“YOGA” 2003 – Vol. 4

“YOGA” 2003 – Vol. 4

Satsang

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Bhakti Yoga Sagar”, vol. I, Rikhia, 27 Novembre 1994, Shivananda Math, Munger, Bihar, India.

Hai mai pensato di lasciare questo luogo?

Da quando sono venuto qua, mi sono sistemato. Sono venuto il 23 settembre e qui ho dimenticato me stesso, come una persona che beve troppo e dimentica sua moglie e i suoi figli e il mondo intero. Qui sono così. Kabir ha detto:

O mio amico, la mia mente è interessata alla bhakti.
La felicità che provo nel recitare il Suo Nome
Non può essere trovata nella ricchezza.
Dovresti ascoltare egualmente il bene e il male,
E passare i tuoi giorni in povertà.
La mia dimora è nella città dell’amore.
Sono totalmente felice e contento.
Con una ciotola in una mano e un bastone nell’altra,
Vago ovunque, sovrano di tutto io contemplo.
Alla fine, questo corpo ritornerà alla polvere,
Allora perché ti comporti così orgogliosamente?
Kabir dice, ascolta, O persona saggia!
Il Signore si trova solo nella gioia.

Questo posto mi piace così tanto che ho dimenticato ogni cosa. Naturalmente, la cosa migliore che è successa è che sono stato alleviato dei karma. Anche voi volete nivritti, la liberazione dai karma, ma avete così tante costrizioni, desideri e voglie, che non potete sfuggire loro, neanche se volete.

Ci sono migliaia di desideri,
Ciascuno dei quali, in se stesso, costa una vita.
Molti dei miei piaceri sono stati appagati,
Tuttavia, essi sono innumerevoli.
Supponete di avere il desiderio di essere liberi dal karma. Avete denaro; siete fisicamente capaci di cantare la gloria del Signore e i vostri figli sono sistemati. Decidete di comprare una casetta in un villaggio, avere un giardino e pregare mattina e sera il Signore. Pensereste mai di fare una cosa del genere? No, cosa accadrebbe ai vostri nipoti? Perciò vi bloccate.
Per me, questo è ananda, beatitudine, ma il mondo esterno vuole ancora che io mantenga i contatti. Qualcuno si arrampica sul muro per avere il darshan. La gente telefona ad ore assurde, da Bombay, Bangalore, Delhi. Arrivano centinaia di lettere. Naturalmente, le vostre lettere non mi raggiungono; vengono tutte reindirizzate a Munger. Io ho conseguito nivritti dal karma e ora sono molto felice, in beatitudine. Nel 1989 venni qui e ripulii questo posto dalle rocce e dalla sabbia. Ero in piedi in questa zona durante Makar Sankranti, quando vidi un enorme serpente di color ocra che si muoveva come un fulmine intorno alla proprietà. Accesi il mio dhuni dove vidi scomparire il serpente, e da quel dhuni accesi altri quattro fuochi per il mio panchagni sadhana all’interno del mandap.
Prima di andare via dovreste vedere il mandap, perché la gente di oggi non sa niente di queste cose. Questo sadhana è chiamato panchagni tapas. Panch significa “cinque” e agni è “fuoco”. Cosa sono i cinque fuochi? Kama, krodha, lobha, moha e mada. Essi sono i fuochi interiori che disidratano lo spirito, l’atma. Ci sono anche cinque fuochi esterni: uno per ciascuno dei quattro punti cardinali ed il sole sopra. Quando i cinque fuochi s’incontrano, la temperatura raggiunge i sessanta gradi centigradi. Questo calore disidrata il corpo fisico, perché, dopo tutto, il corpo deve seguire le leggi della natura. Ci sono alcuni sadhu che possono praticare panchagni, ma non tutti, e alcuni muoiono. Io ho fatto il sankalpa di praticare questo sadhana per cinque anni.
Allora, cosa feci? Scelsi la mia ishta devi. Ogni akhara ne ha una, proprio come Shankaracharya aveva Sharadamba Devi come ishta devi per il suo akhara. Io scelsi Tulsi Devi come ishta devi per questo akhara. Tulsi ha dentro di sé tutte le medicine; lei è il massimo della purezza e gentilezza. Io la venero ogni giorno, mattina e sera, la prego affinché sino a quando questo corpo sta praticando il sadhana, lo mantenga libero dalle malattie. Il giorno che perderò interesse nel sadhana o nel bhakti marga, allora può portare via questo corpo. Questo corpo ha soltanto uno scopo, sperimentare Dio. Anche se non lo vedete, almeno ricordatelo.

Benché non ci fosse alcuna promessa,
Né fede e né speranza,
Tuttavia dovevo aspettarti.

Il vostro innamorato può non incontrarvi, ma anche il solo ricordo gli dà felicità. Radha e Krishna rimasero separati per tutta la vita, ma oggi sono insieme. Qual è il rapporto tra un devoto e il Signore? Non è di incontrarsi, stare insieme o avere il darshan. Il rapporto più importante è quello del ricordo; ricordarlo e mantenerne la consapevolezza.

L’amore del mio Padrone
È insediato nella gabbia di questo corpo.
Perciò ogni pelo del mio corpo
Ripete il Suo nome senza sosta.
Dadu dice che non c’è nessun altro che possa essere ricordato.

Ricordate Dio costantemente come ricordereste il vostro nemico. Dovete ricordarLo anche mentre mangiate, bevete e dormite. Quell’intensa emozione si trasforma in bhakti. Nel Narada Bhakti Sutra è detto:

Ottenendo questo amore,
Il devoto non fa altro che amare,
Non vede altro che amore,
Ode solo amore,
Parla solo d’amore
E pensa solo all’Amore.

Così, in coincidenza di questo Kartik Sankranti si sono completati i cinque anni e i fuochi sono stati eliminati. Ora, da Makar Sankranti a Kartik Sankranti, devo stare solo seduto. La temperatura sarà normale ed anche il cibo sarà normale. Durante panchagni dovevo seguire determinate regole, anche per il cibo, ma ora posso mangiare tutto, eccetto il chapati.
Qui ho piantato un albero di rudraksha e ho fatto un sankalpa che su di esso ci sarà soltanto il frutto di rudraksha con una singola sfaccettatura; il resto dei fiori cadranno. Ho fatto un sankalpa ma non so se sarà soddisfatto; dipende dalla Sua volontà. La rudraksha con una sfaccettatura sta con Dio, con un chakravarti o con un santo.

La Grazia del Guru

Di Swami Niranjanananda Saraswati – Ganga Darshan, 8 Dicembre 2000.

