Mantra, Yantra e Mandala
Tratto da Swami Satyasangananda Saraswati “Tattwa Shuddhi”, Edizioni Satyananda Ashram Italia.
La scienza dei mantra, degli yantra e dei mandala è strettamente intrecciata con la teoria e la filosofia del tantra. Il tantra è sia una filosofia sia una scienza pratica, e le sue sublimi teorie divengono efficaci attraverso l’uso di mantra, yantra e mandala.
Siamo spesso bombardati da sistemi e filosofie che parlano della trasformazione di un individuo e del conseguimento di una conoscenza e di un intuito superiore. Essi parlano di discipline morali ed etiche, che sono indubbiamente qualità ideali, ma poche persone possono sperare di conseguirle. Un’accettazione intellettuale non è sufficiente per trasformare un individuo. Dopo tutto, una filosofia senza alcuna indicazione per l’applicazione pratica è un puro e semplice intellettualismo.
La qualità straordinaria del tantra consiste nel non proclamare filosofie altisonanti o astratte senza dar loro corpo mediante una spiegazione sistematica e completa della loro applicazione pratica e quotidiana. Questo risultato è stato conseguito attraverso la scienza altamente evoluta dei mantra, degli yantra e dei mandala. Per comprendere pienamente il meccanismo di questi tre strumenti basilari del tantra, che sono utilizzati in tutti i sadhana tantrici, compreso tattwa shuddhi, è necessario comprendere ciascuno di essi.
Mandala
Prima di tutto esaminiamo il mandala, da cui ha avuto origine la ricca iconografia tantrica, dei templi, dell’arte, dell’architettura e della musica. Qualsiasi forma creata pittoricamente o visualmente entro la coscienza dell’uomo costituisce un mandala. Per poter creare un mandala, si deve essere in grado di vedere dentro di sé, non sotto forma di pensiero, ma di visione, in modo chiaro come si vede il mondo con gli occhi aperti. Quanto più chiara è la visione interiore, tanto più preciso e potente è il mandala che noi creiamo.
Il principio di un mandala è quello di vivere entro un cerchio, perciò qualsiasi mandala venga visualizzato, deve essere rappresentato entro la simmetria di un cerchio. Ciò è dovuto al fatto che il cerchio è considerato una forma primaria, ed è curioso che persino la terra su cui viviamo non sia piatta, ma rotonda o ellittica. La formazione di un mandala segue lo stesso principio della luce, come è esposto dalla teoria scientifica. Le onde luce si muovono secondo una linea curva, perciò ne deriva uno spazio curvo che forma un arco o curvatura. L’aura circolare è un fattore essenziale del mandala e questo è evidente in tutti gli antichi mandala tantrici oggi esistenti.
Qualsiasi cosa può formare un mandala: un albero, una casa, un’automobile, un animale, un essere umano, anche il vostro corpo è un mandala. Quando siete in grado di visualizzare attraverso il vostro occhio interiore, la forma che vedete di un albero o di qualsiasi altro oggetto, è molto precisa, anche più precisa di quella che vedete ad occhi aperti. Potete visualizzare lo stesso oggetto sia internamente che esternamente, ma la differenza è che quando visualizzate un oggetto attraverso la mente superiore, avrete una visione momentanea di ciò che si trova oltre la forma. Siete così in grado di percepire più dell’occhio ordinario.
Dopo tutto, ciascuno di noi può vedere un albero, una casa, un animale o un bel paesaggio, e poi riprodurlo su tela o su carta. Tuttavia, questo non è un vero mandala, perché non siamo stati capaci di vedere al di là dell’oggetto; non abbiamo percepito l’oggetto in una dimensione lineare, o sotto forma di colore o di suono. Perciò, esso non può trasmetterci alcun significato oltre il fatto che è ciò che si ritiene che sia.
Per creare un mandala che abbia potere, forza, chiarezza interiore e capacità di replicarsi, è importante la visione interiore. Alcune persone possono vedere interiormente con chiarezza, ma non sono capaci di ricreare esternamente ciò che hanno visto. Ciò è quanto distingue spesso un buon artista da uno mediocre. Entrambi possono avere la stessa visione interiore, ma essa sarà diversa per quanto riguarda la chiarezza e la riproduzione. Perciò, un mandala è l’essenza di un oggetto percepito da una persona che ha raffinato la sua visione interiore; un’immagine cosmica interiore, che viene riprodotta affinché tutti la vedano.
Il mandala che voi create dipende dal vostro livello di coscienza. Quanto più la vostra coscienza è evoluta, tanto più universale sarà il mandala da voi creato. Un mandala universale è quello che viene creato attraverso una mente in sintonia con la coscienza cosmica. Perciò esso è appropriato e valido per tutta l’umanità, mentre i mandala creati da menti che si trovano ancora sul piano individuale hanno un richiamo meno universale e una minore capacità di suscitare negli altri livelli superiori di coscienza. Inoltre, alcuni mandala sono creati da coloro che hanno trasceso il piano materiale e sono rapiti in un’estasi di super coscienza. Sono questi i mandala che possono suscitare esperienze spirituali negli altri e sono principalmente questi che vengono impiegati nel tantra.
Ogni cultura e civiltà ha i propri mandala da offrirci, e la qualità delle creazioni ci dà una chiara idea del livello di coscienza di quella società. Tutte le forme d’arte, scultura ed architettura sono creazioni di mandala viste negli abissi della mente e poi ricreate. Per questo motivo l’opera è così intensa e profonda e può influenzare tante generazioni di persone, secoli dopo, generando timore e riverente silenzio.
La differenza tra un mandala creato da un artista e quello creato da un mistico è significativa. Un artista comunica la sua esperienza interiore traducendola in un concetto legato al tempo e allo spazio, perché il suo intuito non è profondo come quello di un mistico. Spesso esprime soltanto le sue emozioni, ma non una verità metafisica. Un mistico, invece, va molto al di là dei limiti della mente finita, delle emozioni e dell’intelletto, e perciò le sue esperienze sono collegate più profondamente ai concetti universali del cosmo. Sia l’artista sia il mistico esplorano e rappresentano verità interiori. Un artista, tuttavia, espelle le esperienze attraverso la sua opera d’arte, mentre il mistico continua a passare da un’esperienza all’altra. Un mistico non aspira a scoprire visioni interiori, ma piuttosto quello che si trova al di là. Se un artista facesse la stessa cosa, diventerebbe un mistico. Perciò tutta l’arte basata sull’esperienza divina interiore ha potuto sostenere la prova del tempo ed esiste come idea immortale ed eterna.
È significativo che in India tutte le forme d’arte, musica e architettura siano profondamente influenzate dall’introspezione spirituale del suo passato ancestrale. La musica classica indiana, attraverso la sua fusione di melodia, battute e ritmo, crea un mandala che può suscitare una reazione nei più profondi strati della coscienza. Le opere d’arte delle grotte di Ajanta e di Ellora, i famosi templi di Khajuraho, il tempio del sole di Konarak, in Orissa, e milioni di altri simili capolavori sono in realtà dei mandala che influenzano profondamente la coscienza di coloro che li vedono.
L’influenza sulla coscienza è sempre molto sottile, quantunque molto precisa. Non si può sapere quali livelli della mente la coscienza esplori ed influenzi. I mandala comunicano con la mente subconscia ed inconscia, e perciò essi sono in grado di risvegliare visioni interiori. È attraverso questo processo che gli strati più profondi della mente cominciano a manifestarsi.
Nel tantra, i mandala sono anche stati descritti come rappresentazioni pittoriche delle forze divine, simboleggiate come forme teriomorfe ed antropomorfe. Il tantra asserisce che queste forme di divinità non esistono come entità oggettive in nessuna parte della stratosfera a presiedere il nostro destino; tuttavia sente la necessità di sviluppare l’idea della divinità in forma umana per renderla comprensibile alla consapevolezza grossolana dell’uomo. Il tantra si chiede come un uomo incapace di vedere dentro sé stesso possa visualizzare o fare esperienza della realtà senza forma. Non possiamo neppure sperimentare o dimostrare i nostri pensieri, figuriamoci la realtà superiore. Così le forme di mandala delle devi e dei deva si sono sviluppate in simboli elaborati che catturano visivamente l’attenzione. Tuttavia, l’immaginazione più grossolana della divinità deve alla fine essere trascesa e sviluppata nell’esperienza della realtà senza forma.
