperienza dalla mente. Se quest’esperienza è sfuggita, la memoria ci viene meno. Per questo Patanjali ha usato la parola asampramosha, per mettere in evidenza il fatto di non lasciar sfuggire l’esperienza dalla mente. Il significato della parola è il seguente: a = non; sam = completamente; pra = alto o grande; moksha = rilasciare, sfuggire. Così letteralmente la parola significa “non lasciar sfuggire”.
Quindi possiamo riassumere le cinque vritti citate da Patanjali nel modo seguente. La prima vritti comporta la giusta conoscenza; la seconda l’errata conoscenza; la terza la conoscenza immaginaria; la quarta nessuna conoscenza; l’ultima la conoscenza del passato. Questo ricopre l’intero campo della nostra coscienza. Definendo lo yoga, Patanjali aveva già detto che l’essenza dello yoga è racchiusa nell’inibizione o sospensione delle vritti. Nel prossimo sutra descrive i mezzi da usare per questo scopo.

Gestione Yogica dell’Invecchiamento

Tratto da: Dr. Swami Nirmalananda Saraswati, “Yoga”, vol. 1, gennaio 1999, Shivananda Math, Munger, Bihar, India.

In ogni essere umano, in ogni momento, alcune cellule stanno nascendo, alcune cellule stanno crescendo e maturando, e altre cellule stanno degenerando e morendo. Quando il processo di degenerazione eccede gli altri due, si dice che il processo d’invecchiamento sta iniziando. Per fermare il processo d’invecchiamento, ogni cellula degenerata deve essere sostituita con una nuova, e le cellule insostituibili devono essere riparate adeguatamente.
Lo studio della vecchiaia è chiamato gerontologia e la gestione medica della vecchiaia è conosciuta come geriatria. Secondo le norme attuali, chiunque superi i sessantacinque è considerato “cittadino anziano”, ma Paramahansaji usava dire che l’aspettativa di una vita normale è centocinquanta anni, e se impariamo a vivere un vero stile di vita yogico potremmo forse arrivarci.

Perché focalizzarsi sull’invecchiamento?

Durante il 20° secolo il tasso di mortalità è crollato drasticamente e perfino il tasso di natalità ha rallentato in una certa misura. Tuttavia, l’aspettativa di vita è aumentata ed il tasso di crescita della popolazione di età sui 65 anni ed oltre ha ora superato il tasso di crescita totale della popolazione mondiale. Come risultato, troviamo più persone anziane in ogni popolazione rispetto a prima e questo numero è destinato ad aumentare.
Inoltre, un numero crescente di persone anziane mantiene una buona salute, sia fisica sia mentale, per lunghi periodi e quest’energia umana è una riserva che dovrebbe essere utilizzata in modo adeguato. Infatti, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 1999 come “L’Anno Internazionale delle Persone Anziane”. I problemi della vecchiaia sono peculiari e molto esigenti sulle risorse umane qualitativamente, quantitativamente ed in termini di durata. Quindi, dovremmo cercare di prevenirli o almeno minimizzarli.

Il ruolo dello yoga

Lo yoga ha un triplice ruolo da attuare nella gestione del processo d’invecchiamento. Per prima cosa, aiuta a migliorare la longevità. In secondo luogo, aiuta ad alleviare i problemi della vecchiaia – fisici, mentali, emozionali e sociali. In terzo luogo, lo yoga fornisce alle persone anziane una direzione positiva nella vita. In altre parole, lo yoga inizia il viaggio, ammorbidisce gli urti e fornisce la meta del viaggio. Quindi il primo principio nella gestione yogica è ritardare l’inizio della vecchiaia ed i problemi associati, iniziando da giovani adulti. Il secondo principio è mantenere la salute e la felicità che le persone anziane hanno ancora. Il terzo e più necessario principio è alleviare i problemi già esistenti della vecchiaia. Questo compito principale può essere raggiunto usando tre mezzi – le pratiche yoga, la dieta e lo stile di vita – e cambiando attitudini con l’aiuto di varie tecniche yogiche.