Cos’è guru kriya? Quali sono i requisiti per ottenerla? Quali cambiamenti avvengono e perché la grazia del guru non dura più a lungo? La grazia del guru durerà soltanto il tempo in cui voi vi aprite per riceverla, nel momento in cui vi chiudete essa cessa. Potete riempire di urina una bottiglia, tapparla e metterla in mezzo al fiume Gange per migliaia d’anni, credendo che il Gange purificherà quell’urina dentro la bottiglia, ma quando prelevate la bottiglia e la stappate, l’acqua all’interno avrà ancora il sapore di un’amaroli vecchia di mille anni. Tuttavia, se riempite di urina una bottiglia, la lasciate stappata e la mettete nel fiume, in un giorno verrà lavata e non conterrà più alcuna traccia di amaroli.
Che tipo di persona/bottiglia siete voi? Chiusa o aperta? Non è uno scherzo. A dispetto di tutti i mugugni e fantasie, noi tutti ci imbottigliamo e non siamo in grado di toglierci il tappo da soli. È un dato di fatto: volete vedere il guru secondo le vostre aspettative, aspirazioni e impressioni e non accettate il guru così com’è. Se la mentalità è questa, come possiamo allora aprirci per accettare e ricevere la grazia? La relazione con Dio è simile. Diciamo a Dio: “Tu sei il maestro, ma diventa il mio servitore ed esegui i miei ordini.” Noi diamo ordini a Dio, pregandolo di aiutarci per quel problema, di aiutare quella persona per quel problema, di aiutarci per una malattia o un esaurimento nervoso, o perché dia a qualcuno la gioia di un figlio. Ci rapportiamo così con Dio: “O Dio, tu sei il maestro, ma per favore esegui i miei ordini e aiuta A, B, C, D, mio zio, mia nipote, mio nipote, mia moglie, mio figlio, il mio amico, il mio questo, il mio quello”. Pregandolo così, speriamo che discenda la grazia. La grazia del Guru o la grazia di Dio discendono quando si sviluppa una proiezione assoluta, disinteressata del proprio ego, ahamkara. Affinché si possa verificare la proiezione disinteressata dell’ego, devono prima essere rimossi tutti i rifiuti della natura umana e della personalità. Non è una cosa facile. La gente dice: “abbandonati”, ma abbandonarsi non è facile. La gente dice: “ama”, ma amare non è facile. La gente dice: “obbedisci”, ma obbedire non è facile, La gente dice: “mantieni intenzioni pure”, ma anche questo non è facile.
Niente è facile nella vita. Si deve lavorare perché le cose succedano. Si deve lavorare per purificarsi e per aprire il canale attraverso il quale può entrare la grazia. Il canale che si apre è il canale della sincerità. Il canale che apre il flusso della grazia è il canale dell’innocenza. Imparare ad essere innocenti, umili, semplici, senza inibizioni e liberi dagli affetti dell’ego è il sadhana; è la preparazione che ci viene data per essere capaci di ricevere la grazia di Dio o la grazia del guru. Questo è molto più complesso e difficile di qualsiasi pratica di yoga che una persona possa perfezionare. Siamo molto fieri di riuscire a fare la posizione sulla testa, o la ruota, o la posizione del pavone. Perché non possiamo essere altrettanto orgogliosi se riusciamo a fare qualcosa di buono con noi stessi, con la nostra mente, con il nostro ego? Perciò, anche se parliamo della grazia del guru o della grazia di Dio, essa è una realtà molto lontana dalla nostra vita. Ci si deve sforzare di purificare la mente da raga e dwesha, dalle esperienze che procurano piacere, soddisfazione e apprezzamento e dalle esperienze che procurano dispiacere, insoddisfazione e scontentezza. Questo è il primo livello di purezza richiesto, non suggerito, ma richiesto. Il secondo grado di purezza è di essere innocenti. Se si è innocenti non si usa la propria mente intellettuale per decidere le cose secondo le proprie scelte e i propri desideri. Si diventa piuttosto come il flauto vuoto, attraverso il quale possono arrivare nuove melodie, se è suonato da un musicista esperto. Quindi la grazia del guru durerà soltanto per il tempo in cui siete stappati. A volte abbiamo persino paura di togliere il tappo: “mi perderò, perderò la mia identità. Cosa mi succederà?” Arrivano le insicurezze che ci legano a questo piano. Se queste cose non esistessero, noi non esisteremmo, saremmo tutti illuminati. È perciò importante che esse abbiano voce nella nostra vita, ma solo voce. Non dovrebbero però controllare la nostra vita; dovremmo essere in grado di controllare noi la nostra vita. Fate così e vedrete che il cielo si aprirà e un raggio di luce cadrà sul vostro capo.

Yoga nelle Malattie da Assuefazione

Esperienza pratica del Dr. Karel Nespor (Sannyasi Swarupmurti), psichiatra al dipartimento di dipendenza nell’ospedale psichiatrico di Praga, Repubblica Cecoslovacca.

Il numero di persone con problemi di dipendenza è in aumento in molte parti del mondo. I servizi di assistenza professionale da soli, sono spesso incapaci di fornire un trattamento che sia facilmente e prontamente disponibile, sufficientemente intensivo ed accettabile da tutti. Questa è una delle ragioni per le quali le organizzazioni “auto aiutati”, come l’anonima alcolisti o l’anonima narcotici, sono così importanti. Credo che presto o tardi lo yoga possa essere ben inserito in queste situazioni e che appropriate pratiche yogiche possano accrescere la guarigione di molte persone.

Principi generali

Molti dei pazienti tossico e alcool dipendenti che incontriamo soffrono di ulteriori patologie mentali e fisiche. Inoltre, sovente non sono abituati alla pratica di esercizi fisici e la loro sicurezza di per sé è debole. È ovvio che in questa situazione presentiamo loro esercizi relativamente semplici e facili.
Il gruppo consiste normalmente da 10 a 20 pazienti di diversa età e con differenti capacità fisiche. Generalmente offriamo semplici alternative o pratiche relativamente più difficili. Durante i primi stadi di astinenza il paziente è spesso angosciato, lo yoga e il rilassamento possono aiutare lui o lei a fare fronte a questo malessere. Un terapista deve essere di buon umore, amichevole, rispettoso e calmo, anche se ci sono dei problemi e persino quando l’esecuzione degli esercizi è lungi dall’essere perfetta.

Struttura della lezione

Abbiamo fatto esperienza con lezioni di diversa durata (da 30 a 60 minuti). La maggior parte dei nostri pazienti non ha voglia o non è in grado di partecipare a lunghe sedute (tipo cinque ore al giorno). A parte la durata, la lezione è normalmente divisa approssimativamente in tre parti uguali: la prima parte include esercizi di yoga fisici; la seconda la respirazione yogica completa oppure alcuni pranayama semplici ed una breve storia; la terza parte è dedicata al rilassamento con la ripetizione del sankalpa (la risoluzione).
Prima di descrivere più dettagliatamente queste parti, permettetemi di puntualizzare che questo schema non è rigido e può essere modificato.

Introduzione

Normalmente comincio con questa domanda: “Avete qualche particolare desiderio?” Le risposte dei pazienti possono influenzare considerevolmente la struttura e il corso delle lezioni. Le seguenti sono tipiche risposte a questa domanda:
Nessuna risposta in questo caso li ringrazio per la fiducia che ripongono in me sulla scelta delle pratiche più appropriate e procedo con il mio programma;
“Vogliamo il rilassamento” questa richiesta è immediatamente accettata. Il gruppo può essere stanco, ansioso o afflitto, ed un breve rilassamento in shavasana può essere opportuno. Dopo un breve rilassamento possiamo continuare con semplici esercizi del gruppo di pawanmuktasana parte 1°, come mushtika bandhana (chiusura della mano), manibandha naman (flessione del polso), e supta pawanmuktasana (postura delle gambe piegate) da pawanmuktasana parte 2°. Questo rende agevole e facile il passaggio dal rilassamento agli esercizi. Seguendo questo metodo si prosegue con altre pratiche;
“I sorrisi dello yoga” ho messo insieme otto modi di sorridere, alcuni dei quali sono molto significativi ed aiutano il paziente ad aprirsi emozionalmente;
“Qualcosa per la schiena, qualcosa per il mal di testa” o risposte simili queste richieste sono accettate e vengono quindi incluse nelle lezioni pratiche appropriate con relativa spiegazione.

Esercizi di yoga fisici

Come già menzionato precedentemente, utilizzo pawanmuktasana prima e seconda parte, alternando con marjariasana e le sue varianti come vyaghrasana, o marjariasana con gli avambracci sul pavimento. Dopo, si assume generalmente shashankasana partendo da marjariasana più che da vajrasana, perché vajrasana è troppo difficile per molti dei nostri pazienti. Si possono poi far praticare alcune posizioni di estensione indietro come ardha ushtrasana oppure sarpasana e ardha shalabhasana.
Utilizziamo bhu namanasana come posizione di torsione perché è più facile di ardha matsyendrasana. In alternativa, se il clima è piuttosto freddo, si può cominciare con le posizioni in piedi e praticare tadasana (posizione di estensione verso il cielo), tiriyaka tadasana (posizione di oscillazione dell’albero), akarna dhanurasana (la posizione dell’arco e della freccia), hasta utthanasana (posizione delle mani sollevate), alcune positure semplici come trikonasana (la posizione del triangolo), padahastasana (posizione di flessione avanti) e dwikonasana (posizione del doppio angolo).

