“YOGA” 2009 – Vol. 4

“YOGA” 2009 – Vol. 4

Shivananda Math

Tratto da: Calendario 2008, Shivananda Math, Rikhia Pith, India

Sivananda Math è un’istituzione sociale e caritatevole fondata da Swami Satyananda Saraswati nel 1984 a Munger, Bihar, in memoria del suo Guru, Swami Shivananda Saraswati di Rishikesh. Lo scopo dell’istituzione è facilitare la crescita delle classi più deboli e svantaggiate della società. Si prefigge anche di migliorare le condizioni dei poveri nelle aree rurali sottosviluppate, seguendo i precetti di seva (servizio), karuna (compassione), prem (amore) e sneha (affetto).
Swami Satyananda ha affermato che il dare è un’attività a cui ci si dovrebbe avvicinare come ad una scienza e che essa deve essere strutturata e programmata molto attentamente. Shivananda Math funziona come un tramite che riceve risorse da coloro che hanno bisogno di dare e poi le assegna e le distribuisce ai bisognosi. Per di più, quando si fa un dono senza aspettarsi nulla in cambio, si permette al seme della fede di crescere nel cuore di coloro che ricevono. Shivananda Math e il successo dei suoi progetti sono prove viventi di questa scienza del dare, nella quale vengono rigorosamente osservati la purezza dell’intenzione e l’equilibrio nell’azione.
Fin dal suo inizio, Shivananda Math ha ricevuto abbondante sostegno per le sue attività da sostenitori e devoti di Swami Satyananda di ogni parte del mondo e questo ha reso possibili distribuzioni su larga scala nelle aree rurali devastate da calamità naturali e avversità come incendi, carestie, inondazioni e terremoti.
Dal 1991 Shivananda Math ha esteso le sue attività alle aree abbandonate ed arretrate del distretto Santhal Parganas, nel Jarkhand, ad un remoto panchayat noto come Rikhia. All’inizio, a causa delle condizioni svantaggiate e trascurate di quest’area, i progetti intrapresi erano quelli di provvedere alle necessità strettamente basilari di ogni individuo, come cibo, vestiario, riparo e cure mediche di base.
A causa dell’urgente bisogno delle strutture fondamentali, Shivananda Math si premurò di fornire alloggi di basso costo ai senza dimora. Questo progetto cominciò con la costruzione di un Kali Sthan nel villaggio di Amarwa, per richiedere le benedizioni della Madre Divina. Successivamente fu costruita una quantità di case ed esse furono consegnate alle famiglie bisognose dei villaggi di Rikhia Panchayat. Queste abitazioni erano costruite per venire incontro alle necessità delle famiglie e comprendevano da due a otto stanze.
Inoltre, a più di centomila persone nei ventiquattro villaggi di questo panchayat e dei panchayat circostanti, furono dati gratuitamente indumenti ed altri generi di prima necessità come utensili per la cucina ed altri essenziali articoli casalinghi. Vennero distribuiti indumenti di lana e coperte per contribuire ad alleviare le difficoltà che queste famiglie dovevano affrontare nei freddi mesi invernali. Un’accurata comunicazione con i capi di ogni villaggio assicurò che ciascun membro di ogni famiglia ricevesse gli articoli appropriati.
La scarsità di acqua pulita e potabile e la nutrizione inadeguata erano problemi comuni a cui dovevano sottostare gli abitanti dei villaggi di Rikhia Panchayat. Shivananda Math intraprese lo scavo di pozzi e di pozzi artesiani in molti villaggi per rifornirli di acqua potabile. Questi pozzi hanno aiutato i coltivatori a fornire per tempo irrigazioni alle loro colture. Agli agricoltori furono anche dati semi di buona qualità, alberelli e fertilizzanti per assicurare un buon raccolto annuale, unica fonte da cui dipendevano interamente per il loro sostentamento e per la sopravvivenza.
Lo Shivananda Charitable Dispensary, l’ambulatorio in funzione a Rikhia Pith, fu fondato nel 1991 con lo scopo di fornire le cure mediche fondamentali più necessarie ai poveri e ai bisognosi. Ciò portò un enorme sollievo in un’area in cui non c’erano nemmeno le minime strutture per tagli e scottature minori. Si continuano a dare medicine gratuitamente e medici da tutta l’India e dal mondo offrono il loro tempo e la loro competenza per curare i pazienti. Nel 1995 è stato intrapreso un programma per il trattamento completo dei pazienti affetti da tubercolosi e, nel breve arco di dieci anni, questa malattia è stata totalmente debellata dalla zona.
L’intento di Shivananda Math non è solo quello di fornire aiuto economico ai bisognosi, ma anche di insegnar loro tecniche e metodi per produrre da sé i propri mezzi di sostentamento, mettendoli così in grado di sviluppare una società autosufficiente.
Una volta provveduto alle prime, fondamentali necessità degli abitanti dei villaggi, ebbe inizio la seconda fase di assistenza. I progetti iniziali furono riveduti e corretti per fornire alla gente i mezzi per uno sviluppo sostenibile. Un esempio è stata la revisione del progetto edilizio, in modo che esso potesse assicurare lavoro ai disoccupati. Per favorire la costruzione e creare impiego, Shivananda Math cominciò a fabbricare da sé i mattoni. In una sola stagione vennero prodotti 350.000 mattoni, cosa che procurò lavoro ed entrate a molti.
Per fornire alle persone meritevoli e bisognose i mezzi di sussistenza, Shivananda Math ha distribuito un gran numero di carretti a mano, veicoli a tre ruote e biciclette. Distribuisce anche attrezzi e mezzi agricoli, sementi di buona qualità, mucche e tori affinché, nel corso del tempo, essi possano procurare una costante fonte di reddito. Alle signore vengono date macchine da cucire ed insegnati altri mestieri, in modo che possano provvedere alla famiglia coi guadagni ottenuti lavorando a casa loro.
Un altro progetto di grande successo intrapreso da Shivananda Math è nel campo dell’istruzione. Vengono date borse di studio agli studenti meritevoli, con particolare riguardo per l’istruzione delle ragazze. Frutto della comprensione che il futuro sta nelle mani della nuova e giovane generazione, nel 1998 è partito un progetto educativo grazie al quale si sono offerte lezioni di inglese ai bambini di Rikhia. Dal il 2001 quasi tutti i bambini idonei di Rikhia Panchayat, fra i sei e i dodici anni, sono stati adottati dalla famiglia in continua espansione di Swami Satyananda. Il loro numero adesso si aggira intorno ai millecinquecento; essi rappresentano ogni villaggio e famiglia di Rikhia Panchayat.
Come risultato dell’enfasi che Swami Satyananda ha dato all’istruzione e all’elevazione della gioventù delle aree rurali, nel 2003 Shivananda Math ha avviato un piccolo centro di preparazione al computer. Questo ha rappresentato un naturale progresso del primo progetto educativo e si prefigge di insegnare le conoscenze di base del computer alle ragazze e ai ragazzi dei villaggi di Rikhia Panchayat.
Il mantra di Swami Shivananda che è anche il fondamento di Shivananda Math è: “Servi, Ama, Dona”. Swami Satyananda ha portato perfettamente a termine questo mandato di Swami Shivananda, visto il modo in cui dona ai suoi vicini così apertamente, generosamente e continuamente. Ciò è reso possibile grazie alle generose donazioni fatte dai devoti di tutto il mondo.
In un breve periodo di tempo ha avuto luogo una rivoluzione silenziosa a Rikhia Panchayat. Tutto ciò è stato reso possibile da un sannyasin giunto in questo panchayat per vivere in solitudine e dal suo sankalpa (proponimento) di aiutare ed amare i suoi vicini come se stesso, che ha trovato compimento grazie alle molte attività di Shivananda Math.

Per ulteriori informazioni su Sivananda Math potete visitare il sito: www.biharyoga.net