Il problema dell’invecchiamento

I problemi che le persone anziane devono affrontare avvengono a quattro differenti livelli. Il primo è a livello fisico: ci sono le limitazioni di un corpo che sta invecchiando, così come varie malattie. Limitazioni fisiche sono dovute a limitata mobilità, rigidità delle giunture e debolezza muscolare. L’indebolimento dei vari organi di senso si aggiunge a queste limitazioni, includendo vista carente, sordità e diminuzione del senso d’equilibrio. Le persone anziane sono anche molto inclini alle fratture ossee e alle infezioni toraciche ed urinarie. La circolazione tende ad essere lenta e la digestione scarsa.
I frutti di uno stile di vita stressante in età giovanile possono maturare nella forma di un’elevata pressione sanguigna, ischemia cardiaca, diabete e così via. Malattie degenerative del cervello e di altri organi, così come l’ingrossamento della prostata, aumentano con l’avanzamento dell’età. In breve, i problemi fisici crescono proporzionatamente al processo d’invecchiamento, poiché la composizione fisica del corpo cambia.
Il secondo livello di problemi implica il venir meno delle facoltà mentali. Questi possono includere deterioramento della memoria, dell’apprendimento, dell’interesse o della capacità cognitiva, della concentrazione, del ragionamento o della logica ed un lento, inflessibile deterioramento del processo di pensiero.
Terzo, a livello emozionale può esserci paura della propria incapacità e della morte, della dipendenza, dell’insicurezza, del rifiuto e della solitudine, diminuita fiducia in se stessi e autostima.
Quarto, a livello psicosociale possono esserci problemi dovuti a finanze ridotte, mancanza di spazio personale, rifiuto di consegnare il potere alle generazioni più giovani, incapacità a adattarsi ad un più lento stile di vita con minore responsabilità ed incapacità di trovare uno scopo nella vita.
Tuttavia, l’immagine non è per niente buia. Le persone anziane hanno una ricchezza di conoscenza che può compensare gli effetti dell’invecchiamento. Utilizzando queste valide risorse, essi possono cambiare il gioco a loro vantaggio. Queste risorse sono maturità e saggezza di esperienza, disponibilità di ampio tempo, apertura mentale o tolleranza, abilità di adattamento e natura infantile o innocente.

Pratiche yoga

La giusta combinazione delle pratiche yogiche può, in larga misura, correggere molti dei problemi associati all’invecchiamento. La selezione delle pratiche dipende dai problemi specifici e dalla capacità del singolo individuo. Tuttavia, certe pratiche sono benefiche per tutti. Tra gli shatkarma, neti e kapalbhati possono essere praticati giornalmente, e kunjal, laghu shankhaprakshalana e trataka periodicamente. Bere due bicchieri di acqua tiepida, pura o salata, ogni mattina e praticare almeno tre delle asana di shankhaprakshalana manterrà il sistema digestivo in forma. Pawanmuktasana parte 1 è necessario per mantenere la mobilità del corpo ed il libero movimento del prana. Per mantenere la colonna vertebrale flessibile, possono essere incluse in un programma giornaliero un’asana di flessione avanti, una di estensione indietro e una di torsione. Un’asana di rilassamento può completare la pratica. Certe asana sono particolarmente utili nel prevenire l’invecchiamento, come leg lock, la bicicletta e la rotazione delle gambe da una posizione supina, vajrasana, marjariasana, hasta utthanasana, siddha/siddha yoni asana, shashankasana e, se la salute lo permette, surya namaskara, sarvangasana, viparita karani asana e eka pada pranamasana.
Le seguenti pratiche di pranayama sono altamente raccomandate: respirazione yogica, respirazione addominale, nadi shodhana, bhramari e ujjayi. Tra i mudra e i bandha, hridaya mudra, ashwini mudra, shambavi mudra, khechari mudra e mula bandha sono benefici per migliorare la funzione cardiorespiratoria e cerebrale, per rinfrescare, bilanciare e rafforzare la mente e per la vitalità generale e la longevità. Hridaya mudra è benefico per il cuore, ashwini mudra e mula bandha per la vitalità e per migliorare le funzioni mentali, e khechari e shambavi mudra per espandere la consapevolezza.
Tra le varie pratiche di meditazione, yoga nidra fornisce rilassamento a livello conscio, subconscio e inconscio. Antar mouna è importante per rivedere e lasciare andare vecchi ricordi e distaccarsi dal passato. Può essere praticata da sola o combinata ad altre pratiche come japa e ajapa japa. Trataka migliora le facoltà mentali e prepara a interiorizzare la mente.
Hridayakasha dharana è benefico per purificare le emozioni e chidakasha dharana aiuta nell’espansione della consapevolezza.
Mantra japa è essenziale perché lavora su tutti e cinque i kosha o livelli del corpo – fisico, mentale, pranico, psichico e beato. Similmente, seva o servizio, bhakti o devozione, satsang e letture impegnate aiutano a cambiare e a focalizzare l’attitudine e lo stile di vita in una direzione positiva.