Respirazione yogica completa e pranayama

Cominciamo generalmente con l’osservare i movimenti naturali della parte superiore dell’addome nella posizione supina e dopo un po’ di tempo chiedo ai pazienti di aumentare l’inspirazione, di prolungare l’espirazione. La ragione è ovvia: il paziente deve capire che la respirazione yogica è basata sul loro respiro naturale. Generalmente non pratichiamo separatamente la respirazione clavicolare, chiedo invece agli allievi di utilizzare entrambe le parti del torace, sia quella centrale sia quella superiore.
Ogni tanto pratichiamo anche bhramari (il respiro dell’ape), ujjayi (il respiro psichico) o la recitazione del mantra Om, tutte tecniche che hanno un effetto calmante, ed il suono prodotto attraverso la loro pratica dà agli allievi una propria consapevolezza sul fluire e sulla lunghezza della loro respirazione.

Racconti

Prima del rilassamento chiedo sovente: “Volete che vi racconti una storia?”. La risposta è sempre “Si”. Racconto storie di differenti tradizioni. Permettetemi di darvene un esempio:
“I monaci di un vecchio monastero erano completamente intimoriti dal monaco più anziano, perché sembrava che nulla lo turbasse. Un giorno decisero di metterlo alla prova. Alcuni di loro si nascosero silenziosamente in un angolo buio in uno dei vestiboli ed aspettarono che il monaco passasse. Dopo alcuni istanti, il vecchio uomo apparve con una tazza di tè bollente. Era appena passato vicino a loro, quando tutti quanti insieme gli corsero dietro gridando il più forte possibile, ma il monaco non ebbe nessuna reazione, tranquillamente proseguì per la sua strada, verso un piccolo tavolo, alla fine della sala, delicatamente posò la tazza e poi, andando verso il muro, urlò come se fosse colpito da una scossa “Ohhhhh!”.
Le storie sono generalmente accompagnate da una spiegazione che fa riferimento alla situazione dei pazienti. In questo caso la spiegazione è la seguente: dovete prima superare la situazione di pericolo preoccupandovi della vostra sicurezza, dopo potete anche esprimere le vostre emozioni e condividerle con chi le può capire, può essere il vostro terapista, un buon amico o anche un gruppo di amici.

Rilassamento e sankalpa

Il nostro rilassamento dura normalmente da 10 ai 15 minuti, ed è più simile a shavasana che ad un lungo yoga nidra. Diamo degli esempi di sankalpa (risoluzione) appropriati, che si riferiscono a problemi di droga, come:
L’astinenza può essere proficua;
Io vivo saggiamente;
Io vivo in modo salutare;
Io sono calmo e fiducioso.
Il sankalpa viene utilizzato alla fine di questa pratica, anche se il rilassamento è stato piuttosto breve (per esempio 10 minuti).

Esercizi di yoga in psicoterapia

Oltre ai regolari corsi di yoga, includo una breve pratica di yoga terapia di gruppo o altri programmi psicoterapeutici. Questo può aumentare la capacità di controllo ed il livello di energia dei partecipanti ed aiuta a superare la loro passività.
Le posizioni in piedi possono essere usate a questo scopo, per esempio akarna dhanurasana (la posizione dell’arco e la freccia). Prima di realizzare questa pratica chiedo ai pazienti di scegliere una valida finalità esteriore (come conseguire una nuova qualificazione) e ripeterla tre volte mentre tendono l’arco con la mano destra; poi devono scegliere un obiettivo interiore (per esempio come aumentare il proprio autocontrollo) e ripeterlo tre volte mentre tendono l’arco con la mano sinistra.

Yoga e disintossicazione da eroina

Per alleviare la mancanza di eroina utilizziamo farmaci e agopuntura auricolare. I problemi tipici di questi pazienti includono dolori muscolari, crampi addominali, insonnia, bramosie e aumento del ritmo cardiaco. Semplici pratiche come pawanmuktasana parte prima, in posizione supina, e in particolare il rilassamento (in shavasana) possono essere utilizzati e ben assimilati insieme ad altri trattamenti.

Ferite

I pazienti con problemi di droga sono inclini alle ferite e ai problemi di salute. Tutto ciò è causato dal loro precedente modo di vivere, mancanza di concentrazione (specialmente nei primi momenti di astinenza) e qualche volta anche per auto aggressione. Lo yoga, se paragonato ai vari sport è più sicuro, ciononostante l’insegnante di yoga deve essere cauto e procedere lentamente.

Problemi relativi al rilassamento

Il rilassamento, anche se per la maggior parte dei pazienti è piacevole e tranquillizzante, può portare in alcuni un aumento di ansietà. Questo non è un fatto insolito nei pazienti dipendenti da stimolanti (anfetamine – metanfetamine) o da abuso di allucinogeni, poiché lo yoga può riportare alla memoria fatti connessi con l’intossicazione. Un’altra ragione del perché lo yoga può causare ansietà è il transfer (processo di trasposizione inconsapevole sul medico, oppure in questo caso sull’insegnante di yoga) di sentimenti ed emozioni vissuti nella propria vita infantile nei confronti di qualcuno. Per esempio una mia paziente mi disse, alla fine del trattamento, che la pratica di rilassamento con me le causava spesso una grande angoscia poiché le ricordava gli abusi sessuali subiti dal padre.
È consigliabile informare i pazienti che cose di questo genere possono accadere, ed è quindi necessario che ne parlino con il terapista. Durante questa pratica dovrebbero vivere questa esperienza passivamente (da spettatore) e aprire gli occhi se e quando viene ritenuto necessario.

Possibili atteggiamenti durante le pratiche

Alcune giovani ragazze tossicodipendenti considerano la recitazione della Om o bhramari pranayama una pratica molto divertente, per non parlare di simhagarjanasana (la posizione del leone che ruggisce), oppure alcuni pazienti chiacchierano anche durante il rilassamento. Spiegare che durante la lezione di yoga è meglio interiorizzare che esternare, e che dopo la lezione vi sono tutte le possibilità di discussione, è generalmente sufficiente. Quando non lo è, chiedo al paziente di cambiare posto e di praticare vicino a qualcuno meno comunicativo.

Accettazione

Un tipico paziente tossicodipendente ha un certo grado di depressione, è piuttosto passivo e all’inizio non è molto interessato al proprio trattamento. Se lo yoga è una parte regolare del programma lui o lei generalmente accondiscendono, ma a volte capita che non abbiano nessuna voglia di cogliere l’opportunità di imparare lo yoga. Dopo un po’ di tempo però cominciano a trovare la pratica piuttosto piacevole, rilassante e rinvigorente, ma non praticano ancora regolarmente a casa. Allora diamo loro delle nozioni scritte e delle registrazioni del rilassamento, o provvediamo a indirizzarli verso degli insegnanti di yoga e li invitiamo anche a prendere parte ai sabati di lavoro yoga, tenuti nel nostro ospedale (3-4 volte l’anno), quando sono aperti a tutti.
In alcuni casi non abbiamo ancora avuto grande successo, e a lungo termine la pratica regolare fuori dall’ospedale è probabilmente la sfida più importante nei confronti dei pazienti tossicodipendenti. Conosco alcuni dei primi pazienti che hanno continuato a praticare yoga regolarmente e questo li ha aiutati a trasformare la loro vita, ma finora è senza dubbio una piccola minoranza.

Nota: le pratiche di yoga menzionate sono descritte nel libro “Asana Pranayama Mudra Bandha, di Swami Satyananda Saraswati, edizioni Satyananda Ashram Italia.
Appendice: gli otto sorrisi yoga

I sorrisi del mattino: è ovviamente praticato il mattino. Appena alzati la prima cosa che dobbiamo fare è sorridere davanti allo specchio alla nostra immagine. Qualcuno potrà trovarlo sciocco e magari sorridere ancora di più.