Questa simbologia dei mandala delle devi e dei deva comprende un’infinità di forme, colori e rappresentazioni. Alcuni sono incantevolmente belli, altri provocatori; alcuni gentili e compassionevoli, altri grotteschi e terribili; alcuni evocano i poteri divini ed altri i guadagni materiali. In ciascun caso la struttura è elaborata e studiata in modo dettagliato per suscitare una reazione corrispondente entro la coscienza dell’aspirante. Questa simbologia è basata sull’eterna struttura archetipica dell’inconscio collettivo dell’uomo e i mandala estraggono quegli archetipi così come un magnete attira delle particelle di ferro da un cumulo di diamanti.
La concentrazione su un mandala risveglia i samskara profondamente radicati in noi e rivela i misteri sconosciuti sotto forma di sogni, visioni ed attività mentale. Non siamo obbligati ad affrontare i samskara direttamente, e così essi non influenzano le nostre azioni nella vita quotidiana. Essi si presentano durante la meditazione e i sogni. È un modo di evitare un nemico terribile e spaventoso contro il quale non abbiamo difese. Questi mandala, che sono sempre molto belli e attirano visivamente l’attenzione, sono in grado di catturare e dirigere l’immaginazione, che è il legame sottile con la mente superiore.
Forse il mandala più controverso che il tantra abbia delineato fino ad oggi è il kriya di maithuna. Il kriya di maithuna forma un mandala che ha yantra e mantra corrispondenti. Le sculture erotiche dei templi di Khajuraho e di altri templi in Orissa sono interamente basate sulla credenza tantrica secondo la quale maithuna è un atto attraverso il quale possono essere evocati i poteri divini. L’uomo rappresenta shiva, la polarità positiva, e la donna rappresenta shakti, la polarità negativa. Attraverso la loro unione essoterica ed esoterica, essi creano un campo di potere o un circuito energetico che è il mandala. Queste opere non rappresentano la passione carnale, ma l’unione al più alto livello esoterico, che è parallela all’unione dell’energia e della coscienza, shiva e shakti.
Il mandala del linga e della yoni simboleggia anch’esso questa unione superiore, ed è per questo che tale simbolo è venerato in India da secoli. Linga significa ciò che è risplendente e yoni significa la sorgente. Perciò il linga deve essere inteso come il simbolo della pura coscienza e la yoni come la sorgente dell’energia; insieme queste forze stanno all’origine della creazione. L’uomo e la donna si uniscono sul piano fisico per rivivere l’esperienza dell’unità dalla quale si sono sviluppati. Quest’unità è un’esperienza interiore, così come un’esperienza spirituale è un’esperienza interiore.
Il tantra è forse la sola filosofia che sia stata così audace da affermare questo. Altre filosofie non ne hanno parlato, o si sono serviti dell’idea bollandola come peccaminosa, inducendo in tal modo senso di colpa e stato di depravazione nell’uomo che compie questi atti. Colpa e vergogna sono comunque molto difficili da eliminare dalla coscienza. Stanno con l’uomo a lungo, controllando le sue azioni, la sua mente, la sua personalità e la sua vita. A meno che l’uomo non sia in grado di superare queste barriere, non può conseguire l’esperienza suprema. Per quel tipo di esperienza dovrà sradicare la sua colpa e la sua vergogna.
L’idea del peccato fu abilmente introdotta nella mente delle persone da alcune sette filosofiche perché per esse la religione era diventata un gioco di potere, e per rafforzare il potere occorre il sostegno delle masse. Così decisero di somministrare alle masse una dose cancerogena di colpa e vergogna, che con il tempo avrebbe esteso i suoi tentacoli e si sarebbe manifestata in ogni parte del corpo, della mente, di chitta, dell’ego e dell’intelletto, rendendo l’uomo un eterno schiavo.
Tuttavia, i tantrici non si curarono del potere esteriore poiché essi avevano raggiunto il potere interiore. Non si curarono delle masse, ma solo di pochi prescelti che erano sufficientemente coraggiosi e audaci da affrontare la reale esperienza interiore. Oggi maithuna può aver degenerato in un puro atto essoterico a causa delle forti repressioni e ammonimenti imposti da alcune religioni. Tuttavia il tantra dice che maithuna non è peccato, ma un atto di culto, che può aiutare l’individuo a trascendere la coscienza inferiore; un concetto che la maggior parte delle persone rifiuta a causa dei propri complessi di colpa e vergogna. Perciò questa conoscenza fu tenuta segreta e fu trasmessa solo da guru a discepolo; ciò ha stabilito la tradizione di un eterno mandala, poiché la tradizione di guru e discepolo comincia e finisce nello stesso punto, il che significa che continua per sempre.
Quando si esamina con attenzione la pratica di tattwa shuddhi, risulta evidente che essa è abilmente strutturata come un mandala. Iniziamo la pratica ad un certo punto dell’evoluzione e ci spingiamo molto lontano nel nostro sé. Dopo aver seguito il processo di evoluzione e di involuzione della creazione, ci ritroviamo allo stesso punto, come se si trattasse di un cerchio perpetuo che abbiamo seguito dalla nascita alla morte e di nuovo alla nascita. Quando vedete la realtà dietro la vostra nascita e la vostra esistenza, il desiderio di liberazione si risveglia, costringendovi a scoprire i mezzi per liberarvi da questo ciclo eterno di causa ed effetto. Questa forma circolare data alla pratica di tattwa shuddhi non è una coincidenza. È uno schema intenzionale, un’idea deliberata, una forza deliberata, e quella forza è il potere segreto del mandala, che potete conoscere solo quando lo perseguite, come un ragazzo insegue il suo primo amore. La pratica vi permette una momentanea occhiata a quel potere segreto; solo un battito di ciglia e l’esperienza è finita, così che spesso non vi sembra neanche di averla avuta. Comunque l’effetto può essere sentito nella dimensione più sottile della vostra coscienza, ed è quella parte di voi che il tantra cerca di raggiungere.
Yantra
Come il mandala è la rappresentazione pittorica di una visione interiore, così lo yantra è una rappresentazione matematica astratta della visione interiore. Man mano che la consapevolezza penetra nei livelli più profondi della coscienza, anche le esperienze interiori cambiano. Esse divengono più astratte e universali di come si vedono in natura. La natura non consiste negli alberi, nei fiumi, negli oceani e nel cielo come noi li vediamo. Quella è la forma grossolana, ma dietro la forma grossolana vi è una forma astratta sottile, ed è questa forma che lo yantra rappresenta. Ogni immagine ha uno yantra corrispondente che è definito dalla dimensione lineare. Di fatto, ogni cosa in natura può essere avvertita nella sua forma originale, lo yantra.
Come tutte le forme della creazione o della materia non sono che energia, così anche uno yantra contiene energia intrinseca. A causa della sua precisione matematica, esso è una centrale di energia, e mediante la visualizzazione e la concentrazione su uno yantra voi potete indurre il risveglio dell’energia equivalente entro voi stessi.
Uno yantra crea un campo di forza che vive, respira e si muove con la vita, all’interno del quale si possono suscitare i poteri del divino. Per percepire ciò, dovrete sviluppare un nuovo modo di vedere, acuendo la facoltà innata nella quale le immagini corrispondenti sono depositate. Queste immagini esistono già dentro di voi, e fanno parte di voi come la vostra collera, l’avidità e le passioni.
Uno yantra è composto da una combinazione delle forme primordiali di base, per esempio un bindu o punto, un cerchio, un quadrato ed un triangolo. Il punto focale di uno yantra è sempre al centro, o bindu. Bindu è il punto o nucleo che rappresenta il seme dal quale la creazione ha avuto inizio e al quale essa ritorna, cioè il processo di creazione e dissoluzione. Esso rappresenta anche l’unione dei due principi dell’universo, shiva e shakti, coscienza ed energia. Bindu rappresenta lo stato della loro unione prima della creazione e nel corpo fisico è rappresentato come il nucleo o centro chiamato bindu visarga, situato alla sommità della parete posteriore del capo. Nella meditazione, l’aspirante usa il bindu esterno dello yantra come un punto focale di concentrazione, per poter sperimentare la contrazione di tempo/spazio entro il bindu del corpo fisico.
Lo spazio non può essere definito da meno di tre linee e perciò il triangolo è considerato la prima forma che emerge dalla creazione. Questo triangolo è conosciuto come “mula trikona” o triangolo radice. Nella sua forma capovolta, il triangolo rappresenta la radice matrice della creazione o prakriti, ed il triangolo con la punta rivolta verso l’alto rappresenta purusha o coscienza. In uno yantra troviamo spesso l’intersezione di un triangolo capovolto con uno dalla punta rivolta verso l’alto a rappresentare sia la coscienza che l’energia.