Shivananda Ashram

Tratto da: Calendario 2008, Shivananda Math, Rikhia Pith, India

Shivananda Ashram, un’istituzione sociale e caritatevole, venne fondata da Swami Satyasangananda Saraswati nel 2004, a Rikhia. Questa istituzione fu ispirata dal sankalpa di aiutare ed amare i suoi vicini come se stesso che il suo Guru, Swami Satyananda Saraswati, fece nel periodo in cui intraprese l’arduo e lungo sadhana di Panchagni.
L’attività principale a cui questa istituzione si dedica consiste nell’occuparsi degli anziani ed infermi poveri, svantaggiati e largamente ignorati, che si trovano al crepuscolo della loro esistenza, in modo che possano vivere con dignità e rispetto. In tal modo Shivananda Ashram intende realizzare la visione di Swami Satyananda di fornire riparo, aiuto e soccorso ai membri più anziani della società, seguendo i precetti vedici di seva (servizio), karuna (compassione), prem (amore) e sneha (affetto).
Il centro delle attività dell’ashram è a Rikhia, nel distretto di Deoghar del Jarkhand, ed il suo progetto fondamentale al momento include l’aiuto ai cittadini anziani, o gramin, di Rikhia Panchayat, che Sri Swamiji affettuosamente chiama i suoi compagni nel viaggio della vita.
Questi arzilli vecchietti di Rikhia Panchayat, alcuni dei quali non possono nemmeno camminare o vedere, e sono stati rifiutati perfino dai loro parenti ed amici, sono innanzitutto identificati e destinati a questo progetto principalmente in base al grado del loro bisogno. I servizi che quindi ad essi vengono forniti sono: pensioni mensili, vestiario per tutto l’anno, indumenti di lana e coperte in inverno, impermeabili ed ombrelli nella stagione delle piogge, cereali, olio per cucinare e spezie, utensili da cucina, occorrente per il bagno come sapone, spazzolino, dentifricio, pettine, brillantina e specchio. Bastoni da passeggio ed altri oggetti necessari come apparecchi acustici vengono forniti su richiesta. Sono anche disponibili quotidianamente per loro controlli medici gratuiti e medicine. Fruiscono anche di sani pasti caldi durante le festività e le occasioni speciali di tutto l’anno.
Il futuro progetto di Shivananda Ashram è assicurare agli anziani di Rikhia un posto dove possano confortevolmente trascorrere la giornata in tranquillità, ricevere almeno un sano pasto al giorno e godere anche di qualche forma di svago e di espressione creativa della conoscenza e dell’esperienza che hanno acquisito nella vita. Se, a Dio piacendo, questo progetto si realizzerà, il centro ricreativo avrà una sala di lettura ed attrezzature per proiettare film come il Ramayana e il Mahabharata, per portare un po’ di gioia e felicità nelle loro esistenze altrimenti grigie e noiose.
Inoltre Shivananda Ashram si incarica del mantenimento e del sostentamento delle vedove mediante il suo programma di assegnare loro salari quotidiani per cantare il nome di Dio. Queste vedove sono considerate fuori casta della società e sono spesso trattate con disprezzo dai membri della famiglia. A loro non è permesso di partecipare a nessuna funzione o festività, né di condurre una vita normale, come fanno tutti gli altri. Questo è molto nocivo per la loro fiducia in se stesse e per la capacità di vivere come membri utili della società.
Per tirarle fuori da questa condizione malsana, vengono impiegate come manodopera dalle otto di mattina alle quattro del pomeriggio, non per sollevare mattoni o trasportare pietre, ma per ripetere il mahamantra Hare Rama Hare Krishna. A fine giornata ricevono il salario quotidiano, che è sufficiente per lo meno a garantire i mezzi per accendere il fuoco a casa e per cucinarsi un pasto. Col passare del tempo alcune possono perfino cominciare una piccola attività, poiché insieme al canto del mantra, si insegnano loro mestieri come lavorare a maglia, tessere, preparare bastoncini di incenso e saponette.
L’eccezionale programma stabilito da Swami Satyananda è servito non solo a renderle economicamente indipendenti ma, cosa ancor più importante, a far riconquistare la loro identità perduta e l’autostima. Oggi possono camminare a testa alta e muoversi nel contesto della società come tutti gli altri hanno il privilegio di fare.
Un altro importante sankalpa di Swami Satyananda, procurare un pasto completo al giorno ai bambini e agli anziani di Rikhia Panchayat, fruttificherà presto grazie alle instancabili attività di Shivananda Ashram. Per il 2008 l’ashram intraprenderà il colossale compito di garantire ad oltre duemila bambini ed anziani un pasto al giorno, così da superare, nel corso del tempo, gli effetti della malnutrizione e dell’alimentazione inadeguata.
Questo è un passo molto importante nelle attività dell’ashram, in quanto annadaan, o l’offerta di cibo agli affamati, è considerata la più alta yajna. Oltre a riempire il loro stomaco vuoto, il cibo rafforza i loro organi e favorisce la loro crescita. Ma, soprattutto, l’effetto del cibo consumato è trasmesso alle sfere più sottili della mente, delle emozioni e dello spirito, dato che è un fatto ben noto che il cibo che si mangia ha un’influenza diretta e immediata sui pensieri, sulle azioni, sulle emozioni e sulle reazioni.
Così Shivananda Ashram distribuisce cibo per l’anima, cibo per la mente e cibo per il corpo. Per mezzo del cibo Swami Satyananda impregna ogni singola persona che riceve questo prashadam con benedizioni spirituali per rifulgere in ogni sfera della propria vita. Nella Rajasuya Yajna del 2002, Swami Satyananda disse: “L’uomo è l’unica creatura che conosce Dio. Perciò, quando un bambino muore di fame, in realtà è Dio che muore. Nutrendo i poveri e i bisognosi nutrite Dio, servendoli servite Dio e onorandoli onorate Dio”.
La filosofia di Swami Satyananda è molto semplice: “L’intera comunità di Rikhia è il mio ashram. Ogni famiglia è la mia famiglia. Le loro pene e le loro gioie sono le mie. La loro povertà è la mia povertà e la loro felicità è la mia felicità”.
La realizzazione di questo glorioso sankalpa è resa possibile tramite i molti programmi lungimiranti e coronati da successo di Shivananda Ashram che si adopera per la continua elevazione ed evoluzione dell’intera zona del distretto di Santhal Parganas, nel Jarkhand.

Per ulteriori informazioni su qualsiasi delle sue attività potete scrivere a: Shivananda Ashram, PO Rikhia, Dist Deoghar, Jarkhand 814113 oppure potete visitare il sito: www.biharyoga.net

Sii Compassionevole

Tratto da: Calendario 2008, Shivananda Math, Rikhia Pith, India

Cosa è il vero amore? Anche se una persona parla negativamente di voi e vi ferisce, tuttavia dovreste amarla. Anche San Francesco lo ha detto. Vero amore non significa che amate una persona perché vi ama. Ami una persona nonostante il suo odio per te. Questo amore non è soltanto emozionale, deve essere anche concreto. Se non ti piaccio non me ne preoccupo e ti aiuterò ugualmente. Se la tua casa va a fuoco, chiamerò i pompieri. Non dirò: “Oh, chi se ne importa se la casa di quel farabutto sta bruciando. Lasciamola bruciare!”.
Il vero amore non pone condizioni. Solo perché tu mi ami, dovrei amarti; questa geometria non funziona nella vita spirituale. I santi dicono: “Se mi odi, ti amo. Se non ti piaccio, tu mi piaci. Se mi ferisci, io ti guarisco”. Ma questo è molto difficile perché, talvolta, una persona che ho aiutato per anni ed anni, improvvisamente mi dà un pugno. Io chiedo: “Cosa stai facendo?”. Lui risponde: “Farabutto”. Io dico: “Ehi, ti ho nutrito ed aiutato per molti anni. Quando eri malato ti ho aiutato. Quando eri povero ti ho dato del denaro, e ora mi chiami farabutto”. Lui risponde: “È tutto un tuo imbroglio”. Anche allora non dovreste perdere la vostra presenza mentale e il vostro amore per quella persona non dovrebbe cambiare.
L’amore è molto difficile da praticare, ma l’odio è facile. Essere falsi è così naturale. L’amore fa nascere nell’uomo comportamenti esemplari, mentre l’odio causa comportamenti disgustosi. Qui non sto parlando di amore tra uomo e donna, benché anche quello sia un atto d’amore, ma di quell’amore che è un’espressione di compassione per tutti gli esseri.
Benché possiate comprendere questo principio, tuttavia è molto difficile metterlo in pratica. È facile parlare d’amore, ma ciò che ho detto in cinque minuti può aver bisogno di vite per essere raggiunto. Coloro che vogliono veramente praticare l’amore devono essere preparati anche al sacrificio, poiché amore significa sacrificio. Amore è dare, non prendere. È un atto di dare e dare e dare incondizionato, dove potete perdere voi stessi, potete anche essere completamente distrutti. Chi lo sa? Negli atti d’amore, anche se siete un perdente non importa. Ma se volete soltanto essere il vincitore, allora è meglio che non proviate perché chi ama sarà il perdente. Il vero amore è dare, non ricevere.
Swami Satyananda

Sankalpa: Essere Compassionevoli

Cos’è un cuore compassionevole? Un combustibile del cuore con pietà, amore e gentilezza per ogni creatura, l’umanità, gli uccelli, gli animali e l’intera creazione.

Un aspirante deve sviluppare questo cuore in due modi. Deve avere il cuore duro e il cuore tenero. Deve avere il cuore duro quando deve rimanere saldo ai suoi principi, quando deve aderire ad un obiettivo particolare; ma lo stesso cuore duro deve sciogliersi nella compassione quando vede la sofferenza di un pover’uomo al lato della strada.

Abbiate compassione nel cuore, purezza nella mente, il nome del Signore sulle labbra ed il servizio all’umanità nelle mani. Questo è il modo per una veloce realizzazione di Dio.

La compassione rende il mondo nobile e bello.

Celebrazioni a Rikhia

Tratto da: Calendario 2008, Shivananda Math, Rikhia Pith, India.

Raas Lila

Un evento molto importante nella storia dell’umanità ebbe luogo cinque mila anni fa durante la notte di luna piena di Kartik Purnima a Vrindavan, la città in cui Krishna trascorse la sua famosa infanzia. Questo evento è tramandato nello Srimad Bhagvad, in cui viene descritto come il Raas Lila di Krishna con le gopi (pastorelle) e Radha. Raas letteralmente significa succo, essenza, e questo evento rappresenta il raas o essenza della vita che è gioia e beatitudine. In quella notte Krishna, che era uno, mentre danzava con le gopi, che erano tante, si moltiplicò all’infinito cosicché ogni gopi ebbe un Krishna con cui danzare.