Sorridere con lo stomaco: sorridere con la bocca chiusa come se vi mancasse il fiato.

Sorridere con le gambe: ci corichiamo sul dorso (supini), solleviamo entrambe le gambe e le muoviamo come se andassimo in bicicletta. Lo stesso movimento lo facciamo con le mani. Allo stesso tempo ripetiamo le sillabe” ha, ha, ha – ho, ho, ho – he, he, he – hi, hi, hi – ha, ha, ha – ho, ho, ho – he, he, he – hi, hi, hi – ha, ha, ha- ho, ho, ho – he, he, he – hi, hi, hi …”, ecc. Questa pratica è fisicamente piuttosto impegnativa ed ha controindicazioni simili a quelle di pawanmuktasana parte seconda.

Sorridere con le mani: siamo eretti con i piedi uniti e muoviamo i pugni verso le spalle. Mentre espiriamo distendiamo le braccia in avanti vigorosamente, allunghiamo le dita e ripetiamo ad alta voce “Io sono allegro”. Inspirando riportiamo nuovamente i pugni alle spalle. Espirando distendiamo le braccia lateralmente nello stesso modo e ripetiamo “Io sono contento”. Riportiamo nuovamente i pugni alle spalle e mentre espiriamo distendiamo le braccia verso l’alto sopra il capo, solleviamo i talloni ed in punta di piedi ripetiamo “Io sono premuroso”.

Sorridere con il respiro: può essere praticato anche quando camminiamo. Quando inspiriamo siamo consapevoli del respiro che entra nelle narici e ripetiamo mentalmente “Io respiro la pace”. Quando espiriamo, ripetiamo “Io espiro e sorrido”.
Il sorriso del Buddha: è praticato in posizione seduta con la schiena eretta. Gli occhi sono chiusi e tutti i muscoli non interessati al mantenimento della posizione sono rilassati. Portate gli angoli della bocca verso l’esterno e verso l’alto e nello stesso tempo tirare gli auricolari delle orecchie (la parte esterna dell’orecchio) verso il capo. L’effetto psicologico di questa pratica è di gioia, ma alcuni pazienti sorridono già alla sola idea.

Il sorriso interno: anche questo è praticato in posizione seduta con la schiena eretta, i muscoli non interessati alla posizione sono rilassati, e gli occhi sono aperti. Immaginiamo che la retina brilli di luce dorata e che questa luce esca dai nostri occhi. Una variante più difficile è praticata con gli occhi chiusi e consiste nel mandare la luce dorata in tutte le parti del corpo.

Sorridere con il colore: immaginiamo che lo spazio interno del corpo sia pieno di un fluido chiaro. Poi introduciamo in questo fluido una goccia di un colore gioioso come l’arancio. Il colore si muove, si espande e riempie il corpo intero.

Tu puoi guarire le persone, puoi allungare la loro vita, ma poi
cominciano nuovamente e dappertutto con le stesse colpe
e le stesse malattie. Il vero miracolo è salvare l’anima
riempiendola di luce in modo che non pecchi più.
Il vero miracolo è insegnare agli esseri umani a trasformare
l’odio in amore.

Omraam Mikhael Aivanhov

Yoga Sutra di Patanjali

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Four Chapters on Freedom – Commentary on Yoga Sutras of Patanjali”, ed. Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

I Capitolo: Samadhi Pada

Sutra 34: (III) O attraverso il controllo del prana

Prachchhardanavidhāranābhyām vā prānasya

Prachchhardana: espirazione o rechaka; vidhāranābhyām: trattenendo, kumbhaka; vā: o; prānasya: del respiro

O attraverso l’espirazione e la ritenzione del respiro (si può controllare la mente).

In relazione al temperamento, non tutte le persone sono capaci di arrendersi a Dio. Anche se un individuo crede in Dio, può non essere in grado di praticare Ishwara pranidhana. Per queste persone Patanjali indica un metodo per rendere la mente pura, controllata e stabile. Alcuni di noi sono di temperamento dinamico, altri sono emotivi, alcuni sono mistici e altri razionali. La struttura mentale può essere suddivisa in queste quattro tipologie. Per le persone dinamiche il karma yoga è il metodo che meglio si adatta. Il bhakti è la pratica migliore per le persone emotive, capaci di arrendersi a Dio, che costituiscono la maggior parte della popolazione. Le persone del terzo gruppo, quelle mistiche, sono inclini a praticare il raja yoga e le pratiche affini di hatha yoga, swara yoga, kriya yoga, nada yoga, trataka, ecc. Il quarto gruppo è costituito da pochi gyana yogi, che prediligono letture come le Upanishad, la Gita, ecc., dove sono trattati gli aspetti più profondi della vita, l’universo e la meditazione. Poiché la maggior parte delle persone manifesta una combinazione di queste quattro tendenze, è necessario intraprendere differenti tipi di pratiche; per questo Patanjali ha descritto pratiche di vario genere, fra le quali dovremmo scegliere il sadhana più adatto a noi.
A partire dagli yogi videha e prakritilaya, nei sutra precedenti Patanjali ha descritto vari tipi di sadhana per vari tipi di aspiranti. In questo sutra parla del pranayama. Dobbiamo capire il significato di prachchhardana e vidharana. La prima parola significa espirazione, la seconda significa trattenere il respiro fuori. Questo indica maha bandha che comprende l’esecuzione dei tre bandha assieme – jalandhara, uddiyana e mula banda – durante kumbhaka. Non si dovrebbe insegnare maha bandha ad un principiante, che dovrebbe eseguire solo rechaka, ossia l’espirazione, per circa 21, 51 o 100 volte. Possiamo chiamare questa pratica kapalbhati o agnisar.
È già sufficiente praticare rechaka, kumbhaka e i tre bandha per portare la mente ad uno stato di calma. In un antico libro si afferma che la coscienza si basa su due sostegni: prana e vasana. Questi sono i supporti sulla base dei quali la mente riposa e la coscienza lavora. Se viene meno uno dei due, anche l’altro sparisce automaticamente. Il prana è sia grossolano sia sottile: quello sottile si manifesta sotto forma di energia mentre quello grossolano sotto forma del respiro.
Ci sono cinque prana principali – prana, apana, udana, samana e vyana – e cinque prana secondari – devadatta, nada, kurma, krikara e dhananjaya – responsabili delle diverse attività del corpo umano. Prana è responsabile per l’inspirazione, lavora nella bocca e nel naso, permette la digestione del cibo, la separazione degli alimenti digeriti, converte l’acqua in sudore e urina e controlla le secrezioni ghiandolare; la sua sfera d’influenza va dal naso al cuore. Apana è responsabile per le escrezioni e l’eliminazione delle impurità dal corpo; il suo campo d’influenza va dall’ombelico alla pianta dei piedi e genera il movimento verso il basso. Samana si manifesta negli arti e nelle nadi e lavora tra il cuore e l’ombelico. Udana mantiene la forza muscolare ed è responsabile della separazione del corpo karmico dal corpo grossolano al momento della morte; con il controllo di udana gli yogi possono viaggiare nell’aria. Agisce dalla gola alla testa. Vyana genera la circolazione del sangue e si muove attraverso i nervi; è situato nella regione anale.
Tra i prana minori, nada genera la tosse e gli starnuti, kurma genera la contrazione, mentre krikara porta fame e sete. L’azione di devadatta genera sonnolenza e sonno mentre dhananjaya conserva il nutrimento.
Oltre a questi ci sono quindici principali correnti sottili di prana chiamate nadi. Nadi indica i nervi o una corrente di energia oppure il sangue. Le nadi portano gli impulsi da e verso il cervello. Si chiamano: sushumna, ida, pingala, gandhari, hastijihwa, pusha, aswini, shura, kuhu, saraswati, varuni, alambusha, vishvodari, shankhini e chittra. In tutto, nel corpo abbiamo 72.000 nadi che portano le sensazioni più sottili. Tre sono le più importanti: ida, pingala e sushumna. Queste tre nadi sono importantissime nello yoga perché veicolano le correnti più elevate di conoscenza superiore. Delle tre, la più importante è sushumna. Si tratta di un passaggio molto sottile situato al centro del midollo spinale che emerge dalla radice dell’ano e sale fino ad agya chakra, o midollo allungato. Queste tre nadi emergono da muladhara chakra, che è chiamato muktatriveni; la coscienza, le sensazioni sono sono liberate e si unificano, si incontrano in agya chakra. Triveni è un posto, in India, dove s’incontrano i tre fiumi Gange, Yamuna e Saraswati. Per analogia agya chakra è chiamato yuktatriveni. All’interno della struttura di sushumna sono presenti altre due nadi: la più esterna è chiamata vajra nadi e la più interna chittra nadi. All’interno di chittra c’è un canale più sottile conosciuto come brahma nadi.
Il processo del respiro ha una tabella oraria definita; è il moto della luna che influenza il movimento e il controllo del respiro o swara. Il respiro ha un effetto diretto sui moti individuali e controlla il pensiero così come il passato, il presente e il futuro. Nelle ventiquattro ore il respiro è predominante nella narice destra per un’ora, alternandosi poi, sempre per un’ora circa, nella narice sinistra, in questo modo per dodici volte. La narice sinistra è chiamata ida o chandra, la narice destra pingala o surya. In modo analogo, ida è chiamata Ganga e pingala Yamuna. Ad ogni ora il respiro cambia posizione nelle narici. Durante il cambiamento da ida a pingala o da pingala a ida, c’è il momentaneo fluire di sushumna. Conosciamo questo fatto dalla scienza chiamata shiva swara yoga. Nei primi tre giorni di luna crescente, al sorgere del sole fluisce prevalentemente la narice sinistra e poi, all’incirca dopo ogni ora, il flusso predominante si alterna nell’altra narice. Dopo tre giorni, al sorgere del sole, fluisce per un’ora la narice destra. Durante il periodo di luna calante, i primi tre giorni la narice destra è più aperta per un’ora dopo il sorgere del sole, poi il ciclo cambia ogni tre giorni. Quando si è indisposti, questo ordine può mutare e con l’aiuto di swara yoga si possono diagnosticare le malattie.
Quando fluisce pingala, la nadi solare, sono adatti i lavori pesanti, mentre i lavori leggeri si dovrebbero fare quando fluisce ida, la nadi lunare; la meditazione dovrebbe essere praticata quando fluisce sushumna. Attraverso l’utilizzo di alcune pratiche si può modificare il flusso nelle narici. Per esempio, chiudendo gli occhi e meditando sulla narice sinistra è possibile attivarla, ma questo dipende dall’intensità della concentrazione; la narice destra può essere attivata sdraiandosi sul fianco sinistro, premendo l’ascella con un cuscino. Un altro metodo per aumentare il flusso in una narice è di chiudere la narice opposta con della bambagia; in aggiunta, vi sono molti altri metodi.
Nel pranayama la respirazione deve essere eseguita molto lentamente. Si è scoperto che coloro che respirano lentamente e profondamente vivono più a lungo: la lepre respira ottanta volte al minuto e vive solo otto anni, la scimmia respira trentadue volte al minuto e vive dieci anni; in media il cane vive dodici anni e il cavallo venticinque, respirano rispettivamente ventinove e diciannove volte al minuto; gli esseri umani respirano tredici volte al minuto, quindi dovrebbero vivere 120 anni. Si è visto che il serpente, che vive 1000 anni, respira solo otto volte al minuto e la tartaruga, che vive 3000 anni, respira cinque volte al minuto. Questo dimostra l’importanza della ritenzione del respiro.
Il kumbhaka trattato in questo sutra è quello esterno, in cui il respiro è mantenuto fuori dopo rechaka.