Dieta e stile di vita

Il secondo mezzo che lo yoga utilizza è la dieta e lo stile di vita. La dieta dovrebbe essere preferibilmente vegetariana e contenere alimenti freschi di stagione, prodotti sul luogo, né troppo cotti né troppo poco; avere poche calorie (2000-2200 al giorno) e pochi grassi (30-40 grammi giornalieri) ma alla stesso tempo non asciutta; dovrebbe essere moderata nei quantitativi per limitare il contenuto di proteine di origine vegetale (50-60 grammi) e avere un alto contenuto di carboidrati e di fibre, sia solubili sia insolubili. Una dieta yogica svolge un ruolo importane nel mantenere il peso basso, il movimento intestinale ed il prana elevato.
I pasti dovrebbero essere consumati ad orari regolari e scoraggiati gli spuntini e il mangiare tra i pasti. Lo stomaco dovrebbe essere tenuto parzialmente vuoto, non riempito completamente, per permettere la peristalsi o l’effettivo movimento di rimescolamento del cibo. Il cibo dovrebbe essere considerato come prasad o proveniente dalla grazia di Dio e consumato con l’attitudine di offrirlo in una yagya o fuoco sacrificale, come menzionato nella Bhagavad Gita (Ch. 4, v. 24): “Brahman è oblazione; Brahman è il ghii; attraverso Brahman l’oblazione è riversata nel fuoco di Brahman; in verità Brahman sarà raggiunto da colui che vede sempre Brahman in azione.”
Digiunare o mangiare frutta un giorno alla settimana fa riposare il sistema digestivo e assiste nel processo rigenerativo. Il concetto yogico di un corretto stile di vita dipende dalla regolarità di attività come mangiare, praticare il proprio sadhana, risposare e dormire, da uno stile di vita medio-tranquillo, dallo svolgimento di differenti attività, evitando estremi di ogni tipo, dall’essere insieme nella vita familiare e dall’espansione della consapevolezza da “me e mio” a “noi e nostro” e oltre. Coltivare un hobby, praticare sport leggeri come il nuoto che avvicina all’elemento dell’acqua, vivaci passeggiate con la consapevolezza del respiro, passare del tempo con i bambini, tenere animali domestici, portare risate disinibite nella vita di tutti i giorni, fare vacanze, cambiare l’ambiente e stare nella natura sono alcune modi pratici per mettere questi concetti in pratica.
È importante per le persone anziane capire e accettare i cambiamenti del corpo, e cercare di rimanere fisicamente e mentalmente attive in un modo creativo. Bisognerebbe essere diligenti nelle pratiche di yoga, meditazione e studio come lo si era nel lavoro. È importante mantenere l’indipendenza fisica, finanziaria ed emozionale. La vecchia generazione ha una ricchezza di esperienza da offrire e se le nuove generazioni possono utilizzare questa conoscenza, ne beneficeranno notevolmente. Un po’ d’amore e attenzione può rendere le persone anziane molto felici.