Non era una danza normale. Era la danza della creazione, in cui l’unico Purusha (coscienza suprema) danza con la molteplice Prakriti (natura o energia) per stimolare il processo della creazione. In fisica questo stesso processo si chiama il campo unificato per mezzo del quale la coscienza pervade ogni singola particella dell’esistenza. Non c’è posto in cui questa realtà onnipresente, che non è altro che Krishna, non sia presente.

Questa fu l’esperienza che Krishna offrì su un piatto d’argento alle gopi di Vrindavan, la prima fra le quali era Radha. Tutta la loro vita era Krishna, tutta la loro mente era completamente immersa in Krishna e i loro cuori anelavano continuamente a Krishna, di giorno e di notte, mentre mangiavano, lavoravano, giocavano o dormivano. Questa completa unione con Krishna a tutti i livelli, fisico, mentale, emozionale e spirituale, condusse a quell’esperienza. Esse contemplarono il viraat, o forma cosmica di Krishna!

Tale fu la portata e la pienezza di questo evento che i veri devoti di Krishna possono assistere a questa scena perfino oggi alla mezzanotte di Kartik Purnima, quando quel boschetto si anima della danza cosmica della creazione interpretata migliaia di anni fa.
Ogni anno, durante Kartik Purnima, si celebra a Rikhia Pith questo momento sacro affinché i devoti possano offrire il loro amore e devozione a una delle più grandi figure mai apparse su questa terra, il Signore Krishna. Sono chiamati appositamente i famosi kathakaar o cantastorie di Vrindavan per raccontare e glorificare questo evento nel loro stile inimitabile.

Yog Purnima

Dall’anno 2008 in poi, dopo il culmine del sankalpa di Swami Satyananda di dodici anni, in cui praticò la Rajsuya Yajna, Sita Kalyanam e la Sat Chandi Mahayajna, ogni anno si terrà a Rikhia Pith un anusthan nel mese di Margashirsh (novembre dicembre).

Questo anusthan ricorderà la nascita di Swami Satyananda, che avvenne nel 1923 ad Almora durante Marga Shirsha Purnima ed è stato chiamato, in modo molto appropriato, Yog Purnima in riconoscenza dei suoi ineguagliabili sforzi nel diffondere le preziose tecniche dello yoga in tutto il mondo. Le sue parole profetiche, pronunciate nel lontano 1968, in un’epoca in cui lo yoga era sconosciuto perfino in India, sua terra d’origine, “Lo Yoga diventerà la cultura mondiale del domani”, sembravano ben lungi dall’avverarsi. Ma oggi queste sue parole suonano vere.

Yog Purnima si svolgerà ogni anno a Rikhia Pith e offrirà agli aspiranti spirituali di tutto il mondo la rara opportunità di partecipare ad uno yoga anusthan alla presenza di un maestro e yogi vivente.

Sri Vijnana Bhairava Tantra

Tratto da: Sw. Satyasangananda Saraswati, “Vijnana Bhairava Tantra”, Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

Perfezionare la ricettività

Antahkarana significa “strumento interiore” o “strumento di percezione”, e ha quattro aspetti o funzioni: manas, chitta, buddhi e ahamkara. Sebbene siano identità separate e distinte, sono correlate tra di loro in modo magnifico al punto che è difficile distinguerle. Per questo appaiono come un insieme composito, al quale noi comunemente ci riferiamo come mente. Manas è il pensiero ed il contro pensiero. La parola manan significa “contemplare”. Per poter pensare, manas elabora informazioni ricevute attraverso i sensi. Dopodiché le ordina molto velocemente secondo le informazioni correlate, che sono immagazzinate in chitta come memoria. La comprensione di queste informazioni deriva poi dai poteri discriminatori di buddhi. Per finire, le informazioni si identificano in relazione all’ego individuale con la mediazione di ahamkara, e in questo mondo la mente giunge ad una conclusione.
La velocità della mente è fantastica, più veloce della luce. La velocità maggiore registrata dall’uomo è la velocità della mente. Un pensiero e la trasmissione di quel pensiero avvengono simultaneamente. Non vi è differenza di velocità tra i due. Il lasso di tempo che intercorre è dato dalla ricettività. Se c’è ritardo o assenza di trasmissione, è a causa della ricettività errata, difettosa o poco affinata. Per migliorare la ricettività dovete perfezionare i quattro strumenti interiori di percezione, conosciuti come antahkarana, in modo che vibrino alla frequenza della coscienza, o chetana. Questo è possibile in quanto antahkarana è anche una forma assunta dalla coscienza. I quattro strumenti sono stadi variabili di coscienza che si manifestano quando essa si evolve in materia.
Dharana è il modo prescritto per perfezionare gli antahkarana. Attraverso dharana le forze dispersive della mente, che vagano sempre tra pensiero e contro pensiero, vengono educate a focalizzarsi su di una cosa escludendo tutto il resto. Man mano che si progredisce, ad un certo punto si trascende se stessi. Cesserete di esistere e resterà solo l’esperienza della coscienza o pura consapevolezza. L’esperienza spirituale inizia solamente quando dharana è stata perfezionata e sorge lo stato di dhyana. Le esperienze di meditazione che la precedono nascono dalla vostra mente conscia e subconscia. Ma quando dharana si fonde con dhyana, il regno della mente che ne risulta influenzato è lo stato causale o inconscio.
Dharana si raggiunge dopo aver perfezionato pratyahara, o ritiro della consapevolezza dalla percezione esterna a quella interna. Si potrebbe affermare che dharana è la conseguenza naturale di pratyahara. Quando la consapevolezza è interiorizzata e fissata su un punto per un periodo di tempo, la coscienza inizia a fluire liberamente. Quando non ci sono interruzioni, ostacoli, deviazioni o distrazioni, il flusso della coscienza guadagna intensità e si realizza dhyana, o meditazione. Così, come pratyahara si evolve in dharana, allo stesso modo dharana si trasforma in dhyana, che si trasforma in samadhi, o illuminazione interiore. Questa è una conseguenza naturale come la trasformazione di un bambino in un uomo vecchio.

Necessità dell’allenamento mentale

Un fattore importante da ricordare che concerne il processo di meditazione e l’esperienza di coscienza più elevata è che dharana è uno stadio essenziale per poter evitare voli incontrollati della consapevolezza. Proprio come il pilota di un aereo o il capitano di una nave si avvalgono dell’aiuto di bussole, mappe e cartine per raggiungere la destinazione ed evitare di perdere la strada, allo stesso modo il sadhaka necessita di un piano ed una direzione per il volo della consapevolezza, dove girare a sinistra, a destra, se girare o utilizzare i freni. Senza un percorso definito e pietre miliari che guidano la coscienza, possono verificarsi incidenti oppure si può essere deviati o perdersi senza mai raggiungere la destinazione.
La mente e la coscienza sono un immenso potere che deve essere guidato correttamente. Nelle mani di un adepto la mente è indirizzata ad essere una forza luminosa e positiva, tuttavia se è male utilizzata o male indirizzata, la medesima mente può cadere nell’oscurità e nella disperazione. Pertanto, la mente non è qualcosa con cui giocare. Indirizzare la mente è una cosa seria, che richiede comprensione ed attenzione. Dharana è molto importante in questo senso, poiché fornisce preparazione e direzione alla mente e alla consapevolezza.
Attualmente la mente è diretta dagli indriya, i dieci organi di azione e conoscenza, noti come karmendriya e gyanendriya. Ovunque vadano, la mente li segue. Se gli indriya vengono preparati, allora la consapevolezza viene focalizzata e indirizzata. Ma se non lo sono, che è il caso più frequente tra la maggior parte di noi, è come se la mente venisse spietatamente condotta da un’animale non domato. Dharana è un processo di allenamento mentale che consente all’aspirante di focalizzare e dirigere la consapevolezza come desidera, senza alcuna interferenza da parte degli indriya, o sensi.
Se volete progredire nel sadhana, dovete prima fissare la consapevolezza in un punto, in modo che abbia una specifica direzione di marcia. In altre parole dovete allenare la consapevolezza prima di permetterle di vagare liberamente. Fino a quando la consapevolezza non sarà stabile su di un punto, non le devono essere concessi voli liberi. Questo non è solo dannoso, in alcuni casi può anche essere irreversibile. È per questo motivo che si utilizzano diversi simboli durante la meditazione, ed alcuni sono più efficaci di altri. I simboli tantrici utilizzati per dharana sono mantra, yantra e mandala. Sono puramente scientifici poiché dipendono dall’influenza del suono, della forma, della luce per creare un effetto sull’energia nel corpo e nella mente. I mantra sono suoni mistici che riverberano con enorme energia, gli yantra sono perfette forme geometriche dei suoni emanati dai mantra, e i mandala sono forme tridimensionali degli stessi mantra.
La seguente parabola illustra in modo adeguato il percorso di dharana e l’importanza dei simboli come supporto per la mente nella meditazione. Un giorno iniziò a piovere e la pioggia continuò per giorni e mesi. Ogni cosa era sommersa dall’acqua e non vi erano in vista terra o punti di riferimento di alcun tipo. Un uccello solitario vagava su questa vasta estensione di acqua e non trovando alcun punto di riferimento in nessun luogo si perse e non riuscì a far ritorno a casa. Poi l’acqua gradualmente si ritirò un po’ e poté scorgere un pezzo di legno. L’uccello scese immediatamente sul pezzo di legno e, utilizzandolo come base, volò avanti e indietro da quel punto alla ricerca di cibo e di qualsiasi altra cosa gli necessitava. Ogni volta che l’uccello volava in una qualunque direzione, teneva d’occhio il pezzo di legno e, in questo modo, era sempre in grado di ritornare alla stessa base senza difficoltà.
Allo stesso modo, in dharana, la consapevolezza vola alta e viaggia su vaste estensioni di coscienza, che non sono tracciate e non hanno segni visibili per identificarle. Ma ogni volta la consapevolezza ritorna all’oggetto su cui è focalizzata, riconoscendolo come base per tutti i suoi voli. In questo modo la consapevolezza non si smarrisce e non si perde. Fa delle incursioni nell’ignoto, ma viene guidata indietro nella giusta direzione. Questo è il motivo per cui l’oggetto di dharana è importante e deve essere uno da cui siete naturalmente attratti. Se avete un’attrazione naturale verso l’oggetto di dharana, la mente resterà fissa su di esso e non si distrarrà facilmente. In caso contrario la consapevolezza tende a vagare dalla propria base per lunghi periodi e infine può perdersi nella inesplorata dimensione della coscienza.

