“YOGA” 2006 – Vol. 4

“YOGA” 2006 – Vol. 4

Gayatri Mantra, Mahamrityunjaya Mantra, le Tre Qualità di “Testa, Cuore, Mani”

Di Swami Niranjanananda Saraswati, International Satyananda Yoga Festival, Venezia Lido, 19-21 Maggio 2006 

Gayatri Mantra, Mahamrityunjaya Mantra

Nello yoga c’è un metodo tramite cui, nonostante l’agitazione mentale o della nostra coscienza, possiamo cercare di riportarci ad uno stato di calma e di quiete. Questo metodo è l’uso dei mantra. Ci sono due mantra importanti per ridurre gli effetti dannosi dello stress e creare una forma di immunità verso questo. Il primo mantra lavora su manipura chakra, aumenta la vitalità, l’energia vitale, prana shakti, ed anche l’immunità fisica rispetto ai fattori stressanti della vita. Il secondo mantra è correlato con agya chakra e blocca l’agitazione dei pensieri ossessivi, dei comportamenti mentali, stimola l’emergere di una consapevolezza chiara ed equilibrata, scherma la mente dalle influenze negative dello stress. Quindi il primo mantra protegge il corpo e il secondo protegge la mente.
Paramahansaji ha dato istruzioni perché questi due mantra siano praticati da tutti, 11 volte ciascun mantra, la mattina al risveglio. L’uso quotidiano di questi due mantra darà un benessere totale sia fisico che psicologico. Mentre siamo qui, per la durata di questo Festival dello Yoga, ogni mattina prima di venire agli incontri, praticate questi due mantra nella vostra stanza. Fate esperienza voi stessi per questi tre o quattro giorni e sicuramente vedrete un cambiamento qualitativo nella vostra abilità a confrontarvi con le situazioni e gli stress quotidiani.
Ora praticheremo insieme 11 volte questi due mantra. Il primo mantra è Mahamrityunjaya mantra e il secondo è Gayatri mantra. Mahamrityunjaya mantra per il benessere di corpo, sensi e personalità e Gayatri mantra per ottenere chiarezza mentale, liberarsi della confusione e ottenere la saggezza. Ricordate di praticarli appena svegli ogni mattina, prima di scendere dal letto se potete o nel bagno per non disturbare chi dorme accanto a voi; ma la ripetizione di questi due mantra deve essere la prima cosa che fate appena svegli per creare una protezione e sviluppare immunità a livello fisico e psicologico.
Questi sono i due mantra che danno protezione. Quando si canta mahamrityunjaya mantra viene attivato manipura chakra, che corrisponde al plesso solare, la sede di prana shakti. Lo stress crea un disturbo e uno squilibrio nelle manifestazioni dell’energia pranica, anche l’ambiente in cui siamo e lo stato d’animo che viviamo creano un cambiamento nella struttura pranica e la perdita di prana shakti dal corpo apre le porte alla malattia. Quindi ogni mattina quando cantate mahamrityunjaya mantra 11 volte, le vibrazioni sonore su determinate frequenze attivano il plesso solare, manipura chakra, e in questo modo vengono rinforzate le energie praniche deboli in diverse parti del corpo. Una volta che il livello di prana shakti si eleva, allora tali energie lavorano per eliminare, per allentare squilibri e disturbi a livello fisico del corpo. Perciò mahamrityunjaya mantra è stato riconosciuto da tempi immemorabili come il mantra capace di risvegliare prana shakti, l’energia vitale, ed ottenere salute: è un mantra di guarigione.
Il secondo, Gayatri mantra, è connesso con agya chakra, la sede della saggezza e dell’intuizione. Il canto del Gayatri mantra crea le frequenze, le vibrazioni che attivano agya chakra. Tutti i problemi legati ad ansia, paura, aggressività, panico, complessi di colpa, possono essere gestiti con l’attivazione di agya chakra tramite la pratica regolare di Gayatri mantra. Secondo la tradizione Gayatri mantra è sempre stato il mantra che apre le porte della coscienza, della conoscenza, della percezione e della saggezza. Anche le cicatrici psicologiche possono essere curate con il canto del Gayatri mantra.
Dunque questi due mantra dovrebbero diventare parte del quotidiano processo di risveglio di ogni persona perché il benessere è un diritto di nascita di ognuno. Certamente dovremmo adottare ciò che ci dà benessere fisico e psicologico e ci aiuta a migliorare la qualità della nostra vita.
Dopo aver praticato questi due mantra, la mattina proseguite con le vostre normali attività: scendete dal letto, vi lavate il viso e la bocca, fate una doccia, fate colazione, andate al gabinetto, ecc. Ma ricordate che il segreto per il successo di questi due mantra sta nel praticarli al momento del risveglio, prima che la mente diventi estroversa ed inizi ad interagire con altre persone, i bisogni, i desideri e gli eventi della giornata.
Questi mantra non avranno alcun effetto se praticati un’ora dopo il risveglio: allora tutte le vostre frequenze sono già sintonizzate sulle stazioni esterne. Quando vi svegliate il mattino non ci sono distrazioni, se praticate subito i mantra gli effetti sono decuplicati e il vostro investimento è solo di cinque minuti. Poi la sera, quando tornate a casa, dovete nuovamente rimuovere gli stress. Immaginate di essere un guerriero: la mattina mettete la vostra armatura, uscite e andate a combattere. La sera, quando tornate a casa, osservate le scalfitture e le ammaccature che si sono create sulla corazza, allora cosa fate? Togliete l’armatura e iniziate a togliere le frecce, ad aggiustarla e sistemarla per la battaglia dell’indomani, poi andate a dormire.
Come riparate la vostra armatura, come togliete le frecce dallo scudo e riparate i danni quando tornate a casa dal campo di battaglia della vita e della società? È necessario un altro investimento di cinque minuti, e di cosa avete bisogno? Di sdraiarvi e fare un’analisi degli eventi accaduti nella giornata. Semplicemente ripercorrete mentalmente gli eventi della giornata in sequenza, dal risveglio al momento in cui vi siete sdraiati per rivederli. Guardando gli eventi accaduti, identificate quelle situazioni, o momenti, o persone, o posti in cui o con cui avete incontrato disagio, conflitto, aggressività, paura. Siate solo testimoni obiettivi di ciò che è successo e gradualmente portate nella vostra mente un pensiero molto semplice senza reagire a ciò che è accaduto, portate solo un pensiero alla mente: “C’è un modo migliore per affrontare questa situazione se si presentasse ancora? Sì c’è un modo migliore per superare questa situazione che è stata causa di stress”.
Vedrete che nel giro di una settimana con questa pratica sarete in grado di dirigere i vostri sforzi per gestire al meglio le situazioni stressanti. Osservando e riconoscendo i fattori di stress della giornata, potete impedire che divengano semi piantati nel vostro inconscio, in grado di esplodere nel corso del tempo; sarete capaci di osservare le vostre stesse risposte e reazioni e canalizzarle in una nuova direzione. La riparazione dell’armatura avverrà con l’analisi degli eventi della giornata e riconoscere che le frecce sono state lanciate da una certa persona, in un certo momento, per una certa ragione vi permetterà rispondere in modo differente la volta successiva perché sarete preparati più adeguatamente. In questo modo si sviluppa la consapevolezza per gestire le situazioni stressanti e liberarsene.
Quando si è in grado di gestire lo stress, allora non diventa memoria, ma quando entra a far parte della memoria diventa molto profondo e rimuovere l’intensità delle negatività contenute nella memoria diventa molto difficile. Così dovete fare due cose: il mattino al risveglio la ripetizione dei due mantra e la sera l’analisi degli eventi della giornata. Se proverete per una settimana potrete notare i cambiamenti e i benefici e sarete voi i vincitori.