Cambiare le proprie attitudini

Il terzo mezzo, cioè quello di cambiare e adottare un atteggiamento positivo è molto importante, ma è un aspetto molto difficile della formazione yogica. Praticando lo yoga sinceramente, con fede e regolarità, la personalità automaticamente inizia a cambiare. Alcuni concetti yogici sono molto utili nel fornire una direzione positiva alle persone anziane. Il concetto dei quattro ashrama nella vita dice che la terza tappa nella vita, vanaprastha ashrama, è intesa come un graduale ritiro dal mondo esterno e dagli obblighi per rivolgersi interiormente in un viaggio spirituale. Si può estendere il proprio aiuto ai ragazzi giovani, ma senza imporre se stessi. Analizzare gli anni vissuti. Cercare di identificare lo scopo della vita e realizzare quest’obiettivo. Lavorare sulla teoria SWAN (che considera quattro aspetti della natura umana: le proprie forze, le ambizioni, le debolezze e le necessità) più diligentemente. Bilanciare il cocchio della vita equamente sulle quattro ruote di artha (appagamento finanziario), kama (appagamento emozionale), dharma (appagamento sociale), e moksha (appagamento spirituale). Seva, bhakti e satsang, se praticati nel loro vero senso, sono mezzi eccellenti per portare questi concetti yogici nella vita reale.

Ritardare l’inizio della vecchiaia

Fino a questo punto abbiamo visto come lo yoga può aiutare le persone anziane con problemi e quelle che sono felici ed in salute, cioè, “cura” e “mantenimento”. Come si può ritardare o prevenire l’inizio della vecchiaia? Le scritture yogiche e ayurvediche menzionano kayakalpa, l’inversione della vecchiaia e la sua prevenzione insieme alla morte. Tuttavia, per raggiungere questo stato, gli scopi e le intenzioni devono essere totalmente spirituali ed è richiesto un sadhana intenso. Non si può usare un tale siddhi per un beneficio materiale. Tuttavia, utilizzando le pratiche yogiche e conducendo uno stile di vita yogico, si può ritardare l’inizio della vecchiaia e prevenire le sofferenze associate a questo processo.
Secondo l’Hatha Yoga Pradipika, il nettare o amrita è generato in bindu. Da bindu esso scende giù attraverso agya, vishuddhi e anahata fino a manipura dove viene consumato dal fuoco. Ancora più giù in swadhisthana e muladhara esso è convertito in energia sessuale e utilizzato nella procreazione. Se bramacharya è osservato nella sua totalità, allora quest’energia può essere usata per il ringiovanimento o per ritardare la vecchiaia. Se il flusso del nettare viene fermato in vishuddhi e diretto verso l’alto con khechari mudra e viparita karani mudra, allora la vecchiaia può essere prevenuta totalmente e può essere raggiunta l’immortalità. Siddhasana, pranayama con kumbhaka prolungato e i tre bandha, ujjayi con khechari, viparita karani, shambhavi e vajroli/sahajoli mudra sono alcune delle pratiche principali che possono aiutare nel ritardare l’inizio della vecchiaia.
Le pratiche yogiche aumentano il corso della vita e la sua qualità, diminuendo il tasso metabolico, diminuendo la frequenza respiratoria e la richiesta d’ossigeno, fornendo totale rilassamento al corpo, alla mente conscia e subconscia, prevenendo la perdita di prana e aiutandone la rigenerazione. Le asana e gli shatkarma mantengono il corpo flessibile e libero dall’accumulo di tensioni e tossine. Pranayama, mudra e bandha rivitalizzano il cervello, il sistema nervoso e i prana. Le pratiche yogiche possono anche fermare il processo della malattia e quindi invertire o rallentare il processo dell’invecchiamento. La meditazione offre del tempo per far riposare e ringiovanire il sistema nervoso ed endocrino e per generare prana in pranamaya kosha. Il cervello viene rivitalizzato e la perdita di memoria e la senilità associate alla vecchiaia vengono prevenute.
Un’attitudine mentale positiva può effettivamente invertire il processo d’invecchiamento stimolando il sistema nervoso. Possiamo raggiungere ciò fornendo a noi stessi un ambiente interessante e stimolante, cercando continuamente di espandere la nostra conoscenza, comprensione e discernimento. Inculcando un senso di meraviglia ed interesse nella vita, fissando degli scopi ed obiettivi per mettersi in gara, vivremo la vita con un senso di intenzione e direzione.

Terapia Yogica delle Malattie Comuni: Costipazione ed Emorroidi

Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of Common Diseases”, ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.