Il cerchio rappresenta il ciclo dell’eternità, dove non vi è né principio né fine, solo eternità, e implica il processo di nascita, vita e morte come un eterno ciclo di eventi. Il quadrato è un substrato sul quale poggia lo yantra e denota il mondo fisico o terrestre che alla fine deve essere trasceso.
L’intero concetto visivo dello yantra, sebbene sia simbolico, ha un vasto significato per quanto riguarda l’evoluzione e l’esperienza spirituale dell’uomo. Esso forma un sentiero che porta dall’esperienza fisica esterna ai recessi più segreti della creazione e dell’esistenza dell’uomo. Questo avviene in modo così sottile e sistematico che non se ne può mai afferrare il vero significato attraverso le limitazioni della mente conscia. Ciò nondimeno, che se ne sia o no consapevoli, queste sottili manipolazioni hanno comunque luogo.
È stato osservato che il quoziente d’intelligenza, la risposta intuitiva e la consapevolezza mentale dei bambini che sono stati esposti a yantra e mandala, senza che sia stata attirata la loro attenzione cosciente su di essi, hanno mostrato un notevole miglioramento. Lo yantra influenza la nostra intelligenza creativa e intuitiva, tuttavia il suo vero significato è il fiorire dell’esperienza spirituale. Lentamente, gradualmente e sistematicamente lo yantra porta al rivelarsi della molteplicità degli strati che costituiscono il nostro intero essere. Nel sadhana di tattwa shuddhi gli yantra che noi creiamo hanno le quattro forme primarie sopra descritte.
Mantra
Come ogni pensiero ha un’immagine o una forma corrispondente, così ogni immagine o forma ha un nada, vibrazione o suono corrispondente. Questi suoni sono conosciuti come mantra. Mantra letteralmente significa contemplazione di ciò che conduce alla liberazione. Senza dubbio è un obiettivo molto elevato, e spesso ci si stupisce della possibilità che un suono porti alla liberazione.
Abbiamo però sottovalutato il potere del suono. Sappiamo che il suono ha la capacità di frantumare il vetro, o persino di provocare una valanga. Conosciamo qualcosa dell’influenza del suono sul cervello e sul corpo umano, come pure sugli animali e persino sulle piante. Possiamo quindi senza dubbio accettare che il suono influisca su di noi a determinati livelli. Nondimeno, quando ci troviamo di fronte all’idea che il suono può condurre a moksha o alla liberazione diciamo: “No, questo è impossibile!”.
Di fatto, abbiamo già visto che nada è una delle prime forme manifeste della creazione. Persino la Bibbia inizia con l’affermazione: “In principio era il verbo…”. Nella filosofia indiana questo “verbo” è conosciuto come Om, che è il nada eterno o mantra cosmico. Nella Mandukyopanishad vi è una spiegazione molto chiara del mantra Om e di come stimoli ed espanda i differenti livelli di coscienza. Il mantra Om è formato da tre suoni: A, U e M, e ciascuno di questi suoni vibra a frequenze diverse. Queste differenti frequenze influenzano la coscienza in vari modi. Quando ripetete il mantra Om, state di fatto elevando la vostra coscienza alla frequenza di quel mantra. Ciò si verifica con tutti i mantra.
Nada ha quattro frequenze: “para” (cosmica), “pashyanti” (causale), “madhyama” (sottile) e “vaikhari” (grossolana), che corrispondono ai quattro livelli di frequenza di Om, conscio, subconscio, inconscio e trascendentale, o stato di ‘turiya’, secondo il livello di frequenza che raggiungete durante il canto. La maggior parte degli aspiranti rimangono agli stadi di vaikhari o di madhyama e pertanto il livello di esperienza non è neanche lontanamente vicino alla liberazione.
L’intera lingua sanscrita è composta da mantra. In sanscrito le lettere non sono chiamate tali, ma sono conosciute come “akshara” che significa imperituro. Ciascuna lettera dell’alfabeto è un mantra e può essere usata come tale. Ecco perché è stato detto che il semplice atto di leggere i Veda in sanscrito porta alla liberazione. La lingua sanscrita è profondamente connessa con la coscienza dell’uomo, e non si tratta solo di semplici parole che sono state composte per permettere la comunicazione.
La forma più potente di mantra è il bija mantra. “Bija” significa seme e i bija mantra sono i suoni fondamentali dai quali sono derivati tutti gli altri mantra e suoni. Il bija mantra è una forza costituita da energia concentrata che è attribuita ad un particolare livello di coscienza. In tattwa shuddhi i mantra che utilizziamo sono dei bija mantra collegati ai cinque tattwa. Ciò è importante perché i bija mantra influenzano la causa originaria del vostro essere. È inutile cercare di scoprire il significato di questi mantra. Il solo significato che un mantra può avere è metafisico: è sufficiente dire che attraverso il mantra state comunicando con il vostro sé interiore e con il cosmo.
Nel tantra si sa anche che ogni parte del corpo fisico ha un mantra corrispondente da cui è influenzata. Questi mantra sono usati nella cerimonia di nyasa per trasformare il corpo in un ricettacolo di più alti poteri che sono risvegliati attraverso tattwa shuddhi ed altre pratiche esoteriche. Non solo il corpo fisico ha i suoi mantra corrispondenti, ma anche il suono prodotto dal movimento del respiro è un mantra. Questo suono è conosciuto come “soham” e “hamso”. “So” e “ham” insieme sono ripetuti spontaneamente ad ogni respiro per 21.600 volte giorno e notte, per tutta la vita di un individuo. Esso è quindi conosciuto come ajapa japa mantra. È detto nelle Upanishad che la sola meditazione su questo mantra è sufficiente per risvegliare la kundalini e la consapevolezza superiore. In tattwa shuddhi utilizziamo questo mantra inizialmente, per indurre il sentimento di identificazione con la coscienza universale.
I mantra sono distruttivi, benevoli o misti. Ciò dipende dal carattere delle lettere di cui sono composti. Per esempio, i mantra in cui il tattwa del fuoco o dell’aria è in eccesso sono distruttivi, mentre i mantra in cui il tattwa della terra e dell’acqua sono in abbondanza sono benevoli. I mantra composti dall’elemento etere sono benefici per la realizzazione spirituale.
I mantra sono inseparabili dagli yantra. Ogni yantra ha un mantra corrispondente la cui ripetizione rende efficace lo yantra. Mediante la ripetizione del mantra ai livelli superiori di frequenze del nada, la coscienza viene elevata e attraverso la concentrazione sullo yantra, la coscienza si concentra o si focalizza fino a un punto di esplosione.
Ad un certo livello di consapevolezza, l’esperienza interiore è sotto forma di pensiero ed emozione; ad un livello più alto essa diventa una visione pittorica interiore, o mandala. Se si va più in profondità, essa si manifesta come un simbolo astratto, o yantra, che successivamente si manifesta come puro suono, nada o mantra. Ad ogni livello di esperienza l’energia si manifesta in modi diversi. Quanto più sottile è la frequenza dell’energia, tanto più profonda è l’esperienza.
Anche la mente deve essere intesa come una forza di energia e non come una creazione psicologica. Quando la mente opera ad una frequenza di energia più bassa e più grossolana diventa statica, fiacca, inerte o tamasica, ma quando ne rendete più sottile la frequenza attraverso l’influenza di mantra, yantra e mandala, essa trascende lo stato di tamas, raggiungendo uno stato rajasico e poi lo stato di puro sattwa, che è la mente ad una frequenza molto sottile.
Punti conclusivi riguardo il mantra, lo yantra e il mandala
Il mantra, lo yantra e il mandala tantrico sono un prodotto della visione interiore profonda di yogi, rishi e veggenti che hanno studiato in profondità la natura del cosmo. Essi sono il risultato di stati elevati d’illuminazione spirituale, estasi ed esperienza. In tale stato mentale la coscienza trascende ogni barriera e perciò l’esperienza è chiamata universale. Finché siete legati al tempo e allo spazio, le vostre esperienze sono limitate e connesse soltanto a quella dimensione. Tuttavia, quando trascendete tutto ciò, non vi sono né religione, né casta, né credo, né sesso, e quindi come può la visione essere limitata? Inoltre, in quello stato mentale, siete una cosa sola con l’intero processo della Natura e potete comunicare con essa. Allora tutte le visioni diventano parte della verità cosmica e quelle immagini seguono i severi codici e le leggi intrinseci ad ogni processo della natura. Ciò è evidente nei mantra, negli yantra e nei mandala tantrici, che sono tutti in perfetta armonia ed equilibrio lineare e geometrico.