Testa, cuore, mani i tre fattori dell’esistenza umana

Oggi voglio discutere di un aspetto dello yoga che pochissime persone comprendono, anche se tutti sono curiosi di conoscere. Immaginate ci siano due prese elettriche e una sola spina. La spina rappresenta la vostra vita che è connessa con una presa. La spina è collegata ad una particolare presa che rappresenta il mondo e tutti noi siamo connessi con quel mondo. Il mondo è quello di sensi, oggetti e materialismo. L’altra presa rappresenta la vita spirituale.
Allora, quando volete inserire la spina della vostra vita nella presa della vita spirituale, cosa dovete fare? Dovete staccare la spina dalla presa precedente e inserirla nell’altra, questo è yoga. Perché noi siamo talmente assorbiti dal mondo dei sensi, dei desideri, delle aspettative che non possiamo connetterci con la nostra natura spirituale. Perciò, anticamente, lo yoga è stato visto come un metodo per rinunciare al mondo materiale e connettersi a quello spirituale, per staccare la spina dalla presa materiale e inserirla nella presa spirituale per ristabilire la connessione.
Gli yogi sono quelle persone, i guru, i maestri che hanno staccato la spina dalla presa del materialismo e l’hanno inserita in quella spirituale. Il 99,99% delle persone nel mondo, hanno paura di staccare la spina dalla presa del mondo materiale e mentre la lasciano inserita in quella presa, vogliono sperimentare la vita spirituale. Il problema è che se siamo su un’autostrada e stiamo viaggiando da nord a sud e vogliamo andare nell’altra direzione, dobbiamo fare un’inversione e tornare indietro, ed è proprio questo che non siamo capaci di fare, perciò continuiamo a viaggiare verso sud sperando comunque di trovare il nord. Ed è questa la causa dei fallimenti nella vita spirituale.
Allora qual è la soluzione per il 99,99% delle persone che sono connesse con la presa materiale? Sapete, la cosa interessante è che le spine hanno tre spinotti che rappresentano il positivo, il negativo e il neutro, o anche i tre guna: sattwa, rajas e tamas. Quando le qualità di sattwa, rajas e tamas della nostra vita sono connesse con la presa del mondo ci forniscono elettricità, energia, motivazione, ambizione, potere, ed è questa connessione col mondo che è la causa della nostra infelicità, delle nostre frustrazioni, delle nostre perdite e delle sensazioni ad esse associate.
Quando siamo connessi con la presa del mondo materiale, l’espressione dei sensi e della mente è esteriorizzata, estroversa. I sensi si associano con gli oggetti e l’ambiente circostante; la mente interagisce con i sensi, gli oggetti e l’ambiente; le emozioni interagiscono con il comportamento mentale, con i sensi, l’ambiente e gli oggetti.
C’è un bel passaggio nella Bhagavad Gita che descrive le associazioni dei sensi con gli oggetti del mondo, in cui si afferma che ogni volta che si è vicini ad un oggetto si crea spontaneamente e naturalmente una connessione. Siete seduti vicino ad una persona piacevole e naturalmente e automaticamente ne siete attratti, vedete un bel fiore e ne siete attratti; se il fiore non fosse là non ci sarebbe attrazione, ma a causa della contiguità, il fiore è là, i sensi si collegano con esso e si crea una risposta, una risposta personale e individuale: attrazione, desiderio.
La vicinanza dell’oggetto dà origine a diverse aspettative e desideri. Se accanto a voi non c’è una bella persona, allora non si crea nessuna associazione, nessuna attrazione e nessun desiderio; ma una volta che il desiderio insorge, esso induce certi bisogni che vi spingono ad acquisire quel piacevole oggetto. Quando l’acquisite state bene ma se non lo ottenete e la brama continua, insorge l’aggressività. Allora agite per ottenere l’oggetto che vi è piaciuto, ma talvolta il portafoglio o la carta di credito non sostengono i vostri desideri; e se per soddisfare i vostri desideri andate in rosso, inizia un altro ciclo per ripianare la perdita. Non appena il portafoglio o il conto in banca saranno di nuovo in positivo, si presenterà un altro desiderio e voi vorrete appagarlo.
La vita è solo un gioco. Quando siamo bambini giochiamo con cose semplici fatte di legno, di cartone, di plastica, una bambola, una macchinina; man mano che cresciamo i nostri desideri crescono, giochiamo ancora con le stesse cose ma in forma più grande e complessa. Da bambini si gioca con la macchinina, da adulti con l’automobile vera, da bambini giochiamo con le bamboline e da adulti con bambole più grandi. Dunque stiamo sempre giocando e l’unione con gli oggetti continua dall’infanzia all’età matura sino al momento della morte.
Quando i desideri e le aspettative non sono appagati, allora si entra nella zona grigia della mente sensoriale, ed è lì che in mancanza di appagamento del desiderio emergono la depressione o l’ansia e questo rinforza ulteriormente il desiderio ed il bisogno di acquisire qualcosa, perché a quel punto il desiderio diventa un’ossessione, un continuo canalizzare la mente verso tale oggetto: devo averlo, come posso fare per ottenerlo, perché non lo ho, ecc. e arriva la frustrazione. A questo punto emerge il comportamento ossessivo compulsivo e questo porta allo sviluppo di una mentalità illusa e ingannevole.
Questa mentalità illusa non è basata sulla realtà ma su aspettative e ambizioni personali e, nello stato mentale di illusione, la chiarezza mentale non esiste; la componente della saggezza viene messa da parte ed una forte emotività prende il sopravvento sulla vita e quella emozione riguarda i desideri, le ambizioni, le aspettative. Questo succede a tutti noi perché siamo tutti connessi con la presa del mondo materiale.
Come possiamo migliorare questa condizione di vita? La pratica delle asana aiuta a gestire questa condizione? No. Può la pratica di pranayama aiutarci a superare questa situazione? No. Ciò che aiuta in questo caso è l’osservazione della mente. Paramahansaji ha detto molte volte che un essere umano è costituito dalle qualità di testa, cuore e mani. Testa, cuore e mani sono i tre fattori dell’esistenza umana. Se non c’è la testa e avete solo cuore e mani, non avrete successo; se non avete cuore ma avete testa e mani fallirete; se avete mani ma né cuore né testa ugualmente non avrete successo.
Affinché la vita possa esprimere se stessa nella sua totalità è necessario attivare queste tre aree. Un errore che è stato fatto dalla civiltà moderna è di mettere la testa davanti al cuore e alle mani mentre nello yoga si raccomanda di considerare tutti e tre gli aspetti con la stessa attenzione, con la stessa intensità, con la stessa consapevolezza. Allora, come gestire o coltivare le proprietà, le qualità di testa, cuore e mani? A questo punto direi che lo yoga nella vita di un individuo inizia quando si inizia a lavorare in questa direzione. Se lavorate col corpo, per sciogliere le vostre articolazioni, per allungare i muscoli, per stare meglio in salute, va benissimo perché state influenzando le condizioni fisiche e con queste pratiche sentirete leggerezza, vitalità ed energia. Ma, con le pratiche di asana e pranayama non sarete in grado di agire nelle dimensioni di testa, cuore e mani. Per poter accedere alla mente, al cuore e alle mani dobbiamo usare diversi sistemi di yoga, e questa mattina il tema che tratteremo sarà “la testa”.
Della mente ci si occupa attraverso le pratiche e i processi di concentrazione e di meditazione, e la mente non è la coscienza, la mente è l’aspetto esteriore, l’aspetto interattivo della coscienza. Quando la coscienza interagisce con i sensi e con gli oggetti dei sensi, allora quella è la mente. Dal punto di vista yogico la mente è suddivisa in quattro parti. La prima componente della mente è manas, il processo di analisi e riflessione, il pensiero logico e lineare. La seconda componente è buddhi, l’intelletto, l’intelligenza, la conoscenza, la comprensione di giusto e sbagliato, è vivere secondo questi concetti. La terza componente è chitta, la memoria, i ricordi subconsci e inconsci. La quarta componente è ahamkara, o l’ego, il principio di identità individuale, io esisto, io sono. Quindi manas (i processi riflessivi), buddhi (il processo intellettivo), chitta (il processo della memoria) e ahamkara (il senso dell’io), costituiscono la mente grossolana. Questa è la mente che utilizziamo nella nostra quotidianità, nelle nostre relazioni, per riuscire nella nostra vita normale. Ma è in questa mente che si possono osservare le vritti e i differenti comportamenti ed è per questo che nei sutra del raja yoga di Patanjali il punto focale è la gestione della mente.
Il principio della filosofia di cui ho parlato sino ad ora è visibile nel processo del raja yoga. La parte fisica delle asana è solo una minima parte nel raja yoga, anche l’interesse per il pranayama è limitato: si parla solo di un sistema di pranayama. Anche la terza e la quarta branca, yama e niyama sono distinti e separati dalla dimensione mentale. L’intera unità mentale è contemplata nei quattro rami: pratyahara, dharana, dhyana e samadhi.
Dunque, se osservate la sequenza del raja yoga, il comportamento mentale, la disciplina, le posture e la respirazione rappresentano ciascuno uno stadio nell’ottuplice percorso, mentre la gestione della mente comprende quattro stadi. Le persone che meditano non praticano né pratyahara né dharana. Ciò che in genere viene chiamato esperienza meditativa, per me sono visualizzazioni immaginarie o fantasie, e questo è vero. Molte persone praticano meditazione con lo scopo di vedere la luce. Io non so perché perdono tanto tempo anziché girare l’interruttore. Queste persone che cercano di avere belle esperienze nella meditazione, che vogliono vedere la luce, la perla blu, gli angeli che cantano e le trombe che suonano musiche celestiali non si rendono conto che ciò non sono altro che fantasie ed espressione della nostra illusione mentale. Per favore, non offendetevi se vi parlo così chiaramente e duramente, ma la meditazione non è di sicuro tutto ciò.
Il processo di meditazione, secondo lo yoga, è uno sviluppo molto sistematico della consapevolezza in relazione alla mente e al comportamento mentale, e secondo Patanjali il primo sistema di meditazione per la gestione della mente è pratyahara. Ci sono diversi modi per definire pratyahara, il quinto stadio del raja yoga, ma cercheremo di capirne il concetto nel contesto della nostra discussione odierna. Quando la spina della nostra vita quotidiana è inserita nella presa del materiale, la corrente passa dalla presa, attraverso la spina, nella macchina della personalità umana. Spostiamoci un attimo da questo punto. Nella presa che è nella parete c’è già corrente elettrica, il mondo era lì prima che voi nasceste, il mondo sarà lì dopo che voi non ci sarete più, e allo stesso modo la corrente è nella presa a prescindere da chi inserisce la spina. Questo apparecchio riceve energia quando mettiamo la spina nella presa e quando la corrente passa tramite la spina in questo apparecchio, che è l’unità di corpo e mente, in quel momento il mondo ci sta nutrendo. Dal mondo riceviamo il nostro nutrimento, dal mondo riceviamo felicità e gioia, dal mondo sperimentiamo frustrazione e ansia, nel mondo facciamo esperienza di confusione e pace, è il mondo che nutre i sensi, la mente, l’intelletto e il nostro ego.