Il Saluto al Sole: i Centri Psichici

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Surya Namaskara”, edizioni Satyananda Ashram Italia.

Centri psichici

Nel corpo sottile dell’uomo ci sono sette principali centri psichici chiamati chakra, che hanno una corrispondenza fisica con in vari plessi e ghiandole endocrine.
Durante la pratica di surya namaskara questi punti sono utilizzati per focalizzare la mente, sviluppando la concentrazione e la consapevolezza.
La concentrazione su questi punti ci permette di attivare i chakra e di attingere una più elevata energia psichica e spirituale associata al maggiore funzionamento dei chakra.
Da questa elevata consapevolezza traggono beneficio anche le strutture fisiche corrispondenti ai chakra.
L’effettiva comprensione delle parti corrispondenti ad ogni centro psichico, per conto di qualsiasi asana, ha un effetto stimolante sui chakra; questo si verifica con la compressione, la stimolazione e il riequilibrio delle componenti nervose ed endocrine.
L’attivazione dei centri psichici tramite surya namaskara si verifica principalmente attraverso lo sviluppo della consapevolezza interiore, della concentrazione e della visualizzazione.
L’effettiva stimolazione fisica con ogni asana sviluppa prana shakti, permettendoci di focalizzare meglio e di concentrare le nostre energie mentali e fisiche sul punto dove il chakra è localizzato.
È questo aspetto duale – portare la consapevolezza ad una struttura fisica altamente caricata – che porta alla fusione della mente con il corpo, ida e pingala, e attiva il chakra.
Questa iniziazione culmina nella consapevolezza spirituale.

Consapevolezza dei chakra

Quando ci troviamo negli stadi iniziali della pratica yoga, come nelle asana e in pranayama, durante l’esecuzione delle asana portiamo la consapevolezza nel chakra corrispondente. Per fare questo dobbiamo avere una chiara idea di dove si trovano i chakra:
Muladhara – nell’uomo al centro tra l’ano e i genitali, nel perineo; nella donna proprio dietro la cervice, nel collo dell’utero.
Swadhisthana – nell’area sacrale della colonna vertebrale; il suo punto di contatto si trova sopra l’osso pubico, nella parte frontale del corpo.
Manipura – nella colonna vertebrale a livello dell’ombellico; il suo punto di contatto è l’ombellico stesso.
Anahata – nella colonna vertebrale dietro lo sterno; il suo punto di contatto è nello sterno.
Vishuddhi – nella colonna vertebrale dietro la gola; il suo punto di contatto è la cavità della gola.
Agya – alla sommità della colonna vertebrale, all’altezza della nuca, nel centro della testa; il suo punto di contatto è al centro tra le sopracciglia, bhrumadhya.
Poiché non ci sono altri chakra o centri psichici coinvolti nella pratica di surya namaskara, ulteriori dettagli sugli altri centri si possono trovare in altri testi.

La stimolazione dei chakra procede nell’ordine seguente:

  1. Pranamasana anahata chakra
  2. Hasta uttanasana vishuddhi chakra
  3. Padahastasana swadhisthana chakra
  4. Ashwa sanchalasana agya chakra
  5. Parvatasana vishuddhi chakra
  6. Ashtanga namaskara manipura chakra
  7. Bhujangasana swadhisthana chakra
  8. Parvatasana vishuddhi chakra
  9. Ashwa sanchalasana agya chakra
  10. Padahastasana swadhisthana chakra
  11. Hasta uttanasana vishuddhi chakra
  12. Pranamasana anahata chakra

Penetrare i chakra

Durante la pratica di ogni asana si cerca di localizzare il chakra associato e di sviluppare la concentrazione su quel centro. Per fare questo serve del tempo, specialmente negli stadi iniziali. Non si dovrebbe però mantenere ogni asana per più di un minuto a meno che non si pratichi sotto una guida adeguata. A mano a mano che aumenta la capacità della consapevolezza e della visualizzazione dei chakra, i procedimenti di asana, pranayama e consapevolezza dei chakra possono essere fusi insieme.
Per aumentare la stimolazione dei chakra si può utilizzare il respiro; per esempio, quando inspirate potete visualizzare il respiro psichico che porta il prana nel corpo attraverso il chakra, quando espirate potete visualizzarlo mentre fluisce fuori dal corpo. Durante la ritenzione del respiro divenite consapevoli dell’incontro tra prana e apana in manipura. Certamente questi tipi di pratiche avanzate dovrebbero essere apprese sotto una guida esperta; a questo livello surya namaskara diventa una parte della preparazione al Kundalini Yoga.
Nella pratica di surya namaskara tocchiamo mentalmente i chakra eccetto muladhara chakra. Così si sviluppano gli altri chakra in preparazione al risveglio di muladhara, che è associato alla liberazione di potenti forze inconsce. Surya namaskara aumenta la vitalità in preparazione a questo evento. Quando poi è il momento, si possono usare altre pratiche per risvegliare muladhara. Si può combinare la concentrazione sui chakra con la ripetizione mentale dei mantra, sentendo che il mantra viene ripetuto nel chakra corrispondente. Quando la concentrazione del praticante si è sviluppata, si può anche sentire che le vibrazioni dei mantra emergono dai centri psichici, un’esperienza intensa e meravigliosa.