La costipazione è un disturbo cronico del sistema digestivo inferiore molto comune in cui l’eliminazione delle scorie solide dal corpo diviene lenta e insufficiente. Come conseguenza, c’è un accumulo di scorie digestive e metaboliche nell’intestino crasso, che diviene flaccido perdendo il proprio tono muscolare.
Man mano che il disturbo continua a svilupparsi, scorie in decomposizione vengono accumulate per periodi sempre più lunghi, con conseguente aumento o carico da smaltire delle scorie organiche in tutti i tessuti corporei. Il corpo inizia ad essere avvelenato dall’accumulo delle proprie scorie, proprio come una città soffoca ed è paralizzata se i rifiuti che produce non sono continuamente eliminati. Buona salute, alta vitalità e libertà dalla malattia richiedono che le scorie siano espulse regolarmente ed efficientemente.

Chi è costipato?

Non c’è una definizione precisa di costipazione. Il concetto di funzionamento ideale dell’intestino varia secondo i paesi, il clima, la cultura, la dieta e gli individui. Non può essere stabilita alcuna regola, ma possono essere riconosciute un certo numero di linee direttrici. Oggigiorno la costipazione è diventata un modo di vivere accettato da molte persone. A causa della scarsa educazione delle comunità riguardo le regole di base per la salute, le persone inconsapevolmente tollerano un certo livello di costipazione per mesi ed anni, rendendo in questo modo il loro sistema organico intossicato e impuro e la loro mente ottusa, indolente e letargica. Contemporaneamente, la loro vitalità e la resistenza alle infezioni e alle malattie degenerative si abbassa notevolmente.
Diversi fattori si combinano per porre l’uomo e la donna moderna in questa situazione e tra essi troviamo:

  1. Vita sedentaria: la costipazione più comunemente si ha in coloro che siedono ad una scrivania tutto il giorno perché ciò porta a rigidità muscolare, scarsa flessibilità articolare, ristagno circolatorio e blocco del flusso di energia pranica nel corpo.
  2. Mancanza di esercizio adeguato: al giorno d’oggi molte persone sono troppo impegnate, o pigre, o preoccupate per godere persino di una camminata di pochi minuti o di qualche esercizio nella loro routine quotidiana e diventano alieni da ciò. Come conseguenza i loro muscoli divengono deboli e flaccidi, la circolazione lenta e irregolare e le funzioni digestiva ed escretoria lentamente stagnano.
  3. Cattive abitudini alimentari: la qualità di qualunque cosa entra nell’organismo attraverso la bocca sicuramente gioca un ruolo decisivo nella quantità di scorie espulse dall’altra estremità del tratto digestivo. Una dieta che contenga massa o fibra insufficiente sotto forma di cereali integrali, frutta e verdura fresca, inevitabilmente porta ad un passaggio poco frequente e difficile di feci piccole e dure. L’intestino lavora in maniera ottimale quando ha una grossa massa su cui contrarsi e spingere verso l’ano, e tale massa è fornita dai residui delle fibre di cellulosa di verdure, frutta e cereali integrali. Sotto quest’aspetto la tradizionale dieta dei poveri è più adatta per un sano funzionamento dell’intestino.
    La dieta moderna, basata su carne, uova, olio, grassi, formaggio, latte e amidacei raffinati come pane e dolci, ha poca massa ma un eccesso di proteine e richiede una notevole energia per essere digerita, dimostrandosi molto pesante e costipante Soprattutto nei climi caldi si è dimostrata inaccettabile. Tuttavia, nei climi più freddi e nevosi in cui si è sviluppata, una dieta più pesante è necessaria per mantenere la temperatura e l’isolamento del corpo. Non di meno, vi è bisogno di un parallelo consumo di alcolici come stimolanti mentali per superare il conseguente stato fisico e mentale letargico e pesante. È uno dei casi in cui gli effetti deleteri di due singoli veleni, quando usati simultaneamente, in parte si annullano a vicenda. Molte persone che seguono tale dieta considerano normale un’evacuazione ogni due o tre giorni, ma secondo gli standard yogici così è troppo poco, specialmente quando si considera che la carne va in putrefazione entro dodici ore.
  4. Posizione nel wc: la posizione che si assume nei bagni di stile mo¬derno non è quella ottimale per l’evacuazione. Essa contribuisce alla costipazione inibendo il completo rilassamento della muscolatura pelvica e della parte inferiore del colon. La posizione migliore nel wc è la postura naturale accovacciata o rannicchiata, che permette la completa espressione dell’apana espulsivo, procurando un’evacua¬zione dell’intestino più completa.