Sentieri di oscurità e di luce

Lo stato di dharana, che è la base di tutte le pratiche nella VBT, viene anche descritto nei testi di yoga. Patanjali dice: “Legare la mente ad un punto è dharana”. Questo è necessario per focalizzare la consapevolezza, che è normalmente distratta dalle percezioni esteriori. Dharana può essere praticata su qualsiasi oggetto, immagine o persona, così come su diversi centri psichici, nadi o su un pensiero, un’idea o un sentimento. Attraverso la concentrazione su di un punto, il potere nascosto del simbolo scelto si svela ed entriamo in una nuova dimensione dove sorge una nuova consapevolezza. È come se fosse stata sollevata una tenda e fossimo in grado di vedere ciò che fino a quel momento era stato celato.
Ci sono molti livelli di consapevolezza, e se vengono svelati, vengono alla luce nuovi poteri di cui non eravamo consapevoli precedentemente e di cui non potevamo immaginare l’esistenza. Nel presente siamo consapevoli solo dello stato cosciente e di sogno, e persino questi non sono sotto il nostro controllo. Infatti, trascorriamo gran parte del nostro tempo alle prese con le perplessità di queste dimensioni. Ci sentiamo confusi, agitati, pieni di gioia, depressi, ansiosi, preoccupati, spaventati solo per ciò che ci viene svelato in questi stati molto ordinari di consapevolezza. Che cosa accadrebbe se dovessimo divenire consapevoli di dimensioni più sottili e più profonde di esistenza?
Queste dimensioni più profonde sono reali proprio quanto la consapevolezza di ogni giorno, ma le consideriamo immaginarie ed irreali. Non siamo avvezzi ad esse perché non possono essere sperimentate attraverso i sensi, che noi consideriamo, erroneamente, come sorgente ultima di conoscenza. Per esempio, quando abbiamo un sogno intenso, ci risvegliamo con la sensazione che sia accaduto veramente. Naturalmente, c’è sempre un elemento di dubbio, poiché al momento del risveglio il sogno scompare e si dissolve dalla memoria. Non vi è nulla di tangibile che rassicuri che quanto accaduto in sogno sia accaduto veramente in qualche dimensione. Se pratichiamo dharana sui nostri sogni, tuttavia, possiamo perfezionare l’arte di comprenderli e allenare la nostra consapevolezza ad avere determinati sogni a nostra scelta. Allora comprenderemo che, di fatto, i nostri sogni sono reali quanto le nostre esperienze nello stato di veglia. (VBT sl. 75)
Allo stesso modo, quando entriamo profondamente nello stato di dharana, anche ciò che sperimentiamo in quello stato è reale. Qualsiasi immagine evochiamo in dharana è reale quanto gli oggetti che vediamo al di fuori. La sola differenza è che gli uni li vediamo con gli occhi aperti e gli altri con gli occhi chiusi. Ai primi livelli di dharana possiamo focalizzarci sull’immagine di Rama, Cristo, Devi, un fiore, una bella gemma, una montagna o un fiume con i nostri occhi aperti. Quando l’immagine ha saturato la nostra mente, la possiamo ricreare dentro di noi. Ogni immagine fuori e dentro di noi è reale, ma sono fatte di materiale differente. Una è fatta di carta, pietra o argilla, l’altra di coscienza. La luce esteriore illumina l’una, e l’altra si auto illumina. Man mano che la coscienza diviene sempre più leggera, lo splendore inizia a crescere da dentro. Questa luce è conosciuta come jyotsna.
Sul sentiero della meditazione dovrebbe sempre esserci luce dentro, non oscurità. Se vedete oscurità, fumo o immagini offuscate, questa è un’indicazione che le pratiche vi stanno conducendo su un sentiero sbagliato dal quale dovete tornare indietro e ritornare alla consapevolezza normale. Se invece vedete luminosità, radiosità e brillantezza, allora sappiate che siete sulla traccia giusta e che la consapevolezza è riuscita nell’ascesa. Questi due percorsi di meditazione sono chiamati uttarayana e dakshinayana, il sentiero del nord ed il sentiero del sud. Dakshinayana è il cammino del sud attraverso il quale uno ritorna allo stato di ignoranza ed attaccamento alle cose del mondo, ed è pertanto associato all’oscurità.
Uttarayana, o il cammino del nord, è associato all’illuminazione e alla libertà dagli attaccamenti del mondo, pertanto è la via favorita per dharana e per la meditazione. Eleva a tal punto la coscienza che l’aspirante non ha necessità di ritornare alla coscienza normale. Se lo sceglie, può operare da quello stato elevato e divenire un canale per il flusso di conoscenza e beatitudine più elevate. In termini tecnici questo stato è conosciuto come jivanmukta, o liberazione totale della coscienza dai vincoli della materia incarnata in questo stesso corpo fisico. Naturalmente jivanmukta è uno stato molto elevato, che è raramente ottenibile e destinato solo alle anime estremamente purificate. Ma viene menzionato per indicare che cosa si può ottenere attraverso dharana e dhyana, ed i segni che indicano che si è sulla giusta rotta.
Attraverso la concentrazione focalizzata su un qualsiasi oggetto, la coscienza viene diretta verso quello. Quando la concentrazione è perfetta, si manifesta uno stato di totale assorbimento interiore senza alcuna interruzione. Può accadere anche per la frazione di un secondo. Non deve andare avanti per ore e neppure per minuti. Può durare anche un batter d’occhio, cosicché possiate chiedervi se è accaduto davvero. Ma questo stato di meditazione penetra attraverso i veli della coscienza che si dischiudono davanti a voi, uno ad uno, svelando differenti livelli di consapevolezza ed esistenza. Là, la stessa materia che vedete tutta intorno a voi esiste in forme sempre più sottili.
Fino a che altezza può ascendere la consapevolezza? Qual è la destinazione finale della consapevolezza, e a che condizioni ritorna allo stato di coscienza a voi familiare prima che l’ascesa cominci? Molti veggenti hanno sperimentato stati più elevati, ed è per questa ragione che poterono spiegarli ad un alto livello, ma ad un certo punto non furono più in grado di trasmettere questa esperienza utilizzando la parola. (VBT sl. 6) Così divennero canali ed iniziarono a trasmettere l’esperienza a quelli che erano ricettivi. Anche ora queste trasmissioni sono disponibili se potete sintonizzarvi sulle frequenze del vostro antahkarana per riceverle. Questo è quanto si ottiene attraverso dharana quando l’aspirante percorre il sentiero dell’illuminazione in modo guidato e controllato, all’opposto del sentiero dell’oscurità.