Allora che cos’è pratyahara? Quando il mondo cessa di nutrirvi, allora quello è pratyahara. Fermare le influenze del mondo che condizionano l’unità mente-corpo è pratyahara. La definizione della parola pratyahara è: fermare le percezioni sensoriali che sono nutrite dalla natura materiale. Pratyahara è il primo passo nella gestione della mente. Ci sono diversi stadi per sensibilizzare la natura e la mente umana a sperimentare la relazione tra noi stessi ed il mondo esterno. Nel primo livello di pratyahara si deve coltivare la consapevolezza. Nel secondo stadio si devono eliminare gli stress e l’individuo dovrebbe essere rilassato. Nel terzo stadio si deve riconoscere quanti input possono essere ricevuti dal mondo esterno e quando interrompere tali input. Nel quarto stadio l’individuo deve divenire consapevole dell’espressione naturale della personalità umana e per divenire consapevoli della natura personale dovete vedere oggettivamente le vostre forze e le vostre debolezze, dovete vedere le ambizioni che governano la vostra vita e i bisogni reali della vostra vita. In questo stadio di pratyahara c’è un’analisi dei punti di forza, delle debolezze, delle ambizioni e dei bisogni, perché questi sono i fattori che creano disturbo nel comportamento mentale. Nel quinto stadio di pratyahara c’è la connessione con le qualità positive della vita. Nel sesto stadio ci sono l’eliminazione e la purificazione di emozioni, aspettative, ambizioni e samskara repressi e soppressi.
Dopo questa fase inizia dharana, che significa concentrazione, dove impariamo a focalizzare le forze della mente e del prana. È come accordare la chitarra: se prendete una chitarra che non è stata suonata per lungo tempo, dovete tirare le corde ed assicurarvi che siano adeguatamente accordate. L’accordatura è come la focalizzazione delle energie mentali e di prana shakti. Prana e mente devono essere in armonia l’uno con l’altra per poter fare esperienza di dharana. Allora, quando la mente e il prana sono equilibrati, sono in armonia, in sincronia, inizia dhyana. Quindi raja yoga è il sistema per gestire le qualità della propria testa.
Ora, in breve, vedremo le differenti pratiche di pratyahara: la prima è kaya sthairyam, l’immobilità del corpo, e il corpo è immobile solo se la mente è immobile e la mente è immobile solo quando il corpo diviene immobile. Per quanto tempo potete rimanere seduti immobili? Questo vi mostrerà quanto è rilassata la vostra mente, quanto è concentrata la vostra mente.
Molti anni fa, quando vivevo in Colombia, stavo andando in un paese in Centro America e l’aereo atterrò a Panama per una qualche emergenza. Tutti i passeggeri dovevano essere controllati e così fummo portati in una sala d’attesa dalla quale i funzionari della dogana ci chiamavano uno per uno. Eravamo tutti nella sala ad aspettare ed io sono stato l’ultimo ad essere controllato, così ho avuto molto tempo per osservare le altre persone. Alcuni erano nervosi e perciò fumavano una sigaretta dopo l’altra, altri cercavano di telefonare ai parenti e agli amici; l’atmosfera era comunque molto tesa ed io ero seduto sulla mia sedia e osservavo. Molti mi si avvicinavano per chiedermi se non fossi nervoso ed io rispondevo: “Per quale motivo? Non ho fatto niente di male, non trasporto droghe, non sono mai stato in prigione. Se avessi uno di questi motivi sarei nervoso, ma non è così”.
A quel punto notai che l’agitazione della mente si riflette sul corpo e il corpo diviene nervoso. C’erano persone che andavano su e giù in continuazione, non riuscivano a stare seduti tanto erano nervosi; c’erano persone che fumavano continuamente. Quella è stata una realizzazione per me: vedere il legame tra il comportamento mentale e il comportamento fisico, allora capii perché lo yoga dice che una mente tranquilla crea un corpo tranquillo e un corpo tranquillo crea una mente tranquilla.
Questo è un esempio dello squilibrio tra corpo e mente che ho osservato nel corso di quella esperienza, in quella situazione. Cosa facevo mentre ero seduto lì? Osservavo il mio respiro, facevo il mio mantra. Dovendo star seduto lì per ore decisi di utilizzare il mio tempo in quel modo, e non ci furono agitazione e nervosismo, ma se non avessi potuto avere l’aiuto dello yoga sarei stato nelle medesime condizioni degli altri.
Vi ho fatto questo esempio per mostrare il legame tra fisico e mente, ed è per questo che nel raja yoga Patanjali dice che per calmare la mente la postura deve essere confortevole e stabile ed è così che viene definita l’asana: “Postura nella quale potete stare comodi e stabili per un lungo periodo di tempo”. Questa è un’affermazione molto chiara in cui Patanjali non sta indicando le posizioni per fare stretching, piuttosto sta utilizzando asana e pranayama per influenzare la mente. La prima pratica per stabilizzare la mente è kaya sthairyam, l’immobilità del corpo e della mente. Un’interessante esperienza di kaya sthairyam è che quando vi concentrate sull’immobilità del corpo, entrate in contatto con lo stato di silenzio nella mente. Dunque, imparare ad essere immobili è il primo insegnamento di pratyahara; però non solo fermare il movimento del corpo, ma anche estendere la consapevolezza a ciascuna parte del corpo, ad ogni esperienza della mente.
La seconda pratica di pratyahara è yoga nidra, che tutti voi avete già praticato e conoscete. La pratica di yoga nidra raggiunge due obiettivi: il primo è di connettervi col vostro corpo e con le esperienze mentali sviluppando la consapevolezza di voi stessi; il secondo obiettivo è quello del rilassamento, rilassamento dell’unità corpo-mente. Possiamo pensare di essere consapevoli, ma in realtà non lo siamo. Molte persone mi hanno detto che dopo yoga nidra hanno realizzato per la prima volta di avere un corpo, per la prima volta nella loro vita hanno visualizzato il proprio pollice destro, ciascuna delle proprie dita, tutte le parti in un ordine sistematico, per la prima volta erano divenuti consapevoli della salute delle dita dei piedi.
Commenti di questo genere sono molto comuni e anche molti di voi quando hanno iniziato a praticare yoga nidra hanno scoperto un nuovo corpo. Avete sicuramente usato il corpo per giocare, praticare sport, correre, per qualsiasi cosa, ma senza consapevolezza fisica, senza coscienza. Con questa pratica la consapevolezza si estende da un punto di percezione a tutto il corpo e il rilassamento psicologico, nell’area inconscia e subconscia, aiuta a rilasciare i blocchi dalla personalità.
La terza pratica di pratyahara è ajapa japa, la consapevolezza del respiro e del mantra unita al movimento del respiro. Respiro e mantra insieme diventano uno strumento di interiorizzazione molto potente. Respiro e mantra aiutano a bloccare gli stimoli dei sensi nell’unità corpo-mente. La quarta pratica è antar mouna, il silenzio interiore, nella quale osserviamo il comportamento della mente. Dopo queste pratiche pratyahara si evolve anche in altre, ma queste prime pratiche sono le più importanti per poter far esperienza del vero pratyahara. Dopo aver completato pratyahara, la consapevolezza, la concentrazione – dharana – si sviluppa naturalmente. È in pratyahara che vengono gestite le manifestazioni dell’ego, perché questa è la barriera verso l’esperienza spirituale.
Non importa quanto andiate in profondità dentro voi stessi nella meditazione, l’ego ha sempre l’ultima parola. Questo è applicabile a tutti noi, perché nella nostra arroganza, nella presunzione di ciò che abbiamo conseguito, diventiamo assorbiti così completamente nelle nostre aspettative che perdiamo di vista il fatto che l’ego non è stato completamente soggiogato. Nelle quattro componenti della mente, manas è equilibrata, buddhi è equilibrata, chitta è equilibrata, ma non ahamkara, ed è qui che falliamo nel tentativo di trasformare noi stessi con la meditazione.
Ogni fallimento nella vita spirituale si verifica a causa dell’ego, non a causa di sforzi insufficienti. Il perfezionamento nel pratyahara è assolutamente necessario per procedere verso dharana o gli stati meditativi perché nell’intero schema dello yoga, pratyahara è l’unico momento in cui vengono dati gli strumenti per gestire il proprio ego.
Io sono stato coinvolto nello yoga negli ultimi quarantacinque anni e nella mia vita ho incontrato molte persone che mi hanno detto di aver praticato yoga per tanti anni, di aver praticato meditazione per tanti anni, di aver avuto tante e fantastiche esperienze, ma quando li vedo lavorare e agire nel loro ambiente con i familiari e gli amici, vedo che non hanno fatto niente. Nonostante venti o trent’anni di pratica meditativa non hanno raggiunto alcuna capacità di gestire la loro mente o le loro emozioni. Le risposte alla rabbia, alla paura, all’insicurezza sono sempre le stesse; allora se ogni volta le risposte sono le stesse quali sono i benefici nel trascorrere così tanto tempo in meditazione?
Per questo motivo dico che la meditazione è qualcosa che nessuno, fino ad ora, ha praticato nel mondo perché nessuno ha seguito il sistema della meditazione. Se seguite il sistema della meditazione, allora la gestione di ogni componente della mente diventa possibile. Pratyahara è una tecnica molto ben definita per rimuovere le influenze nocive del mondo dalla mente, pratyahara è una tecnica ben definita per coltivare la forza interiore, la positività e l’ottimismo. Per me meditazione significa pratyahara, non significa dharana, non significa dhyana, non significa samadhi, perché lì sono le basi della mente. Se le fondamenta sono forti potete costruire un edificio bellissimo e solido che rimarrà per centinaia di anni, ma se le fondamenta non sono solide, non importa che tipo di edificio sia perché crollerà in poco tempo. Pratyahara fornisce le fondamenta alla mente perché questa possa sviluppare la propria creatività, e la creatività mentale si riconosce nella saggezza, e questa saggezza è adeguatezza nella vita, pensare in modo positivo e appropriato secondo le situazioni e le circostanze, un comportamento positivo e appropriato secondo le circostanze e le situazioni.
Perciò nel campo della gestione della mente il raja yoga diventa lo strumento più valido per sviluppare le qualità della testa. Continueremo l’argomento dello yoga per la “testa” anche più tardi, altri relatori parleranno sullo stesso tema secondo il loro punto di vista e dopo inizieremo con lo yoga per il “cuore”. Ma il punto finale della discussione di oggi è che la creatività mentale deve essere sviluppata disciplinando la mente e regolando il comportamento della mente e questo, secondo Patanjali, è il punto di partenza nello yoga.

