Quando Swami Niranjan venne in Italia nel 1994, ricordavo d’averlo conosciuto nel 1984 in India alla Bihar Scholl of Yoga di Munger, dove ho soggiornato per un mese; a quel tempo era un giovane Swami di 24 anni, alto, gentile e scherzoso.
Sapevo che era stato designato come successore di Paramahansa Satyananda e presidente della BSY già dal 1983 e quindi all’inizio della mia permanenza ne ero intimorita.
Quando mi capitava di incontrarlo negli uffici o nei corridoi cercavo di scivolare via come un ombra e questo lo faceva sorridere divertito; in più non sapevo nemmeno una parola d’inglese e anche questo poteva diventare una comica in forma di comunicazione non verbale. Una volta mi è capitato persino di rincorrerlo nel giardino per avere le caramelle che fingeva di darmi e poi togliermi scappando chissà dove e ridendo del mio imbarazzo.
Spesso lo vedevo arrivare con il Guru ed i Suoi discepoli più vicini quando veniva ad insegnarci il karma yoga nei maestosi giardini dell’ashram, qualche volta anche con la zappa in spalla; oppure mi capitava di incontrarlo la sera se si prestava a condurre i kirtan nella grande sala e allora l’energia esplodeva. Una di quelle è stata la prima volta che lo sentii cantare la poesia che aveva composto per Swami Satyananda: Gurudeva daya.
Quando stavo per tornare in Italia è venuto a salutarmi e mi ha detto di non partire, e questo per me è il ricordo più doloroso in quanto mi piaceva stare nell’ashram, perché ormai mi ero abituata al clima, ai ritmi, al giardino; ero poi entusiasta dei corsi di yoga e della simpatia degli swami che risiedevano lì ed erano molto ospitali con persone che arrivavano da ogni parte del mondo. Ma alla fine dovetti andarmene; e da allora passarono ben dieci anni prima di rivederlo; dieci anni in cui il Satyananda yoga si era diffuso in tutto il mondo: ora esisteva un’Università dello yoga che Swami Niranjan stesso aveva fondato, e avevo sentito dire che era diventato molto severo, e mi preoccupava come potesse essere cambiato.
Il giorno dell’inaugurazione del programma egli presentò lo yoga come l’aveva definito il nostro guru Paramahansa Satyananda, “il dono della pace per l’umanità”. Per ottenere la pace dovevamo prima renderci conto della necessità dell’introspezione tramite le pratiche dello yoga e poi della disciplina necessaria ad introdurle saggiamente nella nostra vita. Spaziò dal Hatha yoga al Raja yoga con pertinenza ed efficacia, terminando con la definizione del Samadhi come una totale armonia ed unione con il sé interiore. Alla fine andai a salutarlo con un piccolo omaggio, e Swami Ananda si avvicinò e gli disse: “Swami Niranjan questa è Shivarupa” ed egli mi guardò veramente, e in meno di un attimo vidi cos’era diventato: ebbi l’impressione che il sole stesso si fosse girato verso di me. Provai un’emozione pazzesca e non potei che cedere al pianto e fuggire via commossa, poiché avevo visto in Lui la figura di Swami Satyananda stesso, e capii la poesia poesia che Paramahansaji aveva scritto su di lui: “Adorato Niranjan”. Ogni forma di preoccupazione o sentimento di presunto abbandono che avevo provato quando Paramahansaji aveva lasciato Munger nel 1988 si sciolsero nella gioia di avere ritrovato in Swami Niranjan la mia famiglia spirituale.
Al termine del seminario mi invitò in India, dove andai e rividi Paramahansaji in splendida forma, in quanto si era già stabilito a Rikhia nel Suo Tapo Bhumi. Potei vedere che anche come l’istituzione benefica Shivananda Math si stava potenziando e la perfezione come discepolo di Swami Niranjan.
Ero felice, in preda all’euforia. C’era Sita Kalyani il matrimonio sacro e mi sono anche vestita con il sari! Era bellissimo e Swami Niranjan era adorabile. Già, proprio… Adorato Niranjan.
Lo rividi quando tornò in Italia nel 2006 per il Festival dello Yoga che si svolse a Venezia. E furono tre giorni di gioia, amore ed armonia durante i quali ci incoraggiò a condurre una vita yogica apportando i miglioramenti nella nostra personalità secondo i principi dello yoga.
Consigliò un “sadhana” giornaliero a tutti i presenti che egli stesso definì come “capsule dello yoga” e so per certo che molte persone continuano a “prenderle” tuttora.
Infine celebrammo con Lui la Havan,la cerimonia sacra del fuoco con i mantra vedici e il mahamitrunjaya mantra, sulla spiaggia del Lido di Venezia.
Mi fece anche l’onore di fermarsi a pranzo con noi a Trieste, quando vi passò per andare in Slovenia
e quando si accorse che tutti erano seduti ed io ero rimasta in piedi…mi invitò a sedermi vicino a lui. Gli cantammo perfino una canzone in dialetto triestino ed egli ammirò il mare come avevo sempre sognato di vederglielo fare quando mi mancava e andavo in riva al mare per parlargli con il cuore e dirgli di venire qui, non osando però sperare che lo facesse veramente. Però l’ha fatto. Credo che la forza dell’amore può fare ogni cosa e penso che l’amore che c’è tra un guru ed il suo discepolo è una cosa Grande.
E ora che Paramahansaji, dopo il Suo Mahasamadhi, vive radicato nel mio cuore Gli sono grata di avermi fatto tanti di regali, e in particolare Gli sono grata di avermi dato Swami Niranjan.