Nel sistema tantrico ciascun mantra, yantra e mandala è calcolato fino all’ultimo dettaglio. Se non corrisponde all’esatta equazione matematica che determina il suo equilibrio, sarà inefficace ed incompleto. È sufficiente dare solo un’occhiata ad alcuni di questi mandala e yantra per verificarne l’equilibrio matematico. Infatti questo è uno dei primi aspetti che attrae l’attenzione. Il mandala rappresenta la forma visiva iconografica di una forza superiore, lo yantra rappresenta la forma astratta di tale forza e il mantra ne rappresenta la forma sottile. Perciò ciascun mandala ha uno yantra e un mantra corrispondenti e uno può essere sostituito dall’altro secondo il livello dell’aspirante, dato che essi portano agli stessi risultati. Tuttavia, le diverse divinità rappresentano diversi livelli di coscienza e devono essere scelte su tale base.
Nella pratica di tattwa shuddhi perciò, gli yantra e i mandala che creiamo dovranno essere intesi non come simboli religiosi, occulti, mistici o misteriosi, ma come forze di energia altamente caricate che possono evocare in voi la stessa frequenza per espandere la vostra coscienza.
Yoga Sutra di Patanjali
Tratto da Swami Satyananda Saraswati, “Four Chapters on Freedom – Commentary on Yoga Sutras of Patanjali”, Edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
I Capitolo: Samadhi Pada
Sutra 43: Nirvitarka samadhi
Smritiparishuddhau svarupashunyevartamatranirbhasa nirvitarka
Smriti: memoria; pari: completo; shuddhau: purificazione; svarupa: la forma propria; shunya: privo di; iva: come se; artha: oggetto, scopo; matra: solo; nirbhasa: splendente; nirvitarka: senza vitarka.
Dopo la purificazione della memoria, quando la mente è come se fosse priva di auto consapevolezza e in essa splende soltanto la vera conoscenza dell’oggetto, questo è nirvitarka.
Nirvitarka è una forma di samadhi di carattere non discorsiva, senza la commistione dei tre aspetti dell’oggetto, ovvero il nome, la forma e il significato. In nirvitarka non abbiamo la consapevolezza soggettiva dell’oggetto, né del suo nome. La memoria è assolutamente svincolata da impressioni e associazioni provenienti dal passato. Di solito la nostra memoria non è pura, ma raccoglie le impressioni passate. Smriti è una consapevolezza indipendente dalle impressioni che si sono incise, e anche se tutto ciò che appartiene al passato fosse cancellato, smriti rimarrebbe. Nel campo di smriti abbiamo le impressioni passate che si presentano negli stati più profondi. Nello stato di veglia la memoria è determinata dalla coscienza pensante, ma in samadhi emerge spontaneamente. A volte, in uno stato di coscienza profondo, si osservano impressioni risalenti alla prima infanzia anche se tutte queste impressioni sono state dimenticate: infatti la memoria non scompare, perché la memoria è una cosa differente dalle impressioni.
È come se il cervello fosse una cosa differente dalla mente o dal pensiero. Allo stesso modo le vritti chiamate memoria non sono le impressioni del passato. Smriti è la consapevolezza di se stessi.
Smriti può essere purificata con vari sadhana e diventare swarupashunya – eva. È di uno stato di auto consapevolezza e appare come se tutto si fosse svuotato, ma non si tratta di un vero vuoto. La parola eva è usata per indicare che, anche se non si ha consapevolezza dell’oggetto, l’oggetto è ugualmente presente. Ad esempio: quando le impressioni passate di un oggetto, come può essere uno shivalinga, sono sparite, non si è più consapevoli dello shivalinga e sembra che la mente si sia completamente svuotata dalle impressioni derivate dallo shivalinga, ma non è così. Smriti non si libera dalle impressioni dello shivalinga, ma queste impressioni pervadono l’intera struttura della consapevolezza. Ogni sua parte si riempie delle impressioni dello shivalinga. In questo stato la mente perde la consapevolezza soggettiva.
In questo stato la mente perde la conoscenza dell’oggetto anche se consapevolezza e conoscenza sono presenti nella mente. È uno stato particolare. Dapprima ci si ricorda di essersi concentrati sullo shivalinga, ma successivamente c’è solo lo shivalinga e non ci si ricorda più di essersi concentrati su di esso. Poi accade che lo shivalinga venga anche visualizzato, anche se non c’è più la consapevolezza di stare meditando. Sembra che la mente si sia completamente svuotata, ma in realtà non è così. Come il sale si mischia completamente e intrinsecamente con l’acqua, così la forma e la consapevolezza dello shivalinga riempie interamente la mente, sebbene non possa essere riconosciuta separatamente. Questo avviene perché la mente è completamente intrisa della memoria dell’oggetto. Questo stato è conosciuto come parishuddi: purificazione della memoria. La purificazione della memoria è la causa di swarupashunya – eva.
Bisogna ricordare una cosa delicata: se smriti non è purificata, la mente scivolerà in uno stato di tabula rasa. Invece, se smriti è purificata, un oggetto come uno shivalinga pervaderà tutta la coscienza e diventerà una cosa sola con lo stato mentale. Mente e oggetto diventeranno una cosa sola. La mente e la memoria della forma diventeranno inseparabili; la memoria non esiste come cosa separata. A quel punto si avvertirà una momentanea esperienza di vuoto: shunya. È lo stato di laya, in cui la coscienza della memoria dell’oggetto si fonde completamente con la mente. Per un momento la mente si chiude e si assopisce. In tale stato di assopimento non c’è più rappresentazione della memoria.
Invece, in questo stato, risplende internamente la vera conoscenza dell’oggetto. È questa la differenza tra nirvitarka samadhi e laya. In nirvitarka c’è vera conoscenza. Ad esempio, lo shivalinga svanisce e dietro a questo si può vedere una luce brillante. Apparirà la vera conoscenza: si manifesta all’aspirante. La cognizione della differenza tra interno ed esterno si perde completamente. Nel sogno si ha un’esperienza molto intensa, ma in nirvitarka samadhi l’esperienza è di gran lunga più intensa. Bisogna essere consapevoli della reale conoscenza o forma dell’oggetto della concentrazione, perché, altrimenti, si può essere ingannati dalla mente. Quando si giunge allo stato di nirvitarka samadhi si conosce la vera forma del simbolo, sia che si tratti di una rosa sia che si tratti dello shivalinga. Quando emerge la vera conoscenza nello stato di nirvitarka samadhi, si produce di nuovo la forma, e non è la forma di Shiva, ma di Shakti, perché ci si è distaccati dalla mente soggettiva. Non è la stessa mente che pensa, sogna o dorme. È uno stato mentale molto preciso, caratterizzato dall’assenza di memoria di modo che non ci si ricorda più dell’esperienza della meditazione perché non è in funzione la coscienza normale. Ad esempio: una formica non è in grado di vedere un elefante; per vederlo una formica dovrebbe aumentare le proprie dimensioni. Allo stesso modo la mente conscia non riconosce di entrare nello stato di meditazione. Di conseguenza un diverso stato mentale si prende cura della consapevolezza. Il purusha cosciente smette di agire e viene sostituito da un altro purusha. Questo stato continua fino a un certo punto, e poi cessa. Allora subentra un terzo purusha a sostenervi. In questo modo si può progredire attraverso diversi livelli di coscienza.
Non si tratta più di quel tipo di mente che sogna, resta consapevole del sogno e lo ricorda al mattino. Questo è uno stato mentale differente. Se si è raggiunto completamente questo stato di beatitudine, non è più possibile ricordarlo a causa dell’assenza di memoria, dell’assenza del mentale. È uno stato mentale assai differente e, senza essere in grado di far funzionare la mente in questa condizione, non è possibile ricordare quello che si è visto. Se si ricorda l’esperienza della meditazione, samadhi, vuol dire che o non si è raggiunta la vera meditazione oppure si ha una normale coscienza di grado assai elevato.