Hari Om Tat Sat

Tantra – Sorgente di Pratiche per l’Espansione della Mente

Tratto da: Sw. Satyasangananda Saraswati, “Tattwa Shuddhi” ed. Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

Lo scopo del tantra è succintamente definito dalla parola stessa. Il termine tantra deriva dalla combinazione di due parole sanscrite: “tanoti”, o espansione, e “trayati”, o liberazione. Ciò significa che il tantra è il metodo per espandere la mente e liberare l’energia potenziale che è assopita. Per capire il tantra dobbiamo prima capire esattamente che cosa voglia dire espansione della mente e liberazione dell’energia.
La gamma delle nostre esperienze collegate al mondo interiore ed esteriore è di solito estremamente ristretta. Possiamo vedere, udire, sentire, gustare e odorare solo attraverso l’uso dei nostri sensi fisici. Se uno di essi è danneggiato, la nostra esperienza e la conoscenza collegate a quel senso sono limitate ed ostacolate. Quindi le facoltà di percepire e di apprendere dipendono totalmente e inesorabilmente dai sensi. Questa è un’aggiunta restrittiva nella nostra vita poiché la conoscenza che deriva dai sensi è limitata dai confini di tempo, spazio ed oggetto.
Tempo, spazio e oggetto esistono solo come categorie della mente individuale. Se non vi è mente individuale, non vi è tempo, spazio, oggetto e viceversa. Queste tre categorie mentali sono finite e non possono essere considerate fonti di conoscenza infinita o imperitura. Finché agiamo attraverso il regno dei sensi o della mente in relazione ad essi, non possiamo superare questi confini limitati e ristretti.
Ad esempio, per vedere la bellezza risplendente di un fiore, è necessario avere il fiore davanti agli occhi aperti, per odorare la fragranza del sandalo o della lavanda è necessario averli vicino al naso, per assaporare la dolcezza del cioccolato o il sapore piccante del chilli è necessario mangiarli. Questo tipo di esperienza è definita oggettiva poiché dipende dalla presenza di un oggetto, dei sensi e della mente in relazione ad entrambi.
Tuttavia c’è una serie di esperienze in cui si può vedere con gli occhi chiusi, gustare in assenza di cibo, udire il suono della musica senza che essa venga suonata da alcuno strumento. Si tratta di esperienze puramente soggettive, che non dipendono dalle categorie della mente finita. La conoscenza acquisita attraverso l’esperienza soggettiva è molto più accurata e precisa di quella acquisita attraverso un’esperienza oggettiva, perché deriva da una mente espansa.
L’espansione della mente è quel fenomeno che permette all’individuo di fare esperienze che vanno al di là del regno dei sensi, del tempo, dello spazio e della materia. In quel regno non si è limitati dalla distanza e dal tempo. Si può viaggiare nel passato o nel futuro e conoscere ciò che accade in luoghi dove non si è fisicamente presenti. Questo fenomeno è conosciuto come espansione della mente, ma non è raggiungibile fino a che si è limitati all’esperienza sensoriale. La mente che opera attraverso i sensi e l’ego, classifica tutte le esperienze secondo “raga” e “dwesha”, o attrazione e repulsione, che ha impresse. Questa imposizione della mente altera la conoscenza derivante da una qualsiasi esperienza e non permette che si sviluppi una conoscenza pura e raffinata.
La conoscenza che si ottiene attraverso l’espansione della mente si evolve gradualmente e alla fine culmina nella conoscenza intuitiva, che è stata definita come conoscenza vera, eterna ed assoluta. Ma l’espansione della mente non avviene in una notte. Si passa attraverso una lunga serie di esperienze, alcune intense, altre meno, alcune piacevoli, altre spiacevoli. È una crescita graduale che alla fine culmina nella conoscenza assoluta o “brahma gyana”.
Un bambino non diventa adulto in una notte. La trasformazione è graduale. La linea di demarcazione tra bambino e adulto è così sottile che non si può mai stabilire dove uno finisca e l’altro cominci. Allo stesso modo la coscienza dell’uomo è in continua evoluzione. La mente si espande e attraversa nuovi confini. La trasformazione avviene, ma si va avanti per gradi e il cambiamento è impercettibile.
Per accelerare l’evoluzione della mente e guidare la vostra trasformazione personale, dovrete praticare tantra e yoga. Queste pratiche sono intese per accelerare la liberazione dell’energia dalla materia e far sì che si manifesti la coscienza pura e innata, fonte di tutta la conoscenza.

Scopo del tantra

La mente che usiamo nella vita di tutti i giorni per percepire ed apprendere, agisce di solito attraverso i sensi. Ma se riusciamo a rendere introversi i sensi e a rivolgere la mente all’interno, essa si manifesta attraverso l’esperienza interiore ed una mente espansa. La materia, così separata dall’energia, libera il principio dell’energia, o ‘shakti’, che poi si unisce con ‘shiva’, o coscienza, creando una consapevolezza omogenea.
Come un fiume, quando sfocia nell’oceano, non ha più limiti né confini, così la mente finita si espande nella mente cosmica infinita, ricevendo e trasmettendo la verità. Quando si verifica ciò, ne consegue un’esplosione di energia e la coscienza inerente si libera dalla materia. Questo fenomeno si può paragonare all’esperienza della kundalini e questo è sempre stato lo scopo del tantra.
Anche altre filosofie hanno la stessa meta, benché il cammino possa essere diverso. Nella filosofia Vedanta vi è il concetto di “Brahman”, l’indivisibile, omogenea realtà onnipervadente o coscienza. Brahman deriva dall’etimo “brihan” che significa espandere e si può intendere come coscienza in espansione. Questa consapevolezza brahmica, presente in ciascuno di noi, è responsabile della forma più alta di conoscenza. È l’unità o il tutto a cui cerchiamo costantemente di unirci.
Nel tantra questo concetto è rappresentato da shiva, o coscienza incondizionata, che esiste come testimone silenzioso in ciascuno di noi. Che sia Brahman del Vedanta, Purusha della filosofia Samkhya o Shiva del Tantra è sostanzialmente lo stesso concetto. Tuttavia la differenza tra il tantra e la maggior parte delle altre filosofie è che esse pongono molte restrizioni nella vita dell’aspirante e richiedono che egli aderisca strettamente alle regole, mentre il tantra lascia libertà di azione a ciascun individuo perché egli possa progredire, senza tener conto del suo stadio di evoluzione. Il tantra dice che ciascun individuo, dedito ai piaceri o mistico, ateo o teista, forte o debole, ricco o povero, ha una sua strada da scoprire.
Questo è il traguardo del tantra, non pratiche sessuali segrete o magia nera, non l’acquisizione di siddhi (poteri psichici) o una vita licenziosa. Questi non sono mai stati lo scopo del tantra. Il tantra può esser stato frainteso da alcuni, ma questo è un altro discorso. Inoltre non possiamo far riferimento a coloro che non sono riusciti a raggiungere la consapevolezza omogenea per presentare un’analisi obiettiva del tantra.