Costipazione mentale

La costipazione non è solo una condizione fisica; è anche uno stato della mente. Una persona il cui modo di pensare e di vivere sia non ispirato, indolente e non creativo spesso soffre di digestione pigra e costipazione. Similmente, idee fisse e opinioni inflessibili, rigidità e incapacità ad accettare con tranquillità il cambiamento, spesso caratterizzano l’individuo che accetta la costipazione come un fatto della vita.
‘Nevrosi da costipazione” o preoccupazione e paura della costipazione, si ha spesso in individui che hanno una gran paura mentale di lasciarsi andare e accettare l’imprevedibilità della vita e la certezza del cambiamento. Una volta che venga accettata la natura transitoria e sempre mutevole dei nostri rapporti e delle nostre esperienze, gli intestini rilasceranno immediatamente il loro fardello.
Gli studenti o le persone con temperamento o occupazione intellettuale spesso lamentano costipazione cronica e pigrizia intestinale. Questo è un fatto naturale poiché essi indugiano troppo nella loro mente, spesso a spese dell’attività fisica. Il conseguente squilibrio tra manas shakti (energia mentale) e prana shakti (energia vitale) porta alla loro difficile situazione.
Se la mattina viene dedicato un po’ di tempo ad un semplice programma di asana, e viene inserita una passeggiata pomeridiana nella routine quotidiana, spesso il problema si elimina.

Terapia yogica della costipazione

Persino i casi più difficili e cronici di costipazione si possono curare praticando tecniche yoga e seguendo una dieta saggia e ricca di fluidi.

  1. Surya namaskara: praticate sino a 12 cicli ogni mattina al sorgere del sole.
  2. Asana: pawanmuktasana parte 2, passo del corvo, trikonasana, tutte le posizioni di piegamento avanti e indietro, la serie di vajrasana (specialmente shashankasana), halasana, tadasana e tiryaka tadasana, kati chakrasana, tiryaka bhujangasana, udarakarshanasana, matsyasana, ardha matsyendrasana, mayurasana. Sedete in vajrasana per 10 minuti dopo ogni pasto.
    In caso di costipazione lieve prendete uno o due bicchieri di acqua tiepida prima di praticare queste asana.
  3. 3. Pranayama: bhastrika con kumbhaka e maha bandha, 5 cicli ogni mattina. Devono essere praticati anche 10 cicli di surya bheda.
  4. Mudra e bandha: pashini mudra, yoga mudra, ashwini mudra, uddyana bandha, maha bandha.
  5. Shatkriya: agnisar kriya, nauli, basti e mula shodhana. Laghu shankhaprakshalana può essere praticato ogni mattina fino a 10 giorni, quindi due volte la settimana. Shankhaprakshalana dovrebbe essere fatto soltanto con una guida esperta.
  6. Meditazione: antar mouna.
  7. Dieta: eliminate gli amidi dalla vostra dieta quotidiana e sostituiteli con frutta, verdure, molte insalate e germogli, cereali integrali e frutta secca come fichi e prugne. Le prugne hanno un residuo non digeribile e forniscono quindi massa per esercitare i muscoli intestinali. Mangiate cibo asciutto. Se il cibo è asciutto e poi completamente saturato di saliva, ciò è di grande aiuto per lubrificare l’intestino. Esso renderà il sistema alcalino e aumenterà notevolmente la rapidità di digestione. Bevete fluidi in abbondanza, inclusi succhi di frutta fresca che forniscono acqua nella sua forma più pura. Riducete l’assunzione di sale.