Mantra

Il mantra è un’altra base importante per dharana nella VBT. Tutti i mantra vedici e tantrici sono stati realizzati dai veggenti in stati profondi di dhyana. Sono i veggenti dei mantra. La parola mantra significa, “ciò che libera mediante la contemplazione”. Non ogni suono è un mantra. Solo un suono che è stato realizzato o che è stato udito da un veggente illuminato in uno stato profondo di consapevolezza è un mantra. In altre parole, il mantra può riecheggiare perpetuamente nell’atmosfera, ma è udito e svelato agli altri solamente da qualcuno che è in grado di sintonizzarsi su quella frequenza. Così quella persona diviene il veggente di quel mantra. Il saggio Vishwamitra sentì il Gayatri mantra e perciò divenne il suo veggente. Ci sono diversi di questi esempi.
I mantra tantrici non hanno alcun significato letterale; hanno semplicemente suono e forma. Naturalmente, il significato basilare può essere trovato con l’intelletto. Ma, di fatto, i mantra vanno al di là dei significati; sono vibrazioni pure. Ogni mantra ha un potere segreto in grado di liberare l’energia che vi risiede. (VBT sl. 42) Perciò, qualsiasi significato che un mantra possa avere è puramente metafisico e può essere svelato solo sotto forma di esperienza. Il modo più comune per accedere a questa energia è ripetere continuamente il mantra fino a quando il suono sorge spontaneamente nella vostra consapevolezza. Potete anche non rendervi conto di ripeterlo. Un mantra può anche essere realizzato focalizzando l’attenzione sullo yantra o il mandala corrispondente. Oppure si può comprendere per la grazia benevolente del guru.
La pratica del mantra è così antica che fa parte delle origini primordiali dell’uomo. La gran parte, se non tutti, dei mantra tantrici e vedici sono stati praticati per centinaia e migliaia di anni. Il mantra è una parte integrante della scienza del tantra, laddove il suono è considerato la prima evoluzione della coscienza dopo l’impulso primario della creazione. Questo suono è conosciuto come nada, che esiste come nada cosmico nel mantra Aum, e come nada microcosmico in tutte le vibrazioni del suono alle varie frequenze.
Aum è il suono primordiale. (VBT sl. 39) Tutti gli altri suoni nell’universo sono contenuti in questo suono e sono emanazioni di questo suono. È la forma sonora più semplice e più naturale concepibile. Quando aprite la vostra bocca il suono che emettete è Aaa, e quando chiudete la vostra bocca il suono che producete è Mmm. In quel breve momento, quando la bocca non è completamente aperta o chiusa, c’è un suono intermedio di Uuu. (VBT sl. 40) Questo è il mantra Aum. Il mantra Soham, che è il suono interiore di ogni respiro, è un altro mantra naturale che ripetiamo consciamente o inconsciamente durante il giorno, in ogni momento della nostra esistenza.
Un altro importante aspetto del mantra è matrika, che sono anche conosciute come “le piccole madri della creazione”. Rappresentano la vibrazione intrinseca del suono di ogni akshara o vibrazione indelebile del suono contenuta nelle lettere che formano parole e linguaggio. (VBT sl. 2) Il mantra è la sorgente di matrika, o energia creativa. In effetti, sono così strettamente correlati che un altro nome del mantra è matrika. Negli Shiva Sutra, un testo importante dello Shaivismo del Kashmir e della filosofia Trika, Shiva afferma che matrika è nascosto nel mantra e non si rivela se Lui non lo comanda, mostrando l’interdipendenza tra energia e coscienza. Quando la consapevolezza è focalizzata con l’utilizzo del mantra, l’energia si risveglia dal suo sonno. Fino a quando questo non si realizza, l’energia resta addormentata.
Nel processo di dharana la consapevolezza non è focalizzata direttamente sull’energia, ma indirettamente avendo come strumento il mantra. Dharana si realizza entro la dimensione di tempo, spazio e oggetto, così sono questi i tre giocatori in quest’arena. Qui il tempo rappresenta l’energia, lo spazio rappresenta la coscienza e l’oggetto rappresenta il mantra scelto per dharana. Quando la consapevolezza è focalizzata sul mantra, smuove l’energia. Man mano che aumenta la concentrazione, la coscienza e l’energia si muovono l’una verso l’altra da direzioni opposte e si scontrano nel nucleo. L’impatto della loro unione causa una grande esplosione, che riverbera non solo nella dimensione fisica, ma anche nelle dimensioni sottile e trascendentale.
Perciò, il potere del mantra non deve essere sottovalutato. Il mantra non è il nome di Dio e tanto meno è importante conoscere il suo significato. Il mantra semplicemente deve essere ripetuto in modo che la vibrazione agisca. Il mantra è dhvani, o vibrazione del suono, che crea frequenze di suono simili in differenti parti del corpo e della mente. Inoltre, gli akshara, o lettere, dalle quali questi mantra derivano corrispondono a differenti centri energetici collocati nel corpo. Ognuno degli akshara, che sono cinquanta, è scritto sui diversi petali di loto dei chakra, che indicano la loro intima connessione. Proprio come un fabbro colpisce ripetutamente un pezzo di ferro rovente con un potente martello per conferirgli la forma che desidera, nella stessa maniera, attraverso la ripetizione costante del mantra siete in grado di colpire nel vostro corpo i centri energetici corrispondenti al mantra. Con la pratica regolare il mantra risuona con i chakra, che sono attivati e caricati di energia fino alla loro potenza ottimale. (VBT sl. 30)
Durante la pratica del mantra il suono deve essere ripetuto prima in vaikhari, o livello verbale, dove dhvani è proiettata verso l’esterno, poi in madhyama, o livello intermedio, dove dhvani è diretta verso l’interno, e infine a pashyanti, o livello mentale, dove guadagna slancio. Gradualmente, attraverso la pratica ripetuta, la consapevolezza diverrà completamente satura del mantra. A questo punto le vibrazioni che emanano dal vostro essere si dirigeranno verso quello stesso mantra che sta riverberando nell’universo come una parte del nada cosmico, senza che nessuno lo ripeta. È in questo modo che il mantra libera la mente e diviene una via d’accesso per entrare nel regno dell’esperienza cosmica. A parte conferire l’illuminazione spirituale, molti mantra hanno anche effetti terapeutici e mettono al riparo da malattie, incidenti e calamità.

Cristallizzazione della coscienza

Un altro concetto importante utilizzato nelle dharana della VBT è shunya, o il vuoto. Questo è un classico esempio di dharana senza alcun alambana, o supporto. Nella dharana sul mantra, il tempo o l’energia sono i criteri per entrare nei più profondi stati di consapevolezza; tuttavia, nella dharana su shunya, lo spazio è il criterio per ottenere lo stesso obiettivo. Se avete mai scrutato lo spazio libero con una mente vuota, priva di ogni formazione mentale, allora avrete notato che la mente inizia a dissolversi e la consapevolezza interiore si cristallizza su un bindu, o punto in quello spazio vuoto, che è il vuoto o shunya. (VBT sl. 58)
Nella pratica di chidakasha dharana, quando osservate lo spazio vuoto dietro la fronte, improvvisamente appare un punto di luce, o bindu. (VBT sl. 85) Quando lo vedete, state avendo un barlume della vostra coscienza cristallizzata su un punto. Quando questa esperienza si approfondisce, la luce diviene più brillante e vi inghiotte, così che potete sperimentare persino voi stessi come luce. Quando la poetessa e santa Mirabai cantava canzoni devozionali, trascendeva il suo corpo, che brillava di luce visibile a tutti. Non è luce ordinaria, come quella che illumina la vostra stanza. È la luce dell’anima, che è fulgida e completa in se stessa. È luminosa, onnipervadente ed ininterrotta. Non è confinata in un punto, ma si espande equamente in tutte le direzioni allo stesso tempo.
Talvolta, mentre osserviamo uno spazio vuoto, invece della luce possono prendere il sopravvento un pensiero o un’idea, cosicché la vostra consapevolezza si rivolge ad esso. Può essere qualsiasi pensiero, ma per poter cristallizzare la vostra coscienza su di esso, quel pensiero deve rimanere costante ed ininterrotto. Questo è l’unico requisito che la VBT pone per la cristallizzazione della coscienza. Tuttavia, a causa di questa condizione, si può comprendere che dharana è la chiave per ogni progresso in questa direzione, poiché la consapevolezza ininterrotta e costante di un oggetto o di un’idea, con esclusione di tutto il resto, si può ottenere solo con la concentrazione su di un punto.

Bhavana, un concetto per dharana

Un altro concetto utilizzato nella VBT come punto focale per dharana è bhavana, che significa “il sentimento più intimo”. La parte più intima della nostra natura dà origine a bhavana e nessuna persona sulla terra ne è priva. Questo sentimento è molto potente poiché regola le nostre emozioni che influenzano ogni azione nella nostra vita. Se questa forza può essere imbrigliata attraverso dharana e canalizzata verso il sentiero dell’illuminazione, essa ci condurrà molto vicino a quell’esperienza finale. Inoltre la VBT rivela che possono essere utilizzate a questo proposito non solo le emozioni positive, ma anche quelle negative, poiché tutte le emozioni sono forme di energia, o shakti. Le emozioni, i pensieri, i sentimenti, i tumulti interiori e l’agitazione mentale sono forme di bhavana utilizzate nella VBT per far esplodere interiormente la consapevolezza suprema.
Ora, la domanda che sorge è: “Chi è adatto per praticare dharana?”. (VBT sl. 158) Sicuramente, se analizzate la profondità della pratica e le sue conseguenze, è chiaro che dharana è per una persona che ha già intrapreso un cammino che lo porta a tenere a freno e controllare le fluttuazioni mentali, o chitta vritti, poiché queste sono responsabili dell’intera gamma di comportamenti, personalità, desideri, ambizioni, voleri e necessità. Colui che è in grado di controllarli senza esserne condizionato è pronto per la pratica di dharana. Ma per la maggior parte delle persone questo potrebbe non accadere mai. Così si inizia a praticare in modo guidato, controllato, permettendo alla consapevolezza di focalizzarsi e cristallizzarsi gradualmente.
Ogni volta che le fluttuazioni mentali conducono la coscienza lontano dall’oggetto di concentrazione, la si deve ricondurre indietro. In questo modo, attraverso la pratica reiterata, le fluttuazioni mentali diverranno sempre meno e meno potenti e con il tempo diminuiranno. Nel sistema classico di raja yoga solo chi è in grado di praticare pratyahara, o ritiro della consapevolezza dalle percezioni dei sensi esteriori, è considerato pronto per dharana. Tuttavia il tantra consente ad ogni individuo di approfondire questa pratica, indicando come le emozioni e gli istinti di base possono essere trasformati ed utilizzati per l’illuminazione. L’energia è la stessa, dice il tantra. Siete voi a decidere se volete dirigerla verso le percezioni sensoriali che conducono al godimento o verso le percezioni extrasensoriali che conducono all’illuminazione. (VBT sl. 73)
Il tantra è una scienza che non esclude alcun individuo dalla possibilità di sperimentare più elevati stati di consapevolezza ed ha anche mostrato la via attraverso cui possiamo iniziare questa ascesa della consapevolezza. Allo stesso tempo, per poter ottenere esperienze interiori profonde, il sadhaka deve essere di alto calibro ed avere la kundalini risvegliata. Alcune persone sono nate con la kundalini risvegliata per le loro realizzazioni nelle vite precedenti. Altre possono ottenere questo risveglio attraverso lo sforzo personale e la grazia del guru. Sono queste le persone pronte per la pratica di dharana. Se il processo di dharana è raggiunto senza sforzo, e siete in grado di escludere ogni cosa eccetto il punto che avete scelto per la concentrazione, anche solo per un breve tempo, allora siete pronti per le pratiche più elevate di dharana e dhyana.