Tantra: una via che lascia libertà di azione per liberare la mente

Di volta in volta i tantrici sperimentarono vari metodi e procedimenti per raggiungere questo scopo. Erano convinti che non tutti possono percorrere la stessa strada perché ognuno si trova ad un diverso livello di evoluzione. Spesso si dice che “ciò che è nutrimento per alcuni è veleno per altri”. I tantrici compresero che era necessario offrire un sentiero spirituale diverso a ciascun individuo, sia che si trattasse di una persona dedita ai piaceri materiali, di un filosofo di grande sapienza o di uno yogi sulla via dell’evoluzione.
Spesso essi sperimentarono dei metodi che potevano sembrare estremamente grossolani e sensuali all’uomo comune. Queste pratiche furono considerate stravaganti perché, ad esempio, consistevano nel meditare accanto ad una donna nuda o ad un cadavere e in molte altre pratiche stuzzicanti. Per queste ragioni molti si opponevano al tantra e lo criticavano poiché pensavano che un tale metodo fosse solo una scusa per soddisfare i propri desideri e non inducesse alcuna esperienza spirituale.
Tuttavia la sincerità e la fermezza inerenti al tantrico dimostrano diversamente. Se sperimenta pratiche sessuali licenziose, alcol e droghe, non bisogna giudicare l’atto in sé, ma la sua consapevolezza mentale, l’atteggiamento e lo scopo per cui le pratica. Se invoca gli spiriti e celebra riti e rituali che possono comunemente essere considerati come “magia nera”, non bisogna giudicarlo in base alle sue azioni, ma ai motivi per cui agisce in questo modo.
La differenza fondamentale fra un tantrico e un individuo ordinario e rozzo sta nel fatto che quest’ultimo può sì compiere le stesse pratiche, ma per scopi puramente edonistici e di lucro. Attraverso queste pratiche il tantrico fa esplodere sistematicamente la potente e potenziale forza dell’energia entro di lui. Passione, paura, odio, amore, ira, ecc. sono forze dell’energia che egli affronta. Queste forze dell’energia, se opportunamente controllate, possono essere fonte di molte esperienze spirituali. Nel corso della meditazione, se egli riesce a mantenere la concentrazione, esse appaiono sotto forma di visioni, sogni, suoni di vario tipo, voci chiare e differenti generi di musica; si possono materializzare anche oggetti, animali ed esseri umani.
La dimostrazione del valore di un tantrico sta nella sua capacità di restare impassibile. Egli non è sopraffatto dalle sue esperienze né tormentato dalla paura. Un uomo dalla struttura mentale debole, dalle emozioni imprevedibili e dalla mente confusa potrebbe andare incontro ad un attacco di nervi, a depressione o addirittura alla pazzia se si arrischiasse a compiere pratiche di questo tipo o simili.
Che cosa sono le paure e le passioni se non forze dell’energia? Le emozioni che proviamo nella vita di tutti i giorni sono sufficienti a condurre un uomo alla pazzia. Non si riesce a mantenere l’equilibrio e le persone sono indotte a compiere atti insani come assassinii, violenze sessuali e crimini. Che cosa accadrebbe se la vostra mente dovesse confrontarsi con tutta la forza della passione e della paura che sono dentro di voi? Sareste in grado di controllarle? Il tantrico, invece, è in grado di far esplodere le esperienze dal suo inconscio; è in grado di controllare questa potente forza interiore e di trasformarla in una forza più grande e più sottile che può dirigere a suo piacere.
Tuttavia fu riscontrato che molte di queste pratiche si traducevano in esperienze sconvolgenti che affioravano dalle dimensioni inesplorate della mente, che l’individuo normale non era in grado di sopportare. Perciò i tantrici svilupparono altre pratiche che potevano condurre l’aspirante, in modo gentile e senza scosse, attraverso esperienze alla sua portata. Le pratiche più ardue furono riservate a coloro che erano forti e risoluti nell’affrontare potenti esperienze interiori. Le tecniche più blande, che costituivano la base delle pratiche più avanzate, comprendevano non solo hatha yoga, kriya yoga e japa, ma anche tattwa shuddhi.

Il culto di shakti

Tuttavia chi studia il tantra capirà fin dall’inizio che, sebbene la scienza del tantra riconosca una realtà onnipervadente, essa crede fermamente nella presenza del duplice aspetto di ‘shiva’ (coscienza) e di ‘shakti’ (energia) e rende loro omaggio. Shiva è il principio statico che esiste come pura coscienza incondizionata, ma è solo al comando di shakti, il principio cinetico, che shiva, che altrimenti rimarrebbe inerte, è motivato all’azione.
Ciò è simboleggiato nella famosa Tandava Nritya di Shiva, la danza di Shiva, dalla quale quest’ultimo ha ricevuto l’appellativo di Nataraja. Ad ogni aspetto di shiva ne corrisponde uno di shakti. Se shiva è Shambhu, allora shakti è Shambhavi; se shiva è Maheshwara, shakti è Maheshwari, se shiva è Bhairava, shakti è Bhairavi; se shiva è Rudra, shakti è Raudri. Shiva e shakti sono complementari uno con l’altro ad ogni livello.
Da questo concetto ebbe origine una setta conosciuta come Shakta, cioè seguaci della filosofia di shakti, che considera shakti la realtà che pervade ogni cosa. Effettivamente negli Shakta Purana ci si chiede se la realtà ultima sia maschile o femminile. Gli Shakta affermano all’unanimità che il creatore dell’universo è, senza possibilità di dubbio, di sesso femminile, poiché la creazione è un principio inerente il femminile e non il maschile. Il culto di shakti raggiunse il culmine solo sotto l’influenza del tantra. La teologia vedica dava la preminenza al principio maschile e le dee, o shakti, avevano solo ruoli marginali. Nel tantra non è così.
Tutte le pratiche tantriche sono dirette a risvegliare l’energia innata o shakti, che è il principio femminile o negativo. Se quest’energia non viene risvegliata, la coscienza non si può manifestare. Questo viene affermato dal tantra e oggi la scienza sta proprio verificando quest’affermazione. Secondo la fisica moderna, materia ed energia sono convertibili una nell’altra. Il tantra va oltre e dice che materia, energia e coscienza sono interconvertibili. Ma la materia non può essere trasformata in pura coscienza, senza il mezzo dell’energia. Perciò nel tantra shakti è alla pari con shiva.

Manifestazioni di shiva e shakti nel corpo

Il tantra afferma che questi aspetti di shakti e shiva (energia/coscienza) non sono astrazioni, ma una realtà tangibile che esiste nella struttura corpo/mente. Il tantra sostiene che shakti, che rappresenta la manifestazione più sottile dell’energia, giace attorcigliata come un serpente alla base della colonna vertebrale ed è conosciuta come “kundalini”, mentre shiva, o coscienza, è situato nella regione di sahasrara chakra, il centro evolutivo più elevato nell’essere umano, posto alla sommità del capo.
Tuttavia a causa della grossolanità di corpo e mente, che dipendono dall’esperienza sensoriale, questi due poteri restano assopiti nella maggior parte degli uomini. Per risvegliare l’energia potenziale di kundalini è necessario intensificare la quantità e la qualità del prana, o energia vitale, nella regione dove esso si trova.
Una volta risvegliata, bisogna dirigere la kundalini verso l’alto, affinché si unisca con shiva, o coscienza, nell’area di sahasrara. Durante la sua ascesa, kundalini shakti passa attraverso sei circuiti di energia, o chakra, che sono magazzini di energia, e così sovralimenta ogni chakra. I chakra si trovano nei punti di connessione delle nadi, o canali di energia, vibrano a frequenze variabili, dalla più grossolana alla più sottile. Insiti nei chakra vi sono poteri creativi assopiti che si manifestano solo parzialmente nella vita di ogni giorno. Il loro totale potenziale può essere completamente risvegliato solo quando kundalini shakti li attraversa nel suo viaggio per unirsi a shiva.

La base del sadhana tantrico

L’essenza del sadhana tantrico può essere divisa in tre stadi di ‘upasana’ o culto. Il tantrico crede che ogni azione, anche terrena, se viene offerta alla forza superiore che esiste in ciascuno di noi o che è diffusa in tutto l’universo, acquisti un significato e diventi un mezzo attraverso il quale può trasformare la propria consapevolezza.
I tre stadi di upasana sono:
shuddhi: purificazione degli elementi o tattwa grossolani, sottili e psichici;
sthiti: illuminazione conseguita attraverso la concentrazione ottenuta raffinando o purificando gli elementi;
arpana: unificazione con la forza superiore che è in noi o realizzazione della coscienza cosmica.
Perciò shuddhi è il fondamento di tutti i sadhana tantrici, siano essi basati su pratiche vamachar, kaulachar o vedachar. Queste sono le tre categorie principali del sadhana tantrico e tutte hanno sottolineato l’importanza di shuddhi come parte integrante dell’evoluzione e della pratica spirituale.