Le Applicazioni dello Yoga nel Trattamento delle Malattie Comuni: Vene Varicose

Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Le Applicazioni dello Yoga nel Trattamento delle Malattie Comuni”, Edizioni Satyananda Ashram Italia.

Molte persone lamentano una sensazione dolorosa di stanchezza e pesantezza alle gambe al termine della giornata, risultato di un funzionamento carente di vene varicose dilatate, allungate e tortuose. Questa patologia facilmente riconoscibile si riscontra solo nell’essere umano ed è correlata ai particolari sforzi circolatori richiesti per il mantenimento della postura eretta.
Il trattamento yogico dà sollievo a chi soffre di questa patologia e aiuta a correggere e riportare le vene danneggiate alla loro condizione originaria. Ciò è particolarmente vero per i casi iniziali in cui il danno non è molto grave.
La patologia è caratteristica della mezza età e della vecchiaia, ma può insorgere in qualsiasi momento a seguito di una lesione a muscoli e vene delle gambe. Essa può essere conseguenza di una tendenza ereditaria, ricorrente in famiglia di generazione in generazione e spesso accompagna la gravidanza. È un rischio del mestiere per persone che trascorrono molto tempo in piedi, come operai addetti alle macchine, chi lavora alla catena di montaggio, poliziotti addetti al traffico, barbieri, commessi, cassieri e oratori.
Come si sviluppano le vene varicose? Per rispondere a questa domanda bisogna in primo luogo considerare la struttura e il funzionamento del sistema venoso di ritorno dalle estremità verso il cuore. Nel corpo di un adulto medio la colonna del sangue venoso deve scorrere verso l’alto per almeno 122 cm circa contro la forza di gravità, per entrare nel cuore. Questa è davvero una prodezza d’ingegneria che la natura ha compiuto attraverso un sistema di valvole di flusso a senso unico, presenti lungo le vene delle gambe. L’azione di pompaggio s’instaura quando i muscoli delle cosce e dei polpacci si contraggono nel camminare. Queste ripetute contrazioni spingono il sangue verso l’alto lungo le vene, in direzione del cuore. Le valvole unidirezionali all’interno delle vene servono a frazionare la colonna di sangue ed impedire che rifluisca verso i piedi.
È anche necessario capire un po’ di più la struttura del reticolo di vene che irrora di sangue ogni gamba. Ci sono due sistemi di vene nelle gambe: quelle “superficiali” (che corrono proprio sotto la pelle) e quelle “profonde” (all’interno dei muscoli delle gambe e delle cosce). Il sistema superficiale s’interseca con quello profondo in due zone: nell’inguine e dietro il ginocchio. Inoltre ci sono numerose vene perforanti lungo le gambe e le cosce che collegano i due sistemi. Le vene varicose si sviluppano nell’area dove i due sistemi si collegano uno con l’altro. Normalmente, il sangue del sistema superficiale fluisce nel sistema profondo, e la connessione tra i due è protetta da valvole unidirezionali che prevengono qualsiasi riflusso dal profondo al superficiale. Ora, considerate cosa succede quando si sta in piedi. La pompa muscolare è inattiva e il peso della colonna di sangue, che esercita una pressione sino a 90mm Hg, grava sulle valvole.
Una vena varicosa può insorgere in tre modi correlati:
1. Una valvola diventa inefficiente, permettendo un ritorno del sangue con alta pressione nel sistema superficiale, dilatando la vena superficiale. Dopo un certo periodo, la vena congestionata s’ingrossa e diventa tortuosa.
2. Un’ostruzione del ritorno venoso verso il cuore, all’altezza dell’addome, genera un’eccessiva pressione di ritorno nelle vene, dilatandole e costringendo le valvole ad aprirsi dall’alto e a diventare inefficienti. Questa situazione è classica in gravidanza dove l’utero man mano che si espande invade lo spazio della vena cava inferiore, la principale vena dell’addome. Per questo motivo le vene varicose compaiono spesso in gravidanza, ma la capacità valvolare di solito si ristabilisce dopo il parto, specialmente se la donna utilizza la terapia yogica nel periodo post-parto. Anche tumori che ostruiscono il flusso possono causare vene varicose, per questo motivo è necessario un controllo medico prima di iniziare lo yoga.
3. Nelle trombosi (blocco) all’interno delle vene profonde della gamba, tutto il sangue fluisce attraverso il sistema superficiale, producendo dilatazione e insufficienza valvolare. Questa è una causa poco comune e molto grave delle vene varicose e richiede una terapia medica urgente. Essa è caratterizzata da dolore intenso quando si stirano i muscoli del polpaccio.
La lamentela più comune di chi soffre di vene varicose è il senso d’affaticamento e disagio al termine della giornata. Tale fastidio può essere accompagnato da dolori acuti e localizzati nei siti delle vene varicose, gonfiore delle caviglie la sera e prurito alla pelle delle gambe. Altri trovano imbarazzante e socialmente limitante la bruttezza delle proprie vene varicose, sentendosi obbligati a nasconderle in pubblico e, di conseguenza, limitando le proprie attività.
Fortunatamente, utilizzando una combinazione di buon senso, pratiche yogiche e scienza medica, si può trovare una soluzione soddisfacente alla maggior parte dei problemi dovuti alle vene varicose.

Trattamento chirurgico

L’asportazione chirurgica delle vene varicose può essere necessaria se la patologia è grave o invalidante. Si deve ricordare, tuttavia, che la chirurgia non elimina la tendenza di fondo alle vene varicose e talvolta vene in precedenza inalterate possono diventare varicose successivamente. Perciò, coloro che si sottopongono alla chirurgia dovrebbero adottare il programma di asana indicato per agevolare il ritorno venoso ed evitare, in futuro, la possibilità di ulteriori operazioni. Ci sono due terapie principali per le vene varicose:

  1. Iniezioni di sostanze sclerosanti (aderenti) nelle vene per unire le pareti e prevenire un ulteriore uso come percorso di ritorno venoso.
  2. Legatura ed estrazione delle lunghe vene superficiali, che implica l’annodamento delle estremità delle vene e la loro completa asportazione. Per quest’operazione sono necessari numerosi piccoli tagli e il sangue viene lasciato ritornare al cuore attraverso il sistema venoso profondo. Il chirurgo deve assicurarsi che ogni vena comunicante sia efficacemente legata.