Le basi della concettualizzazione interiore

Che cosa è dharana? Se ci pensate, dharana è semplicemente un processo durante il quale create un pensiero, un sentimento, un’immagine dentro di voi. Immaginate una luce, uno shivalingam, Rama, Krishna, Cristo o qualsiasi altro attributo della natura, e simultaneamente generate un sentimento di fede e devozione verso di esso. La fede è la base della concettualizzazione interiore, e senza fede dharana è incompleta e difficile da padroneggiare. La fede è la materia che nutre e dischiude l’esperienza di dharana. Senza fede la nostra pratica vacillerebbe, poiché la fede è quella qualità che crea un’esperienza. La fede è diversa dal dogma o credo; è viva, vibrante ed esperienziale. La fede ha il potere di trasformare, come nient’altro può fare. Per sviluppare la fede non è necessario cercare al di fuori; la fede cresce da dentro. Siamo nati tutti con questa qualità, ma non si è sviluppata in noi come l’intelletto, a causa della nostra educazione e istruzione. Il potere della fede viene svelato attraverso la pratica di dharana e crea una base forte per la mente nel processo di concettualizzazione interiore.
Attraverso la fede l’energia mentale dispersa e dissipata viene focalizzata e cristallizzata su un punto. Questo porta enorme chiarezza di percezione e vi consente di concettualizzare qualsiasi cosa su cui focalizzate la mente e di crearla interiormente. Lo stesso oggetto che vedete esternamente può essere visto interiormente con la stessa chiarezza, come se fosse reale quanto l’oggetto che vedete fuori. Una volta acquisita questa capacità, e nella consapevolezza resta solo quell’oggetto, l’ego inizia a dissolversi. A questo punto la consapevolezza si fonde con l’oggetto, voi e l’oggetto divenite un’unica cosa. Questo porta allo stato di dhyana, o illuminazione interiore.

Commentario

6. Indivisibile e indefinibile

Nahi varnavibhedena dehabhedena vaa bhavet;
Paratvam, nishkalatvena, sakalatve na tadbhavet. (6)

Traduzione letterale
Nahi: non; Varna: colore; Vibhedena: divisioni; Dehabhedena: divisione di forme; Vaa: o; Bhavet: esistere; Paratvam: trascendenza; Nishkalatvena: indivisibilità; Sakalatve: parti composite; Na: non; Tat: che; Bhavet: essere.

Traduzione
Paratva, o trascendenza, non può esistere nelle divisioni di varna (colore), shabda (suono) o rupa (forma). Se la trascendenza è indivisibile, allora non può essere definita, o coesistere con parti composite.

Commento
La realtà immanente, o mondo finito, è costituita da shabda, varna e rupa, o suono, colore e forma. Noi conosciamo molto bene queste forme di esperienza poiché le sperimentiamo ampiamente nella nostra vita quotidiana. È con la realtà trascendentale che non abbiamo molta confidenza. Qui é descritta come indivisibile, indefinibile e immanifesta. Perciò, questi tre aspetti di suono, colore e forma che, assieme, formano la nostra percezione del mondo manifesto, o finito, non esistono e non hanno nessun ruolo nella trascendenza.

7. Essenza del tantra

Prasaadam kuru me naatha nihshesham chhindhi samshayam;
Bhairava uvaacha:
Saadhu saadhu tvayaa prishtam tantrasaaram idam priye. (7)

Traduzione letterale
Prasaadam: grazia, benedizioni; Kuru: fare; Me: a me; Naatha: o Signore; Nihshesham: completamente; Chhindhi: rimuovere, tagliare; Samshayam: dubbi; Bhairava: Bhairava; Uvaacha: dice; Saadhu saadhu: buono, propizio; Tvayaa: mediante te; Prishtam: chiesto; Tantrasaaram: essenza del tantra; Idam: questo; Priye: o caro.

Traduzione
O Signore, con le tue benedizioni, per favore, annienta completamente i miei dubbi. Allora Bhairava disse: “Bene, ben detto, o cara! Ciò che hai chiesto è l’essenza del tantra”.

Commento
Shakti si ingrazia Bhairava per eliminare i suoi dubbi riguardanti le opinioni sulla trascendenza che lei ha espresso nei precedenti sloka. Glielo chiede poiché egli rappresenta lo stato di trascendenza e solo chi ha raggiunto questa condizione può conferire la sua conoscenza esperienziale e la sua comprensione. Inoltre lei riconosce e riafferma l’importanza della grazia nella trasmissione di questa conoscenza. Bhairava è compiaciuto della sua domanda, dato che quello che lei ha chiesto è proprio la vera essenza del tantra, una scienza dedicata alla realizzazione della verità che sta al di là dell’esistenza.
Perciò Devi pone una domanda molto importante, che può rimuovere completamente i dubbi e le illusioni che accompagnano ogni ricercatore.

8. Forme di Bhairava

Guohaniyatamam bhadre tathaapi kathayaami te;
Yatkinchit sakalam rupam bhairavasya prakirtitam (8)

Traduzione letterale
Guhaniyatamam: segretissimo; Bhadre: nobile (donna); Tathaapi: tuttavia; Kathayaami: io parlerò; Te: a te; Yat kinchit: qualsiasi cosa; Sakalam: parte componente; Rupam: forme; Bhairavasya: di Bhairava; Prakirtitam: esposto.

Traduzione
Nobile Signora, benché questa è la parte più segreta dei tantra, tuttavia io ti parlerò di quello che è stato esposto riguardo le (definite) forme di Bhairava.