Tattwa shuddhi nel tantra

Il tantrismo rappresenta uno degli aspetti più peculiari e rivoluzionari della filosofia indiana poiché è un amalgama di tanti elementi eterogenei. Non c’è quindi da meravigliarsi se chi aspira all’esperienza spirituale si immerge facilmente nello studio della letteratura tantrica per trovare una via adatta a lui. La pratica di tattwa shuddhi scaturisce dalla ricca fonte della letteratura tantrica.
Le pratiche tantriche si distinguono con facilità da quelle non tantriche per l’uso intensivo di formule sacre, del simbolismo e di pratiche rituali. Nel tantra culti e rituali esteriori sono considerati essenziali per creare condizioni atte a richiamare le forze più alte e sottili. I riti, che durano spesso parecchie ore e sono condotti con grande meticolosità, sono scelti con cura a simboleggiare le forze interiori liberate dal sadhana esoterico.
La pratica di tattwa shuddhi descritta in questo libro è stata tratta dal rituale del culto tantrico che comprende “nyasa” (consacrazione del corpo), “prana prathishta” (conferimento di vita e potere al mandala), “panchopchara” (cinque ingredienti offerti in onore dei tattwa) e ‘japa’ (ripetizione del mantra) di cui si parla in seguito. È chiaro che tattwa shuddhi deriva dal sadhana tantrico perché fa grande uso di rituali essoterici come l’applicazione della cenere e il digiuno, e di rituali esoterici come la visualizzazione di yantra e mandala.
In molti testi tantrici vi sono riferimenti a tattwa shuddhi poiché questa pratica è una parte essenziale di tutti i sadhana esoterici. Nel Tattwa Sambara, uno dei sessantaquattro tantra, vi è la descrizione di come si possono far apparire gli elementi. Anche il Mahanirvana Tantra cita questa pratica come parte dell’upasana o culto tantrico. È però nello Srimad Devi Bhagavatam, uno shakta Purana che celebra la gloria di Devi, che questa pratica viene descritta nei particolari.
Questi ed altri testi tantrici sostengono con enfasi che tattwa shuddhi è un passaggio necessario per giungere ad un’esperienza più elevata poiché purifica gli elementi basilari da cui scaturisce l’esperienza spirituale. Oggi cominciamo a renderci conto che la materia non è altro che un’estensione della coscienza o un aspetto assunto da questa. Così, per fare esperienza dello splendore della coscienza liberata dalla materia, è necessario prima di tutto purificare gli elementi in cui essa si manifesta. Questo processo di purificazione è innescato dalla pratica di tattwa shuddhi.
Per trascendere l’esperienza della materia, è essenziale che la pratica che utilizzate sia basata sulla completa conoscenza dei principi legati alla mente, al corpo e alla coscienza. La coscienza non è in grado di trascendere la materia a causa delle leggi che governano i tattwa, che costituiscono l’intera struttura della nostra esistenza. Tattwa shuddhi si basa su una profonda comprensione di questi principi e mira a ristrutturarne la densità e la grossolanità.
Tattwa shuddhi rappresenta un passo avanti verso la realizzazione del fine posto dal sadhana tantrico, che consiste nell’esperienza della luce dell’energia e della coscienza. Non è sufficiente affermare semplicemente che tutta la materia si è evoluta dalla coscienza. La verità non può essere realizzata attraverso la conoscenza intellettuale o verificata con argomentazioni filosofiche. Solo attraverso la pratica e l’esperienza personale si può sviluppare la capacità di capire ogni verità spirituale.
L’esperienza personale, che è grandemente enfatizzata nel tantra, diviene possibile attraverso la pratica di tattwa shuddhi. Le ricche immagini che vengono presentate alla mente sono state selezionate con cura a significare che ogni cosa che esiste in natura è una parte dell’energia e della coscienza. Al sadhaka viene insegnato a realizzare che ogni parte del suo corpo funziona tramite shakti e, con la pratica continua, ogni tattwa è divinizzato fino ad essere visto non come materia inerte grossolana, ma come manifestazione di shakti, che rappresenta la coscienza.
La pratica di tattwa shuddhi libera e trasforma l’energia racchiusa nella materia. L’energia vibra nel corpo sotto forma di flusso pranico e, quando questo flusso viene potenziato, risveglia esperienze superiori. Anche se parecchie pratiche yogiche hanno lo scopo di accrescere il flusso del prana, tattwa shuddhi non solo lo accresce, ma lo trasforma.
È anche importante capire che concentrandoci interiormente sugli yantra dei tattwa, non solo innalziamo il livello del prana, ma esercitiamo anche un influsso diretto sui chakra. Ogni tattwa è intimamente legato ad un particolare chakra e questo a sua volta crea i presupposti per il risveglio della kundalini e la sua ascesa verso sahasrara.
Il sadhana tantrico è dato a ciascun aspirante in base al suo livello di evoluzione. Perciò vi sono tre gradi di sadhana conosciuti come ‘sthula’ (essoterico), ‘sukshma’ (sottile) e ‘para’ (trascendentale), che culminano progressivamente l’uno nell’altro. I differenti metodi di pratyahara, come asana, pranayama, mudra, bandha, così come le varie forme di ‘puja’ o culto, si possono raggruppare sotto la definizione di sthula sadhana. Sukshma sadhana, che si sviluppa come conseguenza del perfezionamento dei metodi di sthula sadhana, può essere definito come una pratica di dharana (concentrazione) su un mantra, su un simbolo o su un ishta devata. Questo gradualmente porta l’aspirante allo stadio di dhyana, che è considerato para sadhana, o il più elevato dei sadhana, che culmina nel samadhi.
Tattwa shuddhi rientra nella categoria di sukshma sadhana e rappresenta quindi l’anello di congiunzione per lo sviluppo di pratiche più elevate. È alla portata di tutti coloro che praticano sinceramente lo yoga da alcuni anni. Quando il corpo e la mente di un aspirante sono sufficientemente preparati per quanto riguarda il pratyahara e la mente raggiunge facilmente l’introversione, allora tattwa shuddhi sviluppa la concentrazione o dharana. Il perfezionamento di questa pratica induce la meditazione spontanea, o dhyana, che conduce l’aspirante a tattwa gyana o realizzazione dell’essenza sottile che sta dietro la forma.

Yoga Sutra di Patanjali

Tratto da: Swami Satyananda Saraswati, “Four Chapters on Freedom – Commentary on Yoga Sutras of Patanjali”, ed. Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

II Capitolo: Sadhana Pada

Sutra 4: Avidya è la causa alla radice

Avidyakshetramuttaresham prasuptatanuvichchhinnodaranam

Avidya: avidya; kshetram: campo; uttaresham: dei seguenti; prasupta: dormiente; tanu: attenuato; vichchhinna: sparsi; udaranam: in piena attività, espansi.

Avidya è il campo dei seguenti (klesha) negli stati dormiente, attenuato, sparso o attivo.

L’espressione dei klesha non è solo il dolore, ma è nel comportamento dell’uomo. L’ambizione e lo sforzo per il successo significano klesha. In questo contesto la parola klesha non ha un senso individualistico, ma collettivo. È dovuto all’azione dei klesha se un individuo o tutta una nazione possono mettersi a lavorare per raggiungere un nuovo obiettivo. Evitare condizioni di vita sgradevoli è una delle azioni dei klesha. Gli animali non conoscono queste cose, ma anch’essi hanno comportamenti istintivi e naturali. Se si analizza la psicologia del cambiamento di comportamento durante differenti stagioni in diverse condizioni, si capirà che questi cambiamenti hanno come base i klesha. Durante una calda estate vogliamo i ventilatori e l’aria condizionata e facciamo il bagno più volte al giorno. Quando è inverno non ci laviamo adeguatamente e non pensiamo di liberarci dei vestiti. Ciò sembra completamente naturale, ma se solo potessimo analizzare la psicologia del nostro cambiamento di comportamento, sapremmo che ciò non è dovuto all’inverno, ma che dietro c’è la psicologia dei klesha. Non ci piace essere torturati dai morsi dell’inverno, non vogliamo soffrire. Queste cose non sono in superficie, ma nel retroterra. Avidya è la fonte di asmita, raga, dwesha e abhinivesha. Come il seme è la causa dell’albero, avidya è la fonte degli altri quattro klesha. I klesha hanno quattro livelli di espressione. Possono essere dormienti, quando non si percepiscono; qualche volta sono attenuati e si percepiscono in forma blanda. Nella condizione sparsa danno vita a uno stato oscillante; altrimenti sono espressi pienamente. Questi vari stati dei klesha sono osservati in varie persone in momenti differenti. In genere non ne siamo mai liberi. Ad eccezione del caso di un grande yogi che li supera, i klesha si trovano in ogni persona. Finché sono presenti, è impossibile realizzare se stessi. Avidya è la madre di tutti. L’intero scenario è in sequenza: da avidya nasce asmita; da asmita raga; da raga dwesha; da dwesha abhinivesha. La causa originaria di tutti questi è avidya: questo va compreso in modo adeguato. Se si è capaci di controllare avidya, si possono controllare facilmente tutti gli altri klesha. L’intero procedimento per sradicare avidya deve iniziare dall’estremità superiore. È un processo di involuzione. Il processo di evoluzione va da abhinivesha a dwesha, quindi ad asmita, da smita ad avidya e da avidya a vidya o illuminazione.

Sutra 5: (I) Avidya – l’ignoranza

Anityashuchiduhkhanatmasu nityasuchisukhatmakhyatiravidya

Anitya: non eterno; asuchi: impuro; duhkha: la sofferenza; anatma-su: il non-atman nitya: eterno; suchi: puro; sukha: felicità; atma: il Sé; khyati: la conoscenza; avidya: avidya

Avidya consiste nel fatto di prendere il non-eterno, l’impuro, il male e il fenomeno (rispettivamente) per l’eterno, il puro, il bene e l’atman.