In questo contesto possiamo citare un passo tra i più fraintesi del Garuda Purana. In genere si recita quando muore un membro della famiglia. Parla dell’inferno e del paradiso e dei supplizi nel regno del Signore della Morte. Dice che dopo la morte lo jiva è trasportato in vari piani da deva o dei, ma in realtà non parla per niente della morte. Bisogna capire che i Purana trattano dello stato trascendente della coscienza. Perciò bisogna capire che vari purusha conducono la mente in stati sempre più profondi di supercoscienza. Questo accade perché la mente cosciente non funziona nello stato di nirvitarka.
Per riassumere: lo stato di nirvitarka comporta la purificazione di smriti, che fa emergere la vera conoscenza dell’oggetto della concentrazione.
L’Energia Originaria
Tratto da Swami Muktananda Saraswati, “Nawa Yogini Tantra”, Edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Nell’esperienza yoga l’energia è tutto, perché l’azione e reazione energetica è una legge cosmica. Tutto l’universo è una vivida realtà messa in moto dall’azione e reazione di energia e coscienza, l’amorevole lila, il gioco di Shiva e Shakti. Allo yogi non importa del corpo fisico, ma della qualità e quantità di energia che dà movimento al corpo, stimola la mente ed eleva la coscienza.
L’Energia Originaria
Kundalini è quell’aspetto della forza vitale dell’universo (prana) che anima specificatamente gli esseri umani. L’energia originaria dell’uomo è kundalini shakti, che trova la sua espressione più alta nell’illuminazione spirituale, ma ha la sua manifestazione grossolana e immediata nell’energia sessuale. L’energia originaria è un potere esplosivo dell’uomo; tutto quello che chiamiamo magnetismo personale o carisma.
La maggior parte delle persone non si è ancora accorta di quello che la psicologia occidentale ha riscoperto e il tantra sapeva da lungo tempo, cioè che questa energia originaria è la forza motrice di tutte le emozioni e attività umane.
L’energia è polarizzata: può attirare o respingere, è positiva o negativa. Possiamo facilmente notare questo nelle calamite, con i loro poli nord e sud, o nell’elettricità con i terminali positivi e negativi. È questa la forma dell’esistenza, il gioco spontaneo di Shiva e Shakti, della coscienza e dell’energia. La creazione della vita, l’energia e la materia non sono possibili senza l’unione di queste forze positive e negative. La controparte umana dell’evoluzione universale di shiva /shakti è il gioco tra maschio e femmina nelle varie relazioni sociali e personali.
Freud, che ha esercitato un’influenza profonda sulla psicologia occidentale, sosteneva che questa energia risiede nella mente inconscia e si dà un’espressione conscia sotto forma di desideri istintuali. Freud chiamava questi impulsi istintivi “spinte” (comprendendo il loro aspetto dinamico e stimolante). Gli yogi le chiamano vasana. Le nostre emozioni, quello che proviamo rispetto a queste spinte, dipende dalla loro soddisfazione o meno.
Le esigenze di sopravvivenza e coesistenza sociale, per non parlare dell’evoluzione spirituale, fanno sì che non possiamo dare libero sfogo ai nostri desideri. Tuttavia l’energia originaria è imperiosa e non tollera di buon grado frustrazioni. Se un desiderio non può avere espressione per qualche motivo, l’energia che vi sta dietro viene stornata nella mente inconscia dove viene riconvertita per esprimersi in maniera differente. Una donna può reindirizzare questa energia in modo costruttivo nel lavoro, o in pensieri creativi o spirituali. D’altronde questa energia originaria può trovare espressioni emotive negative come aggressività, ansia, o varie forma di tensione interiore.
Se la frustrazione del desiderio è accompagnata da un’esperienza particolarmente dolorosa, il desiderio e il ricordo dell’esperienza vengono spinti nel profondo della mente inconscia dove viene impiegata una gran quantità di energia per tenerli al di là del campo della memoria. Nello yoga questa cicatrice della mente è conosciuta come samskara, ed è considerata il maggiore ostacolo alla piena realizzazione spirituale.
Anche se nello stato di veglia non siamo consapevoli dei nostri samskara, questi si fanno sentire in forma di ansie e ossessioni. L’energia originaria non può assolutamente essere arginata. Se non trova sfogo immediato nell’unione fisica, deve essere riconvertita in modo opportuno o provocherà nevrosi e altre forme di disturbi mentali.
A causa di tale riconversione, molti aspetti della nostra vita ricadono sotto l’influenza di questa energia. L’energia originaria è deviata per aumentare l’impeto di certi elementi alternativi della nostra costituzione. Freud asserisce che è questa diversificazione della libido che conduce allo sviluppo di una vita mentale riccamente articolata e della creatività.
Freud non è stato l’unico psicologo a porre l’accento sulla natura universale dell’energia originaria. Anche Jung ha usato il termine di libido per indicare l’energia umana che provoca gli stimoli, anche se più tardi ha esteso il concetto al di là della sfera sessuale. In tempi più recenti Wilhelm Reich, Marcuse e Norman O. Brown hanno sottolineato il ruolo importante che ha la salute sessuale in tutti gli sforzi umani.
Dunque la psicologia è d’accordo con l’intuizione tantrica che l’energia originaria dà forma a tutta la varietà delle emozioni e non può essere negata senza danneggiare il naturale processo vitale e esaurire la nostra vitalità. Non c’è dubbio che le nostre emozioni siano anche una manifestazione dell’energia originaria, che è allo stesso tempo spirituale e sessuale. Dunque negare la sessualità vuol dire deformare di molto quello che la maggior parte delle persone percepisce come la propria natura umana più essenziale, ovvero la sensibilità emotiva. Tuttavia, in vista della meta spirituale, non basta dare libera espressione all’energia per evitare distorsioni della personalità. Abbiamo bisogno di un metodo per dirigere questa grande forza verso i più alti centri di energia del nostro essere.
Nella società moderna ci sono moltissimi sensi di colpa, frustrazioni e disagi psicologici che derivano dal fatto che non si comprende più quale sia lo scopo più alto della vita sessuale in rapporto al pieno risveglio spirituale. Il tantra yoga ci fornisce una chiara comprensione della natura e dello scopo dell’energia originaria, e un sistema concreto di pratiche per la sua sublimazione.
Il tantra non è né un angusto sentiero ascetico né di soddisfacimenti indisciplinati. È una strada per accrescere l’esperienza e intensificare la consapevolezza, che deriva da una perspicace comprensione e accettazione della natura umana.
Il tantra è un percorso di libertà attraverso la messa a punto di mezzi di espressione della vita istintuale che siano sani, salutari e spiritualmente guidati. Non ci chiede di rinunciare al corpo e alle sue funzioni, ma di rinunciare ai relativi conflitti e sensi di colpa che si pongono tra noi e l’espansione della coscienza. È solo necessario che facciamo un uso corretto della nostra vitalità, e che indirizziamo l’energia originaria verso la meta di una trasformazione spirituale.
Brahmacharya
Per brahmacharya s’intende un indirizzo appropriato dell’energia originaria in vista dell’evoluzione spirituale. In genere bramacharia viene tradotto come castità, e, anche se questo termine si allontana dal concetto inteso in senso completo, costituisce uno degli elementi della sublimazione sessuale.
La castità è la completa astinenza da relazioni sessuali, e nei shashtra è stata definita in otto gradi di limitazioni, cioè azioni da evitare: kriya nivritti (rapporti coniugali), adhvavasaya (desiderio), sankalpa (pensieri sulla persona amata), guhyabashana (colloqui a tu per tu), kirtana (elogiare le qualità della persona amata ad altri), keli (scherzare), sparshana (toccare), darshana (guardarla). Quando si osserva la castità in vista della percezione spirituale, le restrizioni devono essere estese anche all’autoerotismo e persino all’espressione dell’inconscio durante i sogni.
In India quando una donna resta vedova deve prepararsi a condurre una vita di stretto ritiro dalla società in generale e dalla compagnia degli uomini in particolare. Per tradizione le donne indossano solo semplici sari bianchi, senza gioielli e ornamenti, si rasano la testa, mangiano solo una volta al giorno, dormono su di una sottile stuoia stesa direttamente sul duro pavimento, evitano discorsi non necessari con chiunque. Si alzano alle quattro del mattino per la puja o il sadhana, e passano i giorni al servizio della famiglia e della comunità. Anche se oggigiorno questa tradizione è osservata in modo meno rigido, fornisce diversi suggerimenti per aiutare a mantenere la castità, sia che ciò sia dovuto a circostanze esterne sia per libera scelta.