Commento
Tutte le scienze esoteriche del mondo sono tenute segrete e questo vale anche per il tantra. Questo succede non perché ci sia qualcosa da nascondere, ma perché questa scienza è così potente che è indicata solo per sadhaka o praticanti che abbiano fede nella pratica, motivazioni per praticare ed autocontrollo per non utilizzare male i poteri che ne derivano. Certamente non mettereste la dinamite in mano ad un bambino. Allo stesso modo, le pratiche tantriche, che fanno esplodere le esperienze interiori, non devono essere esposte, né rese accessibili a qualsiasi ricercatore. Devi, comunque, è pienamente autorizzata a ricevere questa conoscenza segreta, dato che è nobile, mentalmente evoluta e sincera.
All’inizio c’è qualche parola di avvertimento, ed anche giustamente, poiché attraverso le pratiche tantriche possono essere acquisiti poteri mentali che vanno oltre le capacità delle persone ordinarie. Il praticante che non ha sviluppato qualità sattwiche potrebbe essere distrutto e consumato da questi poteri, come accadde a Bhasmasura. Nei Purana c’è la storia di Bhasmasura che praticava grandi austerità per ricevere una grazia da Shiva. La grazia che ricevette gli consentiva di trasformare in cenere, o bhasma chiunque avesse toccato. Così egli prese questo nome.
Bhasmasura fu così preso dal suo potere che la sua mente s’illuse, e cominciò a pensare di poter distruggere chiunque, anche Shiva, colui che gli aveva dato quel potere. Allora andò da lui con questa intenzione, ma Shiva coinvolse Bhasmasura in una danza nella quale doveva imitare ogni suo passo. Gradualmente, mentre Bhasmasura s’immergeva in quella danza, Shiva fece un passo nel quale si poggiò la mano sopra la testa. Bhasmasura fece lo stesso e fu immediatamente trasformato in cenere.
Quindi, il sistema tantrico non è soltanto un insegnamento filosofico; è una scienza mediante la quale può essere generato un immenso potere. È il potere con il quale vi state confrontando ora, il potere della coscienza! Le Upanishad dichiarano: “Kshurasya dhara nisita duratayaya durgam pathastat kavayo vadanti”, che significa: “Il saggio dice che questo sentiero è affilato come la lama di un rasoio e quindi molto difficile da percorrere”. Quindi, chi intende percorrere tale sentiero deve procedere con molta attenzione e cautela.
La frase sakalam rupam bhairavasya indica le varie forme della coscienza di bhairava che sono state esposte nel tantra. Dopo aver enfatizzato le limitazioni di riti e rituali, forma e sostanza, potrebbe sembrare una contraddizione che questo sloka parli delle forme definite di Bhairava. Nel tantra, comunque, ogni fenomeno astratto e ogni esperienza sottile sono stati catalogati. È questa catalogazione, unica nel suo genere, che rende il tantra così sacro e speciale, perché queste forme mettono in grado di rivivere le esperienze che essere rappresentano.
Per sviluppare questi stati di consapevolezza il tantra utilizza come strumenti i mantra, gli yantra ed i mandala, che sono basati sui principi primordiali di suono, luce e forma. Il tantra afferma che ogni oggetto ed esperienza ha una propria vibrazione sonora che è chiamata mantra. Dalla vibrazione sonora emana una luce simile a quella del laser che ha forma geometrica e lineare ed è chiamata yantra. Queste forme geometriche rientrano nella realtà tridimensionale e sono chiamate mandala. La concentrazione, o dharana, su uno qualunque di questi strumenti vi porterà ad un’esperienza del tutto simile a quella che vi è racchiusa. Di conseguenza, ciascun livello di consapevolezza possiede un mantra, uno yantra ed un mandala corrispondenti.
Nel Rudrayamala Tantra, che è la fonte della VBT, si trova una lista di sessantaquattro mandala di Bhairava. Questi mandala sono divisi in otto gruppi, che comprendono otto Bhairava ciascuno, e per ognuno c’è un mantra ed uno yantra corrispondente. Il tantra afferma che questi mantra, yantra e mandala possono essere usati molto efficacemente per indurre il livello di consapevolezza che essi indicano.
I gruppi sono distinti tra loro in base al colore del corpo, agli ornamenti e alle armi. Il primo gruppo di Bhairava è guidato da Asitanga (il portatore della spada); sono tutti di colore giallo e hanno gli arti ben formati. Tengono in mano un tridente, un tamburello, un cappio ed una spada. Il secondo gruppo, guidato da Ruru, ha struttura di colore bianco puro, carico di ornamenti, essi portano un rosario, un pungolo, un libro ed un liuto. Il terzo gruppo ha come leader Chanda; sono totalmente blu, incantevoli e portano nelle loro mani fuoco, shakti, una mazza ed un vaso (kunda). Il quarto gruppo è guidato da Krodha; sono di colore grigio fumo e portano in mano una spada, uno scudo, una lancia ed un’ascia. Il quinto gruppo è guidato da Unmattabhairava; sono di colore bianco, di bell’aspetto e portano in mano un vaso (kunda), uno scudo, un bastone (parigha) e bhindipala. Kapala guida il sesto gruppo; sono di colore giallo e portano le stesse armi del gruppo precedente. Il settimo gruppo è guidato da Bhishana; sono di colore rosso e portano le stesse armi. Samhara Bhairava guida l’ottavo gruppo; essi assomigliano al fulmine e portano le stesse armi.
Oltre che nel tantra, le descrizioni delle forme o mandala degli otto Bhairava si trovano in molti Purana, quali Vamana Purana (cap. 57), Brahamavaivarta Purana (cap. 61), Kalika Purana (cap. 44) e Vishnu Dharmottara (cap. 3.59). I Purana non descrivono questi gruppi così approfonditamente come nel tantra, ma attribuiscono le origini di Bhairava alla lotta tra Shiva e gli asura, o demoni, e definiscono il numero ashta, o otto. Vishnu Dharmottara aggiunge un curioso dettaglio dove Bhairava è rappresentato mentre spaventa Parvati con un serpente in mano.
Questi otto Bhairava sovrintendono alle otto direzioni o settori dello spazio, che sono: nord, sud, est, ovest, nordest, nordovest, sudest e sudovest. Armati con le loro rispettive armi, impediscono accessi non autorizzati nel dominio di Shiva, e allo stesso modo proteggono chi si è guadagnato l’accesso in questa zona sacra. Questi ashta Bhairava in realtà indicano otto stadi o manifestazioni di coscienza che, anche se sembrano spaventosi all’apparenza, sono estremamente benevoli e ricchi di radiante conoscenza.
Infatti, Bhairava è considerato come una delle forme violente di Shiva, associata alla sua lotta contro i demoni. Il termine demone è qui usato per personificare le caratteristiche o gli aspetti che si incontrano nel cammino che va dalle sfere grossolane a quelle sottili della coscienza. Questi Bhairava personificano gli stati di consapevolezza che la coscienza assume durante la sua ascesa dal buio alla luce, con lo scopo di evitare all’aspirante ogni pericolo che potrebbe farlo cadere.
Se si studia il tantra è stupefacente scoprire che non sono stati esplicitamente esposti solo i differenti stati di coscienza, ma anche modi specifici per sperimentare questi stati. Anche le espressioni che sorgono come conseguenza di questi stati alterati sono esaurientemente esposte nei dettagli. È grazie a questi innumerevoli esperimenti fatti in passato che è stato possibile formulare, codificare e definire le pratiche tantriche nei più piccoli dettagli, così come noi le ritroviamo ancora oggi in molti autorevoli testi come VBT.

Swami Satyananda Parla dell’Hatha Yoga

Tratto da: Sw. Muktibhodhananda Saraswati, “Hatha Yoga Pradipika”, Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.

Dimensioni del prana

gli shatkarma sono la preparazione per il pranayama. La maggior parte delle persone pensano al pranayama come esercizi respiratori, ma è molto di più. Ayama letteralmente significa “dimensione”, non controllo. Così il pranayama è praticato per espandere le dimensioni del prana dentro di voi.
Dentro di noi ci sono piani di esistenza, aree di coscienza che sono nell’oscurità più assoluta. Questi piani sono molto più belli e creativi di quelli in cui viviamo ora. Tuttavia, come li possiamo penetrare ed illuminare? È inutile parlare dei diversi stati di coscienza. Dovete essere capaci di farne esperienza, come fate esperienza dello stato di sogno o sonno. Quando l’energia pranica è destata e risvegliata tramite la pratica di pranayama, essa circola in queste aree scure di coscienza. Allora la città interiore si illumina e l’uomo rinasce ad una nuova dimensione di esistenza, una nuova area di esperienza.

L’aspetto pratico

Se volete raggiungere questa esperienza trascendentale, dovete perfezionare le pratiche di hatha yoga e pranayama. Devono essere osservate anche le regole e le raccomandazioni. Ciò non significa abbandonare tutti i piaceri della vita, ma come ben sapete “non potete avere per sempre la vostra torta ed anche mangiarla”. Perciò, una volta che avete deciso di saltare dentro un’altra dimensione di coscienza, dovete essere pronti a sacrificare alcune di quelle cose che sono sicuramente nocive per la pratica di pranayama e hatha yoga. Questo è un punto importante da considerare. Perciò, ricordate che le pratiche di hatha yoga, asana e pranayama sono fondamentalmente intese per sviluppare la qualità della coscienza umana, non solo la mente o il corpo.
La filosofia è intellettuale e non potete mai raggiungere il punto di evoluzione attraverso l’intelletto. L’intelletto diventa una barriera per il risveglio spirituale e dobbiamo trovare un mezzo potente per trascenderla. L’hatha yoga è estremamente efficace poiché lavorate sul prana aggirando la mente.
L’hatha yoga è una grande scienza che tutti possono praticare secondo la propria capacità. Forse non tutto, ma almeno alcune tecniche possono essere praticate ogni giorno. Le tecniche di hatha yoga, insieme con asana e alcuni pranayama, sono sufficienti per la maggior parte delle persone. È necessario praticare prima questi passi. Poi potete andare oltre. Se la preparazione è perfetta, non ci sarà bisogno di imparare la meditazione da nessuno. Un bel giorno, mentre praticate pranayama, la vostra mente sarà elevata in un nuovo regno di coscienza.