Trattamento yogico

Le asana sono molto efficaci nella cura delle vene varicose leggere e medie alleviando i sintomi e, in alcuni casi, permettendo ad alcune valvole di riguadagnare l’efficienza originaria. Molti hanno ottenuto un notevole miglioramento della patologia con la pratica regolare e costante di queste asana.
Molto importanti sono tutte le asana capovolte, che aiutano il sangue stagnante a ritornare verso il cuore, permettendo alle vene lesionate di riassumere dimensioni più normali e agevolando la funzionalità valvolare. Ricordate di riposare in shavasana dopo ogni postura capovolta.
Sarvangasana (la postura sulle spalle) dovrebbe essere eseguita per parecchi minuti, mattina e sera e ogni volta che si sentono le gambe stanche e pesanti durante il giorno. Sirshasana (la postura sulla testa), benché sia una pratica eccellente per la patologia, è una postura avanzata e non dovrebbe essere tentata dai principianti né eseguita a lungo se non sotto controllo.
In molti casi il problema delle vene varicose si manifesta poiché il sistema di pompaggio è diventato inefficiente e debole, quindi dovrebbero essere praticate regolarmente le asana che allungano i muscoli delle gambe, tonificando e sviluppando la pompa muscolare. Quando i muscoli sono poco sviluppati e flaccidi, le valvole sono sottoposte ad uno sforzo e pressione maggiore.
Succede spesso che quando l’inefficienza del sistema di pompaggio viene migliorata attraverso la pratica di queste asana, i sintomi delle vene varicose scompaiono. Per questo scopo è eccellente sumeru asana. I talloni, se possibile, devono essere portati a terra, tendendo al massimo i muscoli del polpaccio. Tadasana è particolarmente indicata per allungare le vene ed aumentare così la pompa muscolare. Pada hastasana e paschimottanasana, quando praticate correttamente, esercitano una pressione positiva sui muscoli delle gambe. Pada sanchalanasana (la bicicletta) è benefica specialmente per le vene e i muscoli delle cosce. Surya namaskara è una serie dinamica di asana che dà benefici profondi. Alcuni cicli dovrebbero essere inclusi all’inizio del programma mattutino.
È una scelta individuale decidere quale terapia sia più adeguata alla propria condizione, secondo la gravità del caso e della motivazione individuale ad aiutare se stessi. Le vene varicose a tutti i livelli beneficeranno di una combinazione delle varie terapie. Ricordate che le vene varicose non si sviluppano dalla sera alla mattina e non dovete aspettarvi di invertire immediatamente la situazione perché ci vorrà del tempo. Attraverso la pratica di queste asana avrete immediato sollievo dai dolori alle gambe. Dopo alcune settimane o mesi, sviluppando la pompa muscolare e svuotando le vene dal sangue stagnante, si possono ottenere risultati sorprendenti, specialmente se le vene non erano troppo anormali. Vale la pena di tentare questo approccio prima di precipitarsi dal chirurgo.

Ulteriori raccomandazioni

Precauzioni semplici come queste, insieme alle pratiche yogiche possono dare sollievo e promuovere la crescita dell’auto-consapevolezza nella nostra routine quotidiana.

1. Evitate, se non necessario, di stare in piedi per lunghi periodi. Se ciò non è possibile, mantenete la pompa muscolare in funzione stimolando la circolazione sanguigna camminando o flettendo e contraendo i muscoli delle gambe il più possibile. C’è un modo particolare di camminare che darà sollievo. Ad ogni passo si porta a terra per primo il tallone e si usano consapevolmente i muscoli del polpaccio della gamba dietro per sollevare l’altro tallone, aumentando l’elasticità del passo.

2. Mantenete le gambe il più possibile sollevate per drenare il sangue stagnante nelle vene. Se lavorate ad una scrivania, sostenete le gambe orizzontalmente anziché lasciarle giù nella posizione solita. Analogamente, il vostro luogo favorito per il rilassamento dovrebbe includere un comodo e alto sostegno per i piedi. Durante la gravidanza, lo sdraiarsi su un fianco agevolerà il ritorno venoso spostando la pressione dalla vena cava inferiore nell’addome. In alternativa, la donna incinta può rilassarsi sdraiata sulla schiena con i piedi contro una parete o su un sostegno.
3. Alcuni trovano estremamente benefica l’applicazione, ogni mattina, di uno stretto bendaggio elastico o di una calza elastica, ma altri la ritengono troppo scomoda e limitante. Durante il sonno e quando gli arti sono sollevati, le vene si drenano. Legare l’arto dall’alto verso il basso, non troppo stretto e con un movimento a spirale, da sopra il punto in cui affiora la vena varicosa, impedirà che durante il giorno si riempia e aiuterà la pompa muscolare perché i muscoli si contrarranno in senso contrario alla pressione del bendaggio. Durante il giorno si può allentare periodicamente il bendaggio, sollevare e massaggiare la gamba, e quindi riapplicarlo togliendolo alla fine della giornata.

4. Il massaggio alle gambe è molto efficace nell’alleviare il dolore delle vene varicose. Molti sostengono che il massaggio non è solo una terapia palliativa, ma ha anche un potenziale curativo a lungo termine se eseguito con consapevolezza e in modo regolare. Il massaggio è più piacevole e rilassante la sera, quando gli arti sono stanchi. Il movimento dovrebbe essere in direzione del cuore, comprimendo e decomprimendo le gambe per liberare i tessuti dal sangue. Un libro sul massaggio darà indicazioni precise su come massaggiare nel modo più efficace. Il massaggio è particolarmente utile per le vene varicose durante la gravidanza.

La Meditazione

Tratto da: Paramahansa Satyananda, “Meditations from the Tantras”, ed. Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

Biofeedback: una moderna applicazione dello yoga

Le tecniche di biofeedback sono state utilizzate in relazione alla meditazione. Il biofeedback consiste nel misurare e il monitorare le onde elettriche emesse dal cervello.
Parliamo prima della natura e della causa di queste onde cerebrali. L’esistenza delle onde cerebrali, sebbene sia più corretto chiamarli ritmi cerebrali, furono notate alla fine del mille e ottocento nel corso di alcune ricerche sul cervello delle scimmie. Nella prima parte del secolo scorso, questo campo di ricerche si diffuse anche sugli esseri umani e fu così scoperto che la frequenza, il voltaggio e l’ampiezza delle onde variano in modo apprezzabile.
Da allora le ricerche su questo fenomeno sono andate avanti regolarmente e gli schemi delle onde cerebrali sono stati utilizzati in patologia per dimostrare l’esistenza di un alterato funzionamento del cervello, come nei tumori e nei disordini mentali in generale.

Cosa sono le onde cerebrali?

Le ricerche mediche non ne sono sicure in assoluto, ma quella seguente è una breve descrizione della loro natura e causa. Il cervello è costituito da milioni e milioni di cellule, chiamate neuroni. Vi sono innumerevoli connessioni tra queste singole cellule e le altre. In realtà si può affermare molto approssimativamente che ogni cellula cerebrale è direttamente o indirettamente collegata ad ogni altra cellula.
Questi complessi circuiti di neuroni vengono continuamente attraversati da impulsi nervosi. Ogni neurone consiste di un corpo centrale, un assone e di vari dendriti, e riceve impulsi nervosi da altri neuroni attraverso l’assone, una lunga fibra nervosa a forma di filo. I neuroni trasmettono gli impulsi nervosi ad altri neuroni attraverso delle fibre chiamate dendriti, che si connettono agli assoni di altri neuroni. L’impulso nervoso è trasmesso solo quando la carica elettrica del neurone raggiunge un certo livello. A questo livello predeterminato vi è un impulso improvviso; sono questi impulsi che generano le onde cerebrali.
I ricercatori hanno scoperto che vi è una relazione tra la frequenza, il voltaggio e l’ampiezza delle onde cerebrali e lo stato dell’individuo. Per comodità le onde cerebrali sono state divise in quattro diversi tipi: beta, alpha, theta e delta. Il lettore deve ricordare che queste onde cerebrali non sono gli stati mentali; sono semplicemente una manifestazione che permette di conoscere lo stato della mente di ogni individuo. Tuttavia c’è ancora molto da scoprire circa la relazione tra queste onde e lo stato della mente.
Vediamo ora un breve sommario di ciò che oggigiorno sappiamo su queste onde.

Le onde Beta sono le onde emesse prevalentemente dal cervello durante il giorno negli stati di veglia e sono collegate alle attività esterne, all’estroversione. Quando utilizziamo il cervello nel pensiero razionale, quando usiamo i nostri sensi, quando siamo ansiosi, tesi o in uno stato mentale normale, sono le onde Beta che vengono emesse. Hanno una piccola ampiezza e una frequenza elevata che supera i 13 cicli al secondo.