Certe donne decidono di astenersi da rapporti sessuali allo scopo di volgere tutto il loro tempo e le loro energie all’ottenimento di un obiettivo creativo. Altre possono optare per una temporanea astinenza per semplificare la loro vita emotiva, migliorare la comprensione delle proprie esigenze e dinamiche emotive, scoprire talenti e potenzialità precedentemente tralasciati a causa delle esigenze della vita sociale, sviluppare le proprie risorse per elargire amore e vita senza attaccamento, con maggiore discernimento e libertà.
L’osservanza della castità per un periodo di tempo determinato è detta nastika brahmacharya. Si fissa un certo periodo di durata di questa osservanza, che può essere di un mese, sei mesi, un anno o alcuni anni, in accordo con il parere del guru. Questa astinenza, in genere, viene praticata con due scopi: conservare l’energia per facilitare certi sadhana, oppure osservare la propria costituzione sessuale come base per la conservazione e giusta espressione dell’energia originaria.
Durante il periodo di nastika brahmacharya si è in grado di osservare anche le più sottili manifestazioni dell’energia originaria in rapporto al desiderio fisico, alle relazioni sociali, alla propria stabilità emotiva e creatività. Si diviene molto più sensibili all’impatto della sessualità in tutti i campi della vita, e si ottiene un maggiore discernimento verso le conseguenze della sua soppressione o libera espressione.
Cosa molto importante, la sadhaka arriva a comprendere quanto vasana (desiderio latente) ha in questa direzione. Alcune donne trovano che molta della loro energia originaria è già stata indirizzata verso propositi intellettuali o creativi, e che il loro desiderio di esprimerla fisicamente non è molto forte né persistente. Per altre, incuranti d’impegni creativi, questa spinta è più forte e persistente. Con la pratica di nastika brahmacharya si è in grado di comprendere se il rapporto coniugale è solo un’abitudine o è una forza importante della propria personalità. Se è solo un’abitudine, allora, dopo questo sadhana, il desiderio scomparirà.
Possiamo dire che le persone in cui l’esigenza dell’energia originaria non è molto forte, o è già stata parzialmente sublimata, hanno un’energia sessuale “passiva”. Se l’energia originaria è debole, deve essere conservata, e se una persona ha una costituzione sessuale di natura passiva (e questo avviene sia per gli uomini sia per le donne) allora l’osservanza della castità è molto utile per spianare la via del sadhana.
L’osservanza della castità per tutta la vita è chiamata akhanda brahmacharya, come è esemplificato nella vita di Bheeshma Mahapita e Hanumanji. Patanjali dice che attraverso l’osservanza di brahmacharya si ottiene immensa virya, cioè coraggio, vitalità, perseveranza, per conservare forza e ottimismo nell’avventura spirituale.
Grihastha brahmacharya
L’hatha yoga può influenzare gli ormoni del corpo in modo che si possa completamente inibire il processo biologico del sistema riproduttivo. Allo stesso modo può essere completamente bloccata l’eccitazione che si trasmette alla mente per mezzo del sistema nervoso attraverso le nadi shukra e vajra. Tuttavia nello yoga questo processo non è una soppressione, ma una sublimazione. Lo yoga insiste sulla necessità di sublimare e, allo stesso tempo, accettare la necessità del rapporto coniugale per una sana eliminazione del samskara, come strumento del processo di evoluzione.
Mentre certe donne hanno una costituzione sessuale passiva, in altre l’energia originaria è più dinamica. Quelle che hanno un’energia originaria dinamica non potranno mai ottenere la realizzazione spirituale attraverso una castità prematura o forzata, ma devono regolare questa energia con l’esperienza. Queste donne (e uomini), se limitano i rapporti in maniera forzata, saranno sempre influenzati dalle loro pulsioni soppresse.
Questa è la ragione per cui, a fianco della tradizione della rinuncia, c’è sempre stata una tradizione di evoluzione attraverso la vita famigliare. Fin dai tempi vedici grihastha bramacharya è sempre stato visto come un passo necessario all’evoluzione dell’individuo dove la vita spirituale è stimolata dal fatto di tirar su una famiglia e svolgere una parte attiva alla società. “Consumare” vuol dire completare un matrimonio con l’unione fisica. Vuol dire anche portare a completezza (yoga) o alla perfezione (siddhi), elevare al grado più alto, o “incoronare”, ricordando che Shiva e Shakti sono uniti in sahasrara, al chakra della corona, sul capo. Le relazioni coniugali sono espressione della stessa energia originaria che rende l’universo manifesto e spinge verso l’illuminazione spirituale. La nostra evoluzione spirituale dipende dalla rimozione dei blocchi che ostacolano il libero fluire di questa energia. A certi livelli questo comporta la rimozioni di inibizioni, complessi e frustrazioni attraverso il soddisfacimento dei rapporti coniugali. Possiamo crescere attraverso il piacere come attraverso la sofferenza, e delle relazioni coniugali soddisfacenti ci portano ad una maggiore integrazione personale. Perciò quando entriamo in grihastha bramacharya non si tratta solo di un passo verso l’appagamento dei sensi, ma verso l’evoluzione, verso l’appagamento della vita spirituale.
La castità è solo un aspetto della definizione di brahmacharya, applicabile solo a certe persone in certi periodi. La definizione odierna di questo controverso concetto non implica necessariamente la negazione assoluta dei rapporti coniugali. Brahma significa coscienza suprema, charya movimento o comportamento. Brahmacharya è il movimento o comportamento che s’instaura nella coscienza suprema o che ci conduce ad essa. Brahmacharya è il comportamento di un individuo i cui pensieri, emozioni e totalità dell’essere sono diretti all’espansione della coscienza.
Grihastha brahmacharya è il codice di comportamento sessuale enunciato per le persone che vivono in famiglia nel Manusmriti, nel Yagnavalkya Smriti e in shastra simili. Grihastha brahmacharya non indica l’astensione dai rapporti coniugali, ma la pratica dell’unione fisica unita a certi kriya dell’hatha yoga per ritenere l’orgasmo. L’immensa energia che si sprigiona in questo particolare momento viene conservata con la ritenzione di bindu, il fluido organico che viene secreto al momento dell’orgasmo. Questa energia viene, poi, diretta da muladhara verso i centri energetici superiori con la pratica di vajroli mudra, sahajoli mudra, uddiyana bandha e mulabandha e provoca l’esplosione del samskara e l’espansione della coscienza.
Il concetto di ritenzione di bindu e prolungamento dell’orgasmo (rajas) è centrale per una corretta comprensione di brahmacharya, come è detto nell’Hatha Yoga Pradipika.
“Colui che controlla bindu e tiene il proprio rajas separato attraverso vajroli è conosciuto come yogi. Il suo rajas non può più essere distrutto e nel suo corpo nada si fonde con bindu. Se in vajroli, bindu e rajas possono essere mantenuti separati nello stesso corpo, allora con la pratica dello yoga si può ottenere ogni genere di siddhi.”
Ciò si applica nello stesso modo all’esperienza femminile.
Maithuna
Secondo il tantra il rapporto tra uomo e donna può avere tre scopi: procreazione, piacere o samadhi. I sadaka che vivono in famiglia fanno esperienza di questo rapporto senza inibizioni, conflitti o sensi di colpa, come parte del sadhana per realizzare samadhi. In genere l’orgasmo si esaurisce prima di avere la possibilità di andare più a fondo, ma per gli scopi spirituali esso deve essere prolungato in modo che i centri di coscienza dormienti, “silenti”, si sveglino e inizino a funzionare in modo ininterrotto nella vita quotidiana.
Dunque maithuna non è semplicemente l’unione fisica, ma l’unione in vista di samadhi, uno scopo ben chiaro: il risveglio di sushumna, la risalita di kundalini da muladhara chakra e l’esplosione delle zone inconsce del cervello.
La pratica di maithuna richiede una rigida preparazione per entrambi i partner. Certe pratiche di hatha yoga devono essere perfezionate. All’inizio una donna sviluppa il controllo dei centri inferiori con paschimottanasana, shalabhasana, vajrasana, suptavajrasana e siddha yoni asana. Anche sirshasana è importante per regolare gli ormoni della riproduzione e bilanciare le influenze del cervello. Anche mulabandha, uddiyana bandha, shambhavi mudra, sahajoli mudra e kumbaka (la ritenzione del respiro) devono diventare così spontanee da non avere difficoltà ad usare tali tecniche al culmine di maithuna.
A livello emotivo sia il marito sia la moglie devono essere liberi da dipendenza e possessività. Devono anche avere superato il solito stereotipo di comportamento maschile e femminile, e puntare a poter ottenere pieno soddisfacimento con l’accettazione più completa del ruolo della donna come guru.