L’aspetto terapeutico

L’hatha yoga è un metodo per preparare il sistema per il risveglio spirituale ma è anche molto importante come scienza della salute. Sin dall’antichità è stato utilizzato da yogi e rishi per alleviare ed eliminare ogni genere di malattia, disturbo e difetto. È vero che le pratiche richiedono più tempo e sforzo da parte del paziente rispetto le terapie convenzionali, ma in termini di risultati permanenti e positivi, oltre che far risparmiare enormemente sulle medicine, sono sicuramente più valide.
Ciò che rende questo metodo di cura così potente ed efficace è il fatto che agisce sui principi di armonia e unificazione, piuttosto che sulla diversità. I tre principi importanti su cui si basa la terapia fisica e mentale sono i seguenti:
1. Conferire salute incondizionata ad una parte o sistema del corpo influenzando in tal modo il resto de corpo.
2. Equilibrare i poli energetici positivo e negativo (ida/pingala, prana/apana).
3. Purificare il corpo dai tre tipi di scorie (dosha).
Se avete quindici orologi a pendolo insieme sulla stessa parete, tutti col pendolo della stessa lunghezza e dello stesso peso, noterete che dopo qualche tempo, tutti i pendoli sincronizzano il loro movimento. Questo avviene naturalmente secondo la legge di mutualità dei ritmi e vibrazioni.
In questo corpo fisico, tutti i vari organi e sistemi devono portare avanti le proprie funzioni, ma ci deve essere completa coordinazione tra loro. Se qualunque organo dei sistemi del corpo non è in grado di coordinarsi con gli altri, significa che non uno ma tutti i sistemi e gli organi sono squilibrati. Perciò, in qualsiasi malattia, sia fisica sia mentale, ogni sistema è scoordinato.
Secondo la legge di reciprocità dei ritmi, tutto ciò che dovete fare per riguadagnare la salute dell’intero sistema è portare un organo o sistema ad uno stato di salute. Allora tutti gli altri, naturalmente, seguiranno.
La cattiva salute di un sistema crea cattiva salute nel resto del corpo. Non potete dire che il vostro stomaco sta male e tutto il resto è a posto. Dunque, ad una persona che è affetta da diversi disturbi dovrebbe, di solito, essere data una terapia soltanto per un uno di loro. Se siete in grado di creare salute in un sistema del suo corpo, gradualmente tutto il corpo inizierà a migliorare. Questo è il modo in cui dovrebbe essere prescritta la terapia yoga.
Al giorno d’oggi, tuttavia, la maggior parte degli insegnanti di yoga non seguono questo sistema. A causa della loro conoscenza della diagnosi medica, compilano una lunghissima lista di pratiche; una per la costipazione, una per l’emorragia nasale, una per qualcos’altro. Essi pensano che insegnando ad un ammalato varie tecniche di hatha yoga per i suoi diversi disturbi, costui starà meglio. Il loro sistema è basato sulla concezione comune che varie malattie appartengono a differenti gruppi, cosa che non tiene conto dell’interrelazione di tutti gli organi e sistemi.
Conservare l’energia in questo corpo fisico è un altro aspetto importante della salute che è stato ignorato dalla maggior parte delle scienze terapeutiche. Abbiamo dato moltissima importanza alla nutrizione, ma abbiamo smarrito la reale fonte di energia che è inerente. Quest’energia è qualcosa di simile alla carica elettrica positiva e negativa che pulsa dappertutto. Il corretto equilibrio di queste opposte forme di energia crea una buona salute. Ogni volta che questi flussi positivi e negativi sono inibiti, bloccati, dissipati o scarsamente distribuiti, inevitabilmente ne consegue la malattia.
I diversi organi e sistemi del corpo non sono sostenuti soltanto da cibo e vitamine. Nella vita, la principale fonte di energia sono queste cariche più/meno o positivo/negativo. Quindi la scienza dell’armonia fisica e mentale è conosciuta come hatha yoga.
La terapia fisica e mentale è uno dei più importanti risultati dell’hatha yoga. Sino ad ora l’hatha yoga ha avuto successo in patologie come asma, diabete e pressione sanguigna, dove la scienza moderna non è riuscita. Oltre ciò, l’hatha yoga si è mostrato molto efficace in casi di epilessia, isteria, reumatismi e molte altre malattie di natura cronica e costituzionale. In effetti, abbiamo scoperto che la maggior parte delle malattie di natura cronica o costituzionale possono sicuramente invertire la loro progressione con l’hatha yoga.
Le malattie psichiche e mentali di cui gli esseri umani soffrono non sono altro che uno stato di disarmonia nel sistema energetico. Per alleviarle dobbiamo guardare in modo diverso il nostro corpo e ampliare la dimensione della moderna scienza medica. Dobbiamo ridefinire il corpo, la classificazione di malattia ed il sistema di diagnosi.
Ciò che è stato scoperto più di recente è che asana e pranayama sono metodi più potenti ed efficaci per controllare l’intero corpo. Essi sono i primi passi per permetterci di non alterare i meccanismi di un elemento, ma ottenere il controllo sulla struttura totale del cervello e della mente, il sistema di controllo che ci permette di dirigere ogni aspetto della nostra vita e l’energia dentro di esso.

Il vero scopo dell’hatha yoga

Negli ultimi quaranta anni l’hatha yoga è stato accettato come scienza terapeutica in tutto il mondo e in questo campo sono stati portati avanti molti studi scientifici. Oggi insegniamo hatha yoga perché è veramente necessario. L’uomo è diventato malato e la scienza medica non è in grado di fronteggiare la sfida. L’hatha yoga, invece, aiuta tutti. Quindi, non vogliamo scoraggiare questo aspetto ma, contemporaneamente, non dobbiamo dimenticare cosa l’hatha yoga rappresenta realmente.
Dietro ogni uomo ammalato c’è un uomo spirituale. Dietro un diabetico c’è uno yogi. Dietro un uomo che soffre di depressione c’è un aspirante. Quando un paziente viene a cercare aiuto, insegnategli yoga e fatelo stare meglio. Curate la sua malattia, ma non fermatevi lì. Portatelo oltre, nella sfera spirituale della vita. Questo è l’errore che, in occidente, fanno molti insegnanti di yoga. Essi accolgono un paziente con artrite, reumatismo o insonnia, gli insegnano alcuni esercizi, e questo è quanto. L’hatha yoga non è stato utilizzato per curare l’intera personalità. Per questo motivo gli insegnanti non sono capaci di elevare il livello dei loro allievi. Migliorare solo la salute fisica non è abbastanza. Deve migliorare anche la salute mentale. La natura deve cambiare. La personalità deve cambiare. Anche la struttura psicologica e psichica deve cambiare. Non dovete sentire semplicemente la libertà dalla malattia, ma la libertà dalla schiavitù e dalle divagazioni della mente. Ora è arrivato il momento in cui gli insegnanti in ogni parte del mondo devono capire e trasmettere il vero spirito dell’hatha yoga.

Capitolo 1: Asana

Verso 4

Yogi Matsyendranath conosceva il sapere dell’hatha yoga. Egli lo trasmise a Goraknath ed altri, e dalla loro grazia l’autore (Swatmarama) lo apprese.

In questo e nei quattro versi successivi, Yogi Swatmarama mostra il lignaggio dei siddha di hatha yoga. Goraknath, che probabilmente era il guru di Swatmarama, apparteneva ad una corrente yoga molto popolare chiamata il Nath panth. Nath è un termine generico per indicare “maestro”. I membri della corrente Nath sono comunemente chiamati kanphata yogi. Kanphata significa “orecchie divise” e fa riferimento alla pratica unica degli yogi di forare la cartilagine delle orecchie per inserirvi enormi orecchini.
Si ritiene che la corrente Nath nasca nella metà del settimo secolo, quando l’influenza dei tantra shastra era prevalente in tutta l’India e lo yoga era associato alla magia nera e alla stregoneria. La corrente Nath fu fondata per salvare la società dalle pratiche atroci che si portavano avanti in nome della spiritualità. Ci sono molte storie interessanti su come la corrente è stata formata originariamente. Una credenza comune è che, per prevenire il declino della spiritualità, Vishnu e Mahesh si incarnarono in Goraknath e Matsyendranath per propagare il messaggio dello yoga.
Benché Adinath, che dà inizio al lignaggio di Nath, possa essere stato uno yogi che precedette Matsyendranath, generalmente è identificato con Shiva, e col suo nome all’inizio della lista si è voluto indicare che l’origine della setta può essere fatta risalire al più grande degli yogi, il Signore Shiva.
Secondo una storia dei Purana, mentre il Signore Shiva stava iniziando ed istruendo Parvati ai segreti sadhana dello yoga, essi si trovavano sulla riva del mare. Un grande pesce udì per caso tutto ciò che veniva detto e da questo pesce nacque l’onnisciente Matsyendranath. Perciò il suo nome è Matsyaindra o “signore del pesce”.
Anche riguardo alla nascita di Goraknath ci sono molte storie. Si dice che quando Matsyendranath elemosinava il cibo come un parivrajaka, incontrò una donna che si dolse con lui del fatto di non avere un figlio. Matsyendranath le diede un po’ di siddha vibhuti e le disse che se l’avesse mangiata, avrebbe avuto un figlio. La donna non mangiò la sostanza, ma la gettò su un cumulo di sterco di vacca. Dodici anni dopo, quando Matsyendranath passò attraverso lo stesso villaggio chiamò la donna per vedere il bambino. La donna disse allo yogi cosa lei aveva fatto, e lui chiese di essere accompagnato nel luogo dove era stata buttata la vibhuti. Lui chiamò il nome “Goraknath” ed immediatamente un raggiante ragazzo di dodici anni emerse dal cumulo di sterco di vacca.
Goraknath divenne il diligente discepolo di Matsyendranath e più tardi divenne un esponente dell’hatha yoga e fondatore della corrente Nath. Egli fu un guru realizzato e gli furono accreditati molti miracoli. Membri della setta Nath erano tenuti in grande considerazione a causa delle loro severe penitenze, l’austero stile di vita yogico e la realizzazione di molte siddhi.
L’influenza dei nath yogi si sentì in tutto il mondo antico. Grandi nath yogi viaggiarono in Persia, Afghanistan e in tutto il Medio e Lontano Oriente. La loro influenza si sentì anche in tutta l’India e nel Nepal, particolarmente attorno a Gorakhpur e il confine Nepalese. Anche attualmente, si possono trovare dei nath yogi in India, benché pochi abbiano la stessa reputazione degli antichi maestri.