Questo sutra ci offre la definizione più classica di avidya. Di solito, avidya significa ignoranza, ma in questo sutra il senso è diverso. È confondersi sulle cose su menzionate e scambiarle con altre. È un errore nella percezione spirituale: Quando una corda è scambiata per un serpente, in quel momento la forma della vostra coscienza è avidya. Avidya è una forma di psicosi, non di nevrosi. Essa causa la dualità attraverso cui si formano il nome e la forma. Nella Bhagavad Gita si dice che sotto l’influenza di avidya, il dharma è preso per l’adharma e viceversa. Nel Vedanta si dice che il corpo, i sensi e buddhi hanno le loro limitazioni oltre le quali vi è una coscienza unica. La coscienza è pura mentre la base è impura. La coscienza è eterna, ananda, mentre la base è non-eterna e infelice. Di conseguenza avidya non esprime che indifferenza verso l’atman interiore perché tende ad identificarsi col corpo.
Avidya è un’illusione divina, una sorta di velo, una dose di morfina, un difetto nella nostra visione psichica. Noi fraintendiamo le nostre relazioni con gli altri a causa di avidya, nello stesso modo in cui prendiamo una corda per un serpente. Questo errore condiziona il nostro cervello e i nostri pensieri. Avidya è un’idea falsa che è sorta fin dall’origine con jivatman.
La fine di avidya segna l’inizio dell’illuminazione. Questo sarebbe possibile solo con una perfetta distinzione tra corpo e coscienza, ma è molto difficile, poiché non siamo in grado di separare la nostra coscienza da buddhi neanche nella meditazione. Sul piano intellettuale è impossibile, ma in realtà il corpo è diverso dall’atman, dalla mente, dalla coscienza. È solo nella meditazione profonda che possiamo vederli come due cose distinte. Allo stadio attuale, la materia e l’energia in noi sembrano coincidere. Intellettualmente possiamo considerarle come distinte, ma avidya ci impedisce di farne l’esperienza reale. Non afferriamo l’essenza delle cose perché le conosciamo solo superficialmente, come vediamo, per esempio, una noce di cocco. Noi possiamo comprendere correttamente l’essenza solo attraverso viveka.
Nella mitologia indiana si parla di un cigno chiamato hamsa che può separare il latte dall’acqua. È un processo di viveka che ci allontana da avidya per condurci a vidya. I contadini buttano la pula e tengono i grani, ma prima devono separarli. Questo è viveka. Avidya è un aspetto negativo, è l’assenza di uno stato positivo. Nello stesso modo non dobbiamo lottare contro le tenebre per dissiparle: è sufficiente che la luce compaia. Così avidya viene eliminata da viveka: questa è l’illuminazione. L’illuminazione è di due tipi: temporanea e permanente. Viveka corrisponde al primo tipo di illuminazione attraverso cui possiamo distinguere il corpo dall’atman. Nel Vedanta avidya si chiama maya. In un contesto cosmico è maya, in un contesto individuale è avidya. La nozione confusa di avidya può sorgere solo da una base positiva, e questa base è Brahman.

Mal di Schiena

Tratto da: Swami Muktananda, “Nawa Yogini Tantra”, ed. Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

Il mal di schiena affligge più di due milioni di persone ogni anno negli USA. Nel mondo i dottori valutano che più del trenta per cento di noi sarà afflitto, prima o poi, dal mal di schiena, per cui tale disturbo è comune quasi come un banale raffreddore. Le principali malattie delle vertebre come la tubercolosi, il cancro e l’osteomielite causano raramente dolore spinale. Perfino l’ernia al disco, le fratture e le slogature giustificano solo in piccola parte i casi di mal di schiena. Ci sono molte altre cause frequenti di dolore alla colonna vertebrale che possono essere trattati con successo con le tecniche yoga.

Differenti dolori

Ciò che in modo impreciso chiamiamo mal di schiena è un vago insieme di differenti problemi, ognuno dei quali richiede comprensione e attenzione specifica.
L’ernia del disco è la rottura di uno dei cuscinetti fibrosi che si trovano tra le vertebre. Il fluido gelatinoso situato nel disco fuoriesce nella colonna vertebrale, andando a premere contro un nervo spinale. Il dolore può essere avvertito al centro o nella parte bassa della schiena, e si possono verificare fitte o formicolii nelle gambe. Il dolore aumenta con la respirazione profonda.
La sciatica è una fitta acuta nei glutei o nel retro delle gambe dovuta alla pressione di un’ernia del disco contro il nervo sciatico. Il dolore può essere quasi sempre continuo, ma è più forte quando si sta in piedi, si cammina o si solleva qualcosa.
La spondilite è un’infiammazione vertebrale che causa una pressione sui nervi che hanno origine dal midollo spinale. In certi casi la vertebra slitta dalla sua sede o si può formare un’escrescenza ossea: in entrambi i casi aumenta la pressione sui nervi. La spondilite cervicale è caratterizzata da dolore al collo e alle spalle, che a volte si estende fino alle braccia. Il dolore nella parte superiore della schiena aumenta con la respirazione profonda e si può sentir male quando ci si volta. La spondilite lombare colpisce la parte inferiore della schiena. L’anchilosi spondilitica è accompagnata dall’accrescersi delle vertebre che, alla fine, si saldano in un osso unico, privando la colonna della sua flessibilità. Questa rigidità a volte è chiamata spina di bambù o spina di bastone.

Dolore alla parte inferiore della schiena

Il tipo più diffuso di mal di schiena è, di gran lunga, quello nella parte inferiore del dorso, che non è correlato a nessun tipo di problema organico specifico come ad esempio l’ernia del disco, l’artrite, il tumore o la tubercolosi. Recenti studi hanno dimostrato che queste cause, assieme al dolore in seguito a frattura o slogatura, spiegano solo il venti per cento dei casi. Quattro mal di schiena su cinque sono dovuti semplicemente alla debolezza dei muscoli dorsali e alla rigidità di muscoli e tendini: fortunatamente entrambe queste condizioni possono essere corrette con un programma di yoga adeguato.

Cause

La causa più comune del dolore nella parte inferiore della schiena è una cattiva postura. Non stiamo seduti o in piedi o non dormiamo e ci pieghiamo in modo efficiente e corretto a causa della debolezza muscolare, della mancanza di esercizio e della vita sedentaria. Una cattiva postura può generare di per se stessa dolore, che viene aumentato da un insufficiente inarcamento dei piedi o da problemi simili, e dalle scarpe con i tacchi alti. I difetti posturali possono anche rendere i muscoli maggiormente predisposti a distorsioni per spasmi improvvisi o strappi mentre si solleva qualcosa, ci si piega o si guida.
Il dolore riferito nella schiena può avere la sua causa non nella schiena stessa o nella colonna vertebrale, ma negli organi addominali o riproduttivi. La costipazione e i gas intestinali causano un noioso mal di schiena o aumentano il dolore esistente. Nelle donne l’utero retroverso o il suo prolasso in genere provocano mal di schiena.
La congestione della zona pelvica dovuta a infezioni intestinali o di altro genere è un’altra possibile fonte di mal di schiena. Nelle donne le infezioni vaginali e alla vescica possono essere correlate al mal di schiena. La congestione del sistema riproduttivo unitamente a certi squilibri ormonali è all’origine di molti noiosi mal di schiena che le donne avvertono prima delle mestruazioni. Questo problema può essere rimosso attenuando la congestione con delle asana e superato ristabilendo l’equilibrio ormonale.
La debolezza addominale è un altro dei principali fattori che contribuiscono a provocare mal di schiena. Questo vale specialmente per le donne che per costituzione hanno i muscoli addominali più deboli e che spesso perdono il tono muscolare dopo la gravidanza. Non ci sono ossa sulla parete addominale e tutti gli organi addominali sono sostenuti e mantenuti al loro posto da vari muscoli ancorati alla colonna vertebrale. Posteriormente la parte lombare della colonna vertebrale e il bacino forniscono un solido sostegno e anteriormente i muscoli addominali forniscono un saldo ma elastico sostegno. Se i muscoli addominali diventano deboli e flaccidi, gli organi interni cadono in avanti, trascinando le vertebre che si trovano dietro. Quando l’addome è anche pesante e dilatato per il sovrapeso o per problemi digestivi, questo, per compensazione, coinvolge anche i muscoli della schiena. Inoltre, quando i muscoli addominali sono deboli, la postura è alterata, caricando maggior sforzo sulla schiena. In particolare per le donne, molti casi di mal di schiena possono essere curati rinforzando i muscoli addominali, e spesso è sufficiente solo questo.