Ulteriori raccomandazioni

  1. L’intestino dovrebbe muoversi almeno una volta nelle ventiquattro ore. Al risveglio andate in bagno fino a stabilire quest’abitudine all’evacuazione mattutina.
  2. Dopo i pasti è molto utile un esercizio moderato. Non sdraiatevi né andate a dormire immediatamente dopo mangiato, piuttosto sedete in vajrasana per breve tempo quindi andate a fare una breve passeggiata.
  3. Fare molto esercizio all’aria aperta, camminate veloci, nuoto, bicicletta e così via, è essenziale per una sana digestione.
  4. Fate solo la doccia fredda, sia di mattina sia di sera.
  5. I lassativi dovrebbero essere evitati poiché sono molto dannosi ed è facile diventare dipendenti da essi per tutti i movimenti intestinali.
  6. Dopo aver alleviato la costipazione, adottate una routine di laghu shankhaprakshalana e kunjal kriya una volta alla settimana. La domenica mattina può essere il momento migliore.
  7. Quindi come pasto successivo, mangiate mung khicheri. Ciò previene il ritornare della costipazione.

Terapia yogica delle emorroidi

Questa è una condizione dolorosa e fastidiosa in cui una o più vene rettali si dilatano e si distendono, prolassando attraverso l’apertura anale, specialmente al momento della defecazione. Ciò causa dolore, sanguinamento e perdita di muco. La condizione si verifica più comunemente come effetto di pigrizia intestinale e costipazione cronica che comportano uno sforzo eccessivo al passare delle feci. Come conseguenza il drenaggio del sangue dall’area anale diviene stagnante e le vene si dilatano e si ingorgano di sangue. Il sanguinamento viene accentuato dall’irritazione provocata dal passaggio di feci dure.

Storia naturale

A causa del dolore dopo lo sforzo, chi soffre spesso evita la defecazione, diventando così anche più costipato e peggiorando la situazione. Dopo la defecazione, le emorroidi possono di solito essere messe a posto manualmente, per lo meno nei primi stadi. Successivamente, ciò diventa sempre più difficile. Di solito la perdita di sangue non è grave ma può essere sufficiente a rendere leggermente anemici, specialmente se è cronica.

Terapia chirurgica

Normalmente le emorroidi sono asportate chirurgicamente con numerose e semplici procedure, che danno un sollievo almeno temporaneo. La terapia yogica offre un’efficace alternativa. A chi soffre di emorroidi e sta pensando ad un’operazione, si consiglia di applicare prima la terapia yogica per un mese. Durante questo periodo, molti casi scompariranno e la chirurgia non sarà più necessaria.
Terapia yogica

Il primo passo nella terapia yogica è correggere qualsiasi tendenza di base alla costipazione. Senza questo fondamentale ripristino della funzione normale, si può nutrire poca speranza di guarire dalle emorroidi.
Successivamente, dovrebbe essere adottato un programma di asana, pranayama e bandha, seguito dal rilassamento. Le pratiche includono mula shodhana – pulizia e massaggio dell’ano dopo la defecazione. Questo dovrebbe essere praticato inserendo il dito indice bene dentro il retto facendolo girare vigorosamente intorno al bordo o margine anale. Questo stimola il flusso del prana verso tale zona, favorisce il drenaggio del sangue stagnante fuori dalle emorroidi e il suo rientro nella circolazione generale. Dovrebbe essere praticato 50 volte in senso orario e altrettante in senso antiorario, ogni volta che il retto si svuota.

Programma yoga per la terapia delle emorroidi

  1. Asana: pawanmuktasana parte 2, serie degli shakti bandha, bhujangasana, ardha shalabhasana, shalabhasana, paschimottanasana, sarvangasana, halasana, vajrasana, marjariasana, shashankasana, supta vajrasana, padmasana, yoga mudra. Sedete in vajrasana per 10 minuti dopo ogni pasto.
  2. Pranayama: nadi shodhana pranayama con jalandhara e mula bandha, antar e bahir kumbhaka.
  3. Mula shodhana: (anche conosciuto come ganesha kriya) 50 volte ogni giorno.
  4. Ashwini mudra: contrazione e rilassamento anale, 50 volte.
  5. Yoga nidra in shavasana.
  6. Shatkriya: agnisar kriya, shankhaprakshalana, laghu shankhaprakshalana.

La Serie di Pawanmuktasana

Tratto da: Swami Karmamurti Saraswati, “Yoga for Beginers”, ed. Satyananda Ashram, Mangrove Mountain, Australia.