Le onde Alpha vengono emesse in modo molto evidente durante gli stati iniziali della meditazione. Sono collegate ad uno stato rilassato della mente, alla passività e a stati non ansiosi e senza tensioni. Sono connesse alla creatività, e durante questi periodi di creatività vi è un’elevata produzione di onde Alpha che mette in evidenza lo stato di quiete della mente razionale e dei sensi.
Studi su yogi e buddisti zen, realizzati mentre erano in uno stato meditativo, hanno confermato queste considerazioni sulle onde Alpha. Dette onde sono collegate ad una forma di consapevolezza passiva, una caratteristica distintiva della meditazione. Le onde Alpha hanno una frequenza variabile tra gli 8 e i 13 cicli al secondo.

Le onde Theta sono abbondantemente emesse durante il sonno. Sono associate alla mente inconscia e si formano quando stati d’animo o impressioni profondamente inconsci affiorano in superficie e alla consapevolezza conscia.
Le onde Theta si manifestano durante profondi stati meditativi, durante stati d’intensa creatività, di estasi e di percezioni extrasensoriali. Molti bambini emettono questo tipo di onde durante lo stato di veglia, ma questo è molto raro negli adulti. Le onde Theta hanno una frequenza variabile dai 4 ai 7 cicli al secondo.

Le onde Delta hanno un’ampiezza elevata e una frequenza inferiore ai 4 cicli al secondo. Poco si sa sull’emissione di queste onde, sebbene siano state collegate a stati di sonno profondi e senza sogni. In questi momenti si è molto ricettivi e propensi all’apprendimento.
In altre parole, durante questo tipo di stato le persone possono assorbire insegnamenti attraverso un registratore per esempio, anche se si dorme. Sembra che questa conoscenza arrivi direttamente alla mente inconscia, eludendo gli organi di senso.

Il lettore deve tenere conto che questa classificazione è arbitraria in quanto la differenziazione tra le varie onde non deve essere considerata una divisione rigida e naturale. Una persona con un sufficiente controllo mentale, come per esempio uno yogi avanzato, può spostarsi da uno stato all’altro per mezzo della volontà; può cominciare nell’area delle onde Beta della normale attività di veglia e, successivamente, attraverso la volontà, può arrivare allo stadio caratterizzato dalle onde Alpha. All’inizio le onde Beta sono presenti, poi alla fine scompaiono e dopo un po’ di tempo iniziano a manifestarsi le onde Theta. Se non vi è uno stato di sonno si può raggiungere uno stato meditativo che diventa sempre più profondo a mano a mano che predominano le onde Theta. Alla fine si possono manifestare le onde Delta, che normalmente sono associate al sonno profondo.
Comunque, anche se è solo una supposizione, si può pensare che durante la meditazione la predominanza delle onde Delta corrisponda ad elevati stati di meditazione e forse anche al samadhi.
Queste onde si possono individuare per mezzo di un sistema elettrico conosciuto come elettroencefalogramma (EEG). Questo è uno strumento che amplifica i segnali elettrici dovuti alle attività cerebrali, captati per mezzo di elettrodi fissati ai lati del capo. Questi segnali elettrici possono essere registrati su dei grafici che individuano immediatamente il tipo di onde emesse. Successivamente, attraverso la forma delle onde emesse sarà possibile leggere lo stato della mente della persona esaminata.
Questo strumento è usato soprattutto nel campo della ricerca e della patologia e comunque non è alla portata dell’uomo della strada. Per soddisfare queste esigenze alcune aziende hanno cominciato a costruire modelli molto semplici, a prezzi convenienti, che permettono di rilevare le forme d’onda emesse dal nostro cervello.
L’apparecchiatura più comune e semplice è costituita da una cuffia e da uno strumento che rende udibili i suoni che corrispondono alle fluttuazioni delle onde emesse dal cervello. Un altro modello emette un suono solamente quando viene prodotto un particolare tipo di onda cerebrale. Sono disponibili altri tipi di strumenti e certamente altri ne verranno sviluppati.

Quando il biofeedback può aiutare a meditare?

Conoscendo l’attività delle onde cerebrali del proprio cervello in ogni momento, si può consciamente agire in modo da cambiare le onde cerebrali nello stato desiderato. Comunque è necessaria una grande pratica poiché è improbabile che si sia in grado di raccogliere segnali da uno strumento e immediatamente cambiare il proprio stato mentale, ma con la pratica si può arrivare allo stato meditativo.

Come si possono cambiare consciamente le emissioni delle onde cerebrali?

All’inizio può sembrare impossibile la forma dell’onda è una funzione della mente stessa. Può sembrare sorprendente ma tutto ciò che serve è pratica e perseveranza, esattamente ciò che occorre per tutte le cose della vita. Impariamo a camminare, a parlare, a leggere attraverso i nostri sforzi perseveranti.
Recenti ricerche hanno dimostrato che tutti i processi corporei possono essere controllati, persino quelli ritenuti automatici o relativi a funzioni vegetative come il battito cardiaco, ecc. Questo è un qualcosa che gli yogi hanno fatto per migliaia di anni, ma è solo ai giorni nostri che è stato preso in considerazione dalla scienza ufficiale.
Attraverso test scientifici e l’utilizzo di strumenti come il biofeedback, misurando l’emissione di particolari organi è stato dimostrato che si può rallentare o accelerare l’attività del cuore o di altri organi attraverso la forza di volontà. È solo questione di pratica ed è la stessa cosa per il controllo delle onde cerebrali. Ognuno deve elaborare un proprio metodo. C’è chi per esempio può trovare difficile convertire le proprie onde cerebrali Beta nelle più rilassanti onde Alpha. La maggior intensità può causare tensione e forse una maggiore preminenza delle onde Beta. Alcune persone trovano che il metodo migliore sia semplicemente pensare al cambiamento e il cambiamento automaticamente ha luogo, ma ognuno deve trovare la propria tecnica.
Si può certamente arrivare ad elevati stadi di meditazione senza biofeedback, come molti hanno fatto da secoli. I grandi yogi, i buddisti zen, ecc, non hanno bisogno dell’aiuto di strumenti per modificare il loro stato mentale in quanto per loro è sufficiente la volontà e la sensibilità. Tuttavia, le tecniche di biofeedback sono molto utili per i principianti e per coloro che, nonostante una pratica intensa e costante, non hanno ottenuto apprezzabili progressi nella meditazione.
La maggioranza di noi è così insensibile che non riesce a percepire quando si è più rilassati o più tesi, o quando si rimane nello stesso stato mentale. Il biofeedback può indicare a colui che medita se compie o no dei progressi. Questo sistema è così utile che molti insegnanti di yoga lo stanno già utilizzando sia per se stessi sia per i loro studenti.
Riassumendo, il biofeedback è solo agli inizi, ma sembra promettere ottime possibilità per il futuro. Inoltre è sempre più impiegato da quei giovani che per i loro “viaggi” facevano uso di droga. Con la pratica si può ottenere lo stesso risultato ma senza gli effetti dannosi associati alla maggior parte delle droghe. L’utilizzo del biofeedback potrà integrare la pratica meditativa e portare significative esperienze alla portata di tutte le persone. La meditazione affiancata al biofeedback potrebbe fare molto per elevare il livello della mente o il livello della coscienza nel mondo.
Il lettore potrebbe essere interessato alle differenze che esistono tra le onde cerebrali emesse durante la meditazione e in altri stati che spesso vengono correlati con la meditazione, come stati di trance o ipnotismo. Vi è una minima correlazione, o forse nessuna; in effetti, durante gli stati di trance o gli stati ipnotici le emissioni di onde cerebrali prendono la forma suggerita dell’ipnotizzatore. Questi stati sono normalmente caratterizzati da emissioni di onde Beta, caratteristiche di un normale stato estroverso della mente e certamente non correlato alla meditazione.