È grazie all’iniziativa della donna e sotto la sua guida che ha luogo maithuna. La donna svolge tutti i preliminari necessari e fa da guida al marito, dicendogli dove rivolgere la meditazione. Nei rapporti comuni l’uomo assume un ruolo aggressivo e la donna si sottomette. Ma in maithuna la donna assume la guida e l’uomo diventa un suo strumento. Una moglie deve essere capace di risvegliare il marito e aiutarlo a conservare il suo bindu. Se il marito perde il controllo vuol dire che la donna non ha condotto in modo corretto il rituale.
Nel tantra si dice che Shiva, senza Shakti, è semplicemente un shava, un corpo. Shakti è la sacerdotessa. Nella nascita del cosmo Shakti è la creatrice e Shiva il testimone, per cui nel tantra la donna ha lo stato di guru e l’uomo di discepolo. La tradizione tantrica procede effettivamente dalla donna all’uomo, è la donna che fa l’iniziazione.
“La donna che è in grado di trattenere il proprio rajas attraverso la ritenzione dell’orgasmo è una vera yogini…La pratica di vajroli conferisce siddhi al corpo che diventa bello, liscio, luminoso e attraente. Questa è la pratica divina dello yoga che conferisce la liberazione attraverso la gioia.”
(Hatha Yoga Pradipika)
Unmani Kriya
Tratto da Paramahansa Satyananda, “Meditations from the Tantras”, Edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Mettetevi, gentilmente, in una posizione ferma e stabile, con la colonna vertebrale diritta.
Posate le mani in una posizione corretta e ferma.
Dapprima praticheremo kapalbhati, che è una cosa molto importante.
Non so se la conoscete, ma lasciate che ve la dimostri per un certo tempo e poi mi seguirete.
(Dimostrazione di kapalbhati pranayama).
Potete anche eseguirla un po’ più veloce, con totale controllo. Fatela in modo da eseguire cento espirazioni. Regolate la respirazione in modo da poter continuare per cento cicli senza difficoltà.
Se sentite qualche difficoltà potete interrompere.
Quando avrete completato cento espirazioni, praticate jalandhara bandha premendo sulle ginocchia, sollevando le spalle e bloccando il mento.
Poi contraete all’interno l’addome, in uddiyana bandha.
Contraete all’interno il perineo o la cervice in mula bandha.
Poi rilassate mula bandha, uddiyana bandha e jalandhara bandha e inspirate.
Dopo di ciò possiamo iniziare la meditazione.
Dopo che avrete finito kapalbhati con le tre contrazioni, non dovreste più aprire gli occhi.
Se è necessario, cambiate asana, ma non aprite gli occhi.
Quindi dovreste praticare ujjayi pranayama, partendo dal fondo dell’osso sacro, attraverso la colonna vertebrale; da muladhara a ajna chakra con l’aiuto di ujjayi pranayama.
Ora praticate kapalbhati da soli.
Completate cento espirazioni e l’esalazione finale, poi, se volete, cambiate posizione, ma non aprite gli occhi, e continuate ujjayi nel passaggio psichico. Ora siete pronti.
(Gli allievi praticano cento respirazioni e maha bandha).
Per favore, continuate a respirare.
Continuate la respirazione in ujjayi e, allo stesso tempo, ascoltate le mie istruzioni.
Dopo le mie istruzioni dovete respirare da muladhara ad ajna, e mormorare l’Om da ajna a muladhara.
Quando mormorate l’Om da ajna a muladhara, la O dura poco e la mmm è lunga.
L’intonazione è così: Ommm, non Oooom.
Da ajna parte il suono O, e la mmm continua fino a muladhara.
Da muladhara ad ajna la coscienza è il respiro, da ajna a muladhara la coscienza è Om.
Praticate la coscienza di Om per tredici volte, e quando avete finito tredici cicli continuate il respiro in ujjayi.
(Gli allievi intonano tredici volte Om).
Dopo aver intonato Om potete cambiare posizione, ma non aprite gli occhi.
Ora continuate la coscienza della Om tredici volte.
(Il canto dell’Om termina).
Mantenete gli occhi chiusi ma, se necessario, cambiate posizione.
Una volta che avete sistemato la posizione potete continuare a respirare da muladhara ad ajna e da ajna a muladhara.
Contate con attenzione quarantanove cicli con il respiro in ujjayi.
Continuate a contare attentamente e sentite il respiro nella colonna vertebrale.
Questa pratica è conosciuta come consapevolezza del respiro e dovrebbe essere fatta quarantanove volte. Quando avete finito quarantanove cicli continuate allo stesso modo, ma aggiungete il mantra Soham.
Dopo aver praticato quarantanove cicli di coscienza del respiro, dovreste praticare Soham nella stessa maniera, in aggiunta al respiro.
E dovete eseguirlo quarantanove volte.
La sola differenza tra quello che state praticando ora e la nuova pratica è il mantra.
Da muladhara ad ajna e da ajna a muladhara.
Contate con attenzione.
Dopo quarantanove volte, senza aspettare le mie istruzioni, andate alla coscienza del mantra.
Dopo aver praticato la coscienza di Soham per quarantanove cicli, dovrete andare in chidakasha, nella parte interna della fronte.
Senza aspettare le mie istruzioni, dopo aver praticato la coscienza di Soham per quarantanove volte, dovreste andare in chidakasha e concentratevi sulla parte interna della fronte.
Intonate con me Om.
Ommm …Ommm…Ommm (intonato assieme).
Cambiate posizione e aprite gli occhi.
Hari Om Tat Sat.
Surya Nakaskara e la Manipolazione Spinale
Tratto da Swami Satyananda Saraswati, “Surya Namaskara”, Edizioni Satyananda Ashram Italia.
Tutti i movimenti di surya namaskara sono generati attorno alla flessione in avanti e indietro della colonna vertebrale. Questa flessione alternata della colonna vertebrale porta innumerevoli benefici al corpo, raramente paragonabili ad altre forme di sviluppo fisico. Tutte le asana dello yoga riconoscono l’importanza di una colonna vertebrale sana, forte e flessibile nella ricerca della salute globale. Comunque, la sua importanza si estende oltre questo. Il passaggio spinale è il percorso di conduzione per sushumna, la nadi centrale attraverso cui la shakti risvegliata e liberata passa nella sua ascesa fino a sahasrara.
Un’approfondita comprensione della struttura e della funzione della colonna vertebrale ci permetterà di apprezzare più pienamente l’importanza di surya namaskara, non solo per la salute fisica, ma anche in relazione al procedimento del risveglio spirituale.
Struttura e funzione
La colonna vertebrale è costituita da 33 vertebre, poste una sopra l’altra in una leggera curva a forma di esse. La parte anteriore di ogni vertebra è rotonda e piatta nella faccia superiore e inferiore. Queste parti piatte sistemate una sull’altra, sono separate da un cuscinetto spugnoso o disco. Questo agisce come ammortizzatore fra ogni vertebra, tenendole leggermente separate. La parte posteriore della colonna vertebrale è cava e contiene tutti i nervi che vanno dal cervello ai vari organi del corpo. Questi nervi si diramano verso i loro rispettivi organi attraverso gli spazi presenti tra ogni vertebra. L’intera struttura è tenuta insieme da una complessa combinazione di muscoli, tendini e legamenti.
La colonna vertebrale è come il tronco di un albero, che sostiene l’intera struttura del corpo. Sopra questo tronco poggia il cranio o scatola cranica che contiene il più importante degli organi umani: il cervello. La vertebra più in alto si chiama atlante perché sostiene la testa come la mitica figura greca di Atlante, che sosteneva il mondo sulle sue spalle. La seconda vertebra è l’asse di perno, così chiamata perché può muoversi indipendentemente o con il collo.
Nella regione del torace, la colonna vertebrale sostiene la gabbia toracica composta dalle costole, dai muscoli e da cartilagine. Muovendosi verso il basso, nella regione lombare o addominale, la colonna vertebrale è un’ancora per i muscoli che reggono gli organi gastro-intestinali. Questi sono tenuti in sospensione come in una borsa di tela con la colonna vertebrale che ne forma il manico.
Nella parte finale (sacrale) della colonna vertebrale c’è il bacino, che è come una cesta ossea che contiene gli organi escretori e riproduttivi. Le cinque vertebre sacrali sono fuse insieme formando un unico osso dietro il bacino. Queste sono più piccole, non hanno un’effettiva funzione di sostegno del peso e non partecipano ai movimenti della colonna vertebrale. Oltre le vertebre sacrali vi è la coda residuale, il coccige.