Esercizio 11: aprire e chiudere le mani

Assumete la posizione di base. Tenete le braccia dritte e distese davanti a voi, all’altezza delle spalle e parallele a terra, i palmi rivolti verso il basso. Distendete completamente le dita di entrambe le mani, quindi stringete le dita e chiudetele sopra ai pollici, in modo da fare un pugno molto duro. Ripetete l’allungamento delle dita e la chiusura per cinque volte con totale consapevolezza delle mani. Eseguite l’esercizio lentamente.

Esercizio 12: flessione dei polsi

Tenete le braccia distese di fronte a voi come nell’esercizio precedente. Distendete le dita e allungatele completamente. Piegate le mani all’altezza dei polsi rivolgendo le palme in avanti, come se doveste premere contro un muro. Poi piegate le mani verso il basso, in modo che le palme siano rivolte verso di voi, con le dita dritte verso il pavimento. Ripetete lentamente cinque volte con piena consapevolezza del movimento dei polsi.

Esercizio 13: rotazione dell’articolazione dei polsi

Distendete il braccio destro avanti all’altezza delle spalle. Stringete la mano a pugno con il pollice all’interno delle dita. Ruotate il pugno in senso orario attorno al polso, senza muovere i gomiti. Completa consapevolezza del movimento del polso. Eseguite lentamente. Cinque volte in senso orario e cinque volte in senso antiorario. Ripetete col pugno sinistro. Poi distendete entrambe le braccia davanti a voi con i pugni chiusi. Ruotate i pugni assieme, cinque volte in senso orario e cinque volte in senso antiorario.

Esercizio 14 (1): flessione dei gomiti

Mantenete la stessa posizione dell’esercizio numero 13, ma con entrambe le braccia allungate in avanti, le mani aperte e le palme verso l’alto. Mantenete stabilmente le braccia sollevate e flettete i gomiti, portando le dita alle spalle. Allungate di nuovo le braccia. Ripetete lentamente con piena consapevolezza di ogni movimento per cinque volte.

Esercizio 14 (2): flessione dei gomiti

Eseguite lo stesso esercizio del numero 14 (1), ma con le braccia distese fuori, le palme verso l’alto. Completate cinque volte, lentamente e con piena consapevolezza.

Esercizio 15: rotazione dell’articolazione delle spalle

State nella stessa posizione dell’esercizio 14 (2), con le mani sulle spalle. Eseguite il movimento di rotazione dell’articolazione della spalla, mantenendo le dita a contatto con le spalle. Eseguite delle circonferenze più ampie possibile. Portate a contatto i gomiti davanti al petto e avvicinateli il più possibile dietro alla schiena.. Praticate cinque volte in senso orario e cinque volte in senso antiorario, lentamente, con piena consapevolezza.

Esercizio 16 (1): movimenti del collo – flessione ed estensione

Sedete comodamente per terra con le gambe incrociate o distese in avanti. Colonna vertebrale eretta. Spalle rilassate. Mani in grembo o di lato. Molto, molto lentamente muovete la testa in avanti in modo da toccare lo sterno con il mento. Poi muovete la testa indietro il più possibile per quanto vi è comodo. Mantenete il collo e le spalle rilassate. Eseguite con consapevolezza. Ripetete cinque volte.

Esercizio 16 (2): movimenti del collo – inclinazione laterale e torsione

Sedete come prima. Lentamente inclinate la testa lateralmente verso destra e verso sinistra. Eseguite il movimento di torsione del capo alternando verso destra e verso sinistra. Completate cinque volte in ogni senso per ciascun esercizio.

Esercizio 16 (3): movimento di rotazione del collo

Sedete come prima. Lentamente ruotate il capo nel modo più ampio possibile senza sforzarvi. Tenete il corpo fermo, muovete solo la testa. Cinque volte in senso orario e cinque volte in senso antiorario.

Benefici: (dell’esercizio 16 e varianti). Tutti i nervi di collegamento tra ogni parte del corpo e il cervello devono passare per il collo. Il collo è un incrocio vitale del corpo e deve essere esercitato regolarmente per mantenerlo sciolto e pienamente efficiente.