Fattori emotivi

Una costante o eccessiva tensione emozionale si riflette sempre in qualche zona del corpo, e se il punto debole è la schiena, le tensioni emotive porteranno a una tensione muscolare cronica e a mal di schiena nell’area inferiore.
Nel parlare comune, il coccige è designato come “osso caudale” per indicare che non si tratta solo delle ultime ossa, ma anche che queste sarebbero il supporto della coda se ne avessimo una. Se una volta l’uomo aveva una coda, allora il coccige ne è la testimonianza, l’ultimo frammento di quella coda. Negli animali che ne sono dotati, la coda viene usata per tenere lontani gli insetti, per l’equilibrio e per esprimere emozioni come la rabbia o la paura. Il genere umano si è liberato dalla necessità di una coda sviluppando modi migliori di esprimere i sentimenti. Tuttavia in tutte le culture ci sono molti gesti e modi di dire, rozzi ma espressivi, che riflettono un collegamento istintivo, anche se inconscio, tra le emozioni negative e questa parte del corpo. Quando siamo preda di frustrazioni, scontento, tensione sessuale ed emotiva, si riattiva questo antico legame e la tensione si traduce in rigidità e dolore ai muscoli dorsali.

Dolore acuto e cronico

Il mal di schiena acuto è un dolore forte e improvviso che si intensifica ad ogni movimento o che impedisce del tutto il movimento. Il mal di schiena acuto richiede un immediato riposo a letto. Si consiglia di utilizzare un materasso duro e di stare distesi proni (makarasana, advasana). Il rilassamento con un massaggio, compresse calde e fredde e yoga nidra possono ridurre il dolore. Una volta che il dolore acuto è diminuito, è meglio consultare un professionista competente e poi iniziare un semplice programma di yoga.
L’ernia al disco inizialmente si percepisce come un dolore acuto e immobilizzante, pungente e ben localizzato, poi come un dolore costante quando l’infiammazione aumenta. Quando l’ernia preme sul nervo sciatico, si può prevenire la sciatica stando in piedi o camminando. La sciatica può diventare più leggera, ma cronica, con dolore ricorrente, la mattina quando ci si alza.
Il mal di schiena cronico è meno intenso, ma di durata maggiore, e può diventare un fastidio quotidiano per molti anni. Molte forme di mal di schiena nella parte bassa rientrano in questa categoria, costellate da attacchi di dolore acuto in situazioni di estrema tensione fisica o emozionale.
In entrambi i casi si dovrebbe effettuare un’indagine medica e le pratiche yoga dovrebbero essere avviate solo sotto la supervisione di un esperto terapista yogico.

Terapia yogica

Lo yoga aiuta a superare il mal di schiena fornendo esercizi sistematici di rinforzo della schiena e mezzi per scaricare la tensione prima che si manifesti sotto forma di dolore fisico.
Le asana, in questi casi, sono il principale sostegno della terapia yogica, dato che rinforzano e rilassano i muscoli da ogni lato della colonna vertebrale, mantengono in salute i dischi intervertebrali e sostengono i legamenti. Una diffusa rigidità vertebrale può essere contrastata con la pratica di asana adeguate, e la colonna vertebrale può essere ricondotta ad un allineamento corretto. Ciò allevia la pressione sui nervi che escono dallo spazio intervertebrale, sviluppando la flessibilità per tutti i movimenti della colonna vertebrale. Le asana contribuiscono molto anche a tonificare e rinforzare i muscoli addominali inflacciditi, così da poter svolgere la loro funzione corretta nel mantenere una giusta postura e nel sostenere la zona pelvica.
Quando problemi digestivi aggravano il mal di schiena, laghu shankhaprakshalana è di grande aiuto; infatti allevia la costipazione e il gas intestinale, tonifica l’intestino e riduce la congestione. Le posizioni di torsione e di flessione usate in questa pratica sono di per sé benefiche per il mal di schiena.
Le asana di estensione indietro danno considerevole sollievo a tutti i tipi di mal di schiena, fanno parte di ogni programma per ristabilire l’equilibrio ormonale e mitigano la congestione del sistema riproduttivo. Le donne troveranno che entrambi i tipi di problemi scompariranno con un unico programma di yoga, se studiato in modo appropriato e praticato regolarmente.
Yoga nidra: mentre le asana sono utili ad alleviare il mal di schiena, bisogna fare anche dei passi per evitare l’accumulo di tensioni emozionali che possono trasformarsi in dolore. Alcune forme di rilassamento yogico e di meditazione sono, dunque, un elemento essenziale di ogni sadhana. Inizialmente, le tecniche meditative che richiedono una posizione seduta, non sono tutte possibili nei casi di mal di schiena. Anche se le posizioni classiche sedute sono le più equilibrate e scientificamente idonee a sostenere la schiena mentre si sta seduti, in genere i muscoli non sono abbastanza forti per mantenere la posizione per più di pochi minuti. Dunque yoga nidra è la principale alternativa perché si pratica sdraiati sulla schiena in shavasana. In caso di necessità si possono usare delle imbottiture sistemate in modo idoneo o dei cuscini sottili. Yoga nidra ha ulteriori vantaggi in quanto è adatto ai principianti, è possibile regolarne la durata e può essere inserito nella routine quotidiana con poche limitazioni di dieta e tempi.

Quando praticare

Anche se il corpo il mattino dopo il sonno è più rigido, è proprio in queste ore che riceviamo i maggiori benefici dalle asana. Per superare la rigidità iniziale del primo mattino ed evitare un eccessivo sforzo, iniziate la pratica solo dopo aver fatto la doccia ed esservi mossi per un po’. Le donne che rimangono a casa possono preferire di praticare a metà mattina prima del pranzo. Si può fare una seconda, breve pratica la sera per eliminare le tensioni e i dolori accumulatisi durante il giorno. Molte persone trovano più piacevole praticare yoga nidra la sera per rimuovere lo stress e la fatica della giornata.

Un significato più ampio

Tutte le asana yogiche hanno qualche effetto sulla colonna vertebrale, e le classiche posizioni meditative come siddhasana, padmasana e swastikasana sono state sviluppate per dare il massimo sostegno vertebrale e conforto quando si sta seduti per molte ore. Lo yoga ha sempre dato una grandissima importanza alla salute della colonna vertebrale in quanto prerequisito per una vita spirituale senza impedimenti. Dopo tutto è lungo la colonna vertebrale che fluiscono le nadi ida e pingala, i canali della consapevolezza e della vitalità. Inoltre non dovrebbe esserci alcun difetto nel sottile canale interno alla colonna vertebrale attraverso cui fluisce la kundalini, lungo sushumna. Le pratiche che eliminano i problemi alla schiena e alla colonna vertebrale dovrebbero, quindi, essere viste non come una semplice terapia, da abbandonare quando il compito è raggiunto. Queste pratiche sono l’essenza del sadhana per coloro che soffrono di mal di schiena, ma possono essere svolte con beneficio da ogni sadhaka che desideri mantenere lo strumento corporeo in condizioni ideali per l’avanzamento spirituale.

PROGRAMMI DI PRATICA

Dolore nella parte inferiore della schiena

Asana
Tadasana 10 cicli
Tiryaka tadasana 10 cicli
Kati chakrasana 10 cicli
Shavasana
Supta pawanmuktasana tre/tre/tre
Jhulana lurhakanasana 20 cicli
Nauka sanchalanasana 10/10 cicli
Chakki chalanasana 10/10 cicli
Ardha bhujangasana da 7 a 21 respiri (o bhujanghasana)
Shalabhasana 3 cicli trattenendo il respiro
Dhanurasana mantenendo da 7 a 10 respiri
Makarasana per il rilassamento generale

Rilassamento
Yoga nidra 30 minuti

Programma semplice (per la sera o per un beneficio immediato)

Asana
Tiryaka tadasana 10 cicli
Kati chakrasana 10 cicli
Jhulana lurhakanasana da 20 a 30 cicli
Chakki chalanasana 10/10 cicli
Ushtrasana da 7 a 10 respiri
Marjariasana 15 cicli
Shashankasana quanto tempo si vuole

Rilassamento
Yoga nidra

Ernia del disco (stadio iniziale)

Asana
Uttan tadasana 3 /3/3
Supta pawanmuktasana 3/3/3
Kandharasana 1 ciclo, mantenendo per sette respiri
Ardha bhujangasana 3 cicli, mantenendo per sette respiri
Ardha shalabhasana 3 cicli per gamba, mantenendo finché è comodo
Saral dhanurasana 3 cicli mantenendo finché è comodo
Makarasana per un rilassamento generale
Advasana per dormire (o matsya kridasana)

Precauzioni: evitate tutte le flessioni in avanti e le posizioni a gambe incrociate (al loro posto usate vajrasana). Dopo alcuni mesi iniziate il programma per il mal di schiena nell’area inferiore della schiena.

Sciatica

Asana: all’inizio come per l’ernia al disco, poi come per il mal di schiena nell’area inferiore della schiena, aggiungendo vyaghrasana dopo marjariasana.

Precauzioni: evitate: le asana a gambe incrociate (usate vajrasana), sarvangasana e halasana, le flessioni in avanti troppo accentuate (per es. paschimottanasana).

Spondilite cervicale

Asana
Skandha chakra 10/10 cicli (ripetere la sera)
Griva sanchalana 10 cicli ogni movimento (ripetere la sera)
Tadasana 10 cicli
Kati chakrasana 10 cicli
Jhulana lurhakanasana 20 cicli
Ushstrasana 7 respiri
Marjariasana 15 respiri
Pranamasana da 20 a 50 respiri

Shatkarma
Jala neti ogni giorno

Rilassamento
Yoga nidra 30 minuti