La colonna vertebrale non è completamente dritta, ma ha quattro curve distinte. La curva cervicale (collo) ha sette vertebre, la curva dorsale (torace) ne ha dodici, la curva lombare (fondo schiena) ne ha cinque ed anche la curva sacrale (pelvica) ne ha cinque. Ogni vertebra sorregge progressivamente il peso della colonna. Così ogni vertebra inferiore è leggermente più grande di quella superiore in modo da reggere il peso crescente. L’atlante, per esempio, è solo un quarto della larghezza delle vertebre lombari.
A causa di questa struttura complessa, la colonna vertebrale è in grado di eseguire una grande varietà di movimenti. Può piegarsi in avanti, indietro, lateralmente e può torcersi. Questo dà al corpo una grande libertà di movimenti in modo da svolgere le sue varie funzioni.
Sviluppo evolutivo
I disturbi di schiena possono, in gran parte, dipendere da una incompatibilità evolutiva manifestatasi durante il passaggio dell’uomo da quadrupede a bipede. Strutturalmente, la colonna vertebrale è come un ponte sospeso sorretto alle estremità. Originariamente era progettata per operare nella posizione orizzontale, per esempio quando ci muovevamo su quattro gambe. Però, in un certo momento dello sviluppo, l’uomo ha iniziato a stare eretto, camminando su due gambe, e sono iniziati i problemi. Certo, questo non significa che non siano avvenuti altri cambiamenti di compensazione durante il corso dell’evoluzione, ma questa incompatibilità basilare dello sviluppo evolutivo permane come causa radicale dei complessi problemi che possono manifestarsi a partire dalla colonna vertebrale.
Lo sviluppo dei muscoli di sostegno, che è derivato come compensazione del funzionamento verticale della colonna vertebrale, è sufficiente per assicurare un adeguato sostegno alle vertebre e, di conseguenza, al resto del corpo. Tuttavia un inadeguato esercizio di questa muscolatura, l’obesità, la posizione scorretta, dovute a continui piegamenti in avanti durante l’attività lavorativa o dalle sedie, sono responsabili della maggior parte dei disordini della colonna vertebrale riscontrabili nell’uomo di oggi.
Disordini comuni della colonna vertebrale
Si dovrebbe capire, riguardo ai problemi della colonna vertebrale, che surya namaskara viene bene utilizzato come misura di prevenzione. Anche se potrebbe eliminare molti problemi di schiena, una volta sviluppatisi, in alcuni casi che tratteremo più avanti, inizialmente sarebbe più utile un programma di altre asana. Però, la pratica regolare di surya namaskara può prevenire questi problemi mobilizzando le articolazioni intervertebrali, sviluppando la muscolatura di sostegno della colonna vertebrale, rinforzando i legamenti e massaggiando i nervi e i vasi sanguigni. Questo diviene ancora più importante nella mezza età e in quella più avanzata, quando i muscoli tendono e divenire più deboli e la colonna vertebrale più rigida.
L’area più problematica della colonna vertebrale è la regione lombare (fondo schiena). I problemi in questa regione sono molti. I muscoli paravertebrali diventano rigidi e doloranti con l’accumularsi di tensioni emozionali, sessuali e mestruali. Si verificano strappi muscolari a causa di azioni scoordinate nel sollevare pesi, piegandosi o guidando. I legamenti spinali si strappano a causa di duri sforzi o colpi ricevuti praticando sport, ecc. I muscoli sono squilibrati se il peso del corpo non è distribuito equamente sulle due gambe, a causa di qualche malattia degli arti inferiori. Probabilmente, la causa più comune per i dolori della parte inferiore del dorso è dovuta, tuttavia, ad una posizione scorretta, mancanza di esercizio e vita sedentaria.
In una persona obesa vi è uno sforzo maggiore localizzato sulla regione lombare a causa del peso in più dei depositi di grasso nel mesentere dell’intestino o nella parete addominale; ne deriva l’allungamento dei legamenti e compare la debolezza. Questo accade perché, di regola, le persone obese mangiano troppo e non fanno sufficiente esercizio.
L’ernia al disco e la sciatica si verificano quando l’anello cartilagineo dei dischi intervertebrali ammortizzanti si rompe e crea pressione sui nervi tra le vertebre. Questo è terribilmente doloroso. Se il disco intervertebrale degenera, l’attrito tra una vertebra che si muove su un’altra può causare un’ulteriore usura e degenerazione della vertebra e molto dolore.
Nei casi di ernia al disco, sciatica e degenerazione del disco, le posizioni di flessione in avanti di surya namaskara aggraveranno il problema. Quindi in questi casi, dovrebbero essere evitate tutte le posizioni di flessione in avanti, ed è consigliabile un programma guidato di asana di flessioni all’indietro.
Il mal di testa, causato da tensioni mentali e posturali si verifica quando i muscoli del capo, del collo o delle spalle divengono rigidi e spasmodici. Gli spasmi possono essere sentiti doloranti, come una corda dura o un nodo. Profonde tensioni emozionali possono anche causare spasmi e dolori muscolari nella regione toracica, che sono spesso difficili da alleviare a causa dell’effetto rinforzante della gabbia toracica. I movimenti alternati di surya namaskara possono essere estremamente utili per rilassare le aree del torace, del collo e delle spalle, prevenendo l’insorgere di tensione muscolare dove avviene lo spasmo.
La scoliosi è una condizione che si verifica quando la colonna vertebrale sviluppa una curvatura laterale. Spesso è una curva a forma di essa, poiché un’estremità della colonna si muove per compensare il dislocamento dell’anca, da una differente tensione muscolare in ogni lato del dorso o dalla crescita non equilibrata dei sistemi muscolare e scheletrico durante l’adolescenza. In questo caso, le posizioni di flessione indietro dovrebbero essere ridotte al minimo e dovrebbero essere accentuate quelle di allungamento in avanti per raddrizzare la colonna vertebrale.
I problemi della colonna vertebrale sono numerosi e complessi, tuttavia la pratica regolare di surya namaskara sotto una guida esperta può migliorare le condizioni della colonna vertebrale ed assicurare uno stile di vita libero da problemi di schiena.
Per completare la gamma dei movimenti spinali, in una situazione non terapeutica, possono essere introdotte, nel programma giornaliero di pratica, asana di flessione laterale come tiryaka tadasana e la serie di trikonasana insieme alle torsioni spinali come ardha matsyendrasana. In questo modo si completa la gamma di movimenti in avanti, indietro, laterali e di torsione della colonna vertebrale.
Sushumna
Il radicale passaggio evolutivo alla posizione eretta ha separato l’uomo dagli altri animali conferendogli un netto vantaggio sul regno animale. Ciò si riferisce anche all’evoluzione spirituale umana.
A tale proposito vale la pena notare alcuni punti interessanti.
Primo, si dice che solo attraverso l’incarnazione umana un essere può ottenere l’illuminazione; non è possibile in un’incarnazione animale.
Secondo, entro la colonna vertebrale vi è il passaggio di sushumna, che comprende i punti fisici di locazione dei chakra, i centri psichici che governano lo sviluppo della consapevolezza superiore dell’uomo e annullano le sue tendenze animali.
Il più basso di questi chakra, muladhara, che governa gli aspetti più basilari ed istintivi della nostra natura, è localizzato in fondo alla colonna vertebrale, in realtà non all’interno del midollo spinale.
A mano a mano che ci si muove verso l’alto, lungo sushumna, i chakra esprimono le qualità più elevate e raffinate, che infine trascendono la natura terrena dell’umanità.
Ogni chakra superiore coinvolge progressivamente strutture nervose più complesse.
A livello fisico, il passaggio dell’energia nervosa richiede di mantenere la colonna vertebrale libera da impedimenti, in modo che gli impulsi dal cervello possano essere trasmessi al resto del corpo e viceversa.
Questo, a sua volta, si riflette nel corpo psichico, assicurando che la kundalini risvegliata abbia un passaggio libero nella sua ascesa verso il cervello.
Così, la manipolazione che surya namaskara esercita su tutta la colonna vertebrale è qualcosa di più del mantenimento della stabilità strutturale nel corpo.
Rappresenta anche una purificazione del passaggio vitale di sushumna, in modo che le nostre energie possano ascendere dalla radice della nostra natura inferiore al risveglio delle nostre facoltà